Da un’idea di Henry Delaunay nasce la più grande manifestazione continentale per nazioni. Pur tra molte assenze di rilievo, la prima edizione ottiene un buon riscontro di pubblico e premia l’URSS di Jascin
L’IDEA DI HENRY DELAUNAY
Mentre ancora si stava svolgendo la fase finale del terzo torneo della Coppa Internazionale, l’Uefa promosse un Campionato Europeo per Nazioni, grazie anche al disgelo politico con i Paesi socialisti e alla destalinizzazione dell’Est. Un nome che viene associato alla competizione è quello di Henry Delaunay (foto a fianco), segretario generale dell’Uefa che promuove la rassegna rendendola accessibile a tutte le nazioni europee. Gli inizi saranno difficili, soprattutto per i rifiuti delle nobili Inghilterra, Scozia, Germania Ovest e Italia, ma l’ostinazione degli organizzatori porta la competizione a un’accettabile presenza di pubblico e a un discreto spettacolo di calcio. Soprattutto a livello di politica sportiva si avranno gli scontri più duri, in particolare con le federazioni tedesca, scozzese e ungherese.
L’Italia non partecipa, anzi si impantana in competizioni di poca eco, ridimensionando la già scarsa importanza sportiva di cui è investita. Saranno molte le polemiche, soprattutto da parte degli organi di stampa che vedono nell’assenza degli azzurri la perdita di un’ottima occasione per tornare nel calcio che conta.
La critica sosteneva che la Federazione avesse declinato l’invito proprio per la debolezza della formazione, insomma per evitare le figuracce accumulate negli ultimi anni, come l’eliminazione dal Mondiale del 1958 ad opera dei modesti nordirlandesi. Anche i tanti appuntamenti in calendario tennero lontane le squadre autoesclusesi, sia per l’imminente inizio delle qualificazioni mondiali per Cile ’62, sia per gli impegni internazionali delle squadre di club, che occupavano gran parte dell’attenzione generale. Detto dell’ importanza anche politica della Coppa Delaunay, va segnalata la partecipazione dell’Unione Sovietica. Proprio all’esordio della competizione, a Mosca, la partita tra Urss e Ungheria conta più di centomila spettatori, lasciando intendere che la competizione possa diventare un grande appuntamento. Ma le mancanze sono troppe e tutte di un certo livello: anche Belgio, Svizzera e Olanda hanno rinunciato, quindi parlare di Europei è quantomeno approssimativo.
La guerra fredda torna protagonista alla vigilia dei quarti, quando sono di fronte l’Urss e la Spagna del generalissimo Franco; tra le due nazioni non esistono rapporti diplomatici, anzi la tensione si taglia nell’aria ad ogni evento internazionale, così gli iberici si rifiutano di giocare a Mosca e lasciano proseguire l’Urss nel suo cammino verso la vittoria finale contro la Jugoslavia, che nel frattempo aveva eliminato la Francia.
Spagna-Urss non solo sarebbe stata la manifestazione migliore del calcio continentale, ma avrebbe anche posto di fronte due scuole, due tipi di interpretazione del calcio, oltre al duello Di Stefano-Jascin.
A dire il vero la Federazione Spagnola fece di tutto per giocare le due partite, ma il veto del generale Franco fu categorico, impedendo così alla sua Nazionale di giocarsi le ottime chance per il successo finale.
Nel corso della manifestazione si mettono in mostra giocatori di talento. Primo tra tutti Di Stefano, ma anche Kubala, Ivanov, Metreveli, il ceco Novak, il francese Kopa.

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Le semifinali sono spettacolari e avvincenti. La Jugoslavia ha la meglio sulla Francia, priva dei suoi migliori elementi, per 5-4 dopo essere stata sotto di due gol. In evidenza, tra gli slavi, Sekularac, Galic e Kostic. Al Parco dei Principi il pubblico è caldo ma non troppo numeroso, il timore della sconfitta, complici le assenze di Fontaine, Piantoni e Kopa, è nell’aria. A metà ripresa i transalpini conducono per 4-2, tutto sembra non lasciare margine di rimonta ai “piavi”, ma nessuno aveva fatto i conti con Lamia e la difesa francese. Con tre errori marchiani consecutivi, il portiere, ben… coadiuvato dagli immobili difensori, riapre i giochi regalando la finale alla Jugoslavia. Nell’altra sfida i sovietici non hanno difficoltà a piegare la flebile resistenza della Cecoslovacchia. Il 3-0 finale non lascia dubbi e lancia l’Urss in finale col favore del pronostico, soprattutto per la facilità con cui la squadra corre per i novanta minuti.
LA FINALE
La storia della finale è intessuta di pretattica, dichiarazioni sornione e da una fitta pioggia. Gli slavi hanno un’età media che si aggira sui ventitré anni, ma dalla loro hanno un ottimo gioco e tecnica da vendere.
Passano in vantaggio, però la poca esperienza e l’insicurezza li costringono a subire la rimonta dei veterani sovietici che ancora una volta mostrano un grande portiere, l’intramontabile Jascin, e il forte attaccante Metreveli, ben supportato dai bravissimi Netto e Ivanov. La partita, equilibrata, ben giocata anche nei supplementari, ha dimostrato come il calcio stesse cambiando, volgendo verso una preparazione atletica più curata, dove le doti fisiche diventano di assoluta importanza per raggiungere le vittorie. Gli slavi, rinnovati nella formazione, ringiovanirono la squadra proprio per superare quel calcio fatto di brevi passaggi laterali e di gioco lento, per lasciare spazio a ragazzi tecnici e molto dotati nella corsa. Il calcio danubiano, inteso come sistema di possesso di palla e pazienza, lascia il passo a un gioco più rapido, sicuramente meno sopraffino, dove i giocatori si presentano innanzitutto come atleti. È la vittoria dei Paesi dell’Est, della disciplina sportiva che negli stati comunisti assume molto più di un valore puramente ludico, sia nelle grandi società sportive dello stato come quelle di Mosca o il Dukla di Praga, sia nelle scuole.
