È il 1904 quando nasce il Leeds City che prende parte al campionato di Seconda divisione, in cui milita senza grande fortuna sino al 13 ottobre 1919, quando viene espulso dalla Football Association per pagamenti irregolari. Tra gli altri è coinvolto il tecnico Herbert Chapman, successivamente amnistiato, poi grande timoniere dell’Arsenal anni Trenta. Nello stesso anno viene fondato il Leeds United che esordisce in Seconda divisione il 28 agosto 1920 contro il Port Vale, la squadra che ne aveva preso il posto al momento della squalifica, perde 2-0, ma era tornato al football, alla vita sportiva. Dopo i soliti alti e bassi, quelli che hanno sempre caratterizzato la storia del Leeds, nel ’23-24 i bianchi del West Yorkshire vincono il campionato e fanno la loro prima apparizione nel massimo campionato inglese, occupando posizioni di bassa classifica.
Frutto maturo, la retrocessione arriva nel 1927, l’anno successivo torna in First division, tra anni dopo torna nuovamente giù, per risalire subito e cimentarsi nuovamente con la grandi del calcio inglese. Intanto era stato costruito il mitico “Elland Road”, lo stadio che nel match del ’32-33 contro l’Arsenal ospitò la bellezza di 56.988 spettatori, al loro posto quattro ore prima dell’inizio. Il Leeds United inizia a farsi valere, grazie ai giocatori come Willis Edwards, Ernie Hart e Wilf Copping, nazionale inglese. Nel 1947, però, una nuova mazzata: l’ultimo posto in campionato e la nuova retrocessione. Sono anni duri per la squadra di Elland Road (come succedeva spesso in Inghilterra, lo stadio prendeva il nome della strada in cui veniva costruito, allo stesso tempo sede del club) che ritrova un po’ di vigore grazie a un difensore gallese, dal fisico impressionante, un certo John Charles.
In quegli anni l’allenatore è Franck Buckley, ex centromediano cui la Grande guerra aveva messo fine a una brillante carriera, è lui a scovare Charles nello Swansea e a portarlo a Leeds nel ’48. Nel gennaio del ’49 John firma il suo primo contratto da professionista. Buona tecnica individuale ed eccezionali mezzi fisici, insuperabile da centromediano, addirittura travolgente quando si spingeva in avanti, Charles aveva nel colpo di testa una formidabile arma con la quale abbatteva i portieri avversari. Forte e dinamico, in campo si muoveva con grande sicurezza, tanto che Buckley lo impiega indifferentemente come difensore e attaccante.
Ben presto Charles diventa l’idolo di Elland Road e per i tifosi sarà sempre “King John”, il gigante buono. Nel campionato ’53-54 vince la classifica marcatori con 42 reti, ma non bastano a tirare su il Leeds che si classifica solamente al decimo posto. Curiosamente, l’anno successivo Charles viene impiegato quasi esclusivamente da centromediano e il Leeds finisce in quarta posizione. Nel ’55-56, stagione vissuta da attaccante, le reti sono “solo” 30 ma finalmente il Leeds United torna nel massimo campionato. Charles non risente del salto di categoria e lo dimostra andando a segno trentotto volte. Il ’56-57, però, è segnato dall’incendio che il 18 settembre del ’56 distrusse quasi tutto lo stadio di Elland Road, le fiamme ingoiano divise, palloni, trofei e tribune, ma nessuno vuole abbandonare la casa in cui la squadra è cresciuta.
A pochi giorni dall’incendio il Leeds ospita l’Aston Villa, davanti a quei pochi spettatori che trovano spazio tra le macerie: la vittoria per 1-0 con rete di “King John” è la scossa di cui tutto l’ambiente aveva bisogno. L’anno successivo lo stadio, costato 130.000 sterline, è di nuovo in piedi, anche se l’impegno economico ha richiesto un sacrificio: la cessione di Charles alla Juventus, per 65.000 sterline, squadra in cui con Sivori e Boniperti aprirà un ciclo leggendario vincendo tre scudetti e due coppe Italia. Per sostituirlo arriva dal Sunderland Don Revie, sei volte nazionale inglese, già trentenne e con una carriera di discreto bomber alle spalle. Qualità che, naturalmente, non sono sufficienti per far dimenticare John Charles.
