Il Cuore Giallorosso di Alberto Sordi

Dalla sua infanzia a Trastevere fino ai ruoli sul grande schermo, la sua vita e carriera furono intrecciate con la passione giallorossa.

Immaginate una Roma d’altri tempi, con i suoi vicoli stretti e l’odore di bucato steso al sole. È qui, nel cuore pulsante di Trastevere, che nasce Alberto Sordi il 15 giugno 1920. Fin da bambino, Albertone respira l’aria della romanità più autentica, quella fatta di risate, battute fulminanti e, naturalmente, calcio. Il piccolo Alberto cresce con la passione per il pallone nelle vene. Come tanti ragazzini dell’epoca, si arrampica sul Monte dei Cocci per sbirciare le partite della Roma al Campo Testaccio. Non importa se da lassù non si vede bene il campo, l’emozione di essere parte di qualcosa di più grande è già impagabile.

Ma c’è di più: il giovane Sordi vive il calcio anche attraverso il cinema. Perché è al Cinema Vittoria che il mitico “Cacarazzi” (al secolo Fernando Spernanzoni) annuncia i risultati della Roma tra un tempo e l’altro del film. Un’esperienza che Albertone ricorderà per tutta la vita, un mix di passione sportiva e magia del grande schermo che segnerà indelebilmente la sua carriera

Sordi e la Roma sul grande schermo

Con il passare degli anni, Alberto Sordi diventa uno degli attori più amati d’Italia. La sua comicità, il suo accento romano inconfondibile e la sua capacità di incarnare i vizi e le virtù dell’italiano medio lo rendono un’icona. E in molti dei suoi film, la passione per la Roma emerge prepotente.

“Un giorno in pretura” (1953)

Questo film segna l’esordio del personaggio di Nando Mericoni, un tifoso romanista sfegatato. In una scena memorabile, Nando finisce nei guai durante un derby Roma-Lazio. Quando scopre che il pretore che lo ha condannato è “pure laziale”, lo aggredisce gridando: “E io te magno er naso, a ‘ndo sta?!“. È una scena che cattura perfettamente la rivalità calcistica romana, vista attraverso la lente comica di Sordi.

“Totò e i re di Roma” (1951)

Anche se non è incentrato sul calcio, questo film contiene una divertente scena in cui si gioca sull’equivoco tra i re di Roma antica e i calciatori della Roma. Quando a Totò viene chiesto chi fosse il più famoso tra i re di Roma, lui risponde: “Sempre della Roma? Amadei!“, riferendosi al celebre calciatore giallorosso soprannominato l'”ottavo re di Roma”.

“Il marito” (1957)

In questo film, Sordi interpreta Alberto Mariani, un tifoso romanista che non può andare allo stadio per colpa di un concerto di violoncello organizzato dalla moglie. La sua frustrazione cresce mentre sente i tifosi per strada diretti all’Olimpico. La scena culmina con una telefonata in cui Sordi spernacchia sonoramente gli amici laziali gridando: “Forza Roma, sempre forza Roma… Alla faccia tua e di tutti i laziali!“. È un momento di pura comicità che riflette perfettamente la passione calcistica di Sordi.

“Un borghese piccolo piccolo” (1977)

Anche se non è un film incentrato sul calcio, contiene un dettaglio significativo: il personaggio interpretato da Sordi, un acceso tifoso romanista, perdona al figlio il fatto di essere laziale. È un piccolo tocco che mostra come la passione calcistica fosse sempre presente nella caratterizzazione dei personaggi di Sordi.

“Il presidente del Borgorosso Football Club” (1970)

Questo è probabilmente il film più “calcistico” di Sordi anche se la Roma non è mai menzionata in prima persona, a parte due comparsate di Bet e Santarini. Interpreta Benito Fornaciari, un bibliotecario vaticano che eredita la presidenza del Borgorosso, piccola squadra di provincia. Il film è una satira pungente del mondo del calcio, con Sordi che mette in scena tutti i vizi e le manie dei presidenti dell’epoca. Nonostante il tono comico, il film mostra anche l’amore genuino di Sordi per questo sport.

“Finché c’è guerra c’è speranza” (1974)

In una scena memorabile, il protagonista Pietro Chiocca (interpretato da Albertone) si trova in un aeroporto di un paese africano. Fermato ai controlli doganali, Chiocca estrae con nonchalance la sua tessera di abbonamento vitalizio alla Roma per la stagione 1974-75, spacciandola per un documento d’identità.
Ma non si limita a questo. Con la sua tipica astuzia romana, Chiocca traduce l’acronimo A.S. Roma come “Association Sanitaire Rome“, convincendo il poliziotto francese che si tratta di un’organizzazione sanitaria. Questo stratagemma gli permette non solo di passare i controlli, ma addirittura di far mettere in quarantena un suo rivale nel commercio di armi.

