Ceauşescu Football Club

Scorniceşti è un’isola di silenzio nel deserto rurale della Romania meridionale. La sua popolazione non supera i 12.000 abitanti e la sua storia non ha nulla di memorabile, se non fosse per un dettaglio: qui nacque nel 1918 il dittatore comunista Nicolae Ceauşescu, terzo di dieci figli di un sarto alcolizzato e di una contadina analfabeta. La sua influenza trasformò radicalmente la città, che divenne il suo laboratorio personale per realizzare le sue ambizioni. Tra queste, spiccava il sogno di una gloria sportiva che si concretizzò nella creazione nel 1972 di una nuova squadra di calcio: l’FC Olt Scorniceşti.

La squadra visse un’epoca d’oro nel calcio rumeno degli anni ’70 e ’80, anche se le sue imprese sono state macchiate dalle ombre del regime. L’FC Olt scalò rapidamente le categorie fino a raggiungere la massima serie, dove potè esibire giocatori del calibro di Ilie Bărbulescu, Adrian Bumbescu, Ilie Dumitrescu, George Mihali, Dorinel Munteanu, Dan Petrescu, Victor Piţurcă e Ilie Balaci.

Scornicești – la casa natale di Ceaușescu

La squadra nacque come Viitorul Scorniceşti, ma cambiò più volte nome – come era consuetudine nell’Europa orientale comunista – fino a diventare l’FC Olt Scorniceşti nel 1980. La promozione in Divizia A avvenne nel 1979 in modo rocambolesco e sospetto.

Per ottenere il salto di categoria, l’FC Olt doveva vincere l’ultima partita della stagione con un largo scarto contro l’Electrodul Slatina. E così fece, infliggendo un incredibile 18-0 agli avversari. Ma la partita non finì qui: secondo alcune voci, il presidente dell’FC Olt Dumitru Dragomir, dopo aver sbagliato i conti sui gol necessari, costrinse i giocatori di entrambe le squadre a uscire dagli spogliatoi, tornare in campo e segnare fino a raggiungere il risultato voluto.

Scorniceşti era un club unico nel panorama calcistico rumeno: proveniva da una cittadina di provincia, non da una grande metropoli, e godeva del favore del potente presidente Nicolae Ceauşescu. Questo suscitava spesso l’invidia e l’ostilità degli altri tifosi, che non perdevano occasione per deridere e insultare i “contadini” di Scorniceşti.

Ion Anghel, portiere dell’Olt, racconta:

«Una volta giocammo contro il Rapid in uno stadio strapieno. La gente di Bucarest era venuta a vederci per curiosità. Ci hanno battuto 2-0 e hanno cominciato a urlare contro Ceauşescu e a cantare: ‘I contadini sono sul prato’».

Nicolae Ceaușescu e la moglie Elena a Scorniceşti, novembre 1979. (Online communism photo collection 165/1979)

Aurel Mincu, difensore, ricorda un episodio ancora più incredibile:

«Era una partita casalinga contro il Metalul Bucarest. Eravamo sullo 0-0 fino all’80° minuto, quando loro segnano un gol regolare. Noi abbiamo rimesso la palla in gioco, ma il nostro presidente Dumitru Dragomir, che stava seduto su uno sgabello vicino al campo, mi ha fatto cenno di andare dall’arbitro e dirgli che c’era stato un fuorigioco prima del calcio d’inizio! L’arbitro mi ha aspettato, poi ha chiesto al guardalinee che gli ha confermato il fuorigioco, e così il gol è stato annullato! I giocatori del Metalul si sono arrabbiati talmente tanto che per protesta hanno sono rimasti immobili in campo, letteralmente. Il nostro compagno Soarece si è trovato così solo davanti alla porta: gol. Abbiamo rimesso la palla in gioco, loro hanno battuto il calcio d’inizio e si sono fermati di nuovo. Ne abbiamo segnato un altro. L’arbitro, consapevole della farsa, ha fischiato la fine all’82’. Il risultato di 2-0 è stato poi confermato».

Negli anni ’70 Scorniceşti era un paesino rurale di appena 6.000 abitanti e Ceauşescu voleva trasformarlo in una “città modello” per il suo progetto di “uomo socialista”. Così, nei primi anni ’80, fece demolire tutte le case tradizionali e al loro posto sorsero agglomerati di strade larghe e filari ordinati di condomini tutti uguali, i caratteristici bloc che ancora oggi definiscono il panorama urbano delle città romene. Gran parte della Romania rurale subì una sorte simile, nell’ambito della “età d’oro dell’agricoltura e dell’industria” immaginata dal Conducator.

