Imprenditore di successo, presidente visionario, innovatore coraggioso, ma soprattutto uomo di profonda integrità.
Nato nel 1923 a Conversano, in Puglia, fin da giovane dimostrò una spiccata passione per lo sport, giocando a calcio come terzino destro nella squadra dell’oratorio locale e distinguendosi nel ping-pong. La svolta nella vita di D’Attoma arrivò con la decisione di studiare Agraria all’Università di Perugia. Durante gli anni universitari, si affermò non solo negli studi ma anche nel ping-pong, conquistando nel 1939 la medaglia d’oro in un torneo internazionale studentesco a Vienna.
Ciò che doveva essere un periodo temporaneo a Perugia per completare gli studi si trasformò in un legame permanente con la città umbra. D’Attoma, il giovane pugliese di Conversano, divenne a tutti gli effetti un “perugino d’adozione”, integrandosi pienamente nel tessuto sociale e culturale della città.
Dopo la laurea, D’Attoma dimostrò un notevole spirito imprenditoriale, fondando la ditta di abbigliamento Ellesse a Perugia. Il successo nel mondo degli affari non si limitò a questo settore: divenne presidente degli industriali di Perugia, vicepresidente di una banca locale e titolare di un’agenzia di assicurazioni.
L’Ingresso nel Mondo del Calcio
Il 1974 segnò un punto di svolta nella vita di Franco D’Attoma. All’età di 51 anni, al culmine della sua carriera imprenditoriale, divenne presidente del Perugia Calcio, allora in Serie B. Poco dopo il suo insediamento, il club si trovò coinvolto in un’accusa di illecito sportivo riguardante una partita contro il Parma, rischiando addirittura la retrocessione in Serie C.
D’Attoma dimostrò fin da subito la sua abilità gestionale e la sua determinazione. Sotto la sua guida, il club non solo evitò la retrocessione, ma intraprese una cavalcata trionfale verso la Serie A. Questo episodio fu emblematico dello stile di leadership di D’Attoma: capace di gestire le crisi con fermezza e di trasformare le avversità in opportunità di crescita.
La Rivoluzione Tecnica
Una volta consolidata la sua posizione, D’Attoma diede il via a una vera e propria rivoluzione tecnica. La sua filosofia era chiara: “Un presidente non deve capire un’acca di calcio. È sufficiente che si circondi di persone di fiducia che conoscano bene il loro mestiere“.
Seguendo questo principio, affidò il ruolo di direttore sportivo a Silvano Ramaccioni e scelse come allenatore Ilario Castagner, ex centravanti del Perugia in Serie C. La coppia Ramaccioni–Castagner si rivelò vincente fin da subito. Castagner propose un rinnovamento radicale della squadra, dichiarando che il Perugia avrebbe giocato “come l’Ajax”.
D’Attoma approvò una campagna acquisti che portò a Perugia una serie di giocatori poco conosciuti ma di grande talento, tra cui il portiere Nello Malizia, il terzino Michele Nappi, Pierluigi Frosio, Paolo Sollier, Renato Curi e Franco Vannini. Questa squadra di “sommi sconosciuti” avrebbe gettato le basi per quello che sarebbe diventato il “grande Perugia“.
L’ascesa in Serie A e il nuovo stadio
Il progetto di D’Attoma portò frutti immediati: in un solo anno, il Perugia conquistò la promozione in Serie A per la prima volta nella sua storia. Ma D’Attoma non si accontentò. Comprendendo la necessità di un’infrastruttura adeguata, promosse la costruzione di un nuovo stadio.
In soli tre mesi, l’impresa di Spartaco Ghini realizzò lo stadio di Pian di Massiano, con una capienza di 40.000 posti. Il Comune di Perugia sostenne il progetto con un finanziamento di 1 miliardo e 200 milioni di lire. Il nuovo stadio divenne rapidamente un simbolo del “nuovo corso” del Perugia, un segno tangibile delle ambizioni del club sotto la guida di D’Attoma.
Il miracolo del Perugia imbattuto
Nei tre anni successivi alla promozione in Serie A, Ramaccioni e Castagner lavorarono instancabilmente per costruire una squadra competitiva. Gli acquisti centellinati e mirati portarono a Perugia giocatori del calibro di Novellino, Livio Pin, Ceccarini, il giovane Bagni (prelevato dalla serie D), Butti, Casarsa, Speggiorin, Della Martira, Dal Fiume e Redeghieri.
La stagione 1978-79 rappresentò l’apice del progetto di D’Attoma. Il Perugia raggiunse un risultato storico: il secondo posto in campionato, rimanendo imbattuto per tutte le 30 partite della stagione. Un record mai registrato prima in Italia e che sarebbe stato eguagliato solo dal Milan di Fabio Capello nel 1992.
La formazione tipo di quel Perugia miracoloso era composta da: Malizia; Nappi, Ceccarini; Frosio, Della Martira, Dal Fiume; Bagni, Butti, Casarsa, Vannini, Speggiorin. Castagner aveva reinventato il ruolo del centravanti, utilizzando Casarsa come numero 9 arretrato, e impostando un gioco basato sul movimento senza palla e sull’interscambiabilità dei ruoli.
