Bomber implacabile del Bologna e artefice del decimo scudetto del Milan, ma ciò che lo rappresenta meglio è la generosità e l’altruismo mostrati in campo e nella vita quotidiana.
Le imprese sportive di Stefano Chiodi sono inconfutabili, ma ciò che lo eleva a campione indiscusso sono le qualità che sfidano gli almanacchi. Tra queste brillano: la forza di affrontare le sfortune della vita, sempre pronto a fidarsi di un ottimismo inossidabile; il senso di responsabilità esibito verso le persone, specialmente i ragazzi, che lo ammiravano come un modello da emulare; la capacità di difendere la purezza della sua passione rifiutando qualsiasi tipo di compromesso; la generosità e l’altruismo in campo e nella vita quotidiana. Questi attributi si possono cogliere all’istante osservando i gol di Stefano, ogni volta si nota l’intenzione di offrire agli spettatori qualcosa di straordinario e la gioia espressa dopo il gol è un inno immortale alla condivisione di un momento felice e ispirato.
Stefano Chiodi viene al mondo a Bentivoglio il giorno di Santo Stefano del 1956. Insieme a lui, nella casa di Funo, ci sono un fratello, una sorella e i genitori. Fin da piccolo, Stefano ha una grande passione per lo sport: si diverte a giocare a calcio con gli amici e a sfidare i suoi limiti nell’atletica. Il futuro campione d’Italia non perde mai una domenica allo stadio di Bologna, dove segue con entusiasmo i rossoblu. Gli zii, tifosi sfegatati, lo portano con loro e gli trasmettono il loro amore per la squadra. Chiodi rimane affascinato da Helmut Haller e Giacomo Bulgarelli, che diventano i suoi idoli.
Le emozioni che prova sugli spalti del Renato Dall’Ara lo spingono a dare il meglio sul campo da calcio, dove gioca con una piccola squadra di Corticella. Non si tira indietro davanti ai chilometri da fare in bicicletta per raggiungere il campo, né davanti alla fatica degli allenamenti. In questi anni, Stefano sviluppa il suo carattere determinato e ambizioso. Il suo sogno è di diventare un calciatore professionista e per questo si impegna al massimo.
Prima di compiere quindici anni, il ragazzo debutta in promozione nel Castelmaggiore e attira subito l’attenzione di Torino e Bologna. I granata sembrano avere la meglio sugli emiliani, ma il padre – che non è convinto della scelta sportiva del figlio – rifiuta di firmare il permesso per andare a Torino, optando per i rossoblu.
Chiodi entra così a far parte delle giovanili del Bologna dove incontra altri talenti della sua età: Paris, Pecci, Colomba e Ferrara. Con la squadra primavera, il giovane di Funo si fa notare al Torneo di Viareggio, dove arriva fino alla finale contro la Fiorentina di Antognoni, perdendo di misura.
Nel 1974 il Bologna vede in Stefano un talento da coltivare e lo inserisce nella prima squadra, ma prima lo affida per un anno al Teramo in serie C1, dove potrà maturare e dimostrare il suo valore. Chiodi accetta la sfida e non delude le aspettative: con otto gol in ventinove partite, è il protagonista della cavalcata del Teramo fino al secondo posto. I tifosi lo acclamano e lo ricordano ancora oggi nella città umbra, dove gli hanno assegnato il premio per il gol più bello mai segnato allo Stadio Comunale.
Forte di queste soddisfazioni, Stefano torna a Bologna come centravanti titolare. Il suo debutto in serie A, il 19 ottobre 1975, è da favola: Bologna-Milan, in una tiepida giornata d’autunno, vede i padroni di casa sotto di un gol e vicini alla sconfitta. Ma a quindici minuti dalla fine, scatta la magia di Chiodi che, dopo aver saltato cinque difensori con una finta di corpo, scaglia un missile che non lascia scampo ad Albertosi. Il pareggio finale scatena l’entusiasmo della curva rossoblu, che elegge Chiodi a suo nuovo idolo.
A Napoli, il giovane bomber stupisce ancora con una doppietta da applausi e chiude il campionato 1975-1976 con otto reti all’attivo. Nelle due stagioni seguenti, indossa sempre la casacca del Bologna e mette a segno dieci gol in campionato e uno in Coppa Italia. Il diploma di perito professionale e il servizio militare gli tolgono tempo ed energie, ma il calciatore – chiamato nella nazionale under-21 nel 1977 e autore di tre presenze e due gol – si conferma su livelli elevati, attirando l’attenzione del Milan che lo acquista per la cifra astronomica di un miliardo di lire più il cartellino di Francesco Vincenzi.
