Quando Vavassori la giurò a Chinaglia

Campionato ‘72-73, ultima giornata. Si è sempre parlato della Fatal Verona e del Milan battuto 5-3 e della presunta “combine” negli spogliatoi dell’Olimpico tra Roma e Juventus. Ma perché a Napoli la squadra di Chiappella giocò (giustamente) alla morte contro la Lazio, battendola 1-0 con gol di Damiani? Cosa era successo all’andata di tanto grave da far finire quella partita in rissa?

È vero infatti che quel giorno a Napoli la giornata fu tutt’altro che di routine come magari avrebbe potuto suggerire la tranquillità di classifica della squadra di casa, per di più nell’ultimo appuntamento della stagione. Le cronache della partita, risolta nel finale da Damiani, concordarono sul Napoli migliore e più determinato della stagione, nonostante l’aria di smobilitazione. La folla del San Paolo, in visibilio per la (platonica) eccezionale esibizione dei propri beniamini, ne pretese a fine partita un giro d’onore del campo a raccogliere applausi, quelli non meritati nel corso di una stagione del tutto sciapa.

Non solo. La partita era stata preceduta da incidenti di qualche peso: il pullman della Lazio, al suo ingresso nel “bunker ” del San Paolo era stato preso di mira da un lancio di sassi, sputi e oggettistica varia, con ferimento dell’autista Antonio Recchia. In particolare, il centravanti Giorgio Chinaglia, esasperato da ingiurie e offese di ogni genere, si era scagliato contro un presunto aggressore rivelatosi poi l’innocente figlio del viceallenatore delle giovanili del Napoli, tale Eugenio Lambiase, con minaccia di querela per un paio di ceffoni un po “troppo “carichi”.

Il presidente della Lazio, Umberto Lenzini, circondato da un gruppo di falsi cacciatori di autografi, era stato stordito da acclamazioni e applausi eccessivi e poi alleggerito del portafogli, contenente un centinaio di mila lire. In campo, la Lazio venne accolta anche da uno sventolio di bandiere bianconere e da cori “Juve, Juve” che certo non contribuirono alla sua serenità.

Il Napoli giocò alla grande, con lo stopper e futuro allenatore Vavassori nei panni del migliore in campo in assoluto. Tanto da essere lui, a un minuto dalla fine, a propiziare il gol del successo, con una incursione furibonda fino al limite dell’area avversaria, chiusa da un cross rasoterra solo toccato leggermente da Polentes e invece arpionato da Damiani e infilato alle spalle del bravissimo Pulici, portiere biancoceleste. Eccoci al dunque: cosa era accaduto all’andata per suscitare un simile incendio di cuori e garretti?

Il 21 gennaio 1973 all’Olimpico la Lazio (neopromossa) aveva giocato una partita semplicemente superba, castigando i partenopei con un perentorio 3-0. Tra i grandi protagonisti, Chinaglia, propiziatore del secondo e autore del terzo gol, sceso in campo animato da una rabbia particolare, alimentata dalle critiche patite in settimana, sull’onda di un leitmotiv – dolce vita – non proprio fantasioso ma in linea con le abitudini critiche del tempo (e non solo, tutto sommato).

Otto giorni prima lo stesso Chinaglia aveva giocato su quel terreno una poco felice partita in Nazionale, venendo sostituito dopo pochi minuti della ripresa per via di un’abulia poi conteggiata tra le cause del deludente nulla di fatto con la Turchia (si giocava per le qualificazioni al Mondiale del 1974).

Così contro il Napoli Chinaglia si era sfogato e molti avevano notato le scaramucce con gli avversari dopo il suo gol e al rientro negli spogliatoi. In sala stampa, messo alle strette, si sfogò: «Non so cosa sia passato per la testa a Vavassori; appena ho segnato il gol, Vavassori, che a dir la verità era stato correttissimo per tutta la partita, mi si è avvicinato e mi ha sputato in faccia; poi ha aggiunto: quando torni a Napoli, ti spezzo una gamba. Sarà stato nervoso, gli sarà seccato il fatto che avevo segnato, non lo so. Comunque ci sono rimasto molto male. Nel sottopassaggio, poi, si è ripetuto e questa volta è stato spalleggiato anche da Rimbano. Soltanto l’intervento di Juliano, che lo ha allontanato a spintoni, ha chiuso l’incidente. Mi dispiace veramente… Stimavo molto Vavassori, ma questi non sono atteggiamenti da professionista».

Vavassori e compagni, c’è da pensare, non gradirono l’affettuoso pensiero del bomber biancoceleste. E al ritorno stroncarono (con le armi del gioco e della classe) le speranze della Lazio di approdare allo scudetto o quantomeno a uno spareggio per il titolo.