La fascia del Capitano Nevill

L’origine della figura del “capitano” nasce dai campi di battaglia della Prima Guerra Mondiale

La figura di un rappresentante della squadra nasce praticamente col calcio. Al punto che a questa figura di riferimento toccava, all’epoca del pionieristico football giocato nelle public schools inglesi, fissare le regole con la controparte prima del match (relativamente a durata, numero dei giocatori e misure del campo) e garantirne il rispetto. Quanto però al termine “capitano” pare sia invece successivo e risalente all’epoca immediatamente susseguente la prima guerra mondiale.

Si racconta che nell’esercito inglese fosse invalso, per dimostrare lo spirito sportivo anche in battaglia, l’uso di calciare dei palloni contro le linee nemiche al momento di dare il via all’assalto. L’episodio più celebre, dal quale il termine “capitano “sarebbe stato mutuato nel calcio, riguarda appunto un capitano, Wilfred (Billie) Nevill (14 luglio 1894 – 1 luglio 1916)

L’anno è il 1916, il teatro è la terribile battaglia della Somme. Neville era comandante di una compagnia dell’8. East Surreys. Nel corso della sua ultima licenza a Londra, comprò quattro palloni, uno per ogni plotone. Nell’imminenza dell’ora fatale, li distribuì ai suoi offrendo un premio al plotone che, all’inizio dell’assalto in corsa nei due chilometri di terreno scoperto, per primo calciasse il pallone oltre le linee tedesche.

Neville secondo alcune ricostruzioni era noto come “il buffone del battaglione”, eppure nella circostanza si dimostrò particolarmente astuto: la piccola competizione sportiva da lui ideata ebbe l’effetto di persuadere i suoi uomini che l’attacco sarebbe stato, come i comandi supremi avevano pietosamente insistito alla vigilia, poco più che una passeggiata. Un testimone sopravvissuto che assistette da breve distanza ricordò così l’ora zero:

«Non appena il fuoco delle armi si affievolì io vidi un fante scavalcare il parapetto e buttarsi nella terra di nessuno, incitando gli altri a seguirlo. Così facendo calciò un pallone. Un bel calcio. La sfera si alzò e viaggiò fino alle linee tedesche. Sembrò quello il segnale per l’avanzata. Il Capitano Neville venne istantaneamente ucciso, seguito da molti soldati, sotto il fuoco delle mitragliatrici. Ma i palloni continuavano a essere calciati in avanti, tra rauche grida di incoraggiamento e di sfida, finché non scomparvero nel fumo denso dietro il quale sparavano i tedeschi. Poi, dopo che le bombe e le baionette ebbero compiuto il proprio lavoro e il nemico fu debellato, due di quei palloni furono recuperati dagli uomini del Surrey per essere conservati in un museo come trofei di quella vincente partita contro la Morte».

La carica dell’8 East Surreys nella battaglia della Somme

L’impresa del Capitano Nevill e dei suoi uomini rimase leggendaria, a simboleggiare a un tempo l’eroismo e lo spinto sportivo di quei soldati. Così il giocatore cui veniva delegata la rappresentanza della squadra nei rapporti con l’arbitro prese il nome di “capitano“.

Quanto alla fascia, il suo uso venne imposto nel secondo dopoguerra. In particolare, in avvio della stagione 1949-50. Fu allora che anche in Italia andarono in vigore alcune modifiche al regolamento organico. Una di queste recitava: «Il capitano deve portare un bracciale di colore diverso da quello della maglia». L’uso però era limitato ai club.

Molto più tardi si estese alle rappresentative nazionali. Quella italiana esibì per la prima volta, al braccio del capitano Cesare Maldini (papà di Paolo), la fascia di riconoscimento l’11 novembre 1962 al Prater di Vienna contro l’Austria, nell’amichevole finita con la vittoria degli azzurri per 2-1.