Uno dei momenti più alti di quella stagione fu la vittoria per 2-1 contro la Juventus di Trapattoni a Torino. Il duello con il Milan di Liedholm per lo scudetto si protrasse fino alle ultime giornate, con il Perugia che chiuse al secondo posto, a tutt’oggi miglior risultato di sempre.
D’Attoma, a fine stagione, analizzò lucidamente il risultato: “Avremmo potuto vincere il campionato, ma ci è mancato qualcosa. Forse ci ha frenato l’orgoglio dell’imbattibilità. Più che tentare di vincere, cercavamo di non perdere.”
L’acquisto di Paolo Rossi
Galvanizzato dal successo della stagione 1978-79, D’Attoma decise di alzare ulteriormente l’asticella. Per la stagione successiva, mise a segno un colpo di mercato sensazionale: l’acquisto di Paolo Rossi dal Vicenza.
Il Presidente pagò due miliardi di lire per un prestito biennale di Rossi, diventando il primo presidente a utilizzare la formula del leasing per l’acquisto di un calciatore. Tuttavia, Rossi giocò solo una stagione con la maglia del Perugia, collezionando 28 presenze e segnando 13 gol, prima di essere coinvolto nel tristemente famoso scandalo del calcioscommesse.
I Promessi Sponsor
D’Attoma continuò a dimostrare la sua visione innovativa nel mondo del calcio. Fu tra i primi a comprendere l’importanza dei diritti televisivi e delle sponsorizzazioni come fonti di ricavo per i club. Divenne presidente della Promocalcio, un’organizzazione che si occupava della gestione dei proventi del Totocalcio, dei diritti TV e delle sponsorizzazioni.
Una delle battaglie più significative di D’Attoma fu quella per le sponsorizzazioni sulle maglie, all’epoca vietate dalla Federcalcio. Sfidò apertamente le regole, facendo scendere in campo la sua squadra con il logo della Pasta Ponte sulle maglie. Una mossa fruttò al club 400 milioni di lire, controbilanciati da una multa di soli 20 milioni.
D’Attoma non si arrese e escogitò un ingegnoso escamotage: fece creare al pastificio Ponte una ditta di abbigliamento sportivo, la Ponte Sportwear, così da poter far apparire legalmente il nome “Ponte” sulle maglie del Perugia.
Il declino e l’addio al calcio
Ma nonostante gli sforzi e le innovazioni di D’Attoma, il Perugia non riuscì a replicare i successi della stagione 1978-79. Lo scandalo del calcioscommesse ebbe un impatto devastante sul club, che fu penalizzato di 5 punti nella stagione 1980-81, non riuscendo ad evitare la retrocessione in Serie B.
Nel 1983, dopo nove anni alla guida del Perugia, D’Attoma decise di lasciare la società. La vendette a Spartaco Ghini con un credito in Lega di un miliardo e mezzo di lire. Le sue parole d’addio furono emblematiche della sua visione del calcio: “Il calcio è come il servizio militare. Tutti ne parlano male, ma, se lo sai capire, ci trovi amicizia, calore, umanità, e molta notorietà. Magari non ci trovi i soldi, anzi“.
D’Attoma spiegò le ragioni del suo addio con la sua solita lucidità: “Dopo nove anni sono stanco e demotivato. Il calcio sta cambiando, c’è una corsa sfrenata all’inflazione, c’è bisogno di nuovi stimoli, che non ho“.
Durante la sua presidenza, D’Attoma si distinse per non aver mai esonerato ufficialmente un allenatore. Castagner, Ulivieri, Giagnoni e Agroppi furono i suoi tecnici, e quando il rapporto si interruppe fu sempre per decisione degli allenatori stessi di andare via. Inoltre, da vero gentiluomo, non inscenò mai polemiche con gli arbitri.
Un perugino vero
Franco D’Attoma si spense a Perugia il 7 maggio 1991, all’età di 68 anni. Fu un pioniere sotto molti aspetti. Fu tra i primi a comprendere l’importanza di una gestione aziendale del calcio, anticipando tendenze che sarebbero diventate comuni anni dopo. La sua visione di un calcio spettacolare e competitivo, unita a una gestione oculata e innovativa, permise a quel Perugia di vivere anni gloriosi, culminati con la storica stagione dell’imbattibilità.
Il suo approccio alla costruzione della squadra, basato sulla scoperta di talenti sconosciuti e sulla fiducia in giovani promesse, si rivelò vincente e la sua battaglia per le sponsorizzazioni sulle maglie aprì la strada a una nuova era di finanziamenti nel calcio italiano.
Ma forse l’aspetto più significativo dell’eredità di D’Attoma fu il suo stile di gestione. In un’epoca in cui il calcio italiano era spesso caratterizzato da polemiche e scandali, D’Attoma si distinse per la sua integrità e la sua correttezza.
Il “miracolo” del Perugia imbattuto rimane uno dei momenti più romantici e affascinanti della storia del calcio italiano. Una squadra di provincia, guidata da un presidente visionario, che sfidò i giganti del calcio italiano rimanendo imbattuta per un’intera stagione. Questo risultato, più di ogni altro, cristallizza l’eredità di Franco D’Attoma nel pantheon del calcio italiano.