Il Ritorno del Totaalvoetbal: L’Ajax 1993-1996

La storia di come il calcio totale di Cruijff e Michels fu reinterpretato e modernizzato da van Gaal e dai suoi giovani talenti.

Negli anni ’70, l’Ajax di Amsterdam aveva incantato l’Europa e il mondo con il suo Totaalvoetbal. Guidata dal geniale Johan Cruijff e dall’allenatore visionario Rinus Michels, la squadra olandese aveva dominato il calcio continentale per tre anni consecutivi. Quel periodo d’oro aveva anche fornito la spina dorsale della nazionale olandese, seconda classificata ai Mondiali del 1974 e del 1978.

Tuttavia, tramontata quella generazione, l’Ajax era caduto nell’oblio. Per quasi due decenni, il club biancorosso non era più riuscito a brillare come un tempo sui palcoscenici europei. Le vittorie si erano fatte rare, e il nome lei lancieri non incuteva più timore come un tempo.

Nel 1995, una nuova infornata di talenti “fatti in casa”, guidata dal carismatico allenatore Louis van Gaal, riportò l’Ajax ai vertici del calcio europeo. Con giocatori del calibro di Edwin van der Sar, Frank de Boer, Clarence Seedorf, Edgar Davids e Patrick Kluivert, i lancieri tornarono a sollevare il trofeo più ambito d’Europa: la Champions League. Questa rinascita non fu solo un ritorno al successo, ma una vera e propria reincarnazione dello spirito che aveva reso l’Ajax una leggenda del calcio mondiale.

I semi del successo

van Gaal catechizza i difensori Winston Bogarde e Michael Reiziger

Il vento iniziò a cambiare nel 1991, con l’arrivo di Louis van Gaal sulla panchina dell’Ajax. Stratega meticoloso, noto per la sua franchezza e fedele ai principi del Totaalvoetbal, van Gaal impose rapidamente il suo schema di gioco e iniziò a plasmare i giovani talenti del vivaio. La sua filosofia era chiara: un calcio offensivo, basato sul possesso palla, sulla pressione alta e sulla versatilità dei giocatori.

Van Gaal non si limitò a insegnare tattiche, ma instillò nei suoi giocatori una mentalità vincente. Pretendeva il massimo da ogni membro della squadra, spingendoli oltre i loro limiti. Questo approccio rigoroso iniziò presto a dare i suoi frutti.

Il primo assaggio di successo arrivò nel 1992, quando l’Ajax vinse la Coppa UEFA pareggiando contro il Torino di Mondonico in una doppia finale combattutissima. Questo trionfo riportò il club olandese tra i grandi nomi del continente, anche se ancora non al livello delle potenze dell’epoca che si chiamavano Barcellona, Olympique Marsiglia e Milan.

La squadra continuò a crescere, nonostante la partenza del bomber Dennis Bergkamp nel 1993. L’arrivo del promettente Patrick Kluivert, la maturazione di talenti come Davids e Seedorf, l’aggiunta del finlandese Jari Litmanen e il ritorno della stella Frank Rijkaard contribuirono a creare un mix perfetto di gioventù ed esperienza. Van Gaal aveva a disposizione un gruppo di giocatori talentuosi e affamati di successo, pronti a riportare l’Ajax ai vertici del calcio europeo.

La stagione dei sogni

Jari Litmanen a segno contro il Milan nella fase a gironi

La stagione 1994-1995 si rivelò essere quella della consacrazione per l’Ajax di van Gaal. Il team iniziò con il piede giusto, vincendo la Supercoppa d’Olanda contro il Feyenoord con un netto 3-0. Questo fu solo l’antipasto di ciò che sarebbe seguito.

In campionato, l’Ajax dominò in modo impressionante. La squadra concluse la stagione imbattuta, con 27 vittorie e 7 pareggi in 34 partite, segnando la bellezza di 106 gol e subendone solo 28. Le vittorie furono spesso schiaccianti, con goleade memorabili contro rivali storici come Feyenoord e PSV Eindhoven. Il gioco espresso era un piacere per gli occhi: rapidi scambi di posizione, pressing asfissiante, triangolazioni veloci e una capacità di attaccare con tutti gli effettivi che mandava in tilt le difese avversarie.

Ma fu in Champions League che l’Ajax dimostrò veramente la sua classe. Nella fase a gironi, la squadra olandese si sbarazzò dell’avversario più temibile, il nostro Milan campione in carica, battendolo sia in casa che in trasferta. Le prestazioni nel girone furono un chiaro segnale: l’Ajax era tornato e faceva sul serio. Il calcio totale era di nuovo una realtà, e l’Europa intera guardava con ammirazione e timore a questa giovane squadra olandese.

