Padova 1993-1994: lo storico ritorno in Serie A

“Il Padova, amici, è in Serie A! Io non so più cosa dire, abbiamo aspettato questo momento per trentadue anni. Abbiamo sofferto come delle bestie, ne abbiamo subite di tutti i colori, siamo stati derisi quando abbiamo voluto incitare questa squadra. Adesso non ho veramente la forza per dirvi cosa sto provando in questo momento”. E’ la voce di Gildo Fattori, storico speaker dei biancoscudati, quella che con tono commosso annuncia alle 18.52 di mercoledì 15 giugno 1994 il ritorno del Padova nel calcio dei grandi dallo Stadio Zini di Cremona. Parole e lacrime che testimoniano meglio di ogni altra cosa la portata dell’impresa realizzata quel pomeriggio da Mauro Sandreani e dai suoi ragazzi a conclusione di una stagione letteralmente memorabile e di un purgatorio che sembrava destinato a non finire mai.

Cantami, o Diva, le gesta di quella magnifica squadra che infinite addusse gioie ai tifosi… Perché il sapore della promozione fu ancora più dolce dopo averla già sfiorata, quella benedetta Serie A, negli anni precedenti. 1991 e 1993: la fatal Lucca e l’inutile 3-2 interno sull’Ascoli. Delusioni cocenti improvvisamente cancellate. Nella testa, spazio solamente per la gioia. Eppure fu da lì che tutto ebbe inizio, come confessò proprio Sandreani, il condottiero biancoscudato, a vent’anni di distanza da quell’indimenticabile spareggio: “La promozione nasce nello spogliatoio di Lucca, tre anni prima. Nasce dalle lacrime versate da tutti i ragazzi per una promozione che sentivamo nostra e che sfumò all’ultimo istante”. Perché se non hai mai provato cosa significa perdere non potrai mai cogliere appieno il valore della vittoria, aggiungiamo noi. Una vittoria sofferta, ma proprio per questo indelebile. Una vittoria voluta e meritata.

sandreani-stacchini-padova-wp
Stacchini e Sandreani: la coppia d’oro nella panchina biancoscudata

L’ingrediente segreto? Il gruppo. Lo spirito di squadra. L’orgoglio di chi sa di avere uno scudo bianco e rosso da onorare sul petto. Anche perché rispetto all’annata precedente, sulla carta, non è che la squadra si fosse propriamente rinforzata nel corso del mercato estivo, con la partenza di una fondamentale pedina dello scacchiere di Sandreani e Stacchini come Angelo Di Livio direzione Juventus (società in cui approdò anche il giovane Alex Del Piero) a fronte del solo arrivo di Maurizio Coppola dalla Fidelis Andria. Un giocatore che certo non alimentava le fantasie dei tifosi biancoscudati, ma che alla fine andò a siglare il gol-promozione proprio nello spareggio di Cremona, apponendo così la sua firma su una delle pagine più felici della storia dell’ACP. E questo è emblematico.

D’altra parte, fu lo stesso Galderisi nel 2010 a dichiarare: “Ogni anno perdevamo pezzi importanti, dagli Albertini ai Benarrivo, dai Del Piero ai Di Livio… Eppure noi eravamo sempre là a giocarcela. Nel ’94 si era formato un qualcosa di indistruttibile, di intoccabile: il gruppo era pronto a difendere in ogni frangente anche l’ultimo dei giocatori. C’era unità d’intenti, c’era una nostra particolare identità di squadra spaventosamente bella: vivevamo come fratelli”.

Ed in effetti, che la stagione avrebbe riservato qualcosa di speciale, cominciarono a rendersene conto in molti già ad inizio campionato, di fronte ai risultati ottenuti dalla banda-Sandreani. Risultati importanti che contribuirono a mettere prezioso fieno in cascina in vista della volata finale, fallita negli anni precedenti anche a causa del cronico balbettante rendimento biancoscudato nelle prime gare di ogni stagione. In questo caso, invece, tre successi nelle prime quattro giornate su Monza, Pisa e Pescara, a fronte di una sola sconfitta, patita sul campo del Verona. Di lì in poi, altri nove risultati utili consecutivi (tre vittorie e sei pareggi) che catapultarono il Padova al secondo posto a quota 18 punti ex aequo con il Cesena, a sole due lunghezze di distanza dalla neo-retrocessa Fiorentina capolista, ininterrottamente in vetta alla classifica dalla prima all’ultima giornata.