Ion Anghel arrivò a Scorniceşti prima di questa trasformazione.

«La prima volta che sono venuto qui dopo il trasferimento dallo Sportul Studentesc, sono rimasto due ore all’incrocio prima dell’entrata in città. Non passava nessuna macchina. C’erano solo due macchine in tutto il paese. E fango, tanto fango».

Lo stadio sorgeva all’entrata del paese, vicino al vecchio macello, dove si trovavano gli alloggi dei calciatori e il bar del paese. Mincu racconta:

«Era il punto di ritrovo del paese e anche se non eri un bevitore, dove potevi andare? Così passavamo molto tempo seduti al tavolo, a chiacchierare. Ma non illudetevi, qui nessuno giocava per la passione della maglia. Eravamo tutti dei mercenari. Chiunque veniva qui lo faceva per i soldi».

Giugno 1981. Da sx: Martinescu, Anghel, Matei, Iamandi, Şoarece, Lică, Iovănescu, Mincu Leac, Al. Nicolae, Prepeliţă

Per la sua prima stagione in Divizia A, l’FC Olt ingaggiò un giovane che sarebbe poi diventato una leggenda del calcio rumeno: Victor Piţurcă. Mincu ricorda il suo arrivo:

«Lo abbiamo visto nello spogliatoio solo 20 minuti prima della partita d’esordio contro l’FC Argeş. I dirigenti ci hanno presentato il nuovo acquisto ai suoi compagni di squadra dicendo: ‘Si chiama Piţurcă e viene da Panduri Târgu-Jiu’. Si è subito messo in mostra, ha segnato un gol e abbiamo vinto 1-0. Era un bravo ragazzo e un attaccante veloce. Diceva che non bisognava mai lasciare nulla al caso, che bisognava avere sempre il controllo della partita e dell’avversario. Ha seguito questo principio ovunque».

Il futuro allenatore della nazionale rimase per quattro stagioni allo Scorniceşti prima di trasferirsi allo Steaua Bucarest dove vinse tutto quello che c’era da vincere, compresa la Coppa dei Campioni nel 1986. Altri come Ilie Bărbulescu, Ilie Dumitrescu e Adrian Bumbescu avrebbero seguito un percorso simile. Il talentuoso terzino Dan Petrescu avrebbe poi giocato in prestito all’FC Olt per una stagione prima di trovare fama e fortuna in Serie A e Premier League.

Proprio come l’anno prima, la stagione 1979-80 si concluse con un altro scandalo di partite truccate, anche se curiosamente questa volta l’FC Olt non ne fu il beneficiario. Aurel Mincu riprende la storia:

«All’ultima giornata abbiamo affrontato l’ASA Târgu Mureş, che era in lotta diretta con il CS Târgovişte per evitare la retrocessione. Due colonnelli dell’esercito sono venuti a trovarci prima della partita e ci hanno offerto dei soldi per lasciare vincere la squadra di casa. Ci hanno detto che ci avrebbero picchiato anche se non avessimo preso i soldi, quindi era meglio accettarli comunque. Anche il Târgovişte ci aveva offerto dei soldi, ma abbiamo scelto di accettare la proposta dei colonnelli perché la possibilità che pagassero era considerata… più sicura».

Il Târgu Mureş ci ha battuto 7-0 e si è salvato dalla retrocessione per differenza reti mentre il Târgovişte ha vinto “solo” per 5-1 la partita contro il Timişoara. Verso la fine gli abbiamo chiesto di farci segnare un gol. Uno dei loro giocatori ha volontariamente ceduto il pallone al nostro attaccante Iamandi che ha trasformato la facile occasione, ma il guardalinee ha alzato la bandierina per fuorigioco. Ispir, il difensore del Târgu Mureş, gli ha urlato: “Ma come fuorigioco, sei pazzo? Non hai visto che ho fatto io il passaggio?”. Comunque il gol poi non è stato convalidato…».

