Argentina-Ungheria: Il primo mattone del Mundial

Il 2 giugno 1978 debutta l’Argentina nel “suo” mondiale. La sfida con l’Ungheria è ostica: i magiari passano in vantaggio con Csapo, la celeste pareggia i conti con Luque. Poi arriva Bertoni che con l’aiuto dell’arbitro Garrido (due espulsioni) doma i magiari


2 giugno 1978: una città di nove milioni di persone, sconvolta, impazzita, si blocca per una partita di calcio. Le stupende avenldas di Buenos Aires, 7-8 corsie per ogni senso di marcia, sono un serpente enorme e terribile di auto e bandiere. Debutta l’Argentina, il sogno, la speranza, l’amore. Quel giorno nessuno ha lavorato, a Buenos Aires, tutti hanno parlato della squadra all’esordio con una partecipazione emotiva e collettiva impensabile per noi europei. Sembra quasi, e non è per nulla retorico ricordarlo, che sul campo dei River Plate si decidano i destini della patria, o meglio, del regime di Videla. Di fronte a questa «missione» fortissimamente voluta dal Generalissimo e che vuole l’Argentina nel mondo e prima nel mondo, sono cessate critiche e polemiche. Tutti, anche chi era contrarlo a Menotti, che he metteva in piazza le decisioni sbagliate, fa atto di contrizione davanti al destino superiore ed invita da tribune diverse, giornali, televisione, discorsi, la nazione e il tifo all’unità.

Adesso, mentre in campo Argentina e Ungheria si studiano per colpirsi, il catino del River è il cuore dell’Argentina tutta. Cantano, ballano, delirano i tifosi in uno spettacolo mai visto. Ma dietro lo stadio, ad alterare emozioni e passioni, stanno motivazioni diverse, non ultima la volontà di stupire ancora il mondo mostrando un volto compatto, senza divisioni. Prima l’organizzazione del «mondiale», ora la vittoria finale.Luque e Kempes si scambiano la palla e l’incitamento che sale dal pauroso buio degli spalti è un urlo continuo, che nasce piano, ossessivo come un lamento per chiudersi in un boato di timbro quasi barbarico.

Per Menotti i mesi alla vigilia del Mundial sono convulsi. Ha dovuto chiamare Fillol del River Plate per un infortunio del portiere ti­tolare Hugo Gatti del Boca Juniors, Carrascosa ha lasciato la compagnia rifiutando la convo­cazione per il ritiro pre-mondia­le (poi si saprà il motivo: ampio dissenso verso una delle dittature più sanguinose del novecento), poi il «Director Tecnico de la seleccion» ha fatto un lungo giro in Europa per studiare l’opportunità di avvalersi di al­meno tre giocatori conosciutissimi sul Vecchio Continente; Ma­rio Kempes del Valencia, Oswal­do Piazza del Saint’Etienne ed Henrique Wolff del Real Madrid. Raggiunge un accordo solamen­te con il Valencia per Kempes e torna in Argentina per l’ultimo ciclo di partite.

Tutte vittorie con Perù (2-1 a Buenos Aires e 3-1 a Lima), Bulgaria (3-1), Ro­mania (2-0) ed Eire (3-1), ma ad appena un mese dal mondiale una formazione in cui sono com­presi molti rincalzi, che si avvale di Luis Galvan, Larrosa, Villa, Houseman, Bertoni è sconfitta senza attenuanti dal debolissimo Uruguay per 0-2, e quindi il 2 giugno quando l’Argentina scen­de sul campo del River Plate per incontrare l’Ungheria nessu­no degli appassionatissimi «hinchas» della «seleccion» sa esattamente quanto potrà credere nella propria squadra. Il tifo è d’obbligo, è un atto di fede ma per gli sportivi e per tutti gli osservatori l’Argentina è la ve­ra ed unica incognita del mon­diale.

