Intervista al portiere della Roma sulla presunta crisi dei numeri uno nostrani: la lezione dei Mondiali, la successione di Zoff, le giovani promesse e le crisi della passata stagione
P. Conti: mettiamo le mani avanti
PROCESSO al portiere. Processo perché c’è crisi in atleti ai massimi livelli, perché c’è crisi di ruolo se è vero che all’orizzonte non si vedono grandi talenti (o se ne vedono pochi), perché c’è crisi di un modo di parare che ha dimenticato le «bombe» da fuori area. Noi, nella circostanza, vestiamo i panni dell’accusa, la difesa è affidata a Paolo Conti, un esperto del settore, ed al lettore riserviamo il ruolo di giudice.
Oltre che un esperto, «Baffo» ( che appare in tempi, più o meno brevi, l’erede in «bianconerazzurro» di Dino Zoff) appartiene alla schiera dei calciatori che possono permettersi di non ragionare solo con i piedi.
Tanto è vero che ha un diploma da geometra, che sta concludendo l’Isef, che guarda fuori del pallone con reali interessi, che si dedica a letture anche impegnate. Avverte molto, insomma, il desiderio di arricchire il suo già rispettabile bagaglio culturale perché sa che il calcio, in fondo, è una meteora ed un giorno, quello della fine, non vuol farsi trovare allo scoperto. Per cui parla con espressioni forbite, i modi si vanno ingentilendo sempre più («si prepara per la corte degli Agnelli» dice chi gli sta vicino), i suoi atteggiamenti rivelano la sobrietà tipica di chi possiede forza interiore. E’ intelligente e diplomatico, gentile e simpatico.
L’uomo c’è, non esistono dubbi. Ed il calciatore? Il suo unico cruccio, sul campo, è lo stile (spalle incassate, movenze un po’ goffe) ma per il resto è pronto a dare il cambio a Zoff, in Nazionale prima e nella Juve poi.
CORAGGIOSO come certi kamikaze del passato (il re dei kamikaze è stato Giorgio Ghezzi, nemico giurato di Zoff: coincidenza banale?), confeziona, soprattutto in uscita, cose bellissime. Un giorno Pierluigi Tonani, una vita in B con il Catanzaro e con l’Arezzo, ebbe a dire di Conti: «Con lui fare il libero non mi diverte proprio. Cerchi di intervenire per deviare di testa o di piede una palla proveniente da un cross o da un traversone o da una rimessa o da un lancio ma Conti, bloccando o respingendo, ti anticipa sistematicamente. Alle volte, mica storie, mi riduce al ruolo di spettatori; in campo. Questo mostro, insomma, mi fa una rabbia…».
CONTI, da quando Tonani parlava così, è cresciuto ed è cresciuto bene. Lo dimostrano i fatti. Oggi è un maturo, umanamente e agonisticamente parlando. Quindi è l’uomo giusto per affrontare un discorso sulla crisi (vera o presunta che sia) dei «numero uno». Se avrete la bontà di seguirci potrete notare che abbiamo fatte requisitorie anche dure ma Paolo si è difeso benissimo (è un portiere, capirete…). Ora ai posteri, anzi al lettore, spetta l’ardua sentenza. Attacchiamo così: Crisi dei portieri.
Si identifica, ad esempio, in un Albertosi che, pur con tutto il rispetto che merita un atleta del suo passato, a quarant’anni si permette di difendere la porta di un grosso club come il Milan…
«Albertosi è stato ed è tuttora un grande portiere. Il fatto è che il nostro ruolo è atipico per cui si può durare anche più di quarant’anni. Scusatemi: se Albertosi para come un giovanotto perché il Milan dovrebbe mandarlo in pensione? E Banks, in Inghilterra, non ebbe, forse, vita molto lunga? E Jascin in Russia?».
– Crisi dei portieri: si esprime anche attraverso uno Zoff che ai Mondiali ha fatto storcere la bocca al mondo intero…
«Io dico che in certe delicate situazioni bisognerebbe trovarcisi. Vede, i quattro tiri che hanno bruciato Zoff con Olanda e Brasile, erano autentici tiracci carichi di una notevole dote di sfortuna. Sarò banale ma voglio, in ogni caso, ribadire che il nostro è un ruolo spietato, tanto è vero che anche la critica è soggetta all’esasperazione sia in senso positivo che negativo. In definitiva: una grande parata e sei un eroe, un errore e ti trovi sul banco degli accusati. Vie di mezzo, purtroppo, non ci sono».
– Ma perché i nostri giocatori, fatta eccezione per i Benetti, i Tardelli, gli Antognoni e qualche altro, non tirano da fuori?
«Sotto certi aspetti non so spiegarmelo proprio. Sotto certi altri, invece, potrei dire che noi disponiamo di ottimi rifinitori in grado di porre i nostri attaccanti in condizioni favorevoli, se non ideali, di battere a rete. Per cui molto spesso non c’è bisogno di tentare “avventure” da lontano. Come vede sono in grado di svelare solo una parte del mistero».
– Crisi dei portieri: è dimostrata, non potrà negarlo, da un Castellini che, negli ultimi mesi, è andato in picchiata, perdendo il posto prima nel Torino eppoi in Nazionale. Tanto da essere dirottato, quest’estate, al Napoli.
«La crisi, se così si può dire, di Castellini mi ha sorpreso parecchio. Ma credo che sia una crisi psicologica e non tecnica. A Napoli sapremo se il suo talento – che è notevole – è in fase di oscuramento».
