Amarildo, O’Rey per una notte

Pelè l’immenso, il più grande, l’insostituibile. Ma c’è stato chi, trovatosi al suo posto, è riuscito a non farlo rimpiangere.

Fine maggio-inizio giugno 1962: si gioca la fase finale del Mondiale in Cile e il Brasile, stupendo vincitore quattro anni avanti, è il favorito d’obbligo. La squadra è più o meno la stessa che aveva dominato ed entusiasmato in Svezia. L’unico sostanziale cambiamento riguarda il modulo: lo sfavillante 4-2-4 di Vicente Feola è diventato, per decisione del nuovo c.t. Aimoré Moreira, un più compassato 4-3-3, determinato dall’arretramento dell’estrema sinistra Zagalo. Un ritocco necessario, perché quattro anni in più pesano sulle spalle di molti.

L’esordio dei campioni è tutt’altro che entusiasmante: una faticata vittoria sul Messico, maturata solo nella ripresa grazie alle reti di Zagalo e Pelé. La «torcida» brasiliana è sconcertata. Lo sconcerto diventa preoccupazione dopo la gara con la Cecoslovacchia, terminata sullo zero a zero, nel corso della quale Pelé riporta uno stiramento. Il suo mondiale è gravemente compromesso come, di conseguenza, quello del Brasile.

Per la decisiva gara con la Spagna di Helenio Herrera, Moreira deve rimediare all’assenza insostituibile Pelé e lo fa gettando nella mischia Amarildo, 22 anni e appena 6 presenze in Nazionale all’attivo, una sola delle quali da titolare. Amarildo, che per entrare fra i ventidue selezionati ha dovuto vincere la concorrenza di autorevoli e più esperti rivali quali Quarentinha, Henrique e Bené, viene preferito a Coutinho, abituale partner di Pelé nel Santos, anche per il fatto di militare nel Botafogo come Garrincha, Didi e Zagalo, che insieme a Vavà del Palmeiras sono gli altri componenti della prima linea brasiliana.

Attaccante dall’invidiabile repertorio fatto di dribbling stretti e imprevedibili che spesso ridicolizzano gli avversari, Amarildo si è rivelato un anno prima, realizzando 18 reti in 25 partite, decisive per la conquista da parte del Botafogo del campionato carioca. È poi fra i migliori in campo contro il Santos di Pelé, campione paulista, al Maracanà, dove il Botafogo vincendo 3-0 conquista quel titolo di campione nazionale che la Federcalcio brasiliana attribuisce ufficiosamente al vincitore della «Taça do Brasil».

Per tutto il primo tempo della gara contro la Spagna, Amarildo si lascia tradire dall’emozione e non combina praticamente nulla. Ma tutto il Brasile è in difficoltà. La velocità delle «furie rosse» di Helenio mette in crisi la retroguardia brasiliana che capitola al 34’ per un gol di Adelardo. L’orgoglio e la classe dei campioni che non vogliono perdere il loro titolo saltano fuori nella ripresa.

È Garrincha a trascinare la squadra. Amarildo col passar dei minuti ritrova se stesso fino a diventare il match-winner: prima, al 71’, pareggia; poi, a un minuto dal termine, realizza la rete che regala alla sua squadra vittoria e qualificazione. L’assenza di Pelé al tirare delle somme non si è fatta sentire. Pur senza segnare, Amarildo è fra i migliori in campo sia contro l’Inghilterra nei quarti (3-1) che col Cile in semifinale (4-2). Manca il protagonista più atteso, Pelé, ma il Mondiale ha due nuovi mattatori in Garrincha e Amarildo.

Pelé si propone per l’ultima decisiva gara ma Moreira non si sente di rischiarlo e, soprattutto, di escludere Amarildo. In finale, il Brasile ritrova la Cecoslovacchia. Dopo un quarto d’ora, Masopust realizza il gol che sblocca il risultato approfittando di uno sbandamento della retroguardia «auriverde». Un inizio in salita per i campioni, che sentono il loro titolo fuggire via. A mettere le cose a posto ci pensa due minuti più tardi proprio Amarildo, che fugge sulla sinistra seminando avversari. Dopo aver saltato anche Pluskal si porta sulla sulla linea di fondo da dove, mentre tutti si aspettano .un traversone, fa partire un tiro dalla traiettoria impossibile che beffa il portiere Schrojf.

Il primo tempo, grazie alla prodezza di Amarildo, si chiude in parità, nonostante la Cecoslovacchia si sia dimostrata superiore in alcuni frangenti. Nella ripresa è ancora il sostituto di Pelé a elevarsi a protagonista. Con Garrincha un po’ in ombra è Amarildo a fare la differenza. Al 68’, come un diavolo che il terzino destro Novak non riesce a esorcizzare, sguscia via sulla sinistra poi pennella un morbido cross, il mediano Zito di testa mette in rete. I brasiliani segnano poi al 77’ con Vavà il 3-1, e si confermano campioni.

L’artefice principale di questo successo è Amarildo, detto il «garoto» per quell’aria da ragazzo impunito. A fine gara è il più festeggiato. Anche Pelé corre a congratularsi abbracciandolo in mezzo al campo. Ma la grande festa la fanno i tifosi nelle strade di Rio e di San Paolo, dove si canta e si balla per tutta la notte in onore del Brasile e di Amarildo, il nuovo «rei». Poi tornerà Pelé e per il «garoto» ci sarà un futuro nel calcio italiano con le maglie di Milan, Fiorentina e Roma.