Gyozo Martos atterra Mario Kempes

2 di giugno, giorno in cui nel 1801, il generale Toussaint Louverture proclamò a Santo Domingo la Costituzione di Haiti. In cui nacque, nel 1905, Johnny Weismuller, il Tarzan del cinema, e l’Argentina, Paese amante delle ricorrenze, ricorda i suoi precedenti mondiali con l’Ungheria, che poi si riducono ad una sola partita giocata nel 1962 a Roncagua, Cile. Fini zero a zero e i sudamericani furono eliminati, ma gli argentini preferiscono ricordare il 5 a 1 a loro favore ottenuto nel 1977 sul campo del Boca, e fanno gli scongiuri ed urlano mentre Lajos Baroti, dalla panchina, suggerisce ed ordina l’Ungheria.

Il tecnico magiaro, il più anziano degli allenatori presenti al mondiale, ritocca leggermente la squadra lasciando a riposo Varadi, che non è guarito del tutto da un infortunio al piede decidendo per l’impiego di Csapo, ala tattica, ai posto di Laszlo Fazekas, il più titolato degli ungheresi, ma anche il meno adatto a un lavoro di copertura sul centrocampo che richiede polmoni terribili e ginocchia intatte alla mischia. L’Ungheria gioca con il lutto al braccio per la morte di Josef Boszik, mediano della grande formazione degli Anni Cinquanta e già responsabile della Nazionale prima di Baroti, c’è anche un minuto di raccoglimento per la scomparsa a Madrid di Santiago Bernabeu, e il tutto (ma cosi è il calcio) stride con la gioia sugli spalti, con le bandiere, con i coriandoli blancazzurri che piovono in campo allingresso delle squadre.

Gli ungheresi giocano senza paura. In difesa, al solito, sono imprecisi e nervosi, ma in attacco si dimostrano abili e con le idee chiare. Colpisce Gallego di testa e sfiora il gol, tenta il pallonetto maligno Valencia, ma in mezzo ci sta anche un bel passaggio di Nyilasi a Torocsik che calcia addosso al portiere. L’Ungheria è bella, scende aperta e va in gol dopo dieci minuti di attacchi alterni, quando ancora l’Argentina prepara l’affondo e studia con i suoi avanti lo schema migliore. Tira fortissimo Nagy dalla sinistra, un pallone teso ad effetto e Flllol può solo toccare sui piedi di Csapo che segna, lasciando di gelo lo stadio. Le bandiere adesso sono ripiegate e l’incitamento è timido. Anche l’Argentina in difesa sembra offrire poche garanzie. Olguin soffre su Csapo, un mancino che è la controfigura dell’assente Varadi, Luis Galvan dimostra di non sentirsi a suo agio sullo scattante Torocsik e buon per Menotti che il centrocampo, Ardiles in testa, spinge bene in avanti costringendo i difensori ungheresi all’errore.

La rete di Csapo dopo una respinta corta di Fillol

E cosi l’Argentina, cinque minuti dopo, pareggia in modo quasi analogo: tiro di Kempes, su punizione, non trattenuto da Gujdar e guizzo di Luque che anticipa tutti e sospinge in gol. Tutto da rifare, però adesso le due squadre si sono studiate scoprendo i reciproci punti deboli. Il problema sta nella conquista nel centrocampo, fonte del gioco offensivo e l’Ungheria dopo qualche scambio elegante è costretta ad arretrare. Toth e Kocsis, quando devono liberare, sono nei pasticci e mostrano carenze terribili. Il primo viene ammonito per gioco scorretto e l’Argentina va a condurre il gioco anche se alcuni contropiede di Torocsik, una bella punta, strappano brividi al tifo di casa.

E’ comunque la formazione di Menotti, verso la chiusura del tempo, a sfiorare il gol con Luque, anticipato di un soffio da Gujdar, anche se l’Ungheria non è da meno con Torok, terzino d’attacco, che supera tutti nello scatto e costringe Flllol alla parata a terra. Sembrava facile per l’Argentina, cosi volevano copione e speranze, ma l’Ungheria, nel primo tempo mette in vetrina ori conosciuti, vale a dire l’eleganza corale della manovra offensiva, la pericolosità delle punte. Peccato per Lajos Baroti che la tradizione del calcio ungherese abbia da sempre additato iI difensore come un attaccante fallito, costringendo il tecnico a mettere in campo un reparto arretrato non all’altezza del compagni. Stesso discorso vale però per l’Argentina che ha punte deliziose, Kempes fra tutti, ma va facilmente in barca quando invece di attaccare è costretta in difesa.

