Il «piede buono» per eccellenza ha ritrovato, dopo un Mundial sfortunato giocato con un piede solo, la condizione fisica migliore e il morale giusto per tentare una rivalutazione del proprio mito. In questa intervista-confessione, durante la quale tocca temi e personaggi i più vari, esprime la convinzione di vincere un campionato in viola e uno… in azzurro
Antognoni «europeo»
FOSDINOVO è forse l’angolo più bello dell’antica Lunigiana, da Sarzana si sale in mezzo a boschi che invitano a cercare funghi e fagiani. Le trattorie costringono il turista a fermarsi, lo attirano con i testaroli, i salumi genuini e un vinello che dà allegria. A Fosdinovo c’è il castello dei Malaspina, ricco di storia e di arte. Il «Don Rodrigo» è ancora più in alto, costruito alla maniera dei castelli. Sul terrazzo sventola la bandiera viola, quella della Fiorentina. In giardino Giancarlo Antognoni si confessa al cronista, dopo la resurrezione.
L’ incubo è finito…
«Sì, ho avuto paura. Ma per fortuna tutto è passato. Al Torneo del Tirreno mi sono convinto di essere tornato quello di prima».
– Tarsalgia, cos’era costei?
«Sono andato pure a leggerlo nel vocabolario, me la sognavo giorno e notte, avevo paura di dover continuare a giocare con una gamba sola, come in Argentina».
– A proposito: Bernardini ha detto che avresti fatto meglio a non andarci.
«Me l’aveva consigliato anche Chiappella, che era il mio allenatore. Ma santo cielo, come si fa a rinunciare ad un Mondiale? Eppoi Bearzot mi aveva affidato ai medici, e i medici mi avevano rimesso in sesto per il Mundial».
– Però in Argentina hai dovuto giocare con il plantare…
«Questo l’hanno scritto i giornali, ma non è vero niente. Il plantare me l’ha fatto il professor Boni dell’Università di Pavia, ma quando sono tornato in Italia».
– A Buenos Aires hai ricevuto molte critiche perché i giornalisti di tutto il mondo non hanno visto il vero Antognoni ma la brutta copia. Per non rovinarti la reputazione forse ti conveniva davvero stare a casa.
«E io invece sono contento di essere andato in Argentina, anche se ho ricevuto stroncature feroci. Le accetto, perché è giusto che i critici mi abbiano giudicato per quello che hanno visto. Per come ero ridotto, credo di aver fatto sin troppo. Sicuramente ho fatto il mio dovere, la mia coscienza è tranquilla».
– Nonostante tutto giudichi positivo il tuo bilancio?
«Guarda che io ho perso solo una partita, quella con il Brasile. Eppoi non disprezziamo pure nemmeno il bilancio complessivo dell’Italia. L’Olanda ha vinto perché ha trovato quei due gol».
IL PRESIDENTE della Repubblica Pertini ha dichiarato che l’Italia sarebbe potuta diventare campione del mondo se ad un certo momento non avesse avuto paura, così invece di continuare ad attaccare si è messa a difendersi…
«Io dico che avremmo potuto diventare campioni del mondo con un pizzico di fortuna, solo la fortuna ci è mancata. Ma non è vero che ad un certo punto si abbia avuto paura, perché abbiamo sempre continuato ad attaccare. Non scendiamo più in campo con complessi di inferiorità. E l’abbiamo dimostrato proprio in Argentina».
– Torniamo alla tarsalgia. E’ vero che avevi provato anche 1’agopuntura dei cinesi?
«Quando si vuole guarire si provano tutte. Ho letto che si era offerto di guarirmi anche un mago di La Spezia che aveva curato Lojacono. Ma quando è venuto a Fosdinovo, io ero ad Abano a fare i fanghi e quindi non ho avuto modo di incontrarlo».
– Adesso che sei tornato quello di prima i giornali hanno scritto che a Livorno hai vinto nettamente il duello con Paolo Rossi…
«Ma io sono entrato in campo per fare la mia partita, per battere anche la tarsalgia, non pensavo certo a Paolo Rossi».
– Però tu eri considerato il successore di Rivera in tutti i sensi, mentre Rivera ha detto che la prossima sarà l’epoca di Paolo Rossi.
