Gre-No-Li: una sigla, un mito

Nils Liedholm rievoca la storia del mitico trio svedese. Un unico scudetto insieme, ma insieme cambiarono per sempre la storia del Milan, riportandolo in alto a competere con Inter e Juve

Copenaghen, Idrætspark, 15 giugno 1947. In quella data e in quel luogo, nella patria di Hans Christian Andersen, ebbe inizio la favola del Gre-No-Li. Una favola che durò sei anni e che raccontò le gesta di tre Vichinghi, spinti dalla voglia di esplorare il mondo. Tre personaggi, ai quali il popolo affibbiò dei soprannomi leggendari. Gren, con la sua precoce calvizie, fu il Professore. Nordahl, con la sua potenza travolgente, fu il Bisonte. Liedholm, con il suo sorriso ironico e la sua eleganza, fu il Barone.

Dopo una straordinaria impresa olimpica a Londra nel 1948, i tre sbarcarono a Milano. E furono loro a trasformare magicamente il Milan. Da quel momento – 1949, anno della metamorfosi – il Milan divenne il Diavolo.
Nils Liedholm raccontò nel 1995 come nacque quella favola:

«La prima volta che abbiamo giocato insieme è stata il giorno del mio debutto in nazionale a Copenhagen, il 15 giugno 1947. Allora la Danimarca era una grande potenza del calcio e per noi svedesi era la rivale storica. Quel giorno, guidati da Nordahl, abbiamo vinto per 4-1. Nordahl ha segnato due gol di forza, ma ha partecipato anche alle altre reti: ho segnato anch’io, dopo un’azione con Gunnar, con un tiro potente. Fu una vittoria che fece scalpore. E pochi giorni dopo, in Svezia, la confermammo con un netto 6-1».

Novembre 1947, amichevole Inghilterra-Svezia 4-2: il Principe Gustavo di Svezia stringe la mano a Nordahl e compagni

«Ci capivamo anche al buio. Tra me e Nordahl c’era già un’ottima intesa, perché giocavamo insieme nel Norrkoping. Anzi spesso ci allenavamo da soli, con Lajos Czeizler, il nostro allenatore, nell’ora libera dal lavoro: Nordahl era un pompiere ed io ero un contabile nell’ufficio delle tasse. Così sapevo bene come mandargli il cross e lui conosceva meglio di tutti la strada della rete. Quando se ne andò da Norrkoping aveva segnato 93 gol in 92 partite di campionato. Non male».

«Gren giocava a Goteborg e ci incontravamo in nazionale, insieme ai due fratelli di Gunnar, Knut e Bertil. In poco tempo eravamo diventati quasi imbattibili. Alle Olimpiadi di Londra, il 2 agosto 1948, allo stadio White Hart Lane, abbiamo sconfitto per 3-0 l’Austria, che era la favorita del torneo. Nell’Austria c’erano Ockwirk, Happel, che poi sarebbe diventato anche un grande allenatore, Hanhemann, che era il capitano, e Ernst Melchior, l’ala destra più forte d’Europa. Nordahl fu imprendibile e segnò due gol».

«Ci qualificammo per la semifinale battendo la Corea 12-0, con 4 gol di Nordahl, 1 di Gren e 2 miei. Oggi quel risultato fa sorridere, ma la Corea non era male, solo che i coreani non erano abituati a giocare sul bagnato e quel giorno pioveva…».

«In semifinale, a Wembley. affrontammo la Danimarca di John e Karl Hansen, Praest, Ploeger e la superammo per 4-2, grazie alla grande prestazione di Carlsson, che poi sarebbe andato all’Atletico Madrid con Herrera. Quel giorno ci fu un gol contestato per un episodio curioso: Nordahl, nella foga, era finito dentro la rete e, quando Carlsson segnò, prese il pallone con la mano. I danesi protestarono per l’annullamento, ma l’arbitro convalidò il gol, perché Nordahl era ben oltre la linea bianca».

