La Fiorentina e lo scudetto sfiorato

Nel maggio del 1982, la Fiorentina di Picchio De Sisti vide sfumare il titolo sul filo di lana e con un gol annullato, all’ultima giornata, a Ciccio Graziani. Un sogno infranto in una stagione contrassegnata dal grave infortunio di Antognoni.


PROLOGO

Fu un pomeriggio da sconsigliare ai deboli di cuore. L’ultima giornata del campionato di serie A 1981/82 riservò una serie incredibile di emozioni e colpi di scena, gioie e delusioni, trionfi e drammi sportivi. La lotta scudetto si decise domenica 16 maggio ’82. La Fiorentina, dopo una campagna acquisti da protagonista, voluta dal patron viola, il conte Flavio Callisto Pontello, venne accreditata ad inizio stagione come la principale avversaria della Juventus campione d’Italia.

Gli arrivi degli ex granata Eraldo Pecci e Ciccio Graziani, di Antonello Cuccureddu, dalla sponda bianconera torinese, non tralasciando i giovani Pietro Vierchowod, Daniele Massaro e Paolo Monelli, i primi due già nel giro della nazionale di Bearzot, tolsero la squadra da quella mediocrità in cui era rimasta impantanata per parecchie stagioni. Attorno a Giancarlo Antognoni, i viola annoveravano, finalmente, giocatori di primo piano, in grado di far compiere quel salto di qualità necessario per tentare l’assalto allo scudetto che mancava da Firenze dal 1969.

PARTENZA STENTATA

Le prime uscite stagionali della squadra allenata da Giancarlo De Sisti non furono esaltanti: una qualificazione per differenza reti nella prima fase di Coppa Italia, in un girone piuttosto facile, due pareggi a reti bianche ed una vittoria di misura contro il modesto Como in campionato. La squadra innestò la marcia giusta dalla quarta giornata in poi, eccezion fatta per il ko rimediato, all’Olimpico, contro la Roma, altra pretendente al titolo. Sul campo del neopromosso Cesena arrivò la sconfitta più inattesa.

L’aggancio al vertice della classifica arrivò il 13 dicembre ’81, grazie alla vittoria di Bologna, nel pomeriggio in cui un infarto si portò via Piero Pasini, storica voce del giornalismo sportivo italiano. Al giro di boa, i viola staccarono il platonico titolo di “campioni d’inverno”, dopo un non trascendentale pari interno contro il pericolante Cagliari, altro punto prezioso perso per strada che pesò maledettamente a fine stagione. Nel girone di ritorno, il cammino di gigliati e juventini fu speculare: sorpasso bianconero dopo la ventiduesima giornata, aggancio viola quattro turni dopo.

COME SI ARRIVO’ AL FOTOFINISH

All’epilogo della corsa tricolore, Juventus e Fiorentina arrivarono appaiate. I bianconeri del Trap, dopo essere usciti indenni dalla trasferta di Firenze (0-0), mantenendo un punto di vantaggio, furono agganciati nel turno successivo, pareggiando in casa contro l’Ascoli mentre i gigliati regolarono il Bologna a Firenze. Dopo il botta e risposta contro Inter e Napoli (Brady decise su rigore la sfida contro i nerazzurri, Antognoni piegò i partenopei), la Juve sembrò piazzare l’allungo decisivo alla terz’ultima, dopo il roboante 5-1 di Udine, nella domenica del ritorno in campo di Paolo Rossi dopo la squalifica per lo scandalo del calcio-scommesse.

Quel giorno, invece, i viola non andarono oltre il pari (1-1) nella San Siro interista. Un match quasi stregato. Il centrocampista Francesco Casagrande sfiorò il gol, mancando una colossale occasione a due passi dal portiere Bordon. “Se dopo tutta la corsa che facevo, fossi stato lucido sotto porta, sarei stato un bomber”, confidò anni dopo l’ex mediano viola. In quella partita ci fu anche un doppio palo colto da Ferroni. La Juventus, tuttavia, sprecò il match point sette giorni dopo, facendosi imporre lo 0-0 casalingo dal Napoli, dove Castellini parò l’impossibile, mentre la Fiorentina passeggiava in casa contro l’Udinese. Dagli spalti del Comunale toscano, i tifosi tributarono ai giocatori di De Sisti un “Campioni, Campioni” da brivido. Le due pretendenti allo scudetto si ritrovarono, pertanto, appaiate in testa con 44 punti a novanta minuti dalla fine.

LA SETTIMANA DECISIVA

Nessuna alternativa a parte lo spareggio. Fiorentina e Juventus si giocarono il campionato affrontando, in trasferta, Cagliari e Catanzaro. La settimana cruciale della stagione cominciò con una puntata tra le più discusse del “Processo del Lunedì” in cui si parlò del nuovo acquisto juventino, Michel Platini, con gli ospiti in studio lanciati in un florilegio di previsioni sull’utilità del fuoriclasse francese per la conquista della prima Coppa dei Campioni bianconera. L’ipotesi spareggio atterriva, soprattutto, lo staff della nazionale italiana in vista dell’avventura al Mundial di Spagna. All’aeroporto di Cagliari, il presidente viola regalò una battuta delle sue. “Agnelli? Ma via, è solo un metalmeccanico”.

