1991: Quando il Grifone affondò la Vecchia Signora

Nel maggio 1991 il Genoa di Bagnoli battè la Juventus 2-0 garantendosi un insperato quarto posto ed estromettendo la squadra di Maifredi dalle Coppe europee.

La stagione 1990/91 della Serie A rimarrà per sempre impressa nella memoria calcistica genovese. In quell’anno magico, il capoluogo ligure divenne il vero centro del calcio italiano, con la Sampdoria che conquistò il suo primo e unico scudetto e il Genoa che raggiunse un sorprendente quarto posto in classifica.

Il Genoa, in particolare, viveva un momento straordinario. Solo due anni prima militava in Serie B, e ora si trovava a lottare per un posto nelle competizioni europee, assenti dalla bacheca rossoblu da oltre mezzo secolo. La squadra era guidata da Osvaldo Bagnoli, lo stesso tecnico che aveva realizzato il “Miracolo Verona” portando gli scaligeri a vincere uno storico scudetto sei anni prima.

I protagonisti dell’impresa

La rosa del Genoa era un mix perfetto di talento, esperienza e personalità. L’attacco era formato da una coppia all’apparenza improbabile, ma letale: da un lato il piccolo e rapido uruguaiano Carlos PatoAguilera, dall’altro il gigante cecoslovacco Tomáš Skuhravý, alto 193 cm e dotato di un’incredibile capacità realizzativa, coronata dal suo celebre festeggiamento con una capriola all’indietro – un gesto atletico sorprendente per un giocatore della sua stazza.

Ma le stelle non brillavano solo in attacco. Il centrocampo poteva contare su Stefano Eranio, futuro campione con il Milan, mentre in difesa spiccava il brasiliano Branco, specialista di calci di punizione dalla potenza devastante. La squadra era capitanata dal compianto Gianluca Signorini, figura emblematica che anni dopo avrebbe affrontato con coraggio la SLA, contribuendo significativamente alla sensibilizzazione su questa terribile malattia.

La Juventus in crisi

Dall’altra parte, la Juventus viveva un periodo di transizione difficile. Dopo l’addio di Dino Zoff, la dirigenza bianconera aveva affidato la panchina a Gigi Maifredi, tecnico emergente che aveva ben figurato al Bologna. Tuttavia, nonostante l’acquisto prestigioso di Roberto Baggio nell’estate precedente, i risultati erano stati deludenti.

La Vecchia Signora arrivava alla sfida con il Genoa in condizioni psicologiche e fisiche precarie: nelle ultime 13 partite aveva raccolto solo 10 punti, perdendo ben 6 volte. La squadra appariva esausta e demoralizzata, lontana anni luce dal blasone che da sempre la contraddistingueva. Il rischio di rimanere fuori dalle competizioni europee per la prima volta dopo 28 anni era concreto e inquietante per una società abituata a ben altri palcoscenici.

La partita decisiva

Il 26 maggio 1991, il Luigi Ferraris si preparava ad ospitare quello che era a tutti gli effetti un autentico spareggio per l’accesso alla Coppa UEFA. Il Genoa aveva un punto di vantaggio sulla Juventus, che condivideva il quinto posto con Torino e Parma. Ai rossoblu bastava un pareggio per assicurarsi il posto in Europa, mentre i bianconeri erano obbligati a vincere.

Sorprendentemente, considerando la storia delle due squadre, i favoriti erano i padroni di casa. Il Genoa era carico di energia e determinazione, desideroso anche di “distrarsi” dalla beffa di aver visto i cugini della Sampdoria laurearsi campioni d’Italia solo una settimana prima.

La partita iniziò con un duro colpo per la Juventus: dopo soli 20 minuti, Roberto Baggio fu costretto ad abbandonare il campo per infortunio, sostituito da un giovane Paolo Di Canio. La situazione precipitò definitivamente per i bianconeri quando, cinque minuti dopo, Branco sfoggiò una delle sue specialità: un calcio di punizione di rara potenza che si insaccò all’incrocio dei pali, imprendibile per Stefano Tacconi.

La micidiale punizione di Branco

La reazione juventina fu flebile. Salvatore Schillaci, l’eroe delle “Notti Magiche” del Mondiale ’90, sembrava solo l’ombra del bomber ammirato pochi mesi prima. Toccò al difensore Luigi De Agostini tentare di impensierire Simone Braglia con un tiro dalla distanza, ma senza successo.

All’inizio del secondo tempo, il Genoa chiuse definitivamente i conti. Skuhravý ricevette un passaggio filtrante dal centrocampo e, trovandosi davanti a una difesa bianconera in disarmo, non ebbe difficoltà a battere Tacconi. Era il quindicesimo gol stagionale per il cecoslovacco, tutti su azione.

Il trionfo e le conseguenze

Al triplice fischio il Ferraris esplose in un boato di gioia. Il Genoa aveva conquistato la qualificazione alla Coppa UEFA, tornando in Europa dopo un digiuno di oltre 50 anni. L’impresa portava la firma di Bagnoli e del vulcanico presidente Aldo Spinelli, che aveva saputo costruire una squadra competitiva nonostante budget limitati rispetto ai grandi club.

Quella stagione rappresentò l’apice moderno della storia del Genoa, un’altezza mai più raggiunta nelle stagioni successive. L’anno dopo, i rossoblu avrebbero vissuto un’entusiasmante avventura europea, raggiungendo le semifinali di Coppa UEFA dopo aver eliminato nientemeno che il Liverpool, battuto sia all’andata che al ritorno, e arrendendosi solo di fronte ai giganti olandesi dell’Ajax.

Per la Juventus, il ko di Genova segnò il punto più basso di un’annata disastrosa. I bianconeri chiusero al settimo posto, superati anche da Torino e Parma, rimanendo fuori dall’Europa per la prima volta dopo quasi tre decenni. Era tempo di una rivoluzione, o meglio restaurazione, che iniziò con il ritorno in panchina del talismano Giovanni Trapattoni. Già dalla stagione successiva le cose iniziarono a migliorare, anche se per rivedere lo scudetto a Torino sarebbero stati necessari altri tre anni.

26 maggio 1991 – 34° giornata
GENOA – JUVENTUS 2-0
Marcatori
: 20′ Branco, 46′ Skuhravy
GENOA: Braglia, Torrente, Branco, Eranio, Caricola, Signorini, Ruotolo, Bortolazzi, Aguilera, Skuhravy, Onorati. Allenatore: Bagnoli
JUVENTUS: Tacconi, Luppi, Napoli, Galìa, Julio Cesar, De Agostini, Hassler (49′ Casiraghi), Marocchi, Schillaci, R. Baggio (20′ Di Canio), Alessio. Allenatore: Maifredi
Arbitro: Luci