Nelle varie squadre in cui ha militato, questo elegante centrocampista è sempre stato l’ispiratore del gioco. Chiuso da Zico in nazionale, non ci pensò due volte ad andare a monetizzare il suo talento in Arabia Saudita
ZENON non per caso, perché in campo è un grande pensatore come il filosofo Zenone di Elea. Un pensatore geniale e geometrico, capace di dettare i tempi al gioco della squadra. Zenon de Souza Farias nasce il 31 marzo del 1954 a Tubarão (pescecane in italiano) nello Stato di Santa Catarina, sud del Brasile. Comincia nell’Hercilio Luz, ora ribattezzato Tubarão, la squadra della sua città, di cui è ancora tifoso, per poi proseguire nell’Avaì di Florianopolis con cui conquista il titolo catarinense nel 1975. Giusto un anno prima, Zenon aveva segnato il primo storico gol dell’Avaì nella Serie A nazionale, evento consumato il 10 marzo del 1974 contro l’America del Rio Grande do Norte.
La tappa successiva è il Guarani di Campinas. Inizio tutt’altro che semplice, visto che il tecnico Diede Lameiro gli chiede di fare il centravanti, salvo poi sbatterlo frequentemente in panchina dopo aver avuto in risposta un secco rifiuto. L’arrivo del nuovo allenatore Carlos Alberto Silva ribalta la situazione: a Zenon viene concessa fiducia e lui la ripaga. «Giocare a calcio è semplice, Carlos Alberto Silva lo sa perfettamente e non ha complicato le cose con schemi esagerati» ricorda Zenon, che nel 1978, a 24 anni, è decisivo nella conquista del titolo brasiliano, il primo conquistato da una squadra dell’interno di San Paolo.
Il 10 agosto di quell’anno va in scena la finale d’andata fra il Guarani e il favorito Palmeiras, davanti a più di 100 mila anime che affollano un Morumbì “lotado” (stracolmo) come mai. Al 25’ della ripresa la svolta, con Leão che stende Careca, centravanti del Guarani rimediando oltre al sacrosanto rigore segue contro anche un’espulsione. Fra i pali, visto che il tecnico Jorge Vieira ha già effettuato tutte le sostituzioni, finisce l’attaccante Escurinho che dal dischetto viene impallinato proprio dal cecchino Zenon: è il gol che decide la gara.
Zenon, ammonito, deve però saltare per squalifica il match di ritorno che viene disputato tre giorni dopo al Brinco de (Duro da Princesa (orecchino d’oro della principessa), lo stadio del Guarani che nell’occasione ospita 30 mila spettatori festanti, andati in visibilio quando Careca risolve il match al 36’ del primo tempo. Gli elementi chiave del Guarani campione sono il portiere Neneca, Mauro, Gomes, Zé Carlos, Capitao, l’ala sinistra Bozó, il centravanti Careca, poi protagonista di gesta epiche con São Paulo e Napoli. Su tutti, però, brilla Zenon con la sua classe.
Elegante in campo e fuori, con i suoi capelli e baffi neri sempre ben curati, Zenon si dimostra giocatore di categoria superiore, dal gioco elegante e raffinato, particolarmente abile nell’esecuzione dei calci piazzati. Uno con la testa sulle spalle: sapendo della brevità della carriera di calciatore e pensando al futuro, Zenon nel 1980 accetta le offerte che arrivano dall’Arabia Saudita e va a giocare nell’Al Helal di Jeddah. Il Guarani incassa 30 milioni di cruzeiros, a lui ne vanno 10, più il 15% del proprio cartellino con l’aggiunta di una casa, una macchina, tre mesi di ferie annuali e una serie di biglietti Jeddah-Rio andata e ritorno. Una decisione maturata dopo aver capito di esser chiuso da Zico nella Selecão, dove ha esordito nel 1978 agli ordini di Claudio Coutinho, che lo utilizza anche nella Coppa America del 1979. In tutto le sue presenze in nazionale sono sei (3 vittorie, un pareggio e 2 sconfitte).
A riportarlo in patria nel 1981 ci pensa un intrepido Vicente Matheus, storico presidente del Corinthians che sfida l’impossibile, ben sapendo che il cartellino di Zenon è piuttosto costoso e che combattere economicamente con gli sceicchi è tutt’altro che agevole. Facendosi aiutare da un ministro, Matheus entra in Arabia, conduce la trattativa e alla fine rimpatria Zenon per 35 milioni di cruzeiros, la moneta dell’epoca. Zenon riempie un vuoto creato molti anni prima con il passaggio di Rivelino alla Fluminense. Quasi uno scherzo del destino perché Zenon calcisticamente si è sempre specchiato proprio in Rivelino oltre che in Gerson, altro campione di Mexico 70.
Dopo un esordio traumatico (4-1 dal Santa Cruz al Pacaembu), Zenon assume, insieme a Socrates, le redini del gioco corinthiano. In 5 anni di onorata militanza, Zenon dà un contributo decisivo nella creazione della famosa “democracia corinthiana”, movimento calcistico-politico in cui i calciatori si autogestiscono e vince due titoli di campione paulista, nel 1982 e nel 1983, con una media di 12 reti a stagione. Dopo aver imposto la sua classe, una fantastica linearità e tanto genio, Zenon toglie il disturbo, in conflitto con la dirigenza. Con la fine della “democracia” il clima diventa pesante, le critiche di una tifoseria da sempre esigente aumentarono a dismisura e il nome di Zenon, che rifiuta la panchina, viene accostato a numerosi club in varie trattative di mercato.
Dopo essere sfumati i passaggi al São Paulo, al Palmeiras, alla Portuguesa, al Santos, alla Ponte Preta, al Grémio e persino un ritorno al Guarani, nel 1985 Zenon firma un buon contratto con l’Atlético Mineiro, con cui vince altri due titoli “estaduais” (regionali).
A 33 anni passa alla Portuguesa, ma ormai in netta fase calante rimedia un contratto piuttosto esiguo; gioca ancora con il Grémio Maringà, fa un paulista con il Guarani e chiude con il Sào Bento di Sorocaba. Chiude, ma non smette di vincere: con la Sele ão Masters conquista tre titoli, nell’89, nel ’91 e nel ’95.
Dotato di un’intelligenza calcistica fuori dal comune, Zenon era capace di passaggi geniali, di lanci illuminanti, di punizioni stratosferiche e di tiri velenosi che non ingannavano solo i portieri ma a volte persino i radiocronisti. Il primo maggio 1983 al Morumbì José Silverio, reporter di radio Jovem Pan, dopo che contro il Flamengo Zenon aveva segnato un gran gol per la velocità con la quale la sfera si insaccò gridò istintivamente: «Zenon ha calciato fuori… è gol».
Nel Corinthians insieme ai vari Leão, Wladimir, Juninho, Eduardo, Casagrande, Biro Biro e soprattutto Socrates (a cui regalò di tacco un delizioso assist che lo mandò in gol nella finale dell’82 contro il São Paulo) fu protagonista di un calcio champagne e di un movimento di pensiero rivoluzionario che fa ormai parte della storia del calcio brasiliano.
- di Andrea Colacione