I guardiani del calcio: Storia e potere dell’IFAB

Otto membri, un potere immenso: l’IFAB, nato nel 1886 dall’incontro delle federazioni britanniche, è il consiglio più esclusivo del mondo, custode supremo delle regole del calcio.

Era il 2 giugno 1886 quando, in una sala degli uffici della Football Association a Londra otto gentiluomini, rappresentanti delle quattro federazioni britanniche, si riunirono per dare vita a quello che sarebbe diventato il più influente organo decisionale del calcio mondiale: l’International Football Association Board.

Ma questa storica riunione non nacque dal nulla. Era il culmine di un processo iniziato anni prima, precisamente il 6 dicembre 1882 a Manchester, quando le federazioni calcistiche di Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda – all’epoca le uniche esistenti al mondo – si erano incontrate per stabilire regole comuni per gli incontri internazionali.

L’aria che si respirava in quella sala londinese era densa di aspettative. I presenti erano consapevoli di star creando qualcosa di importante, ma difficilmente potevano immaginare la portata storica delle loro decisioni: stavano gettando le fondamenta di un’istituzione che avrebbe governato il gioco del calcio per i secoli a venire.

La genialità di quella decisione stava nella sua semplicità: otto membri, non uno di più, non uno di meno, con il potere di stabilire e modificare le regole del gioco. Un sistema che, nella sua apparente rigidità, si sarebbe rivelato sufficientemente flessibile da accompagnare l’evoluzione del calcio da sport amatoriale britannico a fenomeno globale di massa.

Il Club più esclusivo del mondo

Se esistesse una classifica dei club più esclusivi al mondo, l’IFAB occuperebbe senza dubbio il primo posto. Non stiamo parlando di un circolo per miliardari o di un’associazione di nobili: questo è un consesso ancora più ristretto, dove il numero degli appartenenti è fissato in modo immutabile a otto membri.

La composizione di questo gruppo è un affascinante equilibrio tra tradizione e modernità. Quattro seggi sono riservati alla FIFA, l’organismo che governa il calcio mondiale. Gli altri quattro appartengono alle federazioni storiche britanniche – Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord – un tributo alle origini del gioco che va oltre il semplice omaggio formale.

Ma ciò che rende davvero unico questo club è il suo sistema decisionale. Per modificare una qualsiasi regola del calcio servono sei voti su otto, una maggioranza qualificata del 75%. Questo significa che né la FIFA da sola, né le federazioni britanniche unite possono imporre la propria volontà. Ogni cambiamento richiede necessariamente un dialogo, una mediazione, un consenso ampio. È un sistema che alcuni criticano come troppo conservativo, ma che ha permesso al calcio di evolversi mantenendo intatta la sua essenza.

La rivoluzione delle regole: come l’IFAB ha plasmato il calcio moderno

Il verbale dell’Annual General Meeting dell’IFAB del 1925: si legge chiaramente che la parola “two” sostituisce “three” nella Regola 6, allora dedicata al fuorigioco; si passa al two-man offside

Se potessimo viaggiare nel tempo e assistere a una partita di calcio del 1890, non vedremmo alcun rigore fischiato, nessun giocatore sostituito, nessun cartellino estratto. Il calcio che conosciamo oggi è il risultato di una lunga serie di decisioni rivoluzionarie prese dall’IFAB nel corso di oltre un secolo, decisioni che hanno trasformato un semplice passatempo in uno sport globale con regole sofisticate e universali.

Il 1891 segnò una delle svolte più significative: l’introduzione del calcio di rigore. Prima di allora, un fallo commesso a pochi passi dalla porta veniva punito come qualsiasi altro. Fu una decisione che cambiò radicalmente la dinamica del gioco, introducendo quella che sarebbe diventata una delle situazioni più drammatiche del calcio. Nello stesso anno, l’IFAB stabilì anche le dimensioni precise delle porte e standardizzò l’uso delle reti, elementi che oggi diamo per scontati.

Ma la vera rivoluzione arrivò nel 1925, quando l’IFAB modificò la regola del fuorigioco. Il cambiamento apparentemente semplice – ridurre da tre a due il numero di difendenti necessari per tenere in gioco un attaccante – ebbe conseguenze epocali. Le tattiche di gioco dovettero essere completamente ripensate, segnando il passaggio dal sistema “piramide” al più moderno “WM”. Fu una decisione che aprì la strada al calcio offensivo come lo conosciamo oggi.

Seguirono altre innovazioni fondamentali: nel 1966 le sostituzioni “tattiche”, non più limitate ai soli infortuni; nel 1970 l’introduzione dei rigori per decidere le partite, sostituendo il lancio della monetina; nel 1992 il divieto per i portieri di prendere con le mani i retropassaggi. Ogni decisione dell’IFAB ha contribuito a plasmare il calcio moderno, equilibrando tradizione e innovazione. È proprio questa armonia tra tradizione e innovazione che gli ha permesso di mantenere il suo status di sport più popolare al mondo.

Dal pallone di cuoio al VAR: un secolo di innovazioni

L’evoluzione tecnologica del calcio attraverso le decisioni dell’IFAB racconta una storia affascinante di progressiva modernizzazione. Tutto iniziò con il pallone: nei primi del Novecento, l’IFAB stabilì per la prima volta standard precisi per peso, dimensioni e materiali. Dal pesante cuoio che diventava un proiettile sotto la pioggia, si è passati gradualmente alla gomma, fino agli attuali materiali sintetici che garantiscono traiettorie precise in qualsiasi condizione atmosferica.

