Juan Manuel Bazurco, il prete che fece gol all’Estudiantes

“Passeranno molti anni. L’uomo arriverà non solo sulla Luna, ma anche su altri pianeti e in altri sistemi solari, però i tifosi ecuadoriani si ricorderanno sempre della notte in cui il Barcelona sconfisse l’Estudiantes“.


Aveva ragione soltanto a metà don Ricardo Chacón, nel suo editoriale per El Universo: perché, se l’ottimismo tipico dell’epoca si è rivelato per ora infondato, non avendo alcun astronauta messo piede su Marte, a quarant’anni di distanza ancora in molti, per lo meno in Ecuador, ricordano la serata del 29 aprile 1971, quando un prete basco entrò nella leggenda con un gol al Pincha tricampeón della Libertadores.

Nato a Motrico, paese della costa guipuzcoana, il 22 gennaio dell’anno 1944, Juan Manuel Bazurco sente, come tanti baschi, la chiamata del Signore, decidendo di farsi sacerdote. Ma, al tempo stesso, Bazurco è anche un ottimo centravanti, un classico numero nove dal fisico possente, forte di testa e con entrambi i piedi, del tipo di cui non mancano esempi nella storia del calcio basco. Giovane seminarista, quando non è impegnato sulle sacre scritture gioca per la squadra del paese natale. Non sappiamo cosa avesse in mente all’epoca, quando alternava studi di teologia e partite su polverosi campi di provincia: ma di certo non poteva immaginare che un giorno avrebbe battuto i campioni del Sudamerica.

Arriva il 1969 ed il nostro, allora venticinquenne, attraversa quell’Atlantico in riva al quale era nato, destinazione Ecuador. Leggenda vuole che il giovane missionario, incaricato di guidare la parrocchia di San Cristobal a San Camilo, nei dintorni di Quevedo, porti con sé poche cose: una Bibbia, l’abito talare e gli scarpini da calcio. La sorpresa degli abitanti, che si aspettavano il solito prete calvo e occhialuto, è ancora maggiore quando vedono il nuovo parroco in campo. Bravo con le prediche, ancora meglio in area di rigore: la voce si diffonde e presto Bazurco, una volta ottenuto il permesso delle gerarchie ecclesiastiche, passa dalla squadretta locale, il Deportivo San Camilo, alla LDU di Portoviejo, allora al debutto nella massima serie ecuadoriana.

L’aneddoto potrebbe, forse, chiudersi qui: non capita certo tutti i giorni di incontrare un prete-calciatore. Ma la breve esperienza del padrecito con la maglia della Capira non è che l’inizio di una storia che, se non fosse vera, potrebbe essere tranquillamente uscita dalla penna di un Osvaldo Soriano. A notare il religioso attaccante è nientemeno che il Barcelona: il club di Guayaquil sta preparando la squadra per affrontare la Copa Libertadores e, tra Alberto Spencer, il miglior calciatore ecuadoriano di sempre, ed il Pibe Jorge Bolaños, trova spazio anche per il sacerdote basco.

La tentazione di affrontare le grandi del calcio sudamericano è troppo forte per rifiutare la proposta: Bazurco accetta, pur non rinunciando agli impegni ecclesiastici. Non gioca molto: in totale accumulerà otto presenze e due gol con la maglia dei toreros. Non bastassero le messe domenicali a tenerlo lontano dal campo, infatti, c’è da mettere in conto anche la scarsa fiducia del tecnico brasiliano Otto Mandrake Vieira, inizialmente non troppo convinto di quell’acquisto e poco disposto a cedere alle richieste del pubblico dell’Estadio Modelo: “¡Oye… mételo al padre, que ese sí hace goles!

L’occasione, però, arriva. Dopo aver vinto il gruppo nella fase iniziale, il Barcelona si trova nel girone a tre che dà l’accesso alla finale della Libertadores: avversari i cileni dell’Unión Española e gli argentini dell’Estudiantes. Sconfitti dal Pincha in casa il 18 aprile, gli ecuadoriani arrivano alla sfida del 29 senza crederci troppo: la compagine di La Plata, la prima ad aggiudicarsi la massima competizione continentale per tre volte consecutive, è considerata pressoché imbattibile tra le mura amiche e la stampa argentina sottolinea come il Barcelona sia da considerare una squadra di terza fascia. Si gioca di mercoledì e Bazurco, che dovrebbe essere impegnato con il catechismo, all’inizio non vorrebbe nemmeno prendere parte alla trasferta Argentina. Poi, per fortuna, cambia idea.

L’accoglienza, come al solito, non è delle più simpatiche: dagli spalti arrivano monete, arance e tante altre cose indirizzate ai giocatori ospiti. Dopo 57 minuti accade l’impensabile: il Barcelona approfitta degli spazi lasciati dai padroni di casa e con pochi tocchi la palla arriva a Bazurco, che riceve l’assist di Spencer dalla sinistra e infila la sfera alle spalle di Bambi Flores. I trentamila del Jorge Luis Hirschi ammutoliscono, mentre i radiocronisti di Radio Atalaya impazziscono insieme ai loro ascoltatori. Ecuador Martínez lascia la parola alla seconda voce Aristides Castro: “El toque magistral vuelve inútil la salida del arquero Flores. Benditos sean los botines del padre Bazurko“. Una frase, quella sugli scarpini benedetti di padre Bazurco, destinata a restare nella memoria.

Nei restanti trentatré minuti il Barcelona rinuncia ad attaccare e resiste fino alla fine, portando a termine quella che sarà ricordata come una vera impresa, la “hazaña de La Plata”. A Guayaquil la gente scende in strada, il quotidiano El Universo parla di “delirio colectivo” ed i giocatori vengono accolti come eroi al loro ritorno e decorati dal governo con l’Orden al Mérito Deportivo.

In finale, alla fine, ci va comunque l’Estudiantes, mentre il padrecito, nonostante le avances della Real Sociedad, decide di tornare alla sua parrocchia, giocando nuovamente per la LDU di Portoviejo prima di appendere gli scarpini al chiodo. Poco dopo, nel 1973, deluso dalla Chiesa cattolica, appende pure l’abito talare, torna in Spagna, si sposa, insegna alle scuole medie e mette al mondo due figli. Tornerà in Ecuador, accolto dai suoi ex compagni, nel 1996, per festeggiare il venticinquesimo anniversario dell’impresa.

Pur senza esaltare troppo quel gol per cui periodicamente viene intervistato (“un aneddoto, cose che succedono in questo sport”), ci tiene a ricordare di quando era forte, tirava da venti metri, faceva sombreritos e segnava reti come quella di Falcao al Chelsea. Oggi Juan Manuel Bazurco vive a San Sebastián, legge qualche libro e guarda le partite in tv (gli piace il Barcellona, quello europeo). Si gode il Mar Cantabrico passeggiando sulla spiaggia di Zurriola e per qualcuno sarà sempre “el cura de los botines benditos“.

Testo di Marco Maioli