PAOLO CONTI – Settembre 1978

Intervista al portiere della Roma sulla presunta crisi dei numeri uno nostrani: la lezione dei Mondiali, la successione di Zoff, le giovani promesse e le crisi della passata stagione

P. Conti: mettiamo le mani avanti

PROCESSO al portiere. Processo perché c’è crisi in atleti ai massimi livelli, perché c’è crisi di ruolo se è vero che all’orizzonte non si ve­dono grandi talenti (o se ne vedono pochi), perché c’è crisi di un modo di parare che ha dimenticato le «bombe» da fuori area. Noi, nella circostanza, vestiamo i panni dell’accusa, la difesa è affidata a Paolo Conti, un esperto del settore, ed al lettore riserviamo il ruolo di giu­dice.
Oltre che un esperto, «Baffo» ( che appare in tempi, più o meno brevi, l’erede in «bianconerazzurro» di Di­no Zoff) appartiene alla schiera dei calciatori che possono permettersi di non ragionare solo con i piedi.
Tanto è vero che ha un diploma da geometra, che sta concludendo l’Isef, che guarda fuori del pallone con reali interessi, che si dedica a letture anche impegnate. Avverte molto, insomma, il desiderio di ar­ricchire il suo già rispettabile ba­gaglio culturale perché sa che il calcio, in fondo, è una meteora ed un giorno, quello della fine, non vuol farsi trovare allo scoperto. Per cui parla con espressioni forbite, i modi si vanno ingentilendo sempre più («si prepara per la corte degli Agnelli» dice chi gli sta vicino), i suoi atteggiamenti rivelano la sobrie­tà tipica di chi possiede forza inte­riore. E’ intelligente e diplomatico, gentile e simpatico.
L’uomo c’è, non esistono dubbi. Ed il calciatore? Il suo unico cruccio, sul campo, è lo stile (spalle incassate, movenze un po’ goffe) ma per il resto è pron­to a dare il cambio a Zoff, in Na­zionale prima e nella Juve poi.

CORAGGIOSO come certi kamikaze del passato (il re dei kamikaze è stato Giorgio Ghezzi, nemico giura­to di Zoff: coincidenza banale?), confeziona, soprattutto in uscita, cose bellissime. Un giorno Pierluigi Tonani, una vita in B con il Catan­zaro e con l’Arezzo, ebbe a dire di Conti: «Con lui fare il libero non mi diverte proprio. Cerchi di inter­venire per deviare di testa o di pie­de una palla proveniente da un cross o da un traversone o da una rimessa o da un lancio ma Conti, bloccando o respingendo, ti antici­pa sistematicamente. Alle volte, mi­ca storie, mi riduce al ruolo di spettatori; in campo. Questo mo­stro, insomma, mi fa una rabbia…».

CONTI, da quando Tonani parlava così, è cresciuto ed è cresciuto be­ne. Lo dimostrano i fatti. Oggi è un maturo, umanamente e agonisti­camente parlando. Quindi è l’uomo giusto per affrontare un discorso sulla crisi (vera o presunta che sia) dei «numero uno». Se avrete la bontà di seguirci potrete notare che abbiamo fatte requisitorie anche du­re ma Paolo si è difeso benissimo (è un portiere, capirete…). Ora ai posteri, anzi al lettore, spetta l’ardua sentenza. Attacchiamo così: Crisi dei portieri.
Si identifica, ad esempio, in un Al­bertosi che, pur con tutto il rispet­to che merita un atleta del suo pas­sato, a quarant’anni si permette di difendere la porta di un grosso club come il Milan…
«Albertosi è stato ed è tuttora un grande portiere. Il fatto è che il nostro ruolo è atipico per cui si può durare anche più di quarant’anni. Scusatemi: se Albertosi para come un giovanotto perché il Mi­lan dovrebbe mandarlo in pensione? E Banks, in Inghilterra, non ebbe, forse, vita molto lunga? E Jascin in Russia?».

– Crisi dei portieri: si esprime an­che attraverso uno Zoff che ai Mondiali ha fatto storcere la boc­ca al mondo intero…
«Io dico che in certe delicate si­tuazioni bisognerebbe trovarcisi. Vede, i quattro tiri che hanno bru­ciato Zoff con Olanda e Brasile, erano autentici tiracci carichi di una notevole dote di sfortuna. Sarò ba­nale ma voglio, in ogni caso, ribadi­re che il nostro è un ruolo spieta­to, tanto è vero che anche la critica è soggetta all’esasperazione sia in senso positivo che negativo. In de­finitiva: una grande parata e sei un eroe, un errore e ti trovi sul banco degli accusati. Vie di mezzo, pur­troppo, non ci sono».

– Ma perché i nostri giocatori, fat­ta eccezione per i Benetti, i Tardelli, gli Antognoni e qualche altro, non tirano da fuori?
«Sotto certi aspetti non so spie­garmelo proprio. Sotto certi altri, invece, potrei dire che noi disponia­mo di ottimi rifinitori in grado di porre i nostri attaccanti in condi­zioni favorevoli, se non ideali, di battere a rete. Per cui molto spes­so non c’è bisogno di tentare “av­venture” da lontano. Come vede so­no in grado di svelare solo una parte del mistero».

– Crisi dei portieri: è dimostrata, non potrà negarlo, da un Castellini che, negli ultimi mesi, è andato in picchiata, perdendo il posto prima nel Torino eppoi in Nazionale. Tan­to da essere dirottato, quest’estate, al Napoli.
«La crisi, se così si può dire, di Castellini mi ha sorpreso parecchio. Ma credo che sia una crisi psicologi­ca e non tecnica. A Napoli sapremo se il suo talento – che è notevo­le – è in fase di oscuramento».

