Talento calcistico dotato di una versatilità unica per la sua generazione, il francese era il sogno proibito dei nazisti che volevano arruolarlo nella nazionale tedesca. Ma lui rifiutò, entrando così nella leggenda.
Quando i romani conquistarono l’Alsazia nel 58 aC, non solo portarono la loro civiltà e il loro diritto, ma anche la loro passione per il vino. Coltivarono le viti su quelle colline soleggiate e produssero un nettare che fece innamorare Giulio Cesare, che lo definì il migliore di tutta la Gallia. Ma il vino alsaziano non è l’unica eredità dei romani.
Con la caduta dell’impero, l’Alsazia fu invasa dagli Alemanni, popoli germanici che si stabilirono lungo il Reno. La loro lingua si mescolò con quella dei locali dando origine al dialetto alsaziano, che “resiste” ancora oggi nonostante le invasioni dei Franchi e le lotte secolari tra Francia e Germania.
L’Alsazia è infatti una terra di confine, una terra contesa, una terra di contrasti. Una terra dove si parla tedesco ma si canta la Marsigliese. Una terra dove si mangia choucroute ma si beve champagne. Una terra dove si è stati francesi e tedeschi a seconda dei capricci della storia. Una terra dove si è dovuto scegliere da che parte stare quando scoppiò la guerra più terribile di tutte.
Questa è la storia di Oscar Heisserer, un alsaziano che aveva il calcio nel sangue. Un ragazzo biondo e snello, nato in un paesino dal nome tedesco, Schirrhein, ma che però sognava di vestire la maglia azzurra della Francia. Un ragazzo che diventò capitano della nazionale francese e che dovette affrontare una scelta drammatica quando i nazisti occuparono la sua terra.
Perché i nazisti non accettavano che un alsaziano potesse giocare per la Francia. Per loro, era un traditore, un rinnegato, un nemico. E lo volevano costringere a cambiare casacca, a giocare per la Germania, a servire il Führer. Ma Heisserer non si piegò, non si lasciò intimidire dalle minacce, dalle pressioni, dalle torture. Resistette con la forza della sua coscienza, con la fedeltà al suo paese, con l’amore per il suo sport.
Strasburgo è il gioiello dell’Alsazia, una città che brilla non solo per la sua squadra di calcio, ma anche per il suo ruolo di capitale europea. Qui infatti hanno sede diverse istituzioni internazionali di prestigio, come il Parlamento europeo, la Fondazione Europea per la Scienza e l’Istituto Internazionale dei Diritti Umani, tra le altre. Da Marie Tussaud ad Arsene Wenger, la città alsaziana ha dato i natali a molte personalità eminenti che hanno lasciato il segno nei rispettivi campi di attività.
L’RC Strasbourg, nato nel 1906 come FC Neudorf, ha resistito alle vicissitudini storiche e geografiche che lo hanno visto passare dal campionato francese a quello tedesco. Solo nel 1933 divenne professionista. Il club partì dalla Ligue 2 e ottenne la promozione nella massima serie alla fine della stagione 1933-1934 battendo Mulhouse e AS Saint-Etienne in doppio spareggio.
Il momento più glorioso negli anni ’30 fu la finale della Coupe de France del 1937 contro i rivali del Sochaux. La partita si giocò allo Stade Olympique Yves-du-Manoir di Colombes e vide in campo Heisserer, il miglior giocatore del Racing. Purtroppo per lui, il Sochaux si impose per 2-1 grazie a un gol all’ultimo minuto dell’irlandese Bernard Williams.
Nonostante la sconfitta, il Racing rimase una squadra competitiva nel panorama calcistico francese e Heisserer il suo leader indiscusso. Alto 1,70 m, era un giocatore polivalente e talentuoso. Giocava come interno sinistro per il Racing e come interno destro per la Nazionale francese. Heisserer era dotato di una grande visione di gioco e di un notevole fiuto per il gol: segnò reti decisive sia per il club che per i Bleus, tra cui una rete al 90° minuto contro l’Inghilterra di Stanley Matthews a Wembley che regalò alla Francia un insperato pareggio per 2-2.