Nel ’59-60, infatti, il Leeds retrocede nuovamente e Revie diventa giocatore-allenatore. In questo ruolo chiede ed ottiene l’acquisto dello scozzese Robert Collins dall’Everton e ne fa il leader della squadra. Il repentino ritorno di “King John” nell’estate del ’62 crea qualche problema, i ritmi del calcio inglese, anche se di Seconda divisione, non gli sono più congeniali e dopo 11 partite torna in Italia, alla Roma. Il ritorno in First division nel 1964 segna la rinascita e la vigilia del periodo più bello e vincente della storia del Leeds United. Colleziona subito un secondo posto in campionato dietro al Manchester United e perde la finale di FA Cup contro il Liverpool, mentre Robert Collins vince il premio come miglior giocatore del campionato.
In quella formazione c’erano anche Gary Sprake, portiere gallese, Jack Charlton, Norman Hunter, Johnny Giles, regista irlandese, e l’inesauribile centrocampista Billy Bremner, piccolo ma combattivo come pochi altri giocatori del calcio inglese. Nel 1966 gli inglesi, maestri del football, si laureano campioni del mondo, peccato che il Leeds, prima della rassegna iridata collezioni l’ennesimo secondo posto in campionato, dietro al Liverpool. La stagione successiva i bianchi dello United, protagonisti di una grande cavalcata europea, contendono la Coppa delle Fiere alla Dinamo Zagabria: i croati vincono la Coppa, al Leeds l’onore delle armi. Nel ’67 e Jack Charlton, già campione del mondo, ad aggiudicarsi il premio come giocatore dell’anno. Jack disputerà con il Leeds 629 match segnando 70 gol, che per un difensore sono tanti, tutto questo nell’arco di 18 lunghe e leggendarie stagioni. Appena il tempo, però di partecipare alle prime grandi conquista della squadra del West Yorkshire.
Nel 1968 il Leeds United vince la Coppa di Lega e, soprattutto, la Coppa delle Fiere, battendo in finale i temibilissimi ungheresi del Ferencvaros. E’ una grande gioia per i tifosi che vedono finalmente la propria squadra primeggiare in Europa e fare la voce grossa in patria. Ma non finisce qui, nel ’69 arriva il primo titolo della storia, un campionato dominato con 66 gol all’attivo e 26 al passivo, con un più 6 finale sul Liverpool, secondo, e con solo 2 sconfitte. È iniziata l’era del Leeds United che non durerà molto ma sarà intensa e leggendaria. Nel ’70 torna l’incubo del secondo posto: secondi in campionato dietro all’Everton e secondi in Coppa d’Inghilterra contro il Chelsea, il destino sembra accanirsi nuovamente sui bianchi di Leeds. Nel ’71 la beffa si ripete, un solo punto divide lo United dall’Arsenal campione, ma Bremner e compagni si prendono la rivincita in Europa portando via la Coppa delle Fiere alla Juventus: 2-2 a Torino con reti di Madeley e Bates e 1-1 all’Elland Road, decisivi i gol in trasferta.
Nel 1972 arriva la grande vittoria di Wembley in FA Cup contro l’Arsenal, grazie a una rete di Clarke, mentre nel ’74 il secondo titolo inglese, ancora una volta in faccia al Liverpool. Insieme a Bremner in quella formazione ci sono Gordon McQueen, Peter Lorimer e Joe Jordan, la spina dorsale della Nazionale scozzese. La sconfitta nella finale di Coppa dei Campioni (Parigi, 28 maggio ’75) contro il Bayern Monaco di Maier e Muller è il canto del cigno di una generazione di giocatori e del Leeds United che non ha più toccato certe vette. Passeranno dallo Yorkshire anche Jock Stein e Gordon Strachan, ma la maggior parte degli anni Ottanta il Leeds li trascorre in Seconda divisione.
Torna in Premiership nell’89-90 grazie ad Howard Wilkinson e nel ’91-92 è di nuovo sul tetto d’Inghilterra. All’alba degli anni 2000 è considerata a tutti gli effetti una grande, guidata dal tecnico O’Leary e da elementi come l’australiano Viduka e il difensore Woodgate, riportando la leggenda dell’Elland Road in giro per l’Europa, prima di sprofondare in una nuova gravissima crisi finanziaria. Nel 2007 arriva addirittua la retrocessione nella Football League One, l’equivalente della Serie C1 italiana, che rappresenta il punto più basso nella storia centenaria della squadra britannica, la quale non era mai retrocessa nel terzo livello del calcio inglese.