BALBO Abel: il bomber operaio

La sua non è una ordinaria storia di calcio, ma piuttosto un piccolo romanzo fatto di ostinazione e amor proprio, che si rispecchia nella qualità del suo gioco.

Abel Balbo nasce a Empalme Villa Constitución, nella provincia di Santa Fe in Argentina, il 1 giugno 1966. Inizia a giocare prestissimo, a quattro-cinque anni, con gli amici del quartiere. A sei anni entra nella Palme Villa Constitucion, la squadra del paese. Gioca per divertirsi, non è ancora bravo abbastanza da sognare di poter un giorno diventare professionista. Fino ai quattordici anni gioca nella squadra regionale nei tornei della domenica. Ha il posto assicurato perché allenatore è suo zio Nestor Rassiga.

Gioca centrocampista e incomincia a cavarsela bene. A 14 anni passa alla Lega professionistica di San Nicolas, il paese più grande vicino al suo, dove è nato Omar Sivori. La squadra si chiama Emilia di San Nicolas ed è qui che inizia la vera vita da calciatore. Suo padre, Eduardo, lavora in una fabbrica metallurgica, è un grande appassionato di calcio e lo segue con grande partecipazione. Anche sua madre, Beatriz, non ostacolerà mai la sua passione. Tanto più che Abel non trascurava affatto la scuola. E’ felice di avere di fronte la possibilità di guadagnarsi da vivere con il pallone, ma è consapevole che la scuola veniva prima di tutto.

A 17 anni, quando finisce il liceo, la svolta, con il decisivo intervento del caso. Sua sorella Claudia viene assunta come segretaria presso un avvocato, di nome Nudemberg. Parlando con lui, gli racconta che Abel gioca a calcio e sta per andare a Buenos Aires a fare un provino per l’Independiente. L’avvocato si rivela essere il vicepresidente del Newell’s Old Boys di Rosario e che se Abel voleva, poteva sostenere il provino innanzitutto per loro. Il provino andrà bene e viene tesserato dal Newell’s.

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Con la maglia del Newell’s

Fa la trafila nelle giovanili fino alla prima squadra. Non è certo un ragazzo prodigio, però segna gol, molti gol, addirittura 32 in 15 partite nell’ultima stagione nella Primavera. Ed è per questo, cioè per una ragione di mercato (un attaccante si vende sempre a prezzo più alto rispetto a un centrocampista) che a vent’anni viene spostato in avanti, a fare la punta. L’anno dopo, quindi solo a ventun anni, entra in prima squadra e inizia a bruciare letteralmente le tappe. Viene promosso tra i “grandi”, e grandi lo sono davvero: la squadra funziona a meraviglia e Abel cominciai a far gol anche in prima divisione. Il Newell’s vince lo scudetto al termine di una stagione esaltante, alcune sue reti sono decisive.

Il Verona, la squadra italiana che in quell’estate ingaggia i suoi connazionali Caniggia e Troglio e dunque ha osservatori che seguivano attentamente il campionato argentino, lo contatta e gli propone il tesseramento. Un bellissimo shock: appena un anno di A e già gli viene prospettato un trasferimento in Italia, il sogno della maggior parte dei calciatori argentini.

Firma il contratto ma l’allenatore del Verona, Bagnoli, lo boccia e il club veneto lo cede in prestito al River Plate dove disputa un’ottima stagione, segna 12 gol con tanto di chiamata in Nazionale. E’ allora che gli capita la seconda occasione. L’Udinese spedisce il suo direttore sportivo, Marino Mariottini, in Brasile, a seguire l’Argentina in Coppa America in Brasile per ingaggiare Nestor Sensini; ma a destare maggiore impressione è proprio Balbo.

Nel frattempo Abel parte per Verona, supera le visite mediche, ma c’è il limite dei tre stranieri tesserabili, e di conseguenza viene dirottato appunto all’Udinese che lo ha nel frattempo richiesto. A Udine trova un ambiente eccezionale, una città tranquilla, l’ideale per fare esperienza in un calcio duro in cui un giovane che arriva dall’estero ha bisogno di crescere senza eccessive pressioni.