La sua carriera internazionale durò undici anni, raccogliendo 23 presenze con la maglia della Francia. Heisserer fu il primo alsaziano e l’unico giocatore del Racing a indossare la fascia di capitano dei Bleus. Partecipò anche alle due partite disputate dalla Francia nella Coppa del Mondo 1938 giocata in casa. I belgi furono eliminati 3-1 al primo turno, ma i francesi caddero sotto i colpi dei nostri Azzurri al secondo turno perdendo 3-1. L’unico gol della Francia fu appunto opera di Heisserer.
Le prestazioni eccellenti con il Racing Strasbourg attirarono l’interesse del Racing Paris, campione francese nel 1936, ambizioso e determinato a dominare il calcio transalpino. Ma i parigini si scontrarono con un ostacolo insormontabile: i nazisti.
Nella primavera del 1940 la Francia si arrese alla Germania di Hitler in modo rapido e drammatico. In sei settimane i nazisti occuparono Francia, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. L’Alsazia fu annessa al Reich e fu ufficialmente sotto l’occupazione tedesca per la prima volta dal 1919. Furono emanate leggi che obbligarono la regione a unirsi al Baden e a formare una sola unità amministrativa chiamata Gau Baden Alsace. La lingua tedesca fu imposta come lingua ufficiale, bandendo il francese e l’alsaziano.
Il servizio militare obbligatorio costrinse più di 130.000 uomini dell’Alsazia e della Lorena a essere arruolati nell’esercito nazista. La maggior parte fu mandata a est per combattere l’Armata Rossa di Stalin: più di un terzo di quegli uomini non fece più ritorno a casa.
I nazisti imposero il loro marchio su tutto ciò che incontrarono. Il Racing Strasbourg, la squadra di calcio più famosa della regione, fu costretta a cambiare nome in Rasensportverein Strassburg, mentre il piccolo Red Star Strasbourg fu preso sotto l’ala delle SS e trasformato in SS Strassburg.
Gli occupanti non si limitarono solo a depredare le ricchezze e le industrie dei paesi occupati, ma cercarono anche di arricchire il loro patrimonio sportivo con gli atleti e le personalità che trovavano sul loro cammino. Volevano dimostrare al mondo la superiorità del Terzo Reich anche nello sport.
Per questo motivo, molti calciatori polacchi della generazione di Ernst Wilimowski, il miglior attaccante della nazionale polacca con 21 gol in 22 partite, furono “costretti” a diventare cittadini tedeschi come Volksdeutschers. Dopo l’invasione della Polonia, “Wili” si arruolò nella polizia e giocò per la Polizei-Sportverein Chemnitz. Dopo aver segnato 37 gol in cinque partite, fu convocato nella nazionale tedesca. Heisserer avrebbe dovuto seguire il suo esempio.
Nell’estate del 1940, Oscar era tornato in Alsazia dopo aver combattuto come soldato sulla linea Maginot. Un giorno, mentre usciva dal campo di allenamento del Racing Strasbourg, fu circondato da tre auto dalle quali scesero diversi ufficiali delle SS. Il farmacista del paese che li accompagnava indicò Heisserer e urlò “È lui!”
Heisserer fu portato al quartier generale delle SS dove gli fu comunicato che l’Alsazia sarebbe stata parte del Reich per i prossimi centomila anni, e che quindi era nel suo interesse arruolarsi nelle SS. Heisserer non si lasciò intimidire: “Ieri ero un francese ed ero il capitano della mia nazionale. Come potrei oggi indossare la divisa delle SS?”
“Te ne pentirai”: fu questo il messaggio degli ufficiali nazisti, che se ne andarono. Ma quella minaccia era solo l’antipasto del calvario che Heisserer avrebbe dovuto affrontare per aver respinto le loro lusinghe.
La sua sfida era agli antipodi rispetto a quella di un altro capitano francese, Alexandre Villaplane, che per avidità e tradimento si era trasformato in un mostro nazista e psicopatico. Molti altri avevano accettato compromessi ben peggiori. A Heisserer per sopravvivere sarebbe bastato giocare a pallone per i nazisti: perché si oppose?
A 25 anni, era nel pieno della forma. Un “sì” gli avrebbe aperto le porte di un successo e una ricchezza senza pari. E invece, disse di no. Aveva capito bene il senso di sopraffazione e prepotenza che gli occupanti tedeschi portavano con sé.