Ed il piazzamento in zona promozione venne mantenuto anche al giro di boa, al quale Ottoni e compagni si presentarono dopo aver fatto registrare due sconfitte ed altri quattro pareggi negli ultimi sei turni del girone d’andata. Eh sì, era un Padova affetto da pareggite, quello edizione ’93-’94 (a fine campionato i segni X risultarono ben 21). Una patologia però tutt’altro che grave, in epoca di due punti a vittoria, ma che nel frattempo, a metà campionato, aveva fatto scivolare i biancoscudati al quarto posto, l’ultimo utile per la Serie A. Un quarto posto che si tramutò in terzo in solitaria a seguito del ventinovesimo turno, dopo il pareggio per 1-1 strappato sul campo del Cosenza grazie ad una rete di Nanu Galderisi (la sua dodicesima in campionato fino a quel momento) che permise alla truppa biancoscudata di superare il Cesena, caduto a Modena.

galderisi-padova-wp
Nanu Galderisi

Nessuno però fino a quel momento aveva fatto i conti con il Brescia di Mircea Lucescu, in serie positiva dall’inizio del girone di ritorno. Un Brescia a cui il Padova andò a fare visita due settimane più tardi, dopo aver impattato nuovamente per 1-1 sul neutro di Reggio Emilia (a causa della squalifica dell’Appiani dovuta al verificarsi di incidenti sugli spalti nel derby contro il Vicenza del ventottesimo turno) contro la bestia nera Lucchese il 9 aprile. Risultato? Rondinelle vincitrici di misura per 1-0 grazie ad una rete del baby Marco Piovanelli ed aggancio a quota 36 punti al Padova, raggiunto per giunta anche dal Cesena, nel frattempo corsaro per 1-0 sul terreno del Bari secondo in classifica.

Padova e Cesena, Cesena e Padova. Sarebbe stato questo il duello-quarto posto di lì alla fine del campionato, dato che il Brescia avrebbe proseguito la propria striscia positiva praticamente fino a promozione ottenuta. E che gara venne disputata al Dino Manuzzi la domenica successiva, nell’ambito della trentaduesima giornata? Sì, proprio Cesena-Padova, incontro che si concluse con un anonimo 0-0. Troppa la paura di perdere da parte delle due contendenti. Tuttavia, per assistere ad un nuovo scatto-promozione biancoscudato si dovette pazientare solo sette giorni, giusto il tempo di vedere il Cesena cadere in casa contro il Verona ed il Padova approfittarne prontamente superando all’Appiani l’Ascoli per 1-0 (rete di Simonetta).

Ma questa – ebbene sì – fu l’ultima vittoria ottenuta in campionato dai biancoscudati. Nelle successive quattro gare ecco infatti maturare una sconfitta esterna nel derby contro il Venezia e tre pareggi consecutivi contro le non certo trascendentali Fidelis Andria, Ravenna e Palermo (ultima partita ufficiale giocata all’Appiani dal Padova). Braccino corto del tennista? Sì, la sostanza è quella. Per fortuna, però, anche il Cesena non fu da meno in quanto a rendimento zoppicante, trovandosi così ancora staccato di un punto rispetto al Padova a 90′ dal temine dei giochi. 90′ che avrebbero visto le due sfidanti, Padova e Cesena, rispettivamente impegnate sui campi delle già matematicamente promosse Bari e Fiorentina. In caso di vittoria biancoscudata, sarebbe stata finalmente Serie A.

