Nel 1981, l’asso olandese sorprese tutti firmando per un club di seconda divisione spagnola. Questa breve e disastrosa avventura, motivata da denaro e ambizioni personali, lasciò il Levante in crisi finanziaria e sportiva.
Nel mondo del calcio, ci sono trasferimenti che fanno la storia e altri che lasciano tutti a bocca aperta per la loro stranezza. Il passaggio di Johan Cruijff al Levante nel 1981 appartiene decisamente alla seconda categoria. Questa è la storia di come uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi si ritrovò a giocare per una squadra di seconda divisione spagnola, in un’avventura tanto breve quanto disastrosa.
All’inizio del 1981, Johan Cruijff era ormai al termine della sua esperienza negli Stati Uniti con i Washington Diplomats. Il Levante, club di Valencia che militava nella seconda divisione spagnola, stava lottando per la promozione in Liga. Fu in questo contesto che nacque l’idea folle di portare il tre volte Pallone d’Oro in Spagna.
L’occasione si presentò quando il quotidiano britannico The Sun rivelò che Cruijff desiderava tornare a giocare per la nazionale olandese in vista di un importante match di qualificazione ai Mondiali contro la Francia. Per essere selezionabile, il fuoriclasse doveva giocare in un campionato nazionale europeo. Quattro squadre si misero sulle sue tracce: Leicester, Colonia, Espanyol e, sorprendentemente, il Levante.
Contro ogni pronostico, fu proprio il club valenciano a spuntarla. Il 28 febbraio 1981, Johan Cruijff fu presentato come nuovo giocatore del Levante, per la modica cifra di 20 milioni di pesetas (circa 120.000 euro attuali). Le motivazioni addotte dal campione olandese per giustificare questa scelta apparentemente assurda furono varie: il clima favorevole della Spagna, la qualità del calcio iberico e persino il fatto che un suo vecchio idolo, Faas Wilkes, aveva giocato per il Levante negli anni ’50.
Tuttavia, per molti osservatori la vera ragione era una sola: il denaro. Henk Spaan, giornalista olandese, non ebbe dubbi: “Durante la sua carriera, Cruijff ha sempre seguito i soldi. Dall’Ajax al Barcellona, poi dal Barcellona agli Stati Uniti. Il suo passaggio al Levante è stato motivato dalla stessa ragione: il denaro.”
L’arrivo di Cruijff generò un’enorme attenzione mediatica intorno al Levante, club abituato a vivere nell’ombra del ben più blasonato Valencia. Jorge Barrie, capitano della squadra, ricorda: “Non era più calcio, eravamo diventati un’attrazione. All’hotel, i giornalisti ci aspettavano e alcuni tifosi facevano addirittura la fila per vedere il loro idolo.”
Tuttavia, dietro il clamore mediatico si celavano problemi finanziari enormi. Il Levante non aveva i mezzi per pagare lo stipendio astronomico di Cruijff, che ammontava a 10 milioni di pesetas al mese (circa 60.000 euro). Per far fronte a questa spesa, i dirigenti del club escogitarono un piano ardito quanto discutibile: pretendere metà degli incassi delle partite in trasferta dalle squadre avversarie.
Questa strategia si rivelò un disastro. Molte squadre si rifiutarono di accettare queste condizioni, causando tensioni e problemi. In un’occasione, prima di una partita contro l’Alavés, Cruijff si rifiutò addirittura di scendere in campo quando il club locale si oppose alla “tassa Cruijff”. L’episodio provocò la rabbia dei tifosi locali, che si sfogarono contro i giocatori del Levante.
Nel frattempo, all’interno dello spogliatoio cresceva il malcontento. Il trattamento di favore riservato a Cruijff, che guadagnava più di tutti gli altri giocatori messi insieme, creava tensioni. La situazione era resa ancora più difficile dal fatto che il resto della squadra non riceveva lo stipendio da mesi. I giocatori arrivarono persino a scioperare per protestare contro questa situazione.
Sul campo, le cose non andavano meglio. Cruijff, ormai a fine carriera, mostrava un atteggiamento svogliato e capriccioso. Vicente Latorre, centrocampista del Levante, ricorda: “Fisicamente, sembrava ancora in forma, ma era alla fine della sua carriera. Giocava quando voleva. All’allenamento, poteva arrivare con un grande recipiente d’acqua calda o fredda, dipendeva, e ci metteva dentro la caviglia guardandoci senza fare niente.“
La situazione precipitò quando Cruijff entrò in conflitto con l’allenatore Pachin, ex giocatore del Real Madrid. Il campione olandese non apprezzava i metodi di allenamento di Pachin, in particolare il lavoro fisico. Dopo un’accesa discussione, Cruijff pose un ultimatum alla dirigenza: o lui o l’allenatore. I dirigenti scelsero di licenziare Pachin, nonostante la squadra fosse ancora terza in classifica, e lo sostituirono con Rifé, un ex del Barcellona che conosceva bene Cruijff.
Nonostante il cambio di allenatore, le prestazioni di Cruijff non migliorarono. In tutta la sua esperienza al Levante, il fuoriclasse olandese disputò solo 10 partite, segnando 2 gol. La squadra, che all’inizio della stagione sognava la promozione, chiuse al nono posto.
Il bilancio dell’operazione Cruijff fu disastroso sotto ogni punto di vista. Come spiega Felip Bens, storico del club: “Cruijff doveva riempire lo stadio la domenica e aumentare il numero di soci per far fare al club un balzo a livello economico. Poi, doveva aiutare la squadra a salire in prima divisione. Nessuno di questi due obiettivi è stato raggiunto. Quella stagione è stata un disastro.”
Le conseguenze di questa avventura si fecero sentire a lungo. Il Levante si ritrovò sommerso dai debiti e nelle due stagioni successive subì altrettante retrocessioni.
Ironicamente, l’ultima azione di Cruijff legata al Levante ebbe un impatto positivo sul club, seppur in modo indiretto. Prima di lasciare Valencia, i dirigenti del Levante gli cedettero il 50% dei diritti su un terreno adiacente allo stadio. Nel 2007, con il club sull’orlo del fallimento, quel terreno fu venduto a dei promotori immobiliari per 50 milioni di euro. Cruijff avrebbe potuto reclamare la sua parte, ma scelse di non farlo, permettendo così al Levante di salvarsi dalla bancarotta.