Alan Kennedy, il match winner delle grandi occasioni

La genia dei difensori goleador nelle finali di Champions League ha in Alan Kennedy un protagonista d’eccezione. Il terzino del Liverpool è infatti l’unico calciatore inglese a poter vantare la rete decisiva in due finali di Coppa Campioni. La prima nel 1981, a spese del Real Madrid, la seconda tre anni più tardi, con l’ultimo penalty nella serie vincente dei Reds contro la Roma.

Una storia, quella di Kennedy, culminata con la conquista di due coppe europee, ma inaugurata da un prosaico cono di carta di fish & chips. Il tipico fritto di pesce e patate è stato infatti il primo contatto tra il manager del Liverpool, Bob Paisley, e la famiglia Kennedy. In gioventù Paisley acquistava fìsh & chips nel negozio gestito dalla madre di Alan Kennedy a Hetton Le Hole, contea di Durham, nel nord dell’Inghilterra. E a quelle porzioni generose avrà pensato il mitico Bob nel 1978, quando pose fine ai problemi del Liverpool sulla fascia sinistra ingaggiando dal Newcastle Alan Kennedy.

Il ruolo di difensore mancino era rimasto un enigma per i Reds fin dall’addio di Alee Lindsav. Furono adattati in quella posizione giocatori destrorsi come Phil Neal, Alan Hansen o Joey Jones. I risultati poco entusiasmanti spinsero Paisley a svenarsi, stabilendo con 330.000 sterline il record dell’epoca per il trasferimento di un difensore.

Nato a Sunderland il 31 agosto 1954 ma formatosi nel vivaio dei Magpies, Kennedy giocava stabilmente in prima squadra già dal 1972. Nemmeno ventenne, faceva parte dell’undici bianconero sconfitto per 3-0 nella finale di FA Cup 1974 proprio dal Liverpool. In quell’occasione, Paisley annotò sul proprio taccuino due nomi avversari: Terry McDermott e, appunto, Alan Kennedy. Il primo arrivò ad Anfield già nel 1975 mentre il secondo avrebbe dovuto aspettare fino al 1978. Investimenti lungimiranti, McDermott e Kennedy contribuirono in maniera decisiva alle conquiste continentali del Liverpool: il centrocampista segnò nella finale di Coppa Campioni 1977 contro il Borussia Mönchengladbach, mentre Kennedy sigillò le vittorie degli Anni 80.

Difensore di invidiabili doti fisiche, Alan Kennedy brillò negli anni spesi ad Anfield anche per la pericolosità offensiva. Nel bilancio 21 reti complessive e la chiara predisposizione a risultare uomo delle grandi occasioni: nella finale di Coppa di Lega 1981 contro il West Ham, ad esempio, schiodò lo 0-0 nei supplementari, ma gli Hammers riuscirono a pareggiare a pochi istanti dal termine, forzando il Liverpool al replay, comunque vittorioso. L’etichetta di eroe, soltanto sfiorata, si appiccicò però a Kennedy due mesi più tardi.

1981, la sequenza della rete-vittoria di Kennedy

Parco dei Principi, finale di Coppa Campioni tra Liverpool e Real Madrid in occasione del 25° anniversario della manifestazione. L’avvicinamento al match, per la formazione di Paisley, è tutt’altro che agevole. In patria, Coppa di Lega a parte, l’annata è stata tribolata, con il quinto posto in campionato e i guai fisici di alcuni uomini chiave. Tra i giocatori in dubbio, anche Alan Kennedy, che nella semifinale europea contro il Bayern Monaco si era fratturato un polso. Paisley ne forzò a tutti i costi il rientro, per piazzare il terzino sul temutissimo Juanito. Una scelta di consolidamento difensivo che si trasformò paradossalmente nella mossa offensiva determinante. E mentre l’altro numero 3, José Camacho, divorava con un pallonetto mal calibrato il match point per i merengues, Alan Kennedy colse l’occasione della vita.

Rimessa laterale di Ray Kennedy, sbandamento della difesa del Real, inserimento prepotente e sinistro sotto la traversa di Alan, per la rete decisiva a otto minuti dalla fine. “Barney ha cancellato il Real” titolarono i quotidiani inglesi. “Barney Rubble” era il soprannome che i tifosi della Kop avevano scelto per Kennedy, ravvisando nel difensore le caratteristiche tipiche dell’amico di Fred Flintstone nel celeberrimo cartoon firmato Hanna e Barbera. Lealtà, spontaneità, generosità, pochi fronzoli e molta sostanza: qualità condivise dal difensore dei Reds col biondino degli “Antenati”.

Un modesto di natura nel ruolo di match winner della finale europea, evento replicato il 30 maggio 1984. In un Olimpico vestito a festa per l’attesa prima volta europea della Roma, i giallorossi di Liedholm non sfruttarono il fattore campo: sotto al 13’ per un “gollonzo” di Phil Neal, altro difensore habitué dell’area avversaria, rimediarono con Pruzzo in chiusura di primo tempo. L’equilibrio si trascinò fin dopo i supplementari e per la prima volta la Coppa Campioni venne assegnata ai rigori. Dopo gli errori di Nichol e Conti, Grobbelaar ipnotizzò con la sua danza da clown Ciccio Graziani.

L’ultimo rigore, quello della vittoria, toccava ad Alan Kennedy. Che si presento sul dischetto tutt’altro che fiducioso. «Nei giorni precedenti la finale» ricorda «l’allenatore Joe Fagan ci fece spesso provare i rigori e io non riuscii a segnare praticamente mai. Il pensiero di avere un tiro potenzialmente devastante da fuori area ma tutt’altro che affidabile dagli undici metri mi irritava, non sapevo se scegliere forza o precisione. Optai per un compromesso: tiro abbastanza alto, angolato e potente, portiere spiazzato e vittoria. Quel gol fu prima di tutto un grande sollievo».

Kennedy spiazza Tancredi nella finale di Roma 84

Un rigore che, di fatto, chiuse l’esperienza coi Reds di Kennedy. La crescita dell’irlandese Jim Beglin spinse un anno più tardi il neo-manager Kenny Dalglish a cedere l’eroe di Parigi e Roma. La carriera di Kennedy proseguì con formazioni minori: Sunderland, Hartlepool, i belgi del Beershot, Wigan e Wrexham, club col quale giocò nel ’91 la sua 500a partita da professionista prima di ritirarsi.

A una carriera ricchissima di trofei tutti conquistati col Liverpool (5 campionati, 4 coppe di Lega, 2 Coppe Campioni, 4 Charity Shields) manca clamorosamente la consacrazione in nazionale. Chiuso nel ruolo da Kenny Sansom dell’Arsenal, Kennedy collezionò appena due apparizioni con la selezione inglese.