ZINETTI Giuseppe: il quasi mondiale

La storia del portiere bolognese. Un avvio sfolgorante, una carriera quasi tutta rossoblù e qualche spruzzata d’azzurro.

Giuseppe Zinetti nasce a Leno (provincia di Brescia) il 22 giugno del 1958. Famiglia di commercianti, tre fratelli e cinque sorelle, Beppe esordisce nelle file del Rezzate, poi all’età di diciassette anni viene ingaggiato dal Bologna che l’anno dopo dirotta il ragazzo all’lmola di Vavassori. Al suo ritorno in rossoblù Zinetti fa per un’intera stagione il secondo portiere, poi l’anno dopo un primo timido lancio del giovane portiere (tre partite in Coppa Italia) e infine nella stagione 1978/79 l’occasione del debutto in massima serie.

Dopo quattordici turni, il Bologna, appaiato al Verona, langue mestamente sul fondo della classifica con soli otto punti. Marino Perani, subentrato nella guida tecnica al “Petisso” Pesaola alla tredicesima giornata, ben conoscendo l’ambiente rossoblù e avendo l’occhio lungo, avvicenda tra i pali il veterano Maurizio Memo con un giovane portiere non ancora ventunenne, Giuseppe Zinetti, bresciano di Leno, prodotto del vivaio locale e con un’esperienza solo in quarta serie, con l’Imola due anni prima.

L’esordio in A, una domenica di gennaio, non è certo di quelli memorabili: un secco 1-3 al “Curi”, in casa della rivelazione Perugia. Ma Zinetti ha immediatamente l’occasione per riscattarsi, mantenendo inviolata la propria porta con un doppio 0-0, dapprima in un’altra trasferta terribile, a Milano contro l’Inter, poi nel turno successivo al debutto in casa con l’Ascoli. I felsinei soffrono sino in fondo per salvarsi a quota 24 punti, e solo per la migliore differenza reti rispetto a Lanerossi Vicenza ed Atalanta.

Zinetti ripaga ampiamente la fiducia di Perani, confermandosi meritevole del posto di titolare fino al termine dell’annata e conquistando perfino la fascia di capitano. Scende in campo 16 volte – subendo 14 reti, con una media inferiore ad una a partita – e fornisce il suo prezioso apporto alla causa comune conservando immacolata la sua rete dalla ventunesima alla venticinquesima giornata.

Tanto basta perché il futuro sembri sorridergli. Nei due tornei successivi il club emiliano colleziona due discreti piazzamenti (ottavo e settimo posto) ed il suo portiere si fa apprezzare per affidabilità e carisma. Non emula gli estremi difensori acrobatici e spettacolari come “giaguaro” Castellini, per intendersi – ma, per le sue caratteristiche tecniche, appartiene piuttosto al genere di Dino Zoff, facendo del senso della posizione la sua dote migliore. Nell’anno 1979-1980 subisce 24 reti in 28 gare, addirittura una in meno proprio del mitico Zoff e del suo alter-ego in nazionale, Ivano Bordon. Nel campionato ’80-‘81 la retroguardia bolognese risulta essere la sesta meno battuta.

Numeri importanti, che vanno a sommarsi all’altro dato, del tutto significativo, di una lunga militanza nella nazionale under 21, dapprima come riserva del fiorentino Giovanni Galli, poi come titolare e, ancora, capitano, per un totale di 16 gettoni di presenza. La concorrenza è agguerrita, se si pensa che i rivali di quegli anni sono, oltre allo stesso Galli e al romanista Tancredi (entrambi futuri portieri della selezione maggiore), il cagliaritano Corti e l’avellinese (poi milanista) Piotti (sperimentati nella nazionale B), nonché il torinista Terraneo. Ciononostante, Zinetti convince Bearzot a convocarlo con Bordon e Galli – in occasione del Mundialito per nazionali che si disputa in Uruguay tra la fine del dicembre 1980 e l’inizio del gennaio 1981, senza peraltro mai scendere in campo.