E così, anche nel secondo tempo, il problema, per lo meno all’inizio, è di vedere chi riesce ad attaccare di più. Baroti sostituisce Torok con Martos, l’Argentina avanza, la gara si fa pure scorretta perché i marcatori magiari, spesso a corto di mezzi tecnici, passano volentieri alle maniere forti. Persino Nyilasi, stilista di razza, atterra Valencia al limite e permette a Passarella una punizione parata da Gujdar. Viene ammonito Torocsik per gioco ostruzionistico e lo stesso centravanti, che a volte sbaglia per sufficienza nel controllo, va via bene in contropiede, mentre l’Argentina, che mantiene l’iniziativa, si distende al 61′ con uno splendido triangolo in area Luque-Kempes e ancora Luque anticipato in uscita da Gujdar. Anche Menotti cambia quacosa per impedire che il disimpegno sempre più frequente dell’Ungheria a centrocampo, diventi pericolosa costruzione di palle-gol. Al 67′ toglie Houseman per Bertoni, ma sono i magiari a strappare altri brividi con un bel colpo di testa di Nagy su cross di Martos. Menotti cambia ancora e manda in campo Norberto Alonso (con un indeito numero 1 sulla schiena) al posto di Valencia.

L’espulsione di Tibor Nylasi per fallo su Tarantini

L’andamento della partita sembra non mutare perché Nyilasi si mette in luce per eleganza di tocco, Torocsik tiene bene il pallone, l’Ungheria pare farcela. Ma a cinque minuti dalla fine il colpo di scena, e il tifo argentino riempie d’un boato lo stadio, quando il futuro fiorentino Daniel Bertoni, la stella dell’lndependiente, raccoglie un pallone sfuggito a Gujdar dopo una splendida azione di Kempes e segna a porta vuota il gol dell’insperata e sudatissima vittoria argentina. Ma non è finita, e l’Ungheria, così brava in campo, perde la testa. Credeva di aver pareggiato, è sconfitta nel finale, e allora Torocsik, già in precedenza ammonito, entra in contatto con Gallego e viene espulso (punizione eccessiva) tra i fischi. Stessa sorte tocca poco dopo a Nyilasi, che dopo un duello con Tarantini lascia anzitempo il terreno di gioco. Per le due presunte ed attese «stelle» dell’Ungheria – che non giocheranno nel successivo match contro l’Italia per l’automatica squalifica – una conclusione davvero amara.

Per l’Argentina invece una vittoria con qualche nascosto ma abile aiuto di Mister Garrido che è pronto ad ammonire Passarella e non lo richiama più quando capisce che dovrebbe espellerlo. Allontana invece dal campo Nylasi e Torocsik, innervositi dalla direzione a senso unico, con Garrido che fischia sì le punizioni, ma ammonisce ed espelle chi subisce i falli. Uno dei tanti aiuti che contribuiranno a portare l’undici di Menotti sul trono del mondo. Come Videla desiderava….

Il Tabellino del match
02.06.78 (19.15) Buenos Aires, Estadio Monumental
ARGENTINA – UNGHERIA 2-1
Reti: 0:1 Csapo (10), 1:1 Luque (15), 2:1 Bertoni (84)
Argentina: Fillol, Olguin, Passarella (c), L. Galvan, Tarantini, Ardiles, Gallego, Valencia (75 Alonso), Houseman (67 Bertoni), Luque, Kempes     Ct: Menotti
Ungheria: Gujdar, Torok (46 Martos), Kereki (c), Kocsis, J. Toth, Nyilasi, Zombori, Pinter, Csapo, Torocsik, Nagy     Ct: Baroti
Arbitro: Garrido (Portogallo)