Ajax A.F.C.

Tutto iniziò una mattina del 18 marzo 1900, quando un gruppo di uomini appartenenti al gotha commerciale e intellettuale di Amsterdam decise di riunirsi nell’esclusivo Caffè East India, in Kalvestraat, una delle strade più eleganti della cittadina olandese. Ognuno dei partecipanti aveva ricevuto una missiva scritta a mano su cartoncini di pergamena color avorio che recitava: «Con questa lettera vi invitiamo a onorarci della vostra presenza domenica 18 marzo alle ore 9,45 in una delle sale superiori del Caffè East India allo scopo di discutere la fondazione di un nuovo club di calcio». L’accordo fra i convocati da “Pa” Dade fu trovato subito; nasceva così l’Ajax che si iscrisse alla Terza divisione. Il nome fu scelto ispirandosi alla mitologia greca: Aiace (da cui Ajax) era figlio di re Telamonio, uomo rinomato per le sue qualità di combattente. Ancora oggi, erroneamente, si continua a indicare l’Ajax col soprannome di “lancieri”, giustificandolo proprio con la figura di Aiace che invece non richiama affatto quell’immagine. Quindi potrete dire Ajax, biancorossi, quelli di Amsterdam o come preferite, ma non “lancieri”.

Nel 1908 la fusione con l’Holland, solido club di Terza divisione, porta alla ribalta l’Ajax che nel 1911 raggiunge la massima divisione olandese. La squadra era guidata dall’irlandese Kirwan, la stella era invece Gerard Fortgens, primo calciatore biancorosso a vestire la maglia della Nazionale. Ma questa ventata di notorietà dura poco, poiché due anni più tardi la società si ritrova nuovamente in Seconda divisione. Nel 1917 riconquista la Prima che da allora non ha mai lasciato e, nello stesso anno, vince la Coppa d’Olanda superando in finale il VSV Velsen per 5-0. È il primo trofeo che va ad abbellire la bacheca biancorossa.

Come si suol dire «L’appetito vien mangiando» e così l’Ajax nel 1918 conquista il suo primo titolo olandese. I protagonisti di quella storica impresa sono il portiere Smit, i terzini F. Pelser e Couton, i mediani Hordijk, J. Pelser e Terwee, gli attaccanti De Natris, Van Dort, Brokmann, De Haan e Gupffert. Una squadra che vince il titolo anche nel 1919, ma che subito dopo conoscerà un declino inarrestabile, tanto che l’Ajax dovrà attendere gli anni Trenta prima di vincere di nuovo.

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Ajax 1911/12

Nel 1930 arriva ad Amsterdam il tecnico inglese Jack Reynolds che costruisce una squadra eccezionale capace di dominare la scena olandese per tutto il decennio, sino all’avvento del nazismo. L’Ajax vince infatti il campionato nel ‘31, ‘32’, ‘34, ‘37 e ‘39: una formazione imbattibile davvero e pensare che questo è stato solo uno dei cicli che i biancorossi hanno avuto nella loro storia. I giocatori più rappresentativi erano il centromediano Wim Anderiesen e il terzino sinistro Dolf Van Kol; il primo giocò 46 volte in Nazionale, il secondo 33, segnando anche 4 reti.

A quell’epoca il presidente del sodalizio olandese era Marius Koolhaas, che resterà in carica per ben 25 anni e che volendo fare dell’Ajax la squadra più importante del Paese decise di regalargli una nuova casa. Così nel 1934 chiamò l’architetto Roodenburg che diede il tocco finale allo stadio De Meer (con campi di allenamento) della squadra biancorossa, nel quale si è giocato sino all’inizio degli anni Novanta, poi è nata l’Amsterdam Arena. Nel 1943 arriva la seconda coppa nazionale, grazie alla vittoria per 3-2 in finale contro il Dordrecht. Ma quelli sono gli anni della dominazione nazista, anni di grande difficoltà per un club che aveva nelle sue file molti giocatori ebrei.