Nulla lascerebbe presagirlo, ma nel giro di un biennio il peggio si materializza ed il Bologna vive due annate balorde, con relative retrocessioni, crollando in verticale dalla A alla C1. Nel marasma collettivo anche Beppe paga l’inevitabile dazio, con un rendimento complessivo tutt’altro che all’altezza della sua bravura. Di conseguenza, tramonta definitivamente anche la speranza di un’eventuale partecipazione come terzo portiere al vittorioso mundial spagnolo del 1982, con Galli a completare la terna insieme a Zoff e Bordon. Nell’autunno del 1983 approda alla Triestina in B, per una stagione interlocutoria, in attesa che il Bologna riguadagni sul campo la cadetteria e tornando a vestire il rossoblù dal 1984 al 1987. Tre stagioni tranquille, che bastano, però, a rilanciare le sue quotazioni per la massima serie, nella quale ritorna quasi trentenne, accettando l’offerta del Pescara di Galeone.

Tuttavia, la filosofia di gioco dell’allenatore friulano – zonista irriducibile e votato ad un calcio spettacolare ed offensivo – non rappresenta una sicura garanzia per chi mira a rientrare nel giro grosso, così la scommessa di Zinetti sembra assomigliare molto ad un azzardo. Nel primo torneo arriva la salvezza, favorita anche dalla quota minima di retrocessioni in B, solo due: Beppe parte come “secondo” di Gatta, ma nel girone di ritorno i galloni di titolare sono suoi. L’anno dopo gli adriatici retrocedono e stavolta il copione s’inverte, con Zinetti che inizia quale primo guardiano dei pali, scalzato in seguito da Gatta a partire dalla quindicesima giornata. Tra l’altro, l’estremo difensore bresciano incappa nel travolgente 8-2 con il quale il Napoli di Maradona, Careca e Carnevale umilia il Pescara a Fuorigrotta nel terzo turno del girone di andata.

Spulciando i dati statistici si osserva che la difesa costituisce, in entrambe le stagioni, il vero punto debole della compagine pescarese, risultando di gran lunga la più trafitta nell’anno della salvezza (con un passivo di 44 reti), la terza peggiore (in condominio con Bologna e Fiorentina, a quota 43) in quello funestato dalla discesa tra i cadetti. Nel campionato ’89-’90, in B ancora con i biancazzurri abruzzesi, Zinetti è titolare fisso di una squadra che chiude a centroclassifica, ma i tempi sono maturi per una nuova esperienza.

Lo ingaggia la Roma per fare da dodicesimo a Cervone. Nella capitale resta dal ’90 al ’93, colleziona comunque 30 presenze nei rispettivi campionati e partecipa al successo finale in Coppa Italia, nella stagione ’90-’91. Il tecnico Ottavio Bianchi lo schiera titolare per le prime cinque gare (nelle quali è trafitto solo tre volte), anche se a partire dal ritorno dei quarti di finale Cervone si riappropria del ruolo di primo portiere. In ogni caso si appunta sul petto la coccarda tricolore insieme a compagni del calibro di Aldair e Nela in difesa, Desideri, Di Mauro e Giannini a centrocampo, Rizzitelli e Voller in attacco.

Nella capitale fa da chioccia ad un giovanissimo e già promettente Peruzzi, quasi ad anticipare la nuova vita calcistica che, dopo un’ultima stagione in B all’Ascoli nel 1993-1994 (2 volte in campo), lo attende dopo il ritiro, quando la passione per la difesa dei pali, rimasta intatta, lo spinge a diventare un valido preparatore dei portieri. Una sorta di rivalsa postuma per un calciatore che, chiusa l’epopea di Zoff ed ancora lontana quella di Buffon, non aveva davanti a sé autentici fuoriclasse e, fatta eccezione pe Zenga, il “migliore dei normali”, poteva giocarsela con tutti ed ambire ad una carriera meno avara di soddisfazioni.