«Io non mi sono mai ritenuto il successore di Rivera, anche perché penso di avere un gioco diverso. Lui è sempre stato un rifinitore per le punte, io gioco a tutto campo. Non credo poi che si possa fare un paragone tra me e Paolo Rossi, data la diversità dei ruoli».
– Ma Rivera alludeva a Rossi come un giocatore-simbolo, il giocatore appunto che caratterizza un’epoca come indubbiamente l’ha caratterizzata lui. L’Italia calcistica era divisa in due: da una parte i riverani e dall’altra gli anti-riverani…
«Però è difficile, stabilire sin da adesso chi sarà il calciatore-simbolo degli Anni Ottanta. Io penso che non ci saremo solo io e Paolo Rossi, la concorrenza sarà spietata».
– Tu hai detto che Rossi ha sbagliato a fare l’uomo-sandwich durante le vacanze, avrebbe fatto meglio a riposarsi.
«Non mi sono permesso di criticarlo, perché ognuno fa quello che desidera. Ho detto soltanto che secondo me un calciatore in vacanza deve pensare solo alle vacanze e non parlare continuamente di calcio, essere assediato dai fans».
– Paolo Rossi è stato costretto a passare da una premiazione all’altra…
«Ma io penso che se uno vuole trovare un posto tranquillo per le vacanze, lo trova. Io l’ho trovato addirittura sulla Costa Smeralda. E mi sono presentato al raduno della Fiorentina riposatissimo e con una gran voglia di ricominciare».
– Rossi invece non si concede soste, ha dichiarato di aver assunto pure un manager per curare i suoi affari nel campo della pubblicità. Tu invece preferisci fare solo il calciatore, non hai mai cercato di fare soldi anche vendendo l’immagine di Antognoni. Ricordiamo gli abiti Facis dei vent’anni e basta.
«Non voglio esagerare e soprattutto desidero limitarmi al campo dello sport. Ma reclamizzo da tempo le scarpe Puma e, questa è una novità, ad ottobre uscirà un pallone che porterà il mio nome».
– E’ vero che dalla Fiorentina ricevi 120 milioni, 98 al netto delle tasse?
«Quello che scrivono i giornali non è attendibile. Quello che guadagno lo so io, il presidente che mi ha preparato il contratto e purtroppo lo sa anche il fisco».
– Qualcuno ha calcolato che l’anno scorso hai guadagnato 45.000 lire al minuto, come Amanda Lear…
«Non ho fatto il calcolo di quello che guadagno al minuto, ma penso che Amanda Lear guadagni di più, come è giusto del resto».
I GIORNALI hanno scritto anche che i giocatori della Fiorentina che volevano guadagnare in proporzione al tuo ingaggio, sono stati fatti tutti fuori…
«L’ho letto anch’io, ma non lo so, è un problema che non mi riguarda. Io so solo che alla Società non ho mai creato problemi. Quest’anno ho firmato il contratto in cinque minuti».
– Non ci tieni a fare il capitano-padrino come fa Rivera nel Milan…
«Io come capitano della Fiorentina so soltanto che ho il dovere di dare l’esempio, in campo e anche fuori del campo. Non so cosa faccia Rivera nel Milan».
– Sono cose ufficiali, le ha dette Nereo Rocco. Benetti, Chiarugi, Turone hanno dovuto lasciare il Milan perché non erano più graditi a Rivera.
«Per me, invece, quello che fa la Società è ben fatto».
– Anni fa tuo padre, che era presidente di un Milan Club, disse invano a Rivera di portarti al Milan. Pensi che Rivera avesse già paura di perdere il posto?
«Non lo credo affatto perché allora avevo soltanto 14 anni. Eppoì non credo nemmeno che mio padre abbia detto quelle cose a Rivera. Comunque adesso ha sciolto il Milan Club, tifa per la Fiorentina pure lui».
– L’anno scorso rifiutando i miliardi di Boniperti il presidente Ugolini disse: «Antognoni è come il campanile di Giotto, appartiene alla città di Firenze, essendo un monumento nazionale non si può vendere. Davvero sei rassegnato a rimanere a Firenze per tutta la vita e non continui a sognare la Juventus?