Nella Romania post-ricostruzione ideata da Ceauşescu, Scorniceşti assomigliava a qualsiasi altra città pianificata, con una differenza molto evidente: il suo stadio. Ormai stabilmente nella metà alta della classifica da quando era salito in Divizia A, nel 1985 il club decise di costruire un’arena monumentale in cui giocare, nonostante avesse solo 6.000 abitanti. Quando fu inaugurato nel 1988, fu il primo stadio in Romania ad essere dotato di sedili in plastica e tribuna principale semicoperta. Il campo aveva anche un proprio sistema di drenaggio all’avanguardia.

Ion Preda, il responsabile dello stadio alla sua inaugurazione, ricorda divertito che il campo doveva essere lungo 120 metri e largo 90 metri.

«Era enorme! Nella partita di apertura abbiamo battuto l’Universitea Craiova con un punteggio di 6-2 e il loro allenatore Cîrţu era furioso per le dimensioni del terreno di gioco».

Così racconta l’ex portiere Ion Anghel:

«Qualche giorno dopo si presentò un funzionario federale. Ci rimproverò di essere pazzi e di non poter giocare in un campo così vasto. Allora lo riducemmo a 100 metri per 70, ma quando venivano le altre squadre lo allargavamo di nascosto di altri dieci metri. Chi se ne accorgeva?»

Ricorda con nostalgia Ion Miu, ex calciatore del club, parlando dello stadio.

«Era splendido. Tutto era ben curato e con strutture all’avanguardia».

È difficile credere che un’arena del genere fosse considerata all’avanguardia guardando il suo stato attuale. La strada per arrivarci è piena di buche e bisogna fare slalom per evitarle. Il parcheggio è una palude di fango. Lo stadio è abbandonato da anni: le pareti sono scrostate, l’entrata è al buio perché le luci non funzionano; pezzi di muro e soffitto giacciono sparsi per terra; le stanze al piano superiore, un tempo riservate ai giocatori, sono ora invase dai senzatetto, e per accedere al campo bisogna passare per una stanza che una volta era… il bar! Queste le considerazioni di Teodoresav, uno dei giocatori attuali della squadra:

«Mi fa male vedere in rovina uno stadio che era una meraviglia. Le cose sono andate a rotoli quando la squadra è retrocessa in quarta divisione dopo aver perso l’appoggio di Ceaucescu. A livello regionale il club non interessava più a nessuno e gli sponsor se ne sono andati uno dopo l’altro. Senza entrate, l’FC Olt non poteva più mantenere il suo mastodontico stadio. Il nostro club aveva un’infrastruttura che nemmeno i club di Bucarest si potevano permettere allora. Ci sarebbero una piscina e una sauna interne, ma ora non funzionano più. Solo la tribuna coperta ha ancora i posti a sedere. Le altre sono spoglie, senza sedili o con solo delle panche di legno».

Oggi il club disputa le partite di fronte a soli 70 spettatori, una macchia nera in mezzo all’immenso grigiore di questo palcoscenico deserto. Marius Stan, un ex giocatore dell’FC Olt diventato poi anche allenatore della prima squadra:

«È triste giocare qui in questo grande stadio senza pubblico. All’epoca era tutta un’altra storia. Sono arrivato nel 1988 quando la squadra era al massimo. Ma tutto è cambiato nel 1989. Dopo la rivoluzione, il club è stato declassato in terza divisione a causa dei suoi legami con il regime comunista. Quasi tutti i giocatori se ne sono andati. Siamo risaliti fino alla Divizia B prima di ridiscendere. È davvero triste».

Ion Miu ha una visione piuttosto idealizzata del passato. In parte a sua discolpa, la vita era indubbiamente più facile sotto il comunismo per gli abitanti del paese:

«Era un bel periodo sotto il comunismo. Tutto era meglio allora. Prima del 1990, a Scorniceşti era come vivere in occidente», insiste Ion Anghel. «Avevamo gratis carne, latte, uova, cioccolato, Pepsi – una bibita americana proibita in Romania! – tutto quello che volevamo! La gente veniva da Bucarest per fare scorta qui».

Sul passato è più cauto Marian Bondrea, allenatore del club nel 1989:

«Sì è vero, possiamo dire che eravamo dei privilegiati. Potevamo comprare qualsiasi cosa in un momento in cui tutto era razionato. Ma era così per tutti i club. Il calcio era una priorità all’epoca e poiché a Scorniceşti c’era solo il calcio, tutto il paese poteva beneficiare di questo trattamento speciale. Questo non significa che, nonostante l’innegabile status di squadra della città natale di Nicolae Ceauşescu, la gente dovesse considerarlo il club del dittatore».

