Previsioni rispettate: vincono i “galletti” di Hidalgo. E sull’Europa del calcio brilla come non mai la stella di Michel Platini, che alla classe pura aggiunge quel pizzico di malizia assimilata sui campi italiani. Trionfa il calcio “latino”, ma la finale con la Spagna è una recita faticosa
PROLOGO
Tocca alla Francia, questa volta, organizzare la fase finale dell’Europeo. E questo mette subito la Nazionale di Hidalgo nella lista dei favoriti d’obbligo, anche perché può permettersi il lusso di appoggiarsi al davanzale dei gironi eliminatori per studiare le mosse dei potenziali avversari, in lotta per le altre sette poltrone in palio per l’ultima corsa. La formula, infatti, è la stessa di quattro anni prima: sette gironi eliminatori, ai quali partecipano 32 formazioni, e sette squadre destinate a giocarsi la fase finale negli stadi francesi, in due gruppi da quattro con accesso alle semifinali per le prime due classificate.
La Francia, dunque, è una delle formazioni che si presentano coi favori del pronostico. Un’altra, naturalmente, è l’Italia, che deve sì giocarsi il girone di qualificazione, ma lo fa da campione del mondo in carica e dunque, a detta di tutti, partendo col piede giusto e illuminata dalla luce dei riflettori. Che tuttavia si spengono partita dopo partita, di fronte a una Nazionale che sembra vivere più del fresco ricordo di Spagna ’82 che di un presente che si trasforma subito in salita dura.
AZZURRI SUBITO FUORI
L’Italia si presenta al via nel Gruppo 5 e la compagnia è tosta ma non imbattibile. C’è la Cecoslovacchia, che l’ha battuta ai rigori nella finale per il terzo posto quattro anni prima, a Napoli. Ma la formazione di Havranek non ha nulla a che vedere con quella che otto anni prima conquistò l’Europa, è un gruppo in fase calante. C’è la Svezia, sulla carta la rivale più accreditata. E c’è la Romania di Mircea Lucescu, un giovane tecnico che ha una spiccata passione per il calcio italiano. Ci crede a tal punto, l’allievo rumeno, che alla fine supera anche i maestri, togliendosi la soddisfazione di battere l’Italia a Bucarest, il 16 aprile dell’83: 1-0, rete di Boloni. Quella, per l’Italia di Bearzot, sarà la partita della svolta.
Perso l’ultimo autobus per la fase finale (la sconfitta di Bucarest arriva dopo due pareggi casalinghi con la stessa Romania e con la Cecoslovacchia, e dopo un 1-1 francamente imbarazzante con Cipro a Limassol), il Ct inizia la fase di rinnovamento che dovrà condurlo ai Mondiali messicani. Chiuderà la porta azzurra (con mille ringraziamenti) a Zoff, Marini, Bordon, Bettega, Oriali e Graziani. Rifonderà sui ragazzi di Spagna, da Bergomi a Cabrini, da Tardelli ad Ancelotti, da Conti ad Altobelli, lancerà uomini come Franco Baresi e tenterà soluzioni nuove. In una parola, Bearzot inizia da qui, dal sipario calato a Bucarest sull’Italia mondiale; i suoi esperimenti.
E intanto si inchina alla Romania di Lucescu, che vince il girone davanti alla Svezia (12 punti contro 11), costruita sull’ossatura dell’Universitatea Craióva. Dirà poi Bearzot, a Europeo concluso, che «una rassegna come questa avremmo potuto vincerla anche noi». Sarà, ma intanto nel suo girone l’Italia alla fine riesce a battere soltanto Cipro, in casa, subendo altri rovesci (0-3 a Napoli contro la Svezia, che già l’aveva battuta 2-0 a Stoccolma). E la Romania, vincitrice del Gruppo 5, sarà la squadra meno ispirata della fase finale.
LE OTTO FINALISTE
Vediamo le altre finaliste. La Francia, come si è detto, parte da grande favorita. È rinnovata rispetto al Mondiale di Spagna. Nuovo il reparto portieri, con tre uomini (Bats, Bergeroo e Rust) che nell’82 non c’erano, decisamente cambiato anche l’attacco, con Bravo e Bellone a portare nuova linfa ai collaudati Rocheteaux, Six e Lacombe. Non fa rivoluzioni, Hidalgo, né in difesa né a centrocampo, dove si aggira l’uomo che nei suoi intendimenti dovrà rappresentare (e non tradirà le attese, come vedremo) il punto di riferimento della squadra: Michel Platini, reduce dalle glorie torinesi, è pronto per giocare un Europeo da protagonista.