Ma se i sardi dovevano ancora mettersi in salvo, i calabresi erano già certi della permanenza in A. Al Cagliari di Carosi mancava un punto per la salvezza, da conquistare contro l’avversario più ostico ed in lotta per lo scudetto. Clima estivo al Sant’Elia. Sugli spalti impossibile trovare un posto libero. Cuore costantemente in gola, dall’uno e dall’altro versante della tifoseria.

Nel primo tempo, i padroni di casa tennero botta, pochi i rischi per l’estremo difensore isolano. La Fiorentina apparve imballata, abulica e financo svogliata. Pochissimi i palloni giocabili per le punte, Graziani e Massaro, mentre Antognoni trovò in Osellame non un avversario ma una vera e propria ombra che lo seguiva ovunque. Nel tabellino del cronista, alla voce “palle gol”, finì solo un’azione personale di Selvaggi, sventata dal difensore viola Galbiati. Stessa solfa a Catanzaro. La squadra favorita, la Juventus, rimase impantanata in un improduttivo possesso palla, senza portare pericoli alla porta di Zaninelli.

QUEL GOL DI GRAZIANI

La ripresa, dopo un quarto d’ora, riservò l’emozione più forte della gara. In area cagliaritana arrivò un cross di Antognoni. Graziani colpì di testa la palla, anticipando il portiere Corti: rete. Silenzio allo stadio per un paio di secondi. L’arbitro Mattei di Macerata, tuttavia, anziché indicare il centrocampo, si posizionò con il braccio alzato a ridosso dell’estremo difensore di casa. Gol annullato per il classico “fallo di confusione”. Tutto da rifare. Il brivido si trasformò in un sospiro di sollievo sul versante rossoblù, l’urlo di gioia fu ricacciato in gola dai tifosi della Fiorentina.

L’arbitro sanzionò un’ostruzione di Bertoni sul portiere avversario. Quell’episodio finì per sgonfiare l’undici di Picchio De Sisti e si tornò al nulla, o quasi, della prima frazione di gioco. La doccia gelata arrivò via radio da Catanzaro: Liam Brady, su rigore, spezzò l’equilibrio alla mezzora di gioco. Sacrosanto il penalty assegnato alla Juve come netto era quello che l’arbitro Pieri aveva negato nel primo tempo al Catanzaro, per una gomitata rifilata da Brio a Borghi. Lo scudetto imboccò la via per Torino. Con gli innesti di Monelli e Sacchetti, il tecnico gigliato tentò il tutto per tutto. Inutilmente. Lo 0-0 finale, al termine di una delle più noiose partite della stagione, premiò il Cagliari (ricacciando in B il Milan) e favorì la Juventus che quel pomeriggio di maggio si cucì sul petto la seconda stella.

Dai microfoni di “Tutto il calcio minuto per minuto”, il rimbalzo di linea nei minuti finali tra Enrico Ameri (da Catanzaro) e Sandro Ciotti (a Cagliari) rappresenta uno dei momenti più emozionanti nella storia della celebre trasmissione radiofonica della Rai. Il sogno tricolore dei viola, atteso da tredici anni e cullato per nove mesi, sfumò nel modo più beffardo dopo una partita forse preparata male e giocata ancora peggio dalla squadra di De Sisti. Tanto rammarico, al termine del campionato, ripensando allo scontro diretto di Torino ed alla traversa colta da Daniel Bertoni, con Zoff ormai battuto. Ed ancora, al doppio pareggio, in trasferta, contro i granata (con la rete del 2-2 di Pulici subita a tre minuti dal termine) ed il Genoa, quest’ultimo in un clima da guerriglia urbana.

Nel momento decisivo della stagione andò in scena una Fiorentina abulica, svogliata ed impreparata a reggere la tensione dello sprint scudetto contro la Vecchia Signora. I viola persero la battaglia dei nervi, facendosi imbrigliare dal Cagliari. Negli spogliatoi, Antognoni non usò giri di parole né mezzi termini. “Ci hanno rubato il titolo”. Più misurato il commento a caldo di mister De Sisti. “Peggio di così non poteva andare, avrei preferito perdere nello spareggio anche perché, evidentemente, la Juve non è nettamente più forte di noi. Sul piano dei nervi e del rendimento abbiamo vinto il nostro scudetto. Purtroppo lo scudetto, quello vero, lo ha conquistato la Juve. Il gol di Graziani – concluse Picchio – per me era buono”. Per parecchi addetti ai lavori, Bertoni, chiuso fra due avversari ed il portiere, difficilmente avrebbe potuto fare fallo. Per Pecci e Graziani fu il replay, a distanza di pochi anni, del successo sfumato al fotofinish nel testa a testa Juve-Toro dell’annata ‘76/77.