Dopo la tragedia della Seconda guerra mondiale riprende anche il calcio, anche l’Ajax ricostruisce la sua squadra, per lo più con giocatari giovanissimi (il vivaio sarà sempre la sua grande forza) come Jan Potharst, Henk Van der Linden (entrambi nazionali), i Ger Stroker, Joop Stoffelen, Gerard Van Dijk, Guus Dràger e il centravanti Rinus Michels.

Così giovani eppure già vincenti, tanto che nel 1947 l’Ajax vince il suo ottavo titolo. Ma è un fuoco di paglia perché quella generazione non riuscì a costruire un ciclo come quello degli anni Trenta. Rinus Michels era nato ad Amsterdam il 9 febbraio 1928, dal ‘45 al ‘56 gioca nell’Ajax, vincendo il titolo nel ‘47, e per 5 volte veste anche la maglia della Nazionale olandese. Una volta abbandonato il calcio inizia il corso di allenatore e prende il diploma d’insegnate di educazione fisica. Inizierà nelle categorie minori per poi dare il la’ al ciclo Ajax del “calcio totale”, passando alla storia come l’unico tecnico (sino ad ora) che abbia portato alla vittoria la Nazionale olandese, Euro ‘88.

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Ajax 1957

Nel 1954 in Olanda viene introdotto il semiprofessionismo e nel ‘57 c’è il primo campionato a girone unico che viene naturalmente vinto dall’Ajax, squadra sempre pronta all’appuntamento con la storia. Gli uomini di spicco di quella formazione erano il portiere Eddy Pieters Graafland e l’ala destra Van der Kuil, che guideranno i biancorossi anche in Europa nella stagione ‘58-59. Il primo turno di Coppa Campioni viene brillantemente superato battendo i tedeschi orientali del Wismut Chemnitz, ma niente potrà l’Ajax contro il Vasas di Budapest. L’appuntamento con quel trofeo sarà solo rimandato.

Gli anni Sessanta portano con sè nuove vittorie. Nel ‘60 il titolo e nel ‘61 la coppa contro il NAC Breda, battuto in finale per 3-0. Il trascinatore è Henk Groot, bomber di eccezionale efficacia che si laurea capocannoniere olandese per due stagioni consecutive rispettivamente con 38 e 41 reti. Nel 1964 la squadra non gira e si salva per miracolo, così viene chiamato al suo capezzale quel Michels che ne fu ottimo attaccante a cavallo tra i ‘40 e i ‘50. Sostituisce l’inglese Vic Buckingham e con i suoi metodi innovativi rivoluziona il modo di giocare a pallone. Attento osservatore del calcio intemazionale, Michels adotterà un sistema di gioco che oggi si chiamerebbe comunemente zona, ma che allora passò alla storia come il “calcio totale”.

Difesa che manda a vuoto gli avversari con un irridente controllo della palla, tattica del fuorigioco applicata in maniera ossessiva e un attacco in massa fatto di cross, verticalizzazioni improvvise e triangolazioni fulminanti. Il tutto recitato da una generazione di fenomeni come poche altre volte nella storia del calcio. Michels arriverà a vincere con l’Ajax la Coppa dei Campioni per poi, sentito esaurito il suo compito, andare a cercar fortuna con il Barcellona. Quelli sono gli anche gli anni di Johan Cruijff e di un presidente come Jaap Van Praag. Con quei tre iniziò un ciclo irripetibile che alla fine lascerà nella bacheca ajace ben 3 coppe dei Campioni consecutive.

Cruijff nasce ad Amsterdam il 25 aprile del 1947 al n. 92 della Tuinbeuwstraat. La famiglia è modesta e tira avanti con un negozio di frutta e verdura ricavato nella piccola casa. L’infanzia di Johan passa attraverso la scuola e interminabili partite di calcio insieme agli amici e al fratello Heini. Il De Meer dista solo 200 metri da casa sua, appena finita la scuola il ragazzino corre subito a vedere gli allenamenti, tanto da fare amicizia col magazziniere dell’Ajax che chiamerà affettuosamente zio Henk. Lo aiuta a pulire le scarpe, a gonfiare i palloni e a piazzare le bandierine del calcio d’angolo. Johan diventa popolare in società tanto che i dirigenti gli regalano il biglietto per le partite, fino a che lui e suo fratello non entrano nelle giovanili biancorosse. A 13 anni muore papa Cruijff, la madre perde negozio e casa, ma ci pensa Johan che d’accordo col vicepresidente dell’Ajax la fa assumere come donna delle pulizie e commessa al banco del bar dello stadio.