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A Udine 134 partite e 65 gol

Balbo arriva in Friuli nell’estate del 1989, all’età di 23 anni e viene aggregato alla squadra che, guidata da Bruno Mazzia prima e da Rino Marchesi poi, fatica in campionato tanto da retrocedere in B al termine della stagione. Il giovane attaccante, ha però modo di mettere in mostra il proprio repertorio, fatto di accelerazioni improvvise, fiuto del gol e imperiosi colpi di testa. Balbo si dimostra un attaccante completo quando, alla 34a giornata, stende con una doppietta l’Inter campione d’Italia in carica: il primo gol arriva dopo un’incursione in velocità nell’area avversaria, mentre il secondo è frutto di una punizione potente battuta dal limite dell’area. Grazie a queste due reti il giovane Balbo chiude il suo primo anno in Italia con un bottino di 11 centri.

Le due stagioni di purgatorio sono per lui l’occasione perfetta per affinare questo grandissimo potenziale che viene alla luce fin dalla prima annata: nel 1990/1991 si laurea capocannoniere del campionato con ben 22 reti, che però non sono sufficienti alla promozione nella categoria superiore. L’Udinese, infatti, si ferma quell’anno all’ottavo posto, mentre nel 1991/1992 i friulani si classificano quarti, riuscendo a tornare in Serie A.

Per Balbo si tratta della stagione dell’esplosione vera e propria: a 26 anni, infatti, è pronto per imporsi ad alti livelli e l’Udinese funge da perfetta rampa di lancio per l’argentino. I gol a fine campionato sono 21 (in 32 presenze), che lo collocano al secondo posto della classifica marcatori alle spalle di Giuseppe Signori e a pari merito con Roberto Baggio. La stagione, però, non è terminata, perché i ragazzi guidati da Bigon si trovano nella stessa posizione del Brescia ed è necessario lo spareggio per determinare chi, tra le due squadre, dovrà salutare la massima serie.

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37 presenze e 11 reti con l’Albiceleste

Il 12 giugno 1993 si incontrano quindi, sul neutro di Bologna, i bianconeri e le Rondinelle allenate da Mircea Lucescu e guidate in campo dal talento romeno Gheorghe Hagi. A passare in vantaggio è l’Udinese con gol proprio di Balbo, che conclude in rete dopo una bellissima triangolazione in velocità con il suo compagno d’attacco Branca. La partita terminerà 3-1 per i friulani che potranno festeggiare una salvezza sofferta quanto meritata, ma dovranno anche salutare il loro campione: il ragazzo è ormai cresciuto e su di lui è forte l’interesse di molti club.

Estate 1993: viene dato per fatto il suo passaggio all’Inter. Con l’ex presidente dell’Inter, Ernesto Pellegrini, trova l’accordo salvo poi scoprire che a Milano arrivano altri quattro stranieri, Pancev, Sammer, Shalimov e Sosa, mentre in campo al tempo ne possono scenderne al massimo tre. Balbo non vuole andare all’Inter per poi rischiare di rimanere in tribuna, e alla fine trova l’accordo con la Roma per la clamorosa cifra di 18 miliardi. E’ in pratica il primo grande acquisto del nuovo presidente Franco Sensi, il segno delle rinnovate ambizioni di una società che si sta lasciando alle spalle gli sfracelli di Ciarrapico.

In giallorosso disputerà cinque stagioni memorabili diventando in breve tempo bomber e capitano. Un leader silenzioso, Abel, sempre corretto in campo ma spietato sotto porta. Le sue reti non sono mai banali, rapace in zona gol, fortissimo di testa e discreto anche sui calci piazzati. Il suo destro è secco e preciso, sia da breve che da media distanza. Non è velocissimo ma la sua intelligenza tattica gli consente di integrarsi al meglio con qualsiasi compagno d’attacco. I suoi piedi buoni gli permettono di ricoprire un ruolo diverso con la maglia della nazionale.