Se la Germania Ovest è rosa dalle critiche, la Spagna di Miguel Muñoz ha una missione da compiere, quella di risollevarsi dal fallimento di un Mondiale giocato in casa che si è tramutato in un autentico naufragio per le “Furie Rosse”. Muñoz, subentrato a Santamaria dopo la debacle, ha tolto di mezzo l’Olanda dal suo girone eliminatorio con un finale a dir poco rocambolesco, in cui la parte dell’ago della bilancia è toccata alla Nazionale maltese.In sintesi: l’Olanda batte Malta 5-0 il 17 dicembre dell’83, e chiude a quota 13 la sua corsa. La Spagna, che sta due punti più in basso, incontra Malta quattro giorni più tardi. La vittoria è scontata, il problema è che per superare i tulipani bisognerebbe vincere con undici gol di scarto. Detto, fatto: la partita di Siviglia finisce 12-1, e naturalmente alimenta più di un sospetto.
Il Belgio di Guy Thys, grande sorpresa dell’Europeo di quattro anni prima, si propone in una veste inedita a causa della squalifica di sei titolari per illecito sportivo. Fuori causa finiscono Gerets, Preud’homme, Meeuws, Vadersmissen, Daerden, Plessers, tutto il meglio dello Standard Liegi. Thys fa un’altra delle sue scelte coraggiose: quattro anni prima aveva costruito il suo miracolo intorno al veterano Van Moer; questa volta affida buona parte delle sue chances al giovane talento di Vincenzo Scifo, che supporta la vena realizzativa di Vandenbergh e Coeck.
Il Portogallo, costruito sui blocchi del Benfica e del Porto, arriva alla fase finale dopo aver eliminato a sorpresa l’Unione Sovietica. Ha una difesa che è tra le migliori d’Europa, un centrocampo pieno di idee e un attacco in cui brilla la Scarpa d’Oro ’82-83, Fernando Gomes.
La Danimarca di Sepp Piontek è una banda di allegri “mercenari del pallone”, tutti o quasi impegnati in campionati esteri. Ha costruito la sua qualificazione sulle eccelse prestazioni di Allan Simonsen e sul moto perpetuo di Morten Olsen, e ha una carta vincente da giocare nel fresco talento di Michael Laudrup. La Romania dal gioco italiano, ancora più di quello dell’Italia battuta, e la Jugoslavia di Todor Veselinovic completano il quadro. Sembrano destinate a ruoli da comprimarie: in Francia rispetteranno il copione.
Manca l’Italia, non mancano gli “italiani”. Ovvero gli stranieri che arrivano al gran finale direttamente dal nostro campionato. Ci sono i danesi Bergreen (Pisa) e Laudrup (Lazio), il belga Coeck (Inter), soprattutto Michel Platini che si farà incoronare Re di Francia (Juventus). Manca solo la nostra Nazionale, quella che avrebbe dovuto giocare da protagonista, e scusate se è poco.
GALLI DA COMBATTIMENTO
Due gironi finali: da una parte ci sono Francia, Danimarca, Belgio e Jugoslavia, dall’altra Spagna, Germania Ovest, Portogallo e Romania. La Francia parte benino, battendo la Danimarca nell’incontro inaugurale al “Parco dei Principi”. Passa soltanto grazie a un tiro di Platini deviato da Busk a dieci minuti dal termine, e i danesi oltre alla sconfitta tutto sommato immeritata lasciano sul campo anche una delle loro colonne, Simonsen, che si frattura una tibia. La sconfitta costa il primato nel girone agli uomini di Piontek, perché contro Belgio e Jugoslavia entrambe passano a suon di gol, scambiandosi i risultati degli incontri (la Francia batte 5-0 il Belgio e 3-2 la Jugoslavia, la Danimarca fa l’esatto contrario).