Il cammino verso la Gloria

Ronald de Boer Christian Naulinger nello 0-0 di Monaco, semifinale di andata

Nei quarti di finale, l’Ajax superò l’Hajduk Spalato con un convincente 3-0 nella gara di ritorno, dopo lo 0-0 dell’andata. La squadra di van Gaal mostrava una maturità sorprendente per la sua giovane età, sapendo gestire anche le partite più complicate.

La semifinale contro il Bayern Monaco fu un vero spettacolo di calcio. Dopo un pareggio a reti inviolate in Germania, l’Ajax diede vita a una prestazione memorabile ad Amsterdam, travolgendo i bavaresi per 5-2 in una partita che rimarrà negli annali. Fu in questa occasione che il mondo del calcio si rese conto di essere di fronte a qualcosa di speciale. L’Ajax non solo vinceva, ma lo faceva con uno stile che ricordava i giorni gloriosi di Cruijff e compagni.

La finale, disputata a Vienna, vide l’Ajax affrontare ancora una volta il Milan. Fu una partita tesa e combattuta, con i rossoneri che si chiusero in difesa cercando di neutralizzare la velocità e la creatività degli olandesi. Il Milan, squadra esperta e abituata alle grandi occasioni, sembrava aver trovato la chiave per fermare la macchina perfetta dell’Ajax.

La svolta arrivò a cinque minuti dalla fine, quando il giovane Patrick Kluivert, entrato dalla panchina, segnò il gol decisivo che riportò l’Ajax sul tetto d’Europa dopo 22 anni. Fu il coronamento di un sogno, la dimostrazione che il progetto di van Gaal aveva funzionato alla perfezione. L’Ajax era tornato grande, e lo aveva fatto rimanendo fedele alla sua filosofia di gioco.

La rete decisiva di Kluivert nella finale al Prater di Vienna

I Re del Mondo

Il trionfo in Champions League fu solo l’inizio. Nella stagione successiva, l’Ajax continuò a mietere successi. Vinse la Supercoppa Europea contro il Real Zaragoza, dimostrando di poter competere ad armi pari con le migliori squadre del continente. In patria, si laureò nuovamente campione d’Olanda, confermando la sua supremazia.

Il momento culmine arrivò nel dicembre 1995, quando l’Ajax si recò a Tokyo per disputare la Coppa Intercontinentale contro il Grêmio, campione del Sud America. La partita fu un confronto tra due scuole di calcio diverse: il gioco fluido e offensivo degli olandesi contro la solidità tattica e la grinta dei brasiliani.

In una partita equilibrata e tesa, che si protrasse fino ai rigori, l’Ajax riuscì a prevalere, conquistando il titolo di campione del mondo per club. Fu il suggello definitivo a una stagione straordinaria. L’Ajax non era solo la migliore squadra d’Europa, ma del mondo intero.

Questa vittoria ebbe un significato particolare. L’Ajax degli anni ’70, nonostante il suo dominio in Europa, non era mai riuscito a conquistare il titolo mondiale. Ora, questa nuova generazione aveva compiuto l’impresa, scrivendo una pagina di storia che era mancata ai loro illustri predecessori.

I lancieri sul podio dell’Intercontinentale 1995

L’ultima danza

La stagione 1995-1996 vide l’Ajax raggiungere nuovamente la finale di Champions League. Il percorso fu impressionante, con vittorie convincenti contro le corrazzate Real Madrid e Borussia Dortmund. La squadra sembrava inarrestabile, pronta a confermarsi come la dominatrice del calcio europeo.

Nel girone, l’Ajax dimostrò ancora una volta la sua superiorità, battendo il Real Madrid sia in casa che in trasferta. Le vittorie erano spesso accompagnate da prestazioni spettacolari, con goleade che lasciavano il pubblico a bocca aperta.

Nei quarti di finale, l’Ajax superò il Borussia Dortmund con due vittorie nette. La semifinale contro il Panathinaikos fu più complicata. Dopo una sconfitta casalinga per 1-0, l‘Ajax si trovò con le spalle al muro. Ma ad Atene, di fronte a 74.000 tifosi greci, la squadra di van Gaal diede prova di grande carattere, vincendo 3-0 e guadagnandosi l’accesso alla finale.