«La Juventus è sempre la Juventus. Ma a me sta bene anche la Fiorentina. E anzi penso di prendermi qualche soddisfazione pure con la Fiorentina. Sono certo che arriverò a giocare la Coppa dei Campioni con la maglia viola, il che significa che saremo riusciti finalmente a vincere lo scudetto».
– Qualche mese fa avete corso il rischio di finire in Serie B…
«E spero proprio che la Fiorentina imiti il Milan che, dopo aver evitato per un pelo la retrocessione, l’anno scorso ha sfiorato addirittura lo scudetto».
– La Fiorentina sfiorò lo scudetto all’epoca di Radice…
«Ma purtroppo quella Fiorentina yé-yé non è mai maturata. Non so nemmeno io il perché. So solo che non è stata colpa della dolce vita, delle automobili e delle madonne fiorentine come hanno scritto certi giornali».
– Forse quei giovani non erano campioni come si pensava. In Nazionale c’è rimasto solo Antognoni..!
«Però gli altri sono rimasti nel giro della Serie A, segno che non sono nemmeno dei brocchi. Non so proprio cosa sia successo a quella Fiorentina che aveva illuso tutti».
– Come spieghi il fallimento di Mazzone?
«E’ stato rovinato dal terzo posto. Dopo il terzo posto la gente ricominciava a pensare allo scudetto. E si sa come va a finire: quando non arrivano i risultati a pagare è sempre l’allenatore».
– Per fortuna è arrivato Chìappella come salvatore della Patria…
«Sicuramente Chiappella era ì’ allenatore ideale per salvare la Fiorentina, ed è arrivato pure al momento giusto, quando la squadra era pronta per reagire».
– A Genova sono convinti che a salvare la Fiorentina sia stato un Torino troppo compiacente…
«Ma quando è venuto a Firenze il Torino era sempre in corsa per lo scudetto. Abbiamo trovato un gol su punizione, poi tutto è diventato facile. Ma niente regali, per carità».
– Cosa ha acquistato la Fiorentina con Carosi?
«La grinta del nuovo allenatore. Ma penseremo anche al gioco, non solo a correre ed a lottare. Il bel gioco è sempre stata una caratteristica fondamentale della Fiorentina».
– Carosi ha detto di averti dato due gregari, Amenta e Restelli, per permetterti di giocare più avanti e di fare anche i gol. Tu invece preferisci giocare a tutto campo…
«Non abbiamo ancora parlato di modulo tattico. Comunque se c’è anche chi corre per me, tanto meglio».
– Liedholm ti relegava addirittura all’ala destra…
«Ma non è che facessi l’ala pura. Giocavo come adesso, però mi limitavo alla fascia destra. Ma non ho nulla da rimproverare a Liedholm, ci mancherebbe altro. Nella Fiorentina c’erano due mezzeali dei calibro di De Sisti e Merlo, non era facile trovare posto a centrocampo…».
– Rocco mandava in mona pure te?
«Certo, ma lo faceva a fin di bene, non era un insulto ma una parola affettuosa, io almeno l’ho sempre interpretata così».
– Personalmente ho l’impressione che ti manchi un po’ di grinta, che tu sia troppo buono. Non hai mai querelato nemmeno chi ti ha soprannominato ebetino, né chi ha creato uno scandalo fotografico su tua moglie…
«Con le querele avrei fatto il loro gioco, certi giornali vivono su questo tipo di pubblicità. Io penso che titoli come ebetino si ritorcano su quelli che Io dicono. Eppoi chi cerca lo scandalo e l’insulto? “Novella 2000” e il “Corriere d’Informazione ” che secondo me è la “Novella 2000” dello sport».
– Quando leggi che ti chiamano Maria Antonietta oppure il Bell’Antonio, cosa pensi?
«Che evidentemente certi giornalisti non conoscono la storia e nemmeno la letteratura. Perché io non sono bolso e fatuo come la Maria Antonietta dei francesi e non sono impotente come il personaggio del romanzo di Brancati».
– Forse hai contribuito tu stesso a far farti una certa fama dicendo che non ami perdere il tempo nelle letture…
«Come non leggo? Mi tengo aggiornato su tutti i problemi. Non leggo certi rotocalchi preferiti dalle colf, questo volevo dire».