– Garella, secondo il parere della maggioranza dei giocatori laziali, è stato il principale artefice della brutta stagione biancazzurra…
«Quello relativo a Garella è un di­scorso complesso, non si può liqui­dare con due parole. Direi, innan­zitutto, che Garella, al debutto, an­dava maggiormente sostenuto sul piano psicologico perché le insidie, per un esordiente, sono sempre pa­recchie. D’altro canto il giovane por­tiere ha dimostrato una certa ine­sperienza, rilasciando, ad esempio, qualche dichiarazione che poi si è ripercossa su dì lui come un boomerang. E pensare che Garella aveva dimostrato in passato (a No­vara) di possedere eccellenti doti potenziali. Mi pare anche giusto ag­giungere che, essendo l’uomo dì Vi­nicio, una volta licenziato il tecnico, Garella è caduto automaticamente in disgrazia. Però, in definitiva, riten­go che Garella sia responsabile co­me altri, non di più, di una crisi che ha investito l’intero ambiente laziale».

– Oltre a Conti e Bordon, in questo chiacchieratissimo ruolo, non sem­brano spuntare molti giovani in gamba…
«Diciamo che Bordon ed il sotto­scritto, più che giovani, sono atle­ti di mezza età. Fra le speranze cre­do che Galli della Fiorentina abbia un bel futuro davanti».

– Italo Allodi, molto meno pessimi­sta di noi, in una recente intervista, si è impegnato al punto di affermare che Galli, in potenza, ha le doti per diventare il più straordinario portiere che ci sia mai stato in Ita­lia. Condivide?
«Ho già detto che Galli è buono ma non lo conosco a sufficienza per ab­bracciare una tesi così impegnativa. Può darsi, comunque, che Allodi ab­bia ragione e ciò dimostrerebbe che i portieri, in Italia, non meritano processi».

– Graziani – che la stima e le è amico – ritiene, a sua volta, che Terraneo può insidiarle il posto in Nazionale…
«Terraneo lo conosco ancora meno di Galli. Però se Francesco dice que­sto vuol dire che ha buone ragioni per sostenerlo. Del resto bisogna ri­conoscere che un Torino che punta allo scudetto non può far fuori un uomo collaudato come Castellini per affidare la difesa della sua porta ad un pivellino».

– Ammetterà, perlomeno, che i re­centi “Mondiali” hanno dimostrato che i “numero uno” stranieri sono di levatura superiore alla nostra.
«Mica vero. Se dicessi che c’è un portiere che in Argentina mi ha en­tusiasmato, direi una grossa balla. Due che andavano per la maggiore, quello della Polonia e quello dell’Ungheria, hanno finito addirittura per perdere il posto. Lo stesso Maier ha espresso cose belle e co­se brutte. Il migliore, in definitiva, è stato Fillol».

– La sua difesa è stata tanto abile quanto appassionata. Vediamo perlomeno, se è capace e vuole de­cretare una condanna per un Man­cini che fa saltare all’aria lo scam­bio con il Foggia, mettendo in dif­ficoltà due sodalizi ed un collega, Memo…
«Credo che l’errore di fondo lo abbiano commesso le due società. E mi spiego. Mancini, se non sbaglio, aveva sempre detto chiaramente che non avrebbe accettato un trasferi­mento in una serie inferiore, perdippiù in una sede molto lontana da Bologna. Quindi bisognava tener conto del parere espresso dal gio­catore, a meno che non lo si sia considerato, da parte bolognese e foggiana, una persona poco seria, capace cioè di cambiare successivamente opinione. Insomma, prenden­do per buono quanto aveva manife­stato Mancini, Bologna e Foggia avrebbero dovuto, a liste aperte, adottare altre soluzioni che avrebbe­ro giovato alle due società e agli stessi giocatori, protagonisti di un caso che, alla lunga, è diventato non molto piacevole».

– Si dice che, in Nazionale, è ar­rivato il suo turno: Zoff, suo malgra­do, ha già trovato un erede. Non può negarlo…
«Può darsi. O meglio, se Bearzot ha programmato per il futuro una sostituzione di Zoff, è chiaro che mi verrò a trovare in una posizione di privilegio».

– Ormai è certo: il prossimo anno la aspetta anche la Juve…
«Me lo auguro. Però credo che, per ora, di concreto non c’è nulla».

– Intanto si cimenterà nella Roma del trio Buticchi-Pruzzo-Spinosi. A proposito: dove vuole arrivare que­sta Roma potenziata e rivoluzionata?
«Rispetto al passato farà senz’altro un notevole salto di qualità. Però non dobbiamo cadere in esagerazioni tipo scudetto: questo è un di­scorso che riguarderà soprattutto la Juve. Ancora una volta».

– Concludiamo: Conti giudica Con­ti.
«Esco molto di porta (e dicono an­che abbastanza bene) perché io cer­co di prevenire più che di ripara­re. Poi penso di avere sufficienti doti di freddezza, di essere abba­stanza sicuro di me, di possedere, in una parola, un certo temperamen­to. E queste sono virtù importanti in quanto la filosofia di noi guardia­ni della porta è completamente di­versa da quella degli altri giocato­ri. Per la nostra fortuna, oltre ad un naturale bagaglio tecnico, inci­dono, in maniera decisiva, determi­nante, caratteristiche di natura psi­cologica. Su un punto, soprattutto, intendo fare progressi, se la buona stella mi assisterà. Alludo all’espe­rienza internazionale. Un portiere moderno deve conoscere un po’ tut­to il calcio, non solo quello italia­no. Allora, solo allora, potrà consi­derarsi un arrivato, uno che ha fat­to veramente carriera».