Ai mondiali di Usa 94 il c.t. Alfio Basile lo schiera a centrocampo, facendo giocare contemporaneamente Maradona, Batistuta e Caniggia. Nonostante questo, era stato proprio lui con uno spettacolare colpo di testa a regalare all’Argentina la qualificazione nello spareggio contro l’Australia: probabilmente il gol più importante della sua carriera.

Nella stagione 1994-95, Balbo si afferma definitivamente andando a segno 22 volte, chiudendo secondo in classifica cannonieri dietro al connazionale e amico Batistuta (che qualche anno più tardi ritroverà a Firenze e a Roma). Forma con Daniel Fonseca una formidabile coppia d’attacco. I giallorossi di Mazzone si piazzano al quinto posto per due stagioni consecutive.

Nell’estate del 1996 la squadra passa a Carlos Bianchi, ma la squadra non riesce a fare il definitivo salto di qualità. Il 29 ottobre 1996 i giallorossi escono in malo modo ai sedicesimi di Coppa Uefa contro i tedeschi del Karlsruhe. Dopo il pesante tre a zero rimediato in Germania, Balbo e i suoi sfiorano l’impresa, ma la doppietta di Abel non basta ad evitare l’eliminazione.

Arrivano altri 17 gol in campionato e 14 l’anno successivo con Zeman in panchina. Solito e puntuale il contributo di Balbo, punta di diamante del tridente zemaniano composto da Totti e Paulo Sergio, ma il rapporto tra i due non è proprio idilliaco e a fine stagione l’argentino fa le valigie dopo 87 gol totali in cinque stagioni.

Alla fine della stagione Abel prenderà parte alla sua ultima grande competizione a livello di Nazionale: i Mondiali di Francia 1998. Purtroppo per lui questa sarà un’altra delusione, i biancocelesti vengono eliminati nei quarti dall’Olanda. Il suo score con l’Argentina parla di 37 presenze e 11 reti.

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A Parma una sola e fortunatissima stagione

Per Balbo gli anni iniziano ad essere 32, ed è l’ora di vincere qualche trofeo da mettere in bacheca, quindi l’argentino sceglie di sposare il progetto di un’altra squadra italiana: il Parma. La società emiliana sta allestendo una rosa di tutto rispetto, allenata dall’emergente Malesani e con i connazionali del calibro di Véron, Crespo ed il vecchio amico Sensini; puntando ad obbiettivi importanti, quelli che vorrebbe raggiungere anche Balbo. La stagione si rivela ottima: quarto posto in campionato e vittorie in Coppa Italia e Coppa UEFA. Finalmente Abel ha qualcosa da mostrare alle sue future generazioni e dopo appena una stagione (25 presenze 4 gol) decide di voler provare ancora una nuova esperienza.

La successiva tappa di Abel Balbo approda all’Artemio Franchi di Firenze dove la squadra allenata da Trapattoni si trova ad affrontare da protagonista il campionato e la Champions League e ha bisogno di un rincalzo di spessore in attacco. La rosa lascia intendere una grande stagione: effettivamente – per lo meno in campo europeo – le aspettative vengono mantenute, poiché la Viola raggiunge la seconda fase a gironi – oggi non più presente – con tre gol dell’argentino durante la competizione.

A fine stagione Balbo racimola 19 presenze e a sorpresa rientra alla Roma, l’ultima tappa italiana, dove fa da riserva a Batistuta e ha il tempo di vincere anche lo Scudetto del 2000-2001 per poter chiudere in bellezza, anche se l’argentino scenderà in campo solamente 3 volte nei due anni.

Ormai il desiderio del giocatore è di chiudere la carriera in Argentina con la maglia del Boca per poi tornare a vivere con la famiglia a Roma e la società di Buenos Aires gli concede questo riconoscimento alla carriera, tesserandolo per la stagione 2002-2003 e celebrando così nel migliore dei modi una straordinaria carriera.