Il terzo posto sfugge alla Francia, che perde 2-0 dalla Cecoslovacchia di Masopust e del portiere Schrojf, davanti ad appena novemila spettatori. Una Francia che, se avesse potuto contare su tutti i suoi effettivi, come il re del dribbling Kopa, considerato tuttora da molti il miglior giocatore francese di ogni tempo, sicuramente avrebbe rilanciato il calcio latino in tutte le sue potenzialità. L’edizione francese di sicuro ha ridotto le distanze, se non altro per il tipo di gioco, dalle nazionali come Inghilterra o Germania, prime interpreti di un gioco fisico e fondato sulle doti caratteriali del collettivo. La miglior squadra forse è stata proprio la Jugoslavia dei talenti giovani e dal gioco più moderno, che comunque alla lunga ha ceduto allo strapotere fisico dei sovietici.
MOLTI DUBBI, TANTE CERTEZZE
Il bilancio del primo Europeo è in chiaroscuro. Se da una parte lo spettacolo è stato più che buono, dall’altra la competizione ha vissuto le colpe di un peccato originario, ovvero la nascita in debito d’ossigeno per le troppe mancanze di un certo spessore. Doveva essere un confronto tra modi diversi di concepire il calcio, ma la massiccia presenza delle formazioni dell’Est ha un po’ omologato le tendenze del gioco. I rimpianti però vanno divisi tra chi ha disputato un’edizione povera e tra chi non ha partecipato, perdendo un’occasione importante per imporre il proprio prestigio e dimostrare la bontà del proprio calcio, in un periodo in cui la ricerca della formula giusta, di nuovi moduli tattici, di innovativi sistemi di gioco e allenamento coinvolgeva un po’ tutti. In più, la partecipazione del pubblico francese si è troppo legata ai risultati della propria squadra, snobbando a volte partite che meritavano ben altra attenzione. Si pensi che la finale, a Parigi, ha richiamato meno di ventimila appassionati. Comunque, come per tutte le prime uscite, qualche errore, peraltro abbondantemente rimediabile, va perdonato, considerato anche che il calcio negli Anni 60 non è lo sport principale per i francesi, ancora troppo legati al ciclismo o al rugby. Saranno la grande diffusione della radio e della televisione a dare maggior pubblicità alla nuova edizione, oltre all’entrata in scena di Inghilterra, Italia, Svizzera, Eire e Olanda.

FASE FINALE – FRANCIA, 6 – 10 Luglio 1960
SEMIFINALI |
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Marsiglia, 6 luglio 1960 URSS – Cecoslovacchia 3 – 0 Reti: 34′ V. Ivanov, 56′ V. Ivanov, 65′ Ponedelnik Arbitro: Jonni (Italia) URSS: Yashin, Tchekeli, Maslenkin, Kroutikov, Voinov, Netto, Metreveli, V.Ivanov, Ponedelnik, Bubukin, Meskhi Cecoslovacchia: Schroiff, Safránek, Novák, Buberník, Popluhár, Masopust, Vojta, Moravcík, Kvasnák, Bubník, Dolínski |
Parigi, 6 luglio 1960 Jugoslavia – Francia 5 – 4 Reti: 11′ Galic (J), 12′ Vincent (F), 43′ Heutte (F), 52′ Wisnieski (F), 55′ Zanetic (J), 62′ Heutte (F), 750 Knez (J), 77′ Jerkovic (J), 78′ Jerkovic (J) Arbitro: Grandain (Belgio) Jugoslavia: Soskic, Durkovic, Jusufi, Zanetic, Zebec, Perusic, Knez, Jerkovic, Galic, Sekularac, Kostic Francia: Lamia, Wendling, Rodzik, Marcel, Herbin, Ferrier, Heutte, Müller, Wiesnieski, Stievenard, Vincent |
FINALE PER IL TERZO POSTO |
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Marsiglia, 9 luglio 1960 Cecoslovacchia – Francia 2 – 0 Reti: Bubník 58′, Pavlovic 88′ Arbitro: Jonni (Italia) Cecoslovacchia: Schroiff, Safránek, Novák, Masopust, Popluhár, Buberník, Pavlovic, Vojta, Molnár, Bubník, Dolínski Francia: Taillandier, Rodzik, Chorda, Marcel, Jonquin, Siatka, Heutte, Douis, Wiesnieski, Stievenard, Vincent |
FINALE PER IL TERZO POSTO |
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Parigi, 10 luglio 1960 URSS – Jugoslavia 2 – 1 dts Reti: 41′ Galic (J), 49′ Metreveli (U), 114′ Ponedelnik (U) Arbitro: Ellis (Inghilterra) URSS: Yashin, Tchekeli, Maslenkin, Kroutikov, Voinov, Netto, Metreveli, V.Ivanov, Ponedelnik, Bubukin, Meskhi Jugoslavia: Vidinic, Durkovic, Jusufi, Zanetic, Miladinovic, Perusic, Jerkovic, Sekularac, Galic, Matus, Kostic |