La stagione maledetta del Pisa 1990-91

Come passare dalla vetta della classifica ad una retrocessione drammatica: il tracollo dei nerazzurri toscani guidati da Mircea Lucescu.

Il calcio a volte regala storie impossibili da immaginare. Squadre che partono come meteore, conquistano i riflettori per qualche mese, poi scompaiono nell’oblio più totale. Il Pisa del 1990-91 attraversò esattamente questa esperienza: un’ascesa vertiginosa che fece impazzire i media italiani, seguita da un declino altrettanto rapido e devastante. Una squadra che riuscì nell’impresa di far sognare un’intera città e di spezzarle il cuore nello stesso campionato.

Il Pisa aveva riconquistato la Serie A dopo la retrocessione del 1989, chiudendo al secondo posto in Serie B dietro al Torino. Il presidente Romeo Anconetani aveva promesso un ritorno immediato nella massima serie e aveva mantenuto la parola. Ma non si era fermato lì: per evitare una nuova retrocessione, aveva investito pesantemente sul mercato, costruendo una rosa che sulla carta sembrava avere tutte le carte in regola per una salvezza tranquilla.

La costruzione del sogno

L’estate del 1990 vide arrivare a Pisa giocatori di grande qualità. Michele Padovano, reduce da una stagione straordinaria in Serie B con il Cosenza, doveva essere il terminale offensivo della squadra. Al suo fianco, l’idolo di casa Lamberto Piovanelli, pronto per l’ennesima stagione in nerazzurro. Ma furono soprattutto gli acquisti dall’Argentina a catturare l’attenzione: Josè Antonio Chamot e un giovane Diego Pablo Simeone, ancora sconosciuto ma destinato a diventare una leggenda del calcio mondiale.

A completare il roster internazionale arrivò anche il danese Henrik Larsen, mentre in panchina si accomodò il rumeno Mircea Lucescu, al suo debutto nel calcio italiano. Una squadra cosmopolita, ambiziosa, che prometteva spettacolo e risultati.

Il progetto sembrava perfetto: esperienza italiana mescolata a talento straniero, con un allenatore moderno e preparato. Sulla carta, il Pisa aveva tutto quello che serviva per disputare un campionato sereno, lontano dalle zone calde della classifica.

L’inizio folgorante 

Il 9 settembre 1990 il sogno divenne realtà. Il Pisa iniziò il campionato con una vittoria esterna contro il Bologna, grazie a una punizione perfetta di Piovanelli. Ma fu alla seconda giornata che i toscani stupirono davvero tutti: un sontuoso 4-0 al Lecce, con un gol di Simeone che rimase nella storia. Il giovane argentino mostrò subito di avere qualcosa di speciale: tecnica, personalità e una grinta contagiosa che elettrizzò i tifosi.

Dopo due giornate, il Pisa si ritrovò così clamorosamente in vetta alla classifica insieme alle due milanesi, davanti alla Juventus e alla Sampdoria che poi avrebbe vinto lo scudetto. Un’impresa che sembrò impossibile ma che per qualche settimana fu realtà.

La squadra di Lucescu giocava un calcio brillante e moderno: difesa solida guidata dal portiere Simoni e dal capitano Bosco, centrocampo dinamico con Dolcetti in regia e Simeone ovunque, attacco letale con Padovano e Piovanelli in grande forma. Il tutto condito da velocità nelle ripartenze e da una compattezza tattica che impressionò gli addetti ai lavori.

I media nazionali iniziarono a parlare di un possibile “miracolo Pisa“, paragonando la squadra toscana al Verona scudettato di Bagnoli. L’entusiasmo in città era alle stelle e i tifosi iniziarono a sognare traguardi impensabili fino a poche settimane prima.

I primi segnali 

Come spesso accade nel calcio, però, la favola durò poco. Dopo le prime settimane da protagonista, il Pisa iniziò a mostrare i primi segni di cedimento. Tre sconfitte consecutive ridimensionarono immediatamente le ambizioni della squadra: prima il ko a Napoli, poi la pesante sconfitta nel derby con la Fiorentina (0-4) e infine il tracollo a Milano contro l’Inter (3-6).

In tre partite, il Pisa passò da zero gol subiti a undici incassati, mostrando una fragilità difensiva preoccupante. La squadra apparve improvvisamente fragile psicologicamente, incapace di gestire la pressione e le aspettative cresciute dopo l’inizio spettacolare.

Tuttavia, non tutto sembrava perduto. Una vittoria contro il Cagliari e soprattutto l’incredibile rimonta casalinga contro il Cesena (da 0-2 a 3-2) fecero pensare che la squadra avesse ritrovato la strada giusta. I giocatori corsero a festeggiare sotto la curva, dimostrando che l’obiettivo restava la salvezza e che avevano le qualità per raggiungerla. Ma il destino aveva altri piani per il Pisa.

Il calvario verso la retrocessione

Il grave incidente a Piovanelli

Il punto di non ritorno arrivò il 30 dicembre 1990, durante la partita contro la Lazio. Piovanelli, uno dei pilastri della squadra, si infortunò gravemente al ginocchio e il suo campionato finì praticamente lì. Senza il suo bomber di riferimento, il Pisa perse identità e fiducia.

L’ultimo guizzo di una stagione ormai compromessa fu la vittoria contro la Roma all’Olimpico, ma si trattò di un fuoco di paglia. Il girone di ritorno divenne un calvario: la squadra che aveva fatto sognare l’Italia si trasformò in un fantasma di se stessa.

Emblematica fu la prima partita del ritorno contro il Bologna: dopo essere passati in vantaggio per 2-0, i toscani si fecero rimontare negli ultimi dieci minuti. L’immagine dei giocatori inginocchiati a terra, con lo sguardo verso il basso, divenne il simbolo di una resa che arrivò con sedici partite di anticipo sulla fine del campionato.

Il cambio di allenatore, con l’esonero di Lucescu e il ritorno di Giannini, non servì a invertire la tendenza. Il Pisa alternò rare gioie, come la vittoria contro il Parma, a disfatte umilianti come il secondo 4-0 subito dalla Fiorentina.

L’ultima speranza si spense definitivamente nella trasferta di Torino contro la Juventus: nonostante una Juve in crisi (stava vivendo il peggior campionato del dopoguerra), i bianconeri vinsero 4-2, condannando virtualmente il Pisa alla retrocessione.

Una stagione maledetta

Il Pisa retrocesse nonostante i 19 gol segnati dalla coppia PadovanoPiovanelli e tre stranieri che nel proseguimento della carriera si sarebbero affermati a livello internazionale. Simeone sarebbe diventato uno dei centrocampisti più forti della sua generazione, Chamot un difensore di livello mondiale, Larsen avrebbe vinto l’Europeo con la Danimarca l’anno successivo.

Eppure, tutto questo talento non bastò a evitare una retrocessione che segnò l’inizio di un declino irreversibile. Da quel maggio 1991, il Pisa ritornerà nella massima serie solo nel 2025, tempo durante il quale ha anche subito l’onta di due fallimenti, nel 1994 e nel 2009.

Romeo Anconetani, scomparso nel 1999, si prese tutte le responsabilità di quel fallimento, scusandosi con i tifosi per una stagione che ancora oggi resta un mistero. Come fu possibile una metamorfosi così repentina? Come può una squadra che aveva stupito l’Italia sciogliersi improvvisamente nel momento cruciale?

Forse la risposta sta nella fragilità psicologica di un gruppo che non riuscì a gestire il peso delle aspettative. O forse semplicemente il calcio, sport imprevedibile per eccellenza, decise di scrivere una delle sue pagine più crudeli.