Giugno 1981. Dopo aver riportato la squadra in A, l’allenatore friulano lasciò il club rossonero sbattendo la porta
“Rivera e Vitali? Li chiamano il gatto e la volpe ma non si sa chi sia il gatto e chi la volpe. Per me sono due gatti” (Massimo Giacomini, Giugno 1981)
San Siro si presentò desolatamente vuoto per larghi tratti quel pomeriggio del 14 giugno 1981 in occasione di Milan-Monza, penultima giornata del campionato di serie B. I tifosi del Milan, appena venticinquemila, esposero uno striscione eloquente contro la dirigenza: “Meritate uno stadio così”. Un’aperta contestazione alla politica della società milanista. Brigate Rossonere e Fossa dei Leoni distribuirono un volantino in cui si faceva riferimento a “intrallazzatori, presidente fantasma e speculatori”, rimarcando le tante trattative di mercato (o presunte tali) svanite nei mesi precedenti come neve al sole. Sul quotidiano La Stampa, Bruno Perucca analizzò la situazione rossonera.:
“La società non ha accompagnato il buon lavoro della squadra con una buona e serena ricostruzione alla base. Le polemiche con e per il tecnico Giacomini, la maldestra operazione Zico, il recentissimo e frettoloso viaggio di Rivera e Radice a Tolone per visionare il brasiliano Careca e dissidi dirigenziali più o meno scoperti: tutto dice che il Milan ha ancora molto da lavorare nel suo interno. In A ricompare un Milan ancora zoppicante”.
Battuto di misura il Monza (rete di Novellino con un colpo di tacco), dopo un brindisi con i giocatori, Massimo Giacomini lasciò l’incarico di allenatore. Un addio brusco e senza attendere l’ultima di campionato. Il tecnico friulano evitò di parlare con i giornalisti e persino di rientrare in pullman con la squadra. Negli spogliatoi, il presidente Gaetano Morazzoni (parlamentare della Democrazia Cristiana) si affrettò ad annunciare che già dall’impegno successivo contro il Feyenoord, esordio nel Mundialito Clubs, in panchina si sarebbe seduto Italo Galbiati, traghettatore in vista dell’insediamento del nuovo allenatore, Gigi Radice, già accordatosi con il club di via Turati 3. Spiegò Gualtiero Zanetti:
“Il Milan di oggi è composto da Morazzoni, Colombo, Rivera, Vitali, Giacomini e Radice. Presi uno a uno rappresentano quanto di meglio possa offrire il nostro tribolato ambiente calcistico. Messi insieme costituiscono il quadro più chiacchierato del football italiano. Potrebbero comporre un ottimo coro ma parlano ognuno per proprio conto, su toni differenti, parole e musica tenute nascoste sino all’ultimo istante. Cavalli che dispongono di una solida genealogia ma che non sono ancora riusciti a fare scuderia”.
Zanetti sottolineò negativamente la scelta di Radice di aver accettato un incarico professionale dimenticandosi di mettersi, almeno per un istante, nei panni di un suo collega ufficialmente defenestrato nel vivo del suo lavoro. In un’intervista rilasciata nel 2020 e confluita nel libro “Milan 1980-’87. Le stagioni del piccolo diavolo”, Giacomini giudicò il suo biennio rossonero “difficile ma ricordato con affetto”. Il tecnico dalla chioma folta, classe 1939, definito da Gianni Brera “uno degli allenatori più intelligenti d’Italia”, aggiunse in quella intervista:
“La società non fu chiara con me, prese altre strade a stagione ancora in corso. Capii che il mio tempo al Milan era finito e preferii togliere il disturbo appena raggiunta la serie A. Avevo mantenuto l’impegno di riportare subito la squadra nel massimo campionato. I tifosi mi furono sempre vicini. A San Siro, a destra della nostra panchina, c’era la Fossa dei Leoni. Il loro affetto ed entusiasmo erano commoventi. Coi tifosi ho avuto un ottimo rapporto, ci hanno sostenuto con grandissimo affetto anche in B. Basta vedere le presenze a San Siro: a livelli, se non superiori, dei grandi club della massima serie. Tra squadra e tifosi c’è sempre stata collaborazione. Andavamo ad inaugurare i Milan Club e trovavamo ovunque un’ottima accoglienza”.