La finale contro la Juventus a Roma segnò la fine di un’era. La Juventus, guidata da Marcello Lippi e con campioni del calibro di Del Piero, Vialli e Ravanelli, si dimostrò un osso duro. Dopo un 1-1 nei tempi regolamentari e supplementari, la Juventus si impose ai rigori, negando all’Ajax il bis europeo. Fu una sconfitta amara, che segnò la fine del ciclo vincente di quella straordinaria generazione dell’Ajax.

van Gaal chiama a raccolta i suoi in vissta dei rigori nella finale di Champions del 1996

Generazione di fenomeni

Quella sconfitta segnò l’inizio della fine per quella straordinaria generazione dell’Ajax. Nei mesi e negli anni successivi, molti dei protagonisti lasciarono Amsterdam per approdare nei maggiori club europei. Seedorf passò al Real Madrid, Davids e Bogarde al Milan, Kluivert sempre ai rossoneri e poi al Barcellona. Era il destino inevitabile di una squadra che aveva dominato l’Europa: i suoi talenti erano troppo appetibili per i grandi club con maggiori disponibilità economiche.

Ben 11 giocatori cresciuti o esplosi nell’Ajax di quel periodo furono convocati nella nazionale olandese per i Mondiali del 1998, a testimonianza della qualità eccezionale di quel gruppo. Van der Sar, Reiziger, Bogarde, Frank de Boer, Ronald de Boer, Davids, Seedorf, Overmars, Bergkamp e Kluivert formarono l’ossatura di una nazionale che raggiunse le semifinali, dimostrando che il talento forgiato all’Ajax poteva brillare anche su palcoscenici diversi.

L’Ajax degli anni ’90 non fu solo una squadra vincente, ma incarnò una filosofia di gioco. Il Totaalvoetbal di Cruijff e Michels era stato reinterpretato e modernizzato da van Gaal e dai suoi giovani talenti. La velocità di esecuzione, l’interscambiabilità dei ruoli, la pressione alta e il possesso palla erano i cardini di un calcio spettacolare ed efficace.

La squadra: Difesa

Edwin van der Sar e Danny Blind

La spina dorsale di quella squadra leggendaria era formata da una difesa solida come una roccia. In porta, Edwin van der Sar emerse come un talento generazionale. Alto, agile e dotato di riflessi felini, van der Sar divenne rapidamente uno dei migliori portieri al mondo, fornendo sicurezza e leadership dalla sua posizione tra i pali.

Davanti a lui, una linea difensiva composta da talenti puri: Michael Reiziger sulla destra, Danny Blind e Frank de Boer al centro, con Winston Bogarde a completare il reparto sulla sinistra. Blind, in particolare, era il capitano e l’anima della squadra, un difensore intelligente e versatile che incarnava lo spirito dell’Ajax.

Frank de Boer, con la sua eleganza e la sua precisione nei passaggi, rappresentava il prototipo del difensore moderno, capace di impostare il gioco dalla retroguardia. La sua partnership con Blind formò un duo difensivo che combinava esperienza, leadership e qualità tecnica.

Centrocampo

Finidi George e Clarence Seedorf

Se la difesa dell’Ajax era solida, il centrocampo era semplicemente sublime. Edgar Davids, soprannominato “il Pitbull” da van Gaal per la sua ferocia in fase di recupero palla, era il motore instancabile della squadra. La sua combinazione di grinta, velocità e tecnica lo rendeva un centrocampista completo e temuto dagli avversari.

Accanto a Davids, Clarence Seedorf emergeva come un prodigio. Dotato di una visione di gioco straordinaria e di un tocco di palla raffinato, Seedorf era il fulcro creativo della squadra, capace di dettare i tempi e di inventare giocate che lasciavano a bocca aperta.

A completare questo centrocampo da sogno c’erano Ronald de Boer, fratello gemello di Frank, e il nigeriano Finidi George. De Boer portava qualità nei passaggi e intelligenza tattica, mentre Finidi aggiungeva potenza fisica e abilità nel gioco aereo.

Attacco

Marc Overmars e Jari Litmanen

L’attacco dell’Ajax era un mix perfetto di talento, velocità e potenza. Marc Overmars, l’ala velocissima, terrorizzava le difese avversarie con le sue accelerazioni improvvise e i suoi dribbling ubriacanti. La sua capacità di saltare l’uomo e di creare superiorità numerica era fondamentale nello schema di gioco di van Gaal.

Al centro dell’attacco, un giovane Patrick Kluivert si stava affermando come uno dei talenti più cristallini del calcio mondiale. Forte fisicamente, tecnicamente dotato e con un fiuto del gol innato, Kluivert rappresentava il futuro dell’Ajax e del calcio olandese.

Ma il vero gioiello di quella squadra era Jari Litmanen. Il finlandese, arrivato quasi in sordina, si rivelò un fuoriclasse assoluto. Intelligente, tecnico e letale sotto porta, Litmanen divenne il simbolo di quell’Ajax, amato dalla torcida e temuto dagli avversari. La sua capacità di leggere il gioco e di trovare spazi dove sembrava non ce ne fossero lo rese il degno erede di Johan Cruijff nel ruolo di numero 10.