Dall’altra parte trionfa il calcio latino, piazzando Spagna e Portogallo davanti a tutti con 4 punti (primo posto per gli uomini di Munoz per maggior numero di reti segnate). Cade la Germania Ovest, e conseguentemente cade Jupp Derwall, la cui testa è “tagliata” dagli stessi giocatori. Del resto, la squadra tedesca non aveva mai convinto, nemmeno durante la marcia d’avvicinamento: troppo debole il Ct, troppe invidie tra i giocatori, troppo scollegati i reparti, troppi equivoci legati al ruolo di Rummenigge. Un troppo che porta al niente, che rompe il bel giocattolo. In semifinale, la sfida tra Francia e Portogallo (terminata 1-1 dopo novanta minuti) si risolve ai supplementari, e il gol-partita di Platini arriva a un minuto dal termine. Quella tra Spagna e Danimarca vive l’appendice dei rigori. Anche qui si chiude sull’1-1, addirittura dopo 120 minuti. L’errore che costa la finale ai danesi è di Elkjaer.
L’ultimo atto mette di fronte Francia e Spagna. Considerando il terzo posto (ex-aequo con la Danimarca) del Portogallo, è il trionfo del calcio latino, appena quattro anni dopo l’Europeo che aveva sancito il successo di tedeschi, belgi e cecoslovacchi, in una parola dell'”altro calcio”, quello mitteleuropeo del Nord.
La Spagna arriva in finale in punta di piedi, segnando col contagocce ma dimostrando di sapersi adattare alle situazioni, proponendo un gioco a seconda delle necessità antichissimo o estremamente moderno. Sperando, soprattutto, in un miracolo che in fondo (pensando anche a quella qualificazione “discussa” contro Malta) sarebbe una somma di circostanze fortuite.
E infatti il miracolo non si verifica: la Francia quotatissima e stra-favorita rispetta il copione, vince e convince con quel centrocampo che è il motore di tutto il sistema, in cui giganteggia Platini e gli fanno compagnia ad alta quota Giresse, Tigana e Fernandez. È ancora Re Michel a sbloccare il risultato nella ripresa, con un tiro apparentemente innocuo sfuggito dalle mani di Arconada. La Spagna si sbilancia, minaccia la porta di Bats ma non riesce a chiudere, nemmeno nel giorno in cui, paradossalmente, i padroni di casa si mostrano più vulnerabili. Negli ultimi cinque minuti viene espulso Le Roux, l’attacco spagnolo diventa arrembaggio tutt’altro che lucido, aprendo la strada al contropiede. Manca un pugno di secondi quando Bellone, solo davanti ad Arconada, raddoppia. Il sigillo che tutto il “Parco dei Principi” attendeva, il massimo della vita.
IL TRONO DI MICHEL
Vince senza attaccanti pericolosi (succederà anche ai Mondiali 1998…), la Francia del dandy Hidalgo. Così, almeno, viene da pensare, considerando che gli uomini di ruolo sono Six e Bellone, gente che segna col contagocce. La realtà è che Platini è un centrocampista da nove gol (otto e mezzo, considerando l’autorete di Busk in Francia-Danimarca). Insomma, basta e avanza per illuminare il gioco e, se necessario, anche per finalizzarlo. Un attaccante in incognito, insomma. L’Europeo ’84 è il suo personalissimo trionfo, in una patria che non aveva mai saputo amarlo veramente prima di allora. Dall’Italia si è portato dietro la mentalità vincente e certe malizie imparate sui nostri campi. La classe, naturalmente, fa parte del suo personalissimo bagaglio. Le sue magie d’Europa hanno oscurato altre stelle, certamente minori ma non per questo di secondo piano. Dal portoghese Chalana, romantica e vagamente atipica figura di zingaro del pallone, ai danesi Morten Olsen ed Elkjaer (un caterpillar delle aree che farà le fortune del Verona accanto a Briegel), dai francesi Giresse, Tigana e Fernandez (non un fuoriclasse, quest’ultimo, ma un preziosissimo portatore d’acqua), al giovane talento belga Vincenzino Scifo.