Lui è molto fragile fisicamente, ma tecnicamente un portento e in un anno segna 74 reti. Il tecnico Buckingham lo fa seguire e inizia a lavorare sul suo fisico e a frenarne l’istinto individualista, ma tecnicamente Johan è già completo. A 14 anni vince il suo primo titolo nelle categorie giovanili vestendo la maglia numero 14, quella che gli resterà cucita addosso per sempre. Esordisce il 15 novembre del 1964 in Ajax-Groningen 3-1. Alla seconda partita da titolare segna subito un gol strepitoso. Si ripete spesso e la gente accorre allo stadio per veder giocare questo frugoletto inarrestabile. Gioca a tutto campo, battendo a rete sia di destro che di sinistro, incantando per come palleggia e calcia con l’esterno del piede destro.

A 19 anni vince il titolo olandese e esordisce in Nazionale (Olanda-Ungheria 2-2) e nel 1971 vince per la prima volta il Pallone d’Oro di “France Football” come miglior giocatore europeo dell’anno, trofeo che riceverà anche nel ‘73 e nel ‘74. Dopo aver vinto tutto nell’Ajax ed essere arrivato secondo ai Mondiali del 1974 va a Barcellona insieme a Michels mietendo nuove vittorie. Nell’Ajax torna da allenatore, così come a Barcellona e in entrambi i casi sarà ancora una volta vincente.

Ma facciamo un passo indietro. I biancorossi vincono tre campionati consecutivi, dal 1966 al 1968, e Cruijff è capocannoniere nel ‘67 con 33 reti. Degni compagni di squadra sono Swart, Keizer, Muller, Pronk, Nuninga e Van Duivenbode, tutti titolari della Nazionale. Anche se è con gli anni Settanta che l’Ajax mette insieme una formazione di incredibile valore tecnico. Nel 1969 arriva anche in finale di Coppa dei Campioni, ma il Milan di Prati e Sormani è inarrestabile e va a nozze con la difesa a zona dell’Ajax che perde 4-1.

Intanto, in panchina era arrivato il romeno di Timisoara Stefan Kovacs che continua il lavoro di Michels. Ex Ct della Nazionale del suo Paese inizia con i giocatori un dialogo che Rinus non aveva mai avuto, lascia più spazio all’estro dei singoli e vince scudetti e coppe a go-go. Nel 1970 l’Ajax vince il campionato e la coppa d’Olanda (allenatore Michels), così come nel ‘71 (ancora Michels) e nel ‘72 (allenatore Kovacs). Nel ‘73 è ancora una volta scudetto. Ma in campo internazionale le cose vanno ancora meglio. Rinus Michels porta la “sua” squadra a vincere la sua prima Coppa dei Campioni. A Londra i biancorossi battono per 2-0 il sorprendente Panathinaikos con reti di Dick Van Dijk e autorete di Vlahos su cannonata di Arie Haan.

Michels, come detto, se ne va ma l’Ajax continua il suo strepitoso ciclo con Kovacs. L’anno seguente è l’Inter di Mazzola la vittima prescelta nella finale di Coppa Campioni. In quella stagione arriva anche la Coppa Intercontinentale. Nel 1973 la terza Coppa dei Campioni consecutiva vinta contro la Juventus. Nella finale di Belgrado segna subito Rep e poi, poi è solo trionfo. Finisce anche l’era Cruijff che dopo questa vittoria se ne va a Barcellona per seguire Michels.