“Io so che tu sai che io so” (1982)

In una scena particolarmente significativa, vediamo il personaggio di Sordi, Fabio Bonetti, comodamente sprofondato nella sua poltrona davanti alla TV a guardare Catanzaro-Roma, recupero di una partita di campionato rinviata per vento, giocata il 13 gennaio 1982.
L’attenzione ai dettagli è impressionante. Sentiamo la voce inconfondibile di Enrico Ameri che commenta la partita, dando un tocco di autenticità alla scena. Sordi, nei panni di Bonetti, è completamente immerso nella visione, incarnando alla perfezione il tifoso medio.
Dai Falcão! Dai Falcão!” grida Sordi-Bonetti, incitando il celebre centrocampista brasiliano.
La partita finisce 1-1, proprio come accadde nella realtà. Vediamo Sordi reagire con stizza al gol del Catanzaro segnato da Edy Bivi, accendendosi nervosamente una sigaretta e sussurrando “che imbecilli“. Poi esulta al pareggio di Sebino Nela per la Roma.

“Il tassinaro” (1983)

In questo film, Sordi interpreta un tassista romano che ha come passeggero Giulio Andreotti e con lui della Roma si parla. «È un grande romanista lei, grande tifoso della Roma – dice con interesse tono reverenziale Marchetti (Sordi) ad Andreotti – lei ha fatto molte cose per Roma e per la Roma».

Andreotti gli risponde che fa il tifo per la Roma da quando è un ragazzino. «Allora Testaccio, forse era un po’ più genuina, ma adesso ci dà delle soddisfazioni, almeno adesso sembra sulla strada buona». «È stata una strada lunga, onorevole – replica Sordi – ma se è vero che tutte le strade portano a Roma, anche quella dello scudetto l’abbiamo aspettata quarant’anni e poi, daje e daje, è ritornata a Roma».

Oltre lo schermo: Sordi tifoso e dirigente

La passione di Sordi per la Roma non si limitava al cinema. Nel 1991, l’attore accetta di far parte della “consulta” del club sotto la presidenza di Giuseppe Ciarrapico. È un ruolo più simbolico che operativo, ma dimostra quanto Albertone tenesse alla sua squadra del cuore.

In un’intervista del 1992, Sordi spiega: “Il professor Leone mi disse un giorno se mi avrebbe fatto piacere appartenere alla Roma. Gli risposi che non avevo tempo per andare alle riunioni della consulta e che allora era impossibile un mio contributo efficace. Ma a lui non importava questo perché la mia presenza doveva contribuire soltanto a festeggiare i successi che la squadra avrebbe conquistato in futuro“.

Nel 2000, in occasione del suo ottantesimo compleanno, Albertone viene nominato simbolicamente sindaco di Roma per un giorno. Durante la cerimonia, una signora gli porta un mazzo di fiori giallorosso, ricordandogli che è “un sindaco romanista“: un momento che sintetizza perfettamente il legame indissolubile tra Sordi, Roma e la Roma.

Ma c’è di più: nel novembre dello stesso anno, Sordi viene nominato “direttore tecnico ad honorem” a Coverciano, in virtù della sua interpretazione ne “Il presidente del Borgorosso Football Club“. In quell’occasione, profetizza la vittoria dello scudetto per la Roma, cosa che puntualmente avverrà l’anno successivo.

Sordi nel cuore dei tifosi

La scomparsa di Alberto Sordi, il 25 febbraio 2003, ha lasciato un vuoto enorme nel cuore non solo dei romani ma di tutti gli italiani. E per i tifosi della Roma, è stato come perdere un compagno di stadio, un amico con cui condividere gioie e dolori.

Il 2 marzo 2003, in occasione di Roma-Empoli, l’Olimpico si trasformò in un mare di striscioni in onore di Albertone. “Un genio col sorriso, un poeta del romanismo, un maestro di goliardia… la tua Roma ti rende onore“, “Ciao Alberto, ultimo baluardo della romanità“, “La tua stella non sarà mai polvere!“, “Ieri un americano a Roma, oggi un romano in cielo“.

La Curva Sud intonò “ma ‘ndo vai se la banana non ce l’hai?”, citando una battuta dal film “Polvere di stelle”. Un tributo commovente a un uomo che ha saputo incarnare l’anima di una città e di una squadra.

Passione e ironia

Cosa ci ha lasciato Alberto Sordi? Sicuramente, un modo unico di vivere la passione calcistica. Per lui, tifare Roma non era solo una questione di risultati, ma un modo di essere, di appartenere a una comunità. L’ironia era la sua arma segreta. Sordi sapeva ridere delle sconfitte, prendere in giro gli avversari senza mai cadere nella volgarità, gioire delle vittorie con un’allegria contagiosa.

In un’intervista del 1989, alla domanda sul perché fosse romanista, Sordi rispose con la sua solita ironia:

“Che domanda! So’ romano e quindi romanista”. E sui laziali: “Ma lassali sta’ quelli, so’ laziali perché c’hanno la puzza sotto er naso, vogliono fa’ gli snob perché pensano che fare il tifo per la Roma sia troppo prosaico. Oh, comunque, io li rispetto e sono stato contento quando la Lazio è tornata in Serie A. Roma ha bisogno di due squadre, del derby e poi così noi romanisti se famo quattro risate”.

La sua Roma era quella dell’amicizia, del fair play, del rispetto per l’avversario. Una lezione che, oggi più che mai, è importante ricordare.