Cagliari-Fiorentina: staffetta tricolore

Viola e rossoblù, nel segno di Chiarugi e Riva, si passarono tra il 1969 e il 1970 lo scudetto, interrompendo le tradizionali egemonie dell’epoca e dopo clamorose operazioni di mercato tra i due club.

Le sfide fra Fiorentina e Cagliari conobbero il loro momento più intenso sul finire degli anni Sessanta, quando prima i viola, e poi i rossoblù isolani, conquistarono lo scudetto, in una singolare staffetta che tagliò momentaneamente fuori i valori tradizionali del nostro calcio. Era l’epoca di Riva «rombo di tuono» da una parte, di «cavallo pazzo» Chiarugi dall’altra, due numeri undici così diversi e così ugualmente cari all’immaginario popolare.

Fiorentina e Cagliati stavano parallelamente costruendo la loro grandezza con criteri di sano artigianato. Il Cagliari, presidente Rocca ma dirigente di punta Andrea Arrica, un mostro di simpatia, di abilità, di efficienza, aveva raccolto con modesta spesa un patrimonio di autentici talenti, affidandone la gestione a un tecnico impagabile, Manlio Scopigno, maestro di tattica e di vita, chiamato il filosofo per alcuni studi di gioventù e per una visione del mondo aliena da ogni drammatizzazione. Allenava con le redini lunghe, concendendo un’apparente, assoluta, libertà. Non alzava mai la voce, ma sapeva fulminarti con una battuta corrosiva.

La Fiorentina del Petisso, campione d’Italia 1968/69

La Fiorentina stava prendendo corpo nelle mani di un affettuoso e dispotico padre padrone, Nello Baglini, strenuo fautore della linea verde e dei bilanci in pareggio. Dopo aver avuto un eccellente lavoro d’impostazione da Beppe Chiappella, la Fiorentina raccolse i frutti con Bruno Pesaola, il furbissimo “Petisso”. Approdato tardi alla Serie A, il Cagliari nelle sue prime visite fiorentine pagò un puntuale pedaggio: sconfitto due volte per 2-0, due volte per 1-0. Ironia della sorte, conquistò il primo punto sotto Fiesole nella stagione 1968-69, quando la Fiorentina si laureò campione d’Italia.

Fu tutto un controsenso, perché in estate le due società avevano combinato una clamorosa operazione che sembrava in netto favore del Cagliari: il portiere azzurro Ricky Albertosi e la grande promessa Brugnera, chiamato «il piccolo Di Stefano» per la sua universalità, da Firenze a Cagliari, in cambio del trequartista Rizzo. Firenze era insorta, ritenendo inaccettabile un simile indebolimento dei ranghi: ma Baglini e Pesaola avevano zittito tutti, vincendo addirittura lo scudetto e proprio dopo strenua lotta con il Cagliari, penalizzato dalla fiera rivalità fra le primedonne del suo attacco, Riva e Boninsegna. Nell’estate del ’69 il Cagliari cedette così Boninsegna all’Inter, ottenendone in cambio l’attaccante Bobo Gori e il tornante Domenghini, che si rivelarono i partner perfetti per il dilagante Gigi-gol.

Scopigno risponde al Petisso l’anno dopo: il Cagliari vince lo scudetto 1969/70

E la sfida ripartì, fra molti veleni, nella stagione 1969-70. Lo scontro diretto era programmato a Firenze alla quinta giornata. La Fiorentina ci arrivò a punteggio pieno, dopo quattro vittorie consecutive; il Cagliari solo un punto sotto, tre successi e lo 0-0 di Genova contro la Samp. C’era una tensione palpabile, quel giorno, al Comunale di Firenze e l’arbitro era Concetto Lo Bello, principe del fischietto ma un’inguaribile vocazione da mattatore e già qualche burrascoso precedente con la tifoseria viola. Gigi Riva era in condizioni precarie, reduce da uno strappo muscolare che avrebbe avuto bisogno di ulteriore riposo: ma Scopigno preferì mandarlo in campo anche menomato.

Artisti della difesa, Pesaola e Scopigno avevano allestito sbarramenti quasi invulnerabili. Ma a spezzare l’equilibrio ci pensò Lo Bello, concedendo al Cagliari un rigore molto discusso, che Riva puntualmente trasformò. Lo stadio era una bolgia, ma il gol del pareggio segnato da Chiarugi sembrò per un attimo placarlo. Illusione: Lo Bello annullò il punto per un fuorigioco di posizione, che quasi nessuno aveva visto.

Divenne un pomeriggio di follia. In campo saltarono i nervi, ma fuori successe di peggio. Il Cagliari fu assalito al momento di lasciare lo stadio, Lo Bello subì un lungo assedio. Si era appena all’inizio del campionato, ma l’esito di quella partita si rivelò decisivo. La domenica seguente la Fiorentina, frastornata, si fece travolgere dalla Lazio, mentre il Cagliari si scatenò, alla settima giornata espugnò anche il campo di Napoli con due gol di Riva e prese un vantaggio mai più recuperato.

Quell’anno segnò anche un’inversione di tendenza nelle sfide fra Fiorentina e Cagliari: gli isolani, sempre con Riva protagonista, vinsero a Firenze anche nelle due successive stagioni.

Quando il Cagliari imbocca il suo viale del tramonto, la Fiorentina torna a primeggiare: 3-0 nel ’72-73 (marcatori Saltutti, Antognoni e Nevio Scala, sulle rispettive panchine Liedholm e Mondino Fabbri); 4-1 nel ’73-74, quando gli allenatori sono Radice per i viola e Chiappella per i rossoblù e i gol portano la firma di Saltutti, Caso, Speggiorin, Merlo e di un ormai stanco Gigi Riva per il Cagliari.

Sin quando si arriva all’anno nero dell’isola, il campionato ’75-76, concluso dalla retrocessione dei rossoblù cagliaritani. Anche la Fiorentina contribuisce all’affondamento, rifilando un altro rotondo 3-0 all’avversario ormai in disarmo. Per il gioco degli intrecci, segnaliamo sulla panchina viola Carletto Mazzone, futuro pilota del Cagliari, mentre nella disperata operazione salvataggio è impegnato Tiddia. I gol della condanna sono firmati da Bresciani, Antognoni e Desolati. Il Cagliari, che allinea ancora Riva e Nené, soli superstiti della squadra scudetto, resiste un’ora esatta, poi crolla.