Il secondo posto ai Mondiali tedeschi del 1974 e la Supercoppa Europea vinta nello stesso anno contro il Milan (che becca 6 gol ad Amsterdam) sono il canto del cigno di un’era, quella del calcio, di un fenomeno, Johan Cruijff, e di una generazione: Stuy, Suurbier, Vasovic, Hulshoff, Blankenburg, Krol, Rijnders, Haan, Neeskens, Muhren, Swart, Van Dijk, Keizer, Rep. Insieme a Cruijff hanno creato qualcosa di irripetibile che ha segnato per sempre la nascita del calcio moderno, dimostrando che il talento e la tecnica del singolo fanno lo schema, non viceversa. Piano piano se ne andranno tutti a cercare ingaggi più remunerativi.

Resta solamente Ruud Krol che da terzino sinistro diventa uno dei migliori liberi del mondo. Con lui e con il bomber Ruud Geels l’Ajax vince il campionato nel ‘77 e Geels la classifica marcatori ininterrottamente dal‘75 al‘78. Accanto a Krol cresce un’altra generazione di talenti come i danesi Lerby e Arnesen, Tahamata e La Ling. Con Leo Beenhakker in panchina e i nazionali Schrijvers e Schoenaker l’Ajax torna protagonista in patria e in Coppa dei Campioni, con la semifinale persa contro il Nottingham Forest nel 1980. Nell’estate di quell’anno se ne va anche Krol, va a fare grande il Napoli prima dell’avvento di Maradona.

Ma nel dicembre 1981 torna Cruijff per vincere il campionato insieme a giovani come Kieft (Scarpa d’Oro con 32 reti), Rijkaard, Vanenburg e Marco Van Basten. Nel 1983 l’Ajax vince l’ennesima accoppiata scudetto-coppa, ma Johan se ne va al Feyenoord, col quale vince il titolo, lasciando l’Ajax al suo destino. Vi tornerà ancora nel 1985, ma questa volta come tecnico, aprendo un altro piccolo-grande ciclo con un titolo olandese (‘85) e una Coppa delle Coppe vinta ad Atene contro il Lokomotiv Lipsia grazie a una rete di testa di Marco Van Basten. Lo stesso uomo che vince la classifica cannonieri dal 1984 al 1987. Insieme a Gullit, quella nuova generazione ajace vincerà il titolo europeo del 1988, con il grande vecchio Rinus Michels in panchina.

Ma come spesso è accaduto nella storia di questo club, quei giocatori se ne andarono in giro per l’Europa, i più forti a fare grande il Milan di Sacchi (Van Basten e Rijkaard, con Gullit). Di quella squadra si ricorda anche un’altra finale di Coppa delle Coppe persa contro i belgi del Malines, guidati dall’ex Aad De Mos. Tornerà Leo Beenhakker e poi sarà la volta di Louis Van Gaal e di una nuova sfornata del vivaio Ajax: da Van der Sar a Davids, da Kluivert a Ronald Koeman. Arriverà la quarta Coppa Campioni (battuto) il Milan nel 1995 e una nuova finale nel 1996, persa però contro la Juve di Lippi.

L’Ajax trionfa nella Champions League 1995

Il ritorno dell’Ajax ai vertici del panorama calcistico europeo non ebbe seguito, dato che van Gaal e molti membri della squadra lasciarono il club per alcune delle potenze calcistiche continentali, aiutati anche dalla sentenza Bosman. Gli anni 2000 videro un declino della squadra di Amsterdam, capace di vincere solo due volte il campionato in dieci anni, anche se il settore giovanile si confermò fucina di talenti, producendo giocatori del calibro di Ibrahimovic, Sneijder e van der Vaart.

Una nuova generazione di talenti emerge alla fine degli anni dieci con l’avvento in panchina di Erik ten Hag che nella stagione 2018/19 porta il club in semifinale di Champions League. Partiti dai preliminari, i biancorossi eliminano Real Madrid e Juventus mettendo in mostra talenti quali Hakim Ziyech, Dušan Tadić, Frenkie de Jong, Donny van de Beek e Matthijs de Ligt. Insomma, la stirpe ajacide non finirà mai di sorprenderci!