In città si respirava ottimismo:Potrebbe bastare anche un pareggio, siccome la Fiorentina non ha mai perso in casa”, mormoravano i tifosi alla vigilia della trasferta pugliese. Ma si sbagliavano: forte della promozione già ottenuta, la Fiorentina lasciò passare il Cesena al Franchi per 3-2. Ovviamente al contrario del Bari contro il Padova, siccome i galletti si portarono addirittura in vantaggio al 77′ grazie a Pedone, condannando a quel punto i biancoscudati ad una nuova, amarissima beffa. E fu a quel punto che venne fuori l’orgoglio: Padova (in maglia blu) riversato in avanti alla ricerca del pareggio e sacrosanto calcio di rigore ottenuto da Franceschetti, spinto in area da Lorenzo Amoruso, quattro minuti più tardi. Sul dischetto si presentò Galderisi, l’elemento di maggior esperienza tra gli uomini di Sandreani. Di fronte a lui, un pallone pesantissimo. Fallire avrebbe significato abbandonare per la terza volta nel giro di quattro anni ogni velleità-promozione al fotofinish. Ma se il buon Nanu è stato votato nel 2010 “Giocatore biancoscudato del Secolo” un motivo ci sarà pur stato: Fontana spiazzato e risultato fissato sull’1-1 finale. Un risultato sinonimo di spareggio contro il Cesena.

padova-promozione-1993-94-figurine-wp

Data designata: 15 giugno, ossia dieci giorni dopo il termine della regular season. Il terreno? Il neutro dello Stadio Zini di Cremona. I diecimila biglietti riservati ai tifosi biancoscudati vengono polverizzati in breve tempo, d’altra parte c’è un appuntamento con la storia al quale presentarsi, sebbene con la comprensibile paura di una nuova delusione in “zona Cesarini” sia alla luce degli sfortunati precedenti ’91-’93, sia alla luce del non proprio brillante momento di forma della squadra, a secco di vittorie da un mese e mezzo. Timori confermati già dopo 7′, quando Dario “Tatanka” Hubner, il bomber dei romagnoli, insacca alle spalle di Bonaiuti un traversone lungo di Teodorani per il vantaggio cesenate, fallendo clamorosamente, pochi giri di lancette più tardi, il gol del raddoppio. Sì, il Padova sembra in bambola. Ma dove non arrivano le gambe, arrivano il cuore e… la fortuna: è il 18′, e l’arbitro Ceccherini, uno dei migliori in circolazione, regala un calcio d’angolo al Padova a seguito di una sbilenca conclusione di Montrone. Sulla bandierina, si presenta Pellizzaro: palla tesa in mezzo, sponda aerea di Franceschetti in direzione di Poldo Cuicchi ed incredibile rovesciata all’incrocio dei pali da parte del terzino biancoscudato. Roba da non credere.

Ed è l’episodio che cambia la partita. Quello che fa rendere conto a tutti che sì, forse è la volta buona. Il Padova prende coraggio, afferrando le redini della gara. Ma l’equilibrio regna sovrano fino a metà ripresa, quando, precisamente al minuto numero 69, viene spezzato da una bordata da fuori area di Maurizio Coppola, che, dopo aver triangolato con Galderisi, fulmina imparabilmente un Biato colto, chissà perché, fuori dai pali. Il boato dei tifosi biancoscudati è fragoroso. La corsa di Coppola sotto il loro settore irrefrenabile. La Serie A più vicina che mai. Mahistoria magistra vitae, dicevano i latini. Una lezione che il Padova aveva ben imparato negli anni precedenti. Guai dunque a perdere la concentrazione. Ecco quindi all’ultimo minuto Bonaiuti spiccare il volo per respingere in corner un potente calcio di punizione di Hubner. Ma è l’ultimo brivido della gara: il Padova è in Serie A. Finalmente.

L’undici di Cremona passa dunque alla storia: Bonaiuti, Cuicchi, Gabrieli, Coppola, Rosa, Franceschetti, Pellizzaro, Nunziata, Galderisi, Longhi, Montrone. Una filastrocca che ogni tifoso biancoscudato non può non ricordare. Per il resto, è l’apoteosi: è festa grande a Cremona prima e – come da tradizione – in città poi. Le vie del centro vengono invase da migliaia e migliaia di tifosi festanti come non se ne erano mai visti, tanto che quando, a tarda sera, fa la sua comparsa nelle piazze il pullman della squadra, essi ne bloccano la marcia stringendolo in un gioioso e calorosissimo abbraccio-promozione. Sì insomma, libero sfogo all’entusiasmo dopo aver atteso per oltre trent’anni la conquista di un traguardo storico: la realizzazione di un sogno chiamato Serie A.