Nonostante il suo nome, il club di calcio FC Olt Scorniceşti non ha mai goduto di un’attenzione particolare da parte di Nicolae Ceauşescu. Il vero artefice della nascita e dello sviluppo del club fu il cognato di Ceauşescu, Vasile Bărbulescu, che diede il via alla costruzione dello stadio Viitorul. Ion Preda, uno dei dirigenti del club, racconta:

«Nicolae Ceauşescu non si rese mai conto che stavamo erigendo uno stadio così imponente. Lo venne a sapere solo un anno prima dell’inaugurazione, quando arrivò con Zhivkov, il presidente bulgaro. Avevamo camuffato tutto in modo che non si vedesse nulla dall’elicottero. Quando lo stadio fu terminato un anno dopo, non fece alcun commento».

Le tristi condizioni dello Stadionul Viitorul di Scornicești

Le poche volte in cui Ceauşescu si interessò direttamente alle sorti del club, non vi portò alcun beneficio concreto. Si dice che dopo le due promozioni consecutive del 1977 e del 1978, Nicolae si opponesse a una terza promozione in tre anni per superstizione, visto che le precedenti erano coincise con la morte di un parente…

L’FC Olt non avrebbe mai raggiunto posizioni più alte del quarto posto in Divizia A, perché in fondo quello era il limite a loro imposto. Marian Bondrea, uno dei giocatori del club, dice:

«Nel 1989 ero ancora agli inizi e quella fu la mia prima esperienza professionistica. Rimasi solo una stagione all’FC Olt, ma fu un’esperienza indimenticabile. Onestamente, non abbiamo mai sentito l’influenza di Nicolae Ceauşescu. L’unica cosa che ci chiesero fu di dare il massimo per battere la Dinamo, cosa che facemmo quell’anno (1-0). Per il resto non avevamo nessuna pressione, nessun obiettivo preciso. Dovevamo solo fare il meglio possibile senza qualificarci per l’Europa. Può sembrare strano, ma non volevano che l’FC Olt partecipasse alle coppe europee. Per esempio, eravamo quinti nel 1989 prima dell’ultima giornata. Potevamo vincere contro il Victoria Bucharest (un altro club favorito dallo stato) e qualificarci per la Coppa UEFA, ma capimmo che non era una priorità. Nonostante la spinta dell’influente Bărbulescu, il club non avrebbe mai contrariato la volontà presidenziale».

Ceauşescu infatti non era un grande appassionato di calcio e lo seguiva con un misto di distacco e disprezzo. A lui interessava solo il prestigio del paese ed era consapevole che il calcio aveva il suo ruolo da svolgere, soprattutto all’estero, per questo si preoccupava dei risultati della nazionale e della Steaua, il club guidato dal figlio Valentin. Un episodio lo dimostra e lo racconta Mincu:

«Non dimenticherò mai quella partita del 1982 contro Jiul Petroşani. Si giocò a giugno con un caldo torrido a fine campionato. Era il periodo della mietitura e con la maggior parte degli uomini impegnati nei campi, alla partita c’erano solo una centinaia di spettatori, tutti ammassati all’ombra in una delle tribune dietro la porta. Quando tornammo in campo dopo l’intervallo, erano tutti al sole nella tribuna opposta. Ci chiedemmo cosa stesse succedendo. Scoprimmo che Ceauşescu voleva vedere la partita da Bucarest. Le troupe televisive erano arrivate durante la pausa, avevano montato le loro telecamere e avevano notato la tribuna vuota sullo sfondo. Per evitare di trasmettere un’immagine così “negativa”, i nostri capi spostarono in fretta gli spettatori in modo che Nicolae avesse l’impressione che ci fosse molta gente alla partita».

Oggi il club è relegato nel quarto livello regionale del calcio rumeno e lotta contro la generale indifferenza locale. Lontano dall’élite, lontano dall’Europa e con poche speranze per il futuro, l’FC Olt Scorniceşti rimane un club il cui passato storico, anche se travagliato e compromesso, non si libererà mai dalla sua associazione con uno dei peggiori dittatori europei del dopoguerra.

  • Fonte utilizzata: https://beyondthelastman.com/2018/03/14/fc-olt-scornicesti-nicolae-ceaucescus-hometown-club/