GRUPPO 1 |
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Parigi, 12 giugno 1984 Francia – Danimarca 1 – 0 Reti: Platini 78′ Arbitro: Roth (Germania) Francia: Bats, Battiston, Bossis, Le Roux (60′ Domergue), Amoros, Tigana, Giresse, Platini, Fernandez, Lacombe, Bellone Danimarca: Qvist, Busk, M. Olsen, Nielsen, Lerby, Bertelsen, Simonsen (44. Lauridsen), Arnesen (80. J. Olsen), Laudrup, Elkjaer, Berggren |
Lens, 13 giugno 1984 Belgio – Jugoslavia 2 – 0 Reti: Vandenbergh 28′, Grun 45′ Arbitro: Fredriksson (Svezia) Belgio: Pfaff, Grun, De Greef, Clijsters (34. Lambrichts), De Wolf, Scifo, Vandereycken, Vercauteren, Ceulemans, Vandenbergh, Claesen Jugoslavia: Simovic, N. Stojkovic, Hadzibegic, Zajec, Katanec, Bazdarevic (77. D. Stojkovic), Sestic, Gudelj, Susic, Vukovic (79. Cvetkovic), Halilovic |
Nantes, 16 giugno 1984 Francia – Belgio 5 – 0 Reti: Platini 4′, Giresse 33′, Fernandez 43′, Platini 74′, Platini 89′ Arbitro: Valentine (Scozia) Francia: Bats, Fernandez, Battiston, Bossis, Domergue, Tigana, Platini, Genghini (79. Tusseau), Giresse, Lacombe (65. Rocheteau), Six Belgio: Pfaff, Grun, Lambrichts, De Greef, De Wolf, Scifo (51. Verheyen), Ceulemans, Vanderecken (46. Coecki), Vercauteren, Claesen |
Lione, 16 giugno 1984 Danimarca – Jugoslavia 5 – 0 Reti: Arnesen 8′, Berggren 16′, Arnesen 69′, Elkjær 82′, Lauridsen 84′ Arbitro: Lamo Castillo (Spagna) Danimarca: Qvist, O. Rasmussen (61. Sivebaeck), M. Olsen, Busk, Nielsen, Berggren, Arnesen (78. Lauridsen), Bertelsen, Lerby, Laudrup, Elkjaer Jugoslavia: Ivkovic, Miljus, N. Stojkovic, Zajec, Katanec (55. Halilovic), Radanovic, Gudelj, Bazdarevic (27. D. Stojkovic), Cvetkovic, Susic |
Saint Etienne, 19 giugno 1984 Francia – Jugoslavia 3 – 2 Reti: Sestic 32′, Platini 59′, Platini 62′, Platini 77′, Stojkovic 84′ Arbitro: Daina (Svizzera) Francia: Bats, Fernandez, Battiston, Bossis, Domergue, Tigana, Giresse, Ferreri (77. Bravo), Platini, Rocheteau (46. Tusseau), Six Jugoslavia: Simovic, Radanovic, N. Stojkovic, Zajec, Miljus, Sestic, Gudelj, Bazdarevic (84. Katanec), Susic, D. Stojkovic, Vujovic (60. Deveric) |
Strasburgo, 19 giugno 1984 Danimarca – Belgio 3 – 2 Reti: Ceulemans 26′, Vercauteren 39′, Arnesen 41′, Larsen 60′, Elkjær 84′ Arbitro: Prokop (Germania) Danimarca: Qvist, O. Rasmussen (58. Brylle), M. Olsen, Busk, Nielsen, Lerby, Berggren, Bertelsen, Arnesen (78. Sivebaeck), Laudrup, Elkjaer Danimarca: Pfaff, Grun, De Greef, Clijsters, De Wolf, Vandereycken, Scifo, Vercauteren (52. Voordeckers), Ceulemans, Claesen (46. Coeck), Vandenbergh |
CLASSIFICA: Francia 6, Danimarca 4, Belgio 2, Jugoslavia 0 |
GRUPPO 2 |
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Strasburgo, 14 giugno 1984 Germania Ovest – Portogallo 0 – 0 Reti: – Arbitro: Yushka (Russia) Germania Ovest: Schuhmacher, B. Förster, K. Förster, Stielike, Briegel, Rolf (66. Bommer), Brehme, Buchwald (66. Matthäus), Rummenigge, Völler, Allofs Portogallo: Bento, Joao Pinto, Eurico, Lima Pereira, Álvaro, Frasco (78. Veloso), Jaime Pacheco, Sousa, Chalana, Jordao (84. Gomes) |