AMAREZZA E RAMMARICO

“Quello scudetto, noi che facevamo parte di quella Fiorentina, ce lo sentiamo davvero un po’ nostro. Ne sono convinto. Lo perdemmo perché fummo penalizzati da diversi episodi arbitrali. Episodi che sarebbero stati ininfluenti se avessimo avuto un pizzico di fortuna in più“. Così parlò Ciccio Graziani a tanti anni di distanza dal pomeriggio del 16 maggio ’82. “L’arbitro sbagliò, annullò il mio goal che era valido. Voglio essere sincero – aggiunse Graziani – e per stare tranquillo, voglio continuare a pensare che Mattei sbagliò tutto. Ma in buona fede”.

In quella stagione, la Fiorentina dovette rinunciare per tante partite al suo giocatore di maggior classe, Giancarlo Antognoni, bandiera viola per antonomasia. Fu quello, infatti, il campionato dello scontro di gioco con il portiere genoano Martina dove il nazionale azzurro rischiò di perdere la vita. Il cuore del capitano viola si fermò per alcuni secondi. Era il 22 novembre ’81. Priva del suo capitano, la Fiorentina riuscì a non scoraggiarsi e a dare il meglio, a conferma che, Brera dixit, il calcio è “mistero agonistico”. Si mise in evidenza Luciano Miani, scarsamente considerato ad inizio stagione: a 25 anni ebbe l’occasione di dare una svolta alla sua carriera. L’ex centrocampista dell’Udinese firmò due gol pesanti contro Milan e Roma.

Graziani e Bertoni – migliori realizzatori stagionali della Fiorentina, con nove reti a testa – cominciarono a segnare gol a raffica, firmando vittorie di peso contro Napoli, Inter e Udinese. Il campione del mondo argentino, dopo una stagione di ambientamento, disputò un campionato ad alti livelli. Anche l’ex centravanti granata non deluse le attese: il suo rendimento e l’apporto in zona gol furono elevati. Pecci illuminò il gioco viola, meritandosi i complimenti del conte Pontello che lo considerava “il più intelligente fra i miei dipendenti che tirano calci ad un pallone”.

Il reparto arretrato a disposizione di De Sisti diede grande sicurezza. Tra i pali, l’estremo difensore Giovanni Galli non sbagliò un intervento, meritando il ruolo di terzo portiere azzurro dopo Zoff e Bordon. Lo “zar” Pietro Vierchowod, il pezzo più pregiato del mercato estivo, arrivato in prestito dal Como e strappato alla Juventus grazie al direttore generale Tito Corsi, confermò in pieno le ottime aspettative della vigilia: forte nel gioco aereo, deciso nei contrasti e fisicamente possente. Roberto Galbiati disputò la sua migliore stagione, positivo fu anche il rendimento di Renzo Contratto ed Armando Ferroni, quest’ultimo convincente sostituto dell’infortunato Cuccureddu.

Antognoni rientrò prima del previsto, il 21 marzo ’82, con la squadra vittoriosa in casa contro il Cesena grazie ad un gol di Casagrande a dieci minuti dal termine, proprio su assist del figlio prediletto del popolo viola che, un mese più tardi, siglò una rete pesantissima al San Paolo di Napoli, ad otto minuti dal termine, che mantenne la Fiorentina agganciata alla vetta. Contropiede orchestrato dalla rivelazione Massaro, palla ad Antognoni che, con Castellini leggermente fuori dai pali, fece partire una parabola perfetta che finì in fondo alla rete. Da manuale l’interruzione di Ciotti mentre Ameri snocciolava la classifica, dando la Juve di nuovo in testa da sola. “Non credo proprio, Enrico, ha segnato Antognoni, Fiorentina in vantaggio, uno splendido gol”. La migliore risposta a quanti avevano sostenuto che senza di lui la Fiorentina andava meglio.

“Perdemmo Antognoni per tante, troppe, partite in quel campionato. – aggiunse Ciccio Graziani alcuni anni dopo – Senza l’handicap dell’assenza di Giancarlo lo scudetto l’avremmo vinto sul campo, senza arrivare all’ultima giornata”. Nella Fiorentina ‘81/82, due giocatori fecero il pieno di presenze in Campionato e Coppa Italia: Giovanni Galli e Daniel Bertoni (36). Il miglior goleador viola, sommando anche le partite di Coppa Italia, fu Graziani (11 reti).

Quella squadra non ebbe una seconda opportunità. Il treno, perso d’un soffio nel maggio ‘82, non passò più da Firenze. Il conte Pontello, che aveva traghettato la Fiorentina da una dimensione artigianale a quella di “società moderna”, non riuscì ad eguagliare Enrico Befani e Nello Baglini, presidenti nelle due stagioni – ‘55/56 e ‘68/69 – in cui i viola conquistarono lo scudetto.

Fiorentina_1981-82_-_Antonello_Cuccureddu,_Daniel_Bertoni_ed_Eraldo_Pecci
Cuccureddu, Bertoni e Pecci

Testo di Sergio Taccone, autore del libro “Milan Story” (Edizioni della Sera, 2013)