– Per fortuna hai anche la stampa amica. Ti hanno definito «giottino» perché sei un pittore del pallone. La «Nazione» ti ha paragonato all’Enel perché illumini il campo, sei stato definito anche il «Mozart del pallone». Cosa pensi quando leggi certi elogi?
«Che i giornali esagerano sempre, in un senso o nell’altro. Mi hanno definito anche designer di lusso. Divertente, no?».
– Bearzot aveva confidato tante volte che al tuo posto avrebbe preferito Zaccarelli. Sii sincero: rimpiangi Bernardini?
«Io per il dottor Bernardini ho un’autentica venerazione. Però ritengo che in Argentina, viste le mie condizioni fisiche, Bearzot non potesse comportarsi che come si è comportato».
– I maligni hanno notato che al tuo matrimonio c’era solo Bernardini, Bearzot si era fatto rappresentare da un telegramma…
«Si bada anche a queste cose? Forse se mi fossi sposato a Milano sarebbe venuto anche Bearzot. Ma la cerimonia si è svolta a Roma e per Bearzot era scomodo».
– Tra Gianni Brera e Giovanni Arpino chi ti stima di più o meglio, chi ti critica meno?
«Brera mi ha sempre criticato meno di Rivera e spesso anzi su “Il Giorno” è stato carino nei miei confronti. Con Arpino c’era stata una spiegazione a Torino dopodiché “La Stampa” ha smesso di sparare a zero su di me. Anche con Gianni De Felice del “Corriere della Sera” ci siamo spiegati».
– Allo stadio di Firenze erano apparsi cartelli di sfida a questi giornalisti tuoi nemici…
«Sì, avevano tirato in ballo anche Aldo Biscardi di “Paese Sera”. Ma è stata tutta opera dei tifosi che evidentemente leggono più giornali di me. Perché io non è che segua tutta la critica, ci mancherebbe altro».
– Qual è stata la tua partita più bella, quella di Rotterdam?
«Credo di averne fatte anche delle altre. Quella è rimasta più impressa perché era la prima».
– I giornali scrissero: questo Antognoni non assomiglia a Rivera, semmai assomiglia a Cruijff. Credi davvero di assomigliare a Cruijff?
«Io non ho mai detto nemmeno di assomigliare a Rivera, l’hanno detto i giornali. Quanto a Cruijff, non credo di assomigliargi nemmeno nei guadagni».
– E’ vero che hai il complesso di essere nato il primo di aprile? Se è per questo, un anno dopo di te, lo stesso giorno, è nato anche Pruzzo. E’ vero che appena arrivato a Firenze, per non essere considerato un pesce d’aprile rispondevi ai cronisti che ti chiedevano la data di nascita: 1-4-1954?
«Dicevo uno-quattro perché nei dati anagrafici si usa così, ma non ho complessi sul pesce d’aprile».
– Tu non hai condiviso l’operato di Campana…
«Certo. Prima di fare tutto quel pandemonio avrebbe dovuto almeno interpellarci».
– Il tuo parere sullo svincolo?
«Una fregatura per i giocatori che dovranno andare sul mercato a vendersi. Campana ha fatto gli interessi solo di pochi big, mentre l’associazione calciatori dovrebbe preoccuparsi soprattutto della massa».
– Sei ottimista sul futuro del calcio italiano?
«Sì, perché ci sono tanti giovani in gamba. Sella, Jorio, Baresi, Beccalossi, Pasinato, le nuove leve non mancano».
– Sarai tu a guidarli ai mondiali del 1982…
«La Spagna è ancora lontana. Per adesso dobbiamo pensare agli Europei dell’80».
– Il tuo pronostico?
«Per mera sfortuna c’è sfuggito il titolo mondiale, ma quello europeo non ci sfuggirà di sicuro. Parola di Antognoni».
Questa la confessione di Giancarlo Antognoni, un ragazzo sincero e spontaneo, alla ricerca di verità, comprensione e amicizia. Il capitano viola è maturato rispetto agli anni giovanili di Asti. quando era il gioiello dell’Astimacobi, squadra ambiziosa di serie D. L’uomo-Antognoni ha conosciuto molte amarezze insieme ai tanti successi. Ha sempre cercato, però, di mantenere una propria, giusta dimensione di uomo e atleta, cercando di essere se stesso, sia in campo che nella vita privata.