Poco dopo il faccia a faccia con lo Schutzstaffel, arrivò in Alsazia Sepp Herberger in persona, il ct della Germania. Ex calciatore, era stato vice della Mannschaft prima di diventare il capo allenatore. Herberger voleva Heisserer nella sua rosa (Sì, parliamo dello stesso Herberger che avrebbe poi portato la Germania Ovest alla vittoria dei Mondiali del 1954).
“Non posso essere francese e tedesco allo stesso tempo”: questo Herberger si sentì rispondere e se ne tornò in Germania non cercando più di convincere Heisserer.
Ma le SS ci riprovarono più volte promettendo anche sostanziose ricompense in denaro, ma Heisserer rifiutò sempre, continuando a giocare con orgoglio per lo Strasburgo e non perse mai il derby contro l’SS Strassberg.
“Portavamo sempre il bleu-blanc-rouge, i colori della Francia, e ad ogni partita molti tifosi venivano arrestati per aver protestato. Era come una Francia contro Germania, capisci. Avevamo sempre molti spettatori, quindicimila o ventimila durante l’occupazione”
Il calcio è sempre stato uno strumento geopolitico e gli stadi sono sempre stati il palcoscenico dei ribelli, dei patrioti che combattono contro i loro oppressori.
Heisserer non era solo un campione di calcio. In un’epoca in cui la follia nazista minacciava di annientare ogni valore umano, seppe resistere e scegliere la libertà. Non si lasciò sedurre dalle lusinghe delle SS, che volevano reclutarlo per la loro causa infame. Non si piegò alla paura di perdere tutto ciò che aveva costruito con il suo talento e la sua passione. Non tradì mai la sua patria, la sua famiglia, il suo amore. E da dove veniva tutto il suo coraggio?
“Avevo ancora delle illusioni. Ero una star a Strasburgo. Tutti mi conoscevano come Oscar, il campione della nazionale. Pensavo che i tedeschi mi avrebbero risparmiato. E forse è per questo che non mi hanno fatto nulla. Pensavano che prima o poi avrei cambiato idea”.
Ma Heisserer non cambiò mai idea. Non volle mai indossare la maglia della Germania o delle SS. Non volle mai impugnare un’arma per il Reich. Quando fu chiamato alle armi nel 1943, decise di fuggire. Lasciò Strasburgo e si rifugiò in Svizzera.
“Mi convocarono di mercoledì e giovedì ero già sparito. Andai in Lorena, mi procurai dei documenti falsi… una vera avventura”.
Ma la sua fuga ebbe un prezzo altissimo. Le SS arrestarono sua moglie, incinta della loro figlia. Heisserer, per salvarla, fece credere ai nazisti che l’aveva abbandonata per un’altra donna, così da non farli sospettare della sua complicità.
“Un mio amico tedesco confermò la mia storia. Avevo fatto tutto per proteggere mia moglie, capisci… Non sono fuggito così, senza pensare. Ho seguito la mia coscienza, che altro potevo fare?”
Heisserer dimostrò una grandezza d’animo e una fedeltà verso sua moglie che pochi possono vantare. Un esempio di umanità e di nobiltà in un mondo di barbarie e di violenza.
Alla fine Heisserer fu catturato in Svizzera e internato per due anni in un campo di lavoro. Si dice che abbia aiutato anche molti ebrei a sfuggire ai nazisti, mostrando ancora una volta il suo spirito generoso.
Nel frattempo suo fratello, anch’egli calciatore del Racing, fu deportato a Danzica e sua moglie diede alla luce la loro bambina. Quando gli alleati sbarcarono in Normandia nell’agosto del 1944, riuscì ad arruolarsi nell’Esercito di liberazione francese guidato da De Lattre de Tassigny. Indossò l’uniforme fino alla fine della guerra e combatté per liberare la sua amata e dolce Alsazia. Sul piano sportivo, rimpianse sempre con tristezza che “i tedeschi mi hanno rubato i miei anni migliori”.
Le gesta di Heisserer e di altri uomini valorosi come lui, esempi di coraggio, moralità e virtù, rischiano di andare perdute nella memoria. Storie come queste ci confortano sul fatto che la natura umana nasconde ancora una bontà spesso ignorata. In ognuno di noi si celano le possibilità sia del bene che del male. Tutto dipende da cosa scegliamo quando ci troviamo davanti a una sfida.
Heisserer optò per il bene e si guadagnò l’immortalità.