Saint Etienne, 14 giugno 1984 Romania – Spagna 1 – 1 Reti: Carrasco 22′, Bölöni 35′ Arbitro: Ponnet (Belgo) Romania: Lung, Rednic, Iorgulescu, Stefanescu, Ungureanu, Coras, Bölöni, Klein, Dragnea (57. Ticleanu), Camataru, Gabor (76. Hagi) Spagna: Arconada, Camacho, Goikoetxea, Maceda, Urquiaga, Gordillo, Victor, Senor, Gallego (74. Julio Alberto), Santillana, Carrasco |
Lens, 17 giugno 1984 Germania Ovest – Romania 2 – 1 Reti: Völler 25′, Coras 46′, Völler 66′ Arbitro: Keizer (Olanda) Germania Ovest: Schuhmacher, B. Förster, Stielike, K. Förster (79. Buchwald), Briegel, Meier (66. Littbarski), Matthäus, Brehme, Rummenigge, Völler, Allofs Romania: Lung, Rednic, Stefanescu, Andone, Ungureanu, Dragnea (62. Ticleanu), Bölöni, Klein, Hagi (46. Zare), Camatru, Coras |
Marsiglia, 17 giugno 1984 Portogallo – Spagna 1 – 1 Reti: Sousa 52′, Santillana 73′ Arbitro: Vautrot (Francia) Portogallo: Bento, Joao Pinto, Lima Prereira, Eurico, Alvaro, Carlos Manuel, Frasco (76. Diamantino), Jaime Pacheco, Sousa, Chalana, Jordao Spagna: Arconada, Urquiaga (79. Senor), Goikoetxea, Maceda, Camacho, Julio Alberto (70. Sarabia), Gordillo, Victor, Gallego, Santillana, Carrasco |
Parigi, 20 giugno 1984 Germania Ovest – Spagna 0 – 1 Reti: Maceda 90′ Arbitro: Christov (Cecoslovacchia) Germania Ovest: Schuhmacher, B. Förster, Stielike, K. Förster, Briegel, Meier (60. Littbarski), Matthäus, Brehme (79. Rolff), Rummenigge, Völler, Allofs Spagna: Arconada, Senor, Goikoetxea (28. Salva), Macaeda, Camacho, Gordillo, Victor, Julio Alberto (81. Francisco), Gallego, Santillana, Carrasco |
Nantes, 18 giugno 1984 Portogallo – Romania 1 – 0 Reti: Nenè 81′ Arbitro: Fahnler (Austria) Portogallo: Bento, Joao Pinto, Eurico, Lima Pereira, Álvaro, Chalana (18. Diamantino), Sousa, Frasco, Carlos Manuel (67. Nené), Jordao, Gomes Romania: Moraru, Negrila, Iorgulescu, Stefanescu, Ungureanu, Rednic, Irimescu (59. Gabor), Bölöni, Klein, Coras, Camataru |
CLASSIFICA: Spagna 4, Portogallo 4; Germania Ovest 3, Romania 1 |
SEMIFINALI |
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Marsiglia, 23 giugno 1984 Francia – Portogallo 3 – 2 Reti: Domergue (24.), 1:1 Rui Jordao (74.), 1:2 Rui Jordao (98.), 2:2 Domergue (114.), 3:2 Platini (119) Arbitro: Bergamo (Italia) Francia: Bats, Battiston, Le Roux, Bossis, Domergue, Fernandez, Tigana, Giresse, Platini, Lacombe (66. Ferreri), Six (101. Bellone) Portogallo: Bento, Joao Pinto, Eurico, Lima Pereira, Álvaro, Frasco, Jaime Pacheco, Sousa (63. Nené), Chalana, Jordao, Diamantino (46. Gomes) |
Lione, 24 giugno 1984 Spagna – Danimarca 1 – 1 (6 – 5 d.c.r.) Reti: 0:1 Lerby (7.), 1:1 Maceda (67.) Arbitro: Courtney (Inghilterra) Spagna: Arconada, Senor, Salva (102. Urquiaga), Maceda, Camacho, Victor, Julio Alberto (60. Sarabia), Gordillo, Gallego, Carrasco, Santillana Danimarca: Qvist, Busk, M. Olsen (113. Brylle), Nielsen, Berggreen, Sivebaek, Lerby, Arnesen (68. J. Olsen), Laudrup, Elkjaer |
FINALE |
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Parigi, 27 giugno 1984 Francia – Spagna 2 – 0 Reti: 1:0 Platini (57.), 2:0 Bellone (90.) Arbitro: Christov (Cecoslovacchia) Francia: Bats, Battiston (73. Amoros), Bossis, Le Roux, Domergue, Tigana, Fernandez, Platini, Giresse, Lacombe (80. Genghini), Bellone Spagna: Arconada, Camacho, Gallego, Salva (85. Fernandez), Urquiaga, Francisco, Victor, Senor, Julio Alberto (77. Sarabia), Carrasco, Santillana |