– Garella, secondo il parere della maggioranza dei giocatori laziali, è stato il principale artefice della brutta stagione biancazzurra…
«Quello relativo a Garella è un discorso complesso, non si può liquidare con due parole. Direi, innanzitutto, che Garella, al debutto, andava maggiormente sostenuto sul piano psicologico perché le insidie, per un esordiente, sono sempre parecchie. D’altro canto il giovane portiere ha dimostrato una certa inesperienza, rilasciando, ad esempio, qualche dichiarazione che poi si è ripercossa su dì lui come un boomerang. E pensare che Garella aveva dimostrato in passato (a Novara) di possedere eccellenti doti potenziali. Mi pare anche giusto aggiungere che, essendo l’uomo dì Vinicio, una volta licenziato il tecnico, Garella è caduto automaticamente in disgrazia. Però, in definitiva, ritengo che Garella sia responsabile come altri, non di più, di una crisi che ha investito l’intero ambiente laziale».
– Oltre a Conti e Bordon, in questo chiacchieratissimo ruolo, non sembrano spuntare molti giovani in gamba…
«Diciamo che Bordon ed il sottoscritto, più che giovani, sono atleti di mezza età. Fra le speranze credo che Galli della Fiorentina abbia un bel futuro davanti».
– Italo Allodi, molto meno pessimista di noi, in una recente intervista, si è impegnato al punto di affermare che Galli, in potenza, ha le doti per diventare il più straordinario portiere che ci sia mai stato in Italia. Condivide?
«Ho già detto che Galli è buono ma non lo conosco a sufficienza per abbracciare una tesi così impegnativa. Può darsi, comunque, che Allodi abbia ragione e ciò dimostrerebbe che i portieri, in Italia, non meritano processi».
– Graziani – che la stima e le è amico – ritiene, a sua volta, che Terraneo può insidiarle il posto in Nazionale…
«Terraneo lo conosco ancora meno di Galli. Però se Francesco dice questo vuol dire che ha buone ragioni per sostenerlo. Del resto bisogna riconoscere che un Torino che punta allo scudetto non può far fuori un uomo collaudato come Castellini per affidare la difesa della sua porta ad un pivellino».
– Ammetterà, perlomeno, che i recenti “Mondiali” hanno dimostrato che i “numero uno” stranieri sono di levatura superiore alla nostra.
«Mica vero. Se dicessi che c’è un portiere che in Argentina mi ha entusiasmato, direi una grossa balla. Due che andavano per la maggiore, quello della Polonia e quello dell’Ungheria, hanno finito addirittura per perdere il posto. Lo stesso Maier ha espresso cose belle e cose brutte. Il migliore, in definitiva, è stato Fillol».
– La sua difesa è stata tanto abile quanto appassionata. Vediamo perlomeno, se è capace e vuole decretare una condanna per un Mancini che fa saltare all’aria lo scambio con il Foggia, mettendo in difficoltà due sodalizi ed un collega, Memo…
«Credo che l’errore di fondo lo abbiano commesso le due società. E mi spiego. Mancini, se non sbaglio, aveva sempre detto chiaramente che non avrebbe accettato un trasferimento in una serie inferiore, perdippiù in una sede molto lontana da Bologna. Quindi bisognava tener conto del parere espresso dal giocatore, a meno che non lo si sia considerato, da parte bolognese e foggiana, una persona poco seria, capace cioè di cambiare successivamente opinione. Insomma, prendendo per buono quanto aveva manifestato Mancini, Bologna e Foggia avrebbero dovuto, a liste aperte, adottare altre soluzioni che avrebbero giovato alle due società e agli stessi giocatori, protagonisti di un caso che, alla lunga, è diventato non molto piacevole».
– Si dice che, in Nazionale, è arrivato il suo turno: Zoff, suo malgrado, ha già trovato un erede. Non può negarlo…
«Può darsi. O meglio, se Bearzot ha programmato per il futuro una sostituzione di Zoff, è chiaro che mi verrò a trovare in una posizione di privilegio».
– Ormai è certo: il prossimo anno la aspetta anche la Juve…
«Me lo auguro. Però credo che, per ora, di concreto non c’è nulla».
– Intanto si cimenterà nella Roma del trio Buticchi-Pruzzo-Spinosi. A proposito: dove vuole arrivare questa Roma potenziata e rivoluzionata?
«Rispetto al passato farà senz’altro un notevole salto di qualità. Però non dobbiamo cadere in esagerazioni tipo scudetto: questo è un discorso che riguarderà soprattutto la Juve. Ancora una volta».
– Concludiamo: Conti giudica Conti.
«Esco molto di porta (e dicono anche abbastanza bene) perché io cerco di prevenire più che di riparare. Poi penso di avere sufficienti doti di freddezza, di essere abbastanza sicuro di me, di possedere, in una parola, un certo temperamento. E queste sono virtù importanti in quanto la filosofia di noi guardiani della porta è completamente diversa da quella degli altri giocatori. Per la nostra fortuna, oltre ad un naturale bagaglio tecnico, incidono, in maniera decisiva, determinante, caratteristiche di natura psicologica. Su un punto, soprattutto, intendo fare progressi, se la buona stella mi assisterà. Alludo all’esperienza internazionale. Un portiere moderno deve conoscere un po’ tutto il calcio, non solo quello italiano. Allora, solo allora, potrà considerarsi un arrivato, uno che ha fatto veramente carriera».