Marcel Muller, una storia straordinaria

Calciatore di talento dell’FC Metz, Marcel Muller visse l’orrore dei campi di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale.

Quel giorno gli sembrò il più nero della sua vita, ma non sapeva che il destino gliene avrebbe riservato di peggiori. Era l’8 maggio 1938, al Parco dei Principi, e Marcel Muller, con la maglia dell’FC Metz e sotto la guida dell’inglese Ted Magner, usciva sconfitto nella finale della Coupe de France contro il mitico Marsiglia di Aznar e Ben Bouali. A sei minuti dalla fine, Rohrbacher aveva pareggiato per i Les Grenats, ma un rigore a loro favore fu revocato dall’arbitro Munsch, piegato dalle pressioni dei Biancoblu.

I marsigliesi sollevarono il loro quinto trofeo, e il giovane attaccante del Metz, appena ventiduenne, faticava a nascondere la rabbia mentre salutava il presidente francese Albert Lebrun. Solo qualche anno dopo, Marcel Muller avrebbe capito quanto fosse relativa la sua delusione sportiva, quando si sarebbe ritrovato a Dachau per aver rifiutato di indossare l’uniforme del “Reich millenario”. La sua è una storia straordinaria che racconta molto anche sulla prima generazione di calciatori professionisti francesi.

1938: Marcel Muller stringe la mano al presidente Lebrun

Marcel Muller nacque a Morsbach il 26 marzo 1916 (e quindi era suddito del Kaiser Guglielmo II) e crebbe in un grazioso villaggio di frontiera dove “la Germania finiva alla fine della strada”, come ricorda André Isch, ex giornalista sportivo de L’Est-Républicain, una memoria storica del calcio lorenese, che ebbe modo di incontrare spesso Muller nel dopoguerra e di cui in seguito riportiamo alcune testimonianze.

Muller si fece notare con l’US Forbach nei campionati amatoriali del bacino carbonifero circostante, prima di approdare – inevitabilmente – al club più importante della zona, l’FC Metz. Il suo debutto nell’élite nel 1934 coincise con l’avvento del professionismo in Francia e, parere di tutti, il suo talento già brillava nonostante la sua giovane età (17 anni al momento del suo primo contratto): “Molti testimoni che incontrai in seguito mi dissero che aveva ottime qualità”, conferma André Isch, “e che, senza la guerra, avrebbe sicuramente giocato per la Francia”. Muller, infatti, fu convocato una volta per i Bleus ma, essendo solo una riserva, declinò l’invito.

Un altro ostacolo alla crescita di Muller fu l’autoritario presidente del Metz Raymond Herlory (che rimase in carica fino al 1966), che si oppose fermamente alla sua cessione al Racing Club de Paris, il quale fece di tutto per portare il giovane talento nella capitale. Forse con i colori parigini, avrebbe potuto aspettarlo un futuro diverso, sia sportivo che personale.

Simbolo di una generazione perduta, la guerra mise fine alla carriera di Muller. All’inizio del 1940 fu arruolato nel 162° RIF (reggimento di fanteria) e mandato sul fronte insieme a molti altri suoi compagni (Hibst, Nuic, Zehren). Qui ebbe la possibilità di vincere il titolo di Campioni Militari di Francia – un modo come un altro per passare il tempo durante la “strana guerra” che si stava trascinando attorno alla zona fortificata di Saint-Avold. Ma dopo poche settimane, i Panzer tedeschi aggirarono la linea Maginot e sfondarono il 10 maggio 1940 attraverso il Belgio, annientarono l’esercito francese in meno di un mese. Muller fu catturato vicino a Saint-Dié nei Vosgi, ma fu liberato un paio di mesi dopo, perché era lorenese e quindi ora, suo malgrado, tedesco.

Quando il Terzo Reich strappò l’Alsazia e la Mosella alla Francia, nonostante le clausole dell’armistizio, per quei territori fu l’inizio di un incubo. Un’implacabile campagna di germanizzazione forzata (Rückdeutchung) e nazificazione si abbatté sui vecchi Dipartimenti della Repubblica. Gli abitanti si trovarono di fronte a una scelta drammatica: accettare, esiliarsi (dei 180.000 Lorena evacuati nel 1939, 70.000 non fecero più ritorno), resistere o collaborare (fino a 12.000 membri del NSDAP – il ramo straniero del partito nazista – erano originari della Mosella).

Anche il mondo del calcio fu scosso da questo dilemma morale e patriottico. Racconta lo storico Alfred Wahl:
«Fu un periodo molto più complesso di quanto si creda… Le squadre alsaziane cominciarono presto a sfidare quelle tedesche, sotto lo sguardo vigile del Gauleiter (il capo distrettuale nazista). Il Red Star Strasbourg si trasformò addirittura in un club delle SS – Sportgemeinschaft SS Straßburg – al quale molti aderirono nella speranza di trovare un lavoro, visto che nella Germania nazista il professionismo non esisteva. Perfino Fritz Keller, nazionale francese, vi giocò!»