Nils Liedholm contrastato dallo jugoslavo Brozovic nella finale olimpica del 1948

«Il 13 agosto, a Wembley, di fronte a 60.000 spettatori, abbiamo vinto la finale contro la forte Jugoslavia di Bobek, Mitic, Vukas e Cajkovskij. Abbiamo segnato 3-1 con due gol di Gren, uno su rigore, e il terzo di Nordahl, che con 7 reti si è aggiudicato il titolo di capocannoniere».

«Per il trionfo olimpico abbiamo ricevuto, oltre alla medaglia d’oro, un radiogrammofono. Un po’ come per il secondo posto ai mondiali ’58, quando ci hanno regalato un televisore. Ma quella vittoria ci aveva reso famosi. In Italia, a dire il vero, Nordahl e io eravamo già noti, perché prima delle Olimpiadi, in un’amichevole, col Norrkoping, avevamo battuto 2-0 la Juve a Torino. Così era inevitabile che arrivassimo fin qui».

«Il primo ad arrivare fu Nordahl. Fu ingaggiato grazie all’interessamento di Agnelli, come risarcimento, perché la Juve aveva preso Ploeger, un’ala destra molto apprezzata in Danimarca e suggerita da John Hansen, al Milan. Arrivò a metà campionato e fece 16 gol in 15 partite».

«Poi nell’estate del 1949, il Milan era venuto in Svezia per una tournée e fu sconfitto dal Norrkoping per 3-2. E in quell’occasione mi proposero un contratto. Ma io non volevo accettarlo. Stavo bene in Svezia, avevo un lavoro. E lì mi hanno davvero insistito, soprattutto Nordahl. Ho resistito fino alle 4 del mattino, poi ho firmato. A Goteborg hanno ottenuto anche la firma di Gren».

Il magico trio svedese ricomposto a Milano

«Così abbiamo formato al Milan il trio d’attacco della nazionale svedese, ma nessuno ci chiamava ancora Gre-No-Li. Quel soprannome ci fu dato a Milano. Il primo a usare quella sigla fu un giornalista sardo, Aldo Congiu, su “Milano Sera”: conservo ancora una sua lettera in cui mi diceva che quella era solo un’astuzia per evitare le difficoltà dei nomi».

«L’esordio in campionato avvenne a Genova contro la Samp, l’11 settembre 1949, e io ebbi il piacere di segnare un gol. Il Milan vinse 3-1. Ma poi, dopo tre vittorie consecutive, fummo sconfitti a San Siro dalla Juventus per 1-0, con un gol di Martino, un sudamericano dalla tecnica raffinata. Quella sconfitta bruciante non ci andò giù, perché avevamo giocato bene, senza però riuscire a segnare. E allora preparammo per un mese la partita di ritorno».

«Era il 5 febbraio 1950 e la Juve era prima in classifica. Tra i bianconeri c’erano John Hansen e Praest, i danesi, così la sfida Danimarca-Svezia si ripeteva anche in campionato. La partita non iniziò bene per noi: avremmo potuto subire subito due o tre gol. John Hansen segnò una rete bellissima. Parola colpì un palo. Era una Juve fortissima, con 8 nazionali italiani, 2 danesi, 1 argentino, ma quel giorno tutto andò bene per noi. Nordahl era scatenato, fece due gol, poi segnammo anche Gren ed io. Nordahl quel giorno era inarrestabile Parola, che non si era mai trovato così in difficoltà — era talmente veloce, che non doveva mai ricorrere al fallo per fermare l’attaccante avversario — fece un fallo inaspettato e l’arbitro, Agnolin padre, sul punteggio di 1-4, lo espulse. Finì 1-7, la vittoria più clamorosa del Milan a Torino. Eppure alla fine la Juve vinse lo scudetto e noi finimmo secondi. In quel campionato il Gre-No-Li segnò 70 reti — 34 Nordahl, 18 per ciascuno Gren ed io — e si impose».