Nella parte finale della stagione 1980/81, Giacomini rimase sulla plancia di una nave comandata, di fatto, in spiacevole comproprietà. La sintesi di questa confusione si manifestò nella scelta del giocatore straniero per la stagione successiva. Chiosò ironicamente Gualtiero Zanetti:
“E’ vero che arriva Cruijff? E perché non ritorna Rivera, allora? I più indisponenti insistono: e Schiaffino? Non vorremmo dimenticare Pelè? La fiera delle castronerie, giochi senza frontiere allestiti in via Turati. Il male oscuro del Milan ha proporzioni inconsuete e misteriose”,
Per l’annata del rientro in A occorrevano un difensore, un centrocampista e un attaccante. La promozione del Diavolo rossonero, ampiamente prevista dai pronostici, si era rivelata terribilmente intrisa di polemiche, amarezze e malinconia. Commentò Alfio Tofanelli:
“Il Milan ha finito mediocremente, allo stesso modo in cui ha condotto il campionato sul puro piano tattico. Si pensava ad una passeggiata, ad una scorpacciata di gol, fraseggi eleganti, supremazie eclatanti. Invece la serie B è un campionato durissimo, imprevedibile. Proprio nel finale il Milan lo ha capito a sue spese, riuscendo solo alla penultima giornata a guadagnarsi la matematica certezza di ritorno in A”.
Un traguardo raggiunto non senza fatica da una squadra priva della giusta mentalità per la cadetteria, squassata da dinamiche societarie difficili e rari squarci di sereno. Ribadì Tofanelli:
“Giacomini ha dovuto combattere una battaglia lunga ed estenuante, per di più costretto a far vincere obbligatoriamente un Milan che solo lui e gli addetti ai lavori vedevano in dimensione normale”
L’allenatore confermò di essere un profondo conoscitore del campionato di B e dei suoi uomini, bravo a ricaricare la squadra nei momenti decisivi, tirando a lucido Roberto Antonelli e riproposto stimoli che sembravano inariditi. I tifosi tennero in piedi, anche con il loro contributo economico, una barca che spesso aveva palesato sbandate paurose. Per l’intera stagione 1980/81 San Siro non registrò vuoti spaventosi. Tutt’altro. Attorno al Milan c’erano ancora tanti amici e tanto amore. Una realtà che imponeva a Gianni Rivera, Felice Colombo e al presidente Morazzoni di rimboccarsi le maniche, mettendo una pietra su polemiche e bisticci e riproponendo un blasone rimesso a nuovo, riverniciato e rinverdito.
Lapidario fu il commento di Giacomini quel 14 giugno ‘81:
“Con il Milan ho finito: è il giorno più bello della mia vita, avendo centrato l’obiettivo dell’immediato ritorno in A”.
Così parlò il tecnico della promozione in A dei rossoneri, uno che le cose non le mandava mai a dire. Infastidito dalle troppe diatribe societarie, l’ex allenatore dell’Udinese, al Milan dal giugno 1979, lanciò frecciate al direttore sportivo Sandro Vitali e al vicepresidente Rivera:
“Li chiamano il gatto e la volpe ma non si sa chi sia il gatto e chi la volpe. Per me sono due gatti”.
David Messina, nella sua analisi stagionale, usò la metafora del nuotatore per sintetizzare la promozione del Milan.:
“Una spinta a tradimento, uno scivolone disastroso, un’immersione traumatica nei gorghi della B. Poi una serie di bracciate frenetiche, un’affannosa ricerca del migliore assetto di emersione, infine la prepotente risalita verso la A”.
Troppi dissidi interni minarono le fondamenta di un ambiente ancora in crisi d’identità dopo l’anno in cadetteria. Gualtiero Zanetti tornò sulla situazione societaria.
“Morazzoni è presidente per conto di Colombo, Vitali un giorno è Vitali e un giorno Rivera. E viceversa”.
Un bailamme. Gli immediati segnali post campionato furono totalmente negativi. Al termine di quella stagione, Gianni Brera analizzò la situazione del Milan facendo riferimento alla cultura classica:
“Catarsi, in greco, è la parte della tragedia che segue la catastrofe e significa espiazione nel dolore. Abbiamo sufficiente spirito calvinista per capire e ammettere che chi ha peccato deve scontare. Per l’anno prossimo, che sarà di scudetto, comprate un centrocampista e una punta. Oppure due punte valide, non so dove. Schiaffino ha segnalato il Brasile come terra promessa. La mia catarsi s’illumina d’immenso: così affermo che già l’anno prossimo, in A, sarà scudetto”.
Undici mesi dopo – il 16 maggio ‘82 – il Milan sprofondava rovinosamente in B, al termine di un campionato concluso clamorosamente in terzultima posizione.
- TESTO DI SERGIO TACCONE, curatore del libro “Milan, le stagioni del piccolo diavolo”
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