Oggi è difficile da capire“, ammette André Isch. “Pensiamo a Fritz Walter, futuro capitano della Germania Ovest campione del mondo nel 1954. Fu soldato in Lorena e disputò alcune partite a Thionville, in squadra con Charles Kappe, il celebre portiere dell’FC Metz“. Infatti, l’FC Metz dovette adeguarsi al nuovo ordine, cambiando nome da Football Club a Fussball Verein, e partecipando alle competizioni del Gauliga Westmark.

Ma il Metz come squadra di calcio era ormai un fantasma. Molti giocatori si rifugiarono in quella che restava la Francia, soprattutto nei dintorni di Lione o Saint-Etienne.

Ma Marcel Muller aveva altri problemi. Nel 1942 furono chiamate alle armi quattordici classi di età diverse, destinate per lo più al fronte orientale, tra cui 30.000 giovani mosellani, i cosiddetti Malgrés Nous (“contro la nostra volontà”). Molti decisero di tentare la fuga, per interesse personale o per autentico spirito patriottico e antinazista. Ciò comportava lasciare il territorio tedesco. Oscar Heisserer, ex capitano francese, riuscì a raggiungere la Svizzera nel 1943 prima di tornare per partecipare alla liberazione dell’Alsazia alla fine del 1944. Anche nella Mosella si crearono delle reti partigiane. Muller, dopo aver rifiutato l’iscrizione sulla lista di arruolamento e non essersi presentato alla commissione di leva, decise di affidarsi a una di queste reti per cercare di raggiungere la Francia.

La sua fortuna finì lì. Durante il viaggio fu catturato dalla Gestapo il 18 marzo 1943 a Novéant. Essendo un disertore, si aspettava il peggio e fu rinchiuso a Metz. Ma il regime nazista voleva fare di lui un esempio per scoraggiare gli altri.

Muller conobbe l’inferno dei campi di concentramento nazisti, da Struthof in Alsazia a Dachau, il primo e il più terribile, dove i nemici del regime venivano “eliminati” (non come gli ebrei e gli zingari, destinati ai campi di sterminio).

Muller non si arrese mai alla disperazione: “A Dachau”, racconta André Isch, “cercava di restare in forma, forse facendo qualche corsa, chissà. Alcuni lussemburghesi che lo avevano ammirato nel Metz lo riconobbero. Furono mandati a lavorare nelle cucine. Così Muller poté avere un po’ più di cibo. Non era molto, ma in quel luogo era vitale per resistere e aspettare la fine della guerra”.

E Muller era generoso: “Quando morì nel 1993”, dice commosso il figlio Gaston Muller, “ho visto in tv un vecchio partigiano che lo ringraziava calorosamente e diceva che gli aveva salvato la vita e quella di altri nella sua baracca, condividendo le sue razioni extra. Senza di lui non ce l’avrebbero fatta”.

Muller fu liberato, insieme agli altri prigionieri, il 29 aprile 1945 dalla 45a divisione di fanteria della 7a armata americana. Tornò in Lorena l’8 maggio, il giorno della resa incondizionata della Germania nazista. Come moltissimi altri reduci dei campi di concentramento, da quel momento, come ha confessato il figlio, parlò pochissimo della sua incredibile esperienza. André Isch conferma: “Tutto questo l’ho saputo dagli altri”. Accettò invece il riconoscimento ufficiale, quando fu decorato con la Medaglia Militare nel 1959 e con la Légion d’Honneur nel 1963.

La guerra, però, cambiò per sempre la sua visione della vita. Mentre l’FC Metz riprendeva a giocare, sotto la protezione della FFF, che sostenne il club mosellano e l’RCS – Regiment Command and Support (tutti gli ex professionisti furono richiamati, nessuna retrocessione nel primo campionato dopo la Liberazione ecc.) – e nonostante una petizione firmata dai suoi ex compagni di squadra che lo pregavano di tornare in campo – decise di chiudere con il calcio professionistico.

Muller premiato con la Légion d’Honneur

A Muller fu proposto un lavoro nel reparto acquisti della filiale di Merlebach della HBL – le miniere di carbone del bacino della Lorena. Era un’offerta che gli sembrava più sicura per il futuro – si era sposato durante la guerra – rispetto ad un ritorno al calcio.

Muller continuò a lavorare al Merlebach fino al suo pensionamento nel 1976. Non abbandonò del tutto il calcio, tornando al mondo dilettantistico dei suoi inizi (nel 1946 fu l’unico non professionista selezionato per una rappresentativa della Lorena), vestendo i colori dell’SO Merlebach dal 1945 al 1949, con cui vinse vari trofei e arrivò ai sedicesimi della Coupe de France, e dell’US Forbach dal 1949 al 1952, dove giocò fino a 36 anni.

Poi fece ritorno a casa, diventando una personalità importante nella sua città natale e ricoprendo la carica di sindaco dal 1953 al 1983. Marcel Muller morì l’8 giugno 1993. Se avesse perdonato o meno l’arbitro della finale della Coupe de France del 1938, resta un mistero.