Ma è stata l’era digitale a portare le sfide più significative. Per decenni, l’IFAB ha resistito all’introduzione della tecnologia nel calcio, temendo che potesse snaturare il gioco. La svolta è arrivata nel 2012, quando venne approvata la Goal-line Technology, capace di determinare con certezza assoluta se il pallone ha superato completamente la linea di porta.

Nel 2014, in occasione dei mondiali in Brasile, è arrivata anche la tecnologia più “umana”: il cooling break, una pausa di due minuti per tempo quando temperatura e umidità superano certi livelli, insieme alla bomboletta spray per segnare le distanze nelle punizioni. Innovazioni apparentemente minori che hanno però cambiato il volto delle partite.

Il vero salto nel futuro è avvenuto nel 2018 con l’introduzione del VAR (Video Assistant Referee). Una rivoluzione che ha diviso il mondo del calcio: da un lato, la possibilità di correggere errori evidenti; dall’altro, il timore di perdere la spontaneità del gioco. L’IFAB ha cercato un equilibrio, limitando l’uso del VAR a quattro situazioni specifiche: gol, rigori, espulsioni dirette e scambi d’identità.

Le battaglie perse e le resistenze al cambiamento

La storia dell’IFAB non è fatta solo di successi e innovazioni, ma anche di resistenze e opportunità mancate. Nel 2009, a Newcastle, nella contea nord-irlandese di Down, si consumò uno dei momenti più emblematici di questo conservatorismo. La Federazione Nord-irlandese propose l’introduzione di un “cartellino arancione” per le espulsioni temporanee, sul modello del rugby. Una proposta innovativa che avrebbe potuto offrire agli arbitri uno strumento intermedio tra l’ammonizione e l’espulsione. Ma l’idea venne bocciata.

Ancora più significativa fu la resistenza alla tecnologia nel 2010. Durante il 124º Incontro Generale a Zurigo, l’IFAB respinse categoricamente due proposte rivoluzionarie: le “telecamere in tribuna” proposte dall’Italia per verificare i gol fantasma, e il pallone con microchip integrato. Il segretario Jerome Valcke fu lapidario: venne deciso di “vietare l’ingresso della tecnologia sui campi di calcio“.

Queste decisioni riflettono la natura profondamente conservatrice dell’IFAB, spesso criticata per la sua riluttanza al cambiamento. Una resistenza che, paradossalmente, ha dovuto cedere anni dopo di fronte all’evidenza degli errori arbitrali e alle pressioni dell’opinione pubblica.

Il Covid e la rivoluzione delle cinque sostituzioni

A volte serve una crisi globale per accelerare il cambiamento. Nel 2020, la pandemia di COVID-19 ha costretto l’IFAB a una delle sue decisioni più rapide e innovative nella sua lunga storia: l’introduzione delle cinque sostituzioni per partita, una modifica radicale alla regola storica che ne prevedeva solo tre.

La decisione, nata come misura temporanea per proteggere i giocatori dal calendario congestionato post-lockdown, ha rivoluzionato le strategie di gioco. Gli allenatori si sono trovati con nuove possibilità tattiche: potevano cambiare metà dei giocatori di movimento durante una partita, gestendo meglio le energie della squadra e riducendo il rischio di infortuni.

Quello che doveva essere un provvedimento provvisorio si è rivelato così efficace da diventare permanente. Nel 2022, l’IFAB ha ufficialmente modificato la Regola 3, rendendo definitiva la possibilità delle cinque sostituzioni, mantenendo però il limite di tre interruzioni per evitare eccessive frammentazioni del gioco.

Il futuro del calcio nelle mani di otto

Mi piace immaginare le riunioni dell’IFAB come momenti di straordinaria tensione. Otto persone sedute attorno a un tavolo, con il peso della storia sulle spalle e gli occhi di miliardi di appassionati puntati addosso. Davanti a loro, pile di documenti che potrebbero cambiare per sempre il gioco più amato del pianeta.

Non dev’essere facile essere uno di loro. Da una parte i giganti della tecnologia che bussano alla porta con innovazioni sempre più sofisticate: sensori, tracciamenti in tempo reale, arbitri robot. Dall’altra la voce del cuore, quella dei romantici del calcio che ancora ricordano quando il fuorigioco lo segnalava un guardalinee con una bandierina sfilacciata e il VAR era fantascienza.

E loro devono decidere. Sì, no, forse. Ogni loro scelta può scatenare polemiche planetarie o cambiare per sempre il volto del calcio. Come quando hanno detto sì al VAR, sapendo che niente sarebbe stato più come prima. O quando hanno resistito alle pressioni per introdurre il tempo effettivo, difendendo quella meravigliosa incertezza del recupero che fa trattenere il fiato agli stadi.

Forse è proprio questo il loro più grande merito: aver capito che il calcio non è solo un gioco, ma un racconto collettivo che si arricchisce di nuovi capitoli ad ogni partita. Un racconto che ha bisogno di evolversi, sì, ma senza perdere la sua magia originaria.