E’ Gianni Rivera che lo vuole a Milano e lui non ci pensa due volte. Per Chiodi, andare al Milan è un sogno che diventa realtà. Non ama chiacchierare di calcio fuori dal campo, ma l’emozione è palpabile. Nils Liedholm, mitico mister rossonero, lo schiera titolare e gli affida un compito cruciale. Stefano sarà la punta centrale, che dovrà fare anche un lavoro tattico fondamentale per la squadra. L’allenatore svedese conta sullo spirito di sacrificio del neoacquisto, che si assume una responsabilità, spesso ingrata, decisiva per il successo collettivo: creare spazi per i compagni, anche a costo di subire dure botte. E’ una delle sue virtù, che dimostra un altruismo senza pari.
La stagione 1978-1979 è trionfale: il Milan si aggiudica il decimo scudetto (quello della stella) e Chiodi si afferma come un vero protagonista con i suoi sette gol, con la freddezza sui calci di rigore e soprattutto con il suo ruolo interpretato alla perfezione. Il primo anno nella città meneghina è arricchito anche da cinque presenze e due reti in Coppa Uefa e da due realizzazioni in Coppa Italia.
La seconda stagione al Milan non è altrettanto felice per i rossoneri, che a fine campionato sono travolti dallo scandalo del calcioscommesse e retrocessi in serie B. Stefano, autore di undici gol nel 1979-1980, viene ingiustamente squalificato per sei mesi e dopo poche settimane apprende della sua cessione alla Lazio, anch’essa declassata in serie B.
Il calciatore bolognese non riesce a nascondere la tristezza per gli eventi che hanno scosso il calcio. Chiodi non è amareggiato solo per il suo immotivato coinvolgimento, ma perché vede lo sport che ama irrimediabilmente compromesso nella sua credibilità. L’idea che i tifosi non possano più credere nel loro sport preferito è insostenibile per un giocatore serio e coscienzioso come lui.
Dopo la stagione trascorsa alla Lazio, nel 1981 arriva l’atteso ritorno al Bologna. Purtroppo il rientro in rossoblù è segnato da un grave infortunio subito in uno scontro di gioco durante una partita di campionato contro la Fiorentina: la conseguenza di un contrasto aereo con Ciccio Graziani è un forte colpo alla testa, che gli provoca un grave trauma cranico. Il serio infortunio lo trascina in una serie di mesi di riposo forzato e riabilitazione per recuperare la completa funzionalità del suo corpo di atleta.
Chiodi – che lascia la serie A con un bottino di trentatré gol – non si scoraggia e con ottimismo e tenacia riesce a ritornare in campo ancora con la maglia della Lazio nella stagione 1982-1983. I problemi fisici dovuti all’infortunio dell’anno precedente non cessano di farsi sentire e, al termine del campionato, Chiodi saluta la squadra biancoceleste. Per due anni e mezzo il calciatore emiliano milita in serie C1 nel Prato, nel Campania e nel Rimini, poi nel 1986 scende al campionato interregionale prima al Pinerolo e poi al Baracca Lugo fino al 1988.
Dopo aver appeso le scarpe al chiodo, Stefano decide di restare a Budrio, il paese che lo ha accolto quando si è sposato nel 1981 con Fausta Lambertini. Il budriese per adozione dedica tre anni alla guida dei giovani del Bologna, ma non abbandona mai il pallone, che ritrova nei campetti di periferia, dove ogni tanto si diverte a scendere in campo per riscoprire la sua grande passione.
Chiodi, papà di Tommaso ed Irene, apre diverse attività a Budrio e Prunaro: un hotel, un ristorante, una pizzeria ed un bar. Si lancia in queste sfide con il suo solito entusiasmo e crea dei punti di incontro preziosi per la comunità. L’ex bomber dimostra la sua sensibilità organizzando il Memorial Giuliano Fiorini, suo ex compagno al Bologna scomparso nel 2005. Con grande emozione, il campione d’Italia del 1978-1979 onora la memoria dell’amico, mostrando ancora una volta il suo valore umano. Stefano ci lascia il 4 novembre 2009, dopo una lunga malattia. Dal 2010 a Funo si svolge un Memorial in suo ricordo.
Stefano Chiodi
(Bentivoglio, 26 dicembre 1956 – Bologna, 4 novembre 2009)