«Il Milan conquistò lo scudetto nella stagione 1950-51. Fu una vittoria sofferta, con un solo punto di vantaggio sull’Inter, anche se avremmo potuto dominare il campionato. Dopo il derby di ritorno, mi operarono di peritonite e non fui più lo stesso. Nelle ultime partite, perdemmo molti punti e chiudemmo con due sconfitte. Ma era dal 1907 che il Milan non vinceva. Nei due anni successivi, arrivammo secondi dietro la Juve nel ’52 e terzi dietro a Inter e Juve nel ’53».

«La nostra avventura stava per finire. Quando non vinci, succede sempre così. Iniziarono a criticare il gioco di Gren, troppo elegante e poco efficace, e a fine stagione lo cedettero alla Fiorentina. L’ultima partita del Gre-No-Li, Atalanta-Milan, il 31 maggio 1953 finì 1-1 con un gol di Nordahl. Tre anni dopo, anche Gunnar andò via, alla Roma, e io rimasi da solo».

«Sono stati quattro anni importanti. Certo, avremmo potuto vincere di più. Ma eravamo ancora una squadra senza tradizione. Non era ancora il Milan organizzato di oggi. Si può dire che il grande Milan è nato con noi. Non solo con noi svedesi, ma anche con Buffon, che era un portiere eccezionale, Burini, che sapeva giocare e fare tanti gol, Annovazzi, Tognon… In quegli anni furono gettate le basi. E poi, dopo lo scioglimento del Gre-No-Li, il Milan ebbe la fortuna di trovare prima Schiaffino, poi Altafini».

«Tutti mi chiedono qual era il segreto del Gre-No-Li. Eravamo complementari: Nordahl era lo sfondatore, forte fisicamente, ma sapeva anche giocare. Gren aveva molto fiato, correva sempre, così il marcatore non riusciva a prenderlo. Anch’io correvo molto. Mi chiamavano “Zatopek”… Potevo giocare anche in difesa».

La scheda del GRE-NO-LI

  • Gunnar Gren, il Professore. Nato a Göteborg nel 1920, si trasferì in Italia nel 1949 per giocare nel Milan. Dotato di grande tecnica, visione di gioco e intelligenza tattica, Gren era il cervello del terzetto rossonero, capace di illuminare le partite con i suoi passaggi, i suoi colpi di tacco e i suoi tiri da fuori. Con il Milan vinse uno scudetto e una Coppa Latina, prima competizione europea per club. Dopo quattro stagioni a Milano, passò alla Fiorentina e poi al Genoa, prima di tornare in Svezia. In Nazionale vinse l’oro olimpico nel 1948 e fu vicecampione del mondo nel 1958. Morì nel 1991.
  • Nils Liedholm, il Barone. Nato a Valdemarsvik nel 1922, iniziò la sua carriera con il Sleipner e il Norrköping, vincendo un oro olimpico nel 1948. Nel 1949 arrivò al Milan. Centrocampista elegante e intelligente, conquistò quattro scudetti con i rossoneri, di cui fu capitano e simbolo. Con la nazionale svedese fu vicecampione del mondo nel 1958. Si ritirò nel 1961 e diventò allenatore, guidando tra le altre il Milan, la Roma e la Fiorentina. Morì nel 2007 a Cuccaro Monferrato, dove viveva da tempo dedicandosi ai suoi vigneti.
  • Gunnar Nordahl, il Bisonte, considerato uno dei più forti attaccanti della storia del calcio. Nato a Hörnefors nel 1921, iniziò la sua carriera nell’Hörnefors IF, per poi passare al Degerfors e all’IFK Norrköping, con cui vinse quattro titoli nazionali e una medaglia d’oro olimpica nel 1948. Nel 1949 si trasferì al Milan. Con la maglia rossonera segnò 210 gol in 257 partite di campionato, vincendo due scudetti e cinque classifiche marcatori. Chiuse la sua carriera da giocatore nella Roma nel 1958, per poi intraprendere quella da allenatore in vari club svedesi e italiani. Morì ad Alghero nel 1995.