Colombia 1986: il Mondiale fantasma

Ecco le vere ragioni che portarono la Colombia ad abdicare i Mondiali del 1986. E Havelange, con un abile colpo di mano, li consegnò al Messico.

Per capire le origini di Colombia 1986 e la rinuncia a organizzare il Mondiale di calcio in questo paese, dobbiamo tornare indietro al 1970. Misael Pastrana Borrero vinse le elezioni presidenziali in Colombia – anche se ci furono accuse di brogli – e iniziò il suo mandato con la promessa di avviare ambiziosi progetti di sviluppo in tutto il territorio nazionale.

Uno dei grandi obiettivi di Borrero era quello di ospitare il Mondiale, e nel 1974 Sir Stanley Rous, in uno dei suoi ultimi atti come presidente della FIFA, annunciò che l’edizione del 1986 sarebbe stata assegnata alla nazione sudamericana. Ma sia nel mondo politico che in quello calcistico, i semi della futura rinuncia della Colombia erano già stati piantati.

Il mandato di Borrero durò solo quattro anni, mentre la Colombia affrontava il resto del decennio tra crisi politiche ed economiche. Diversi gruppi di guerriglia nacquero dopo le contestate elezioni del 1970, e questo, insieme alla crescita dei cartelli della droga all’interno della Colombia, mise a serio rischio la stabilità del paese.

All’inizio del nuovo decennio, si sollevarono ulteriori dubbi sulla capacità e sulla convenienza della Colombia a organizzare il Mondiale, vista l’impennata del debito pubblico. Il colpo di grazia fu probabilmente dato nell’estate del 1980.

Rous, presidente della FIFA dal 1961, fu spodestato dalla sua carica dal volitivo brasiliano João Havelange nel 1974 e il panorama della FIFA cambiò per sempre. Havelange, spesso affiancato da Pelé, aveva condotto una campagna elettorale aggressiva e capillare, rivolgendosi soprattutto alle nazioni africane e asiatiche per ridurre il predominio dell’Europa in questo sport.

Havelange aveva in mano l’asso più forte durante le sue trattative. Proponendo di ampliare il Mondiale da un evento a 16 a 24 squadre, il brasiliano riuscì a soddisfare le richieste di molte nazioni che altrimenti vedevano irraggiungibile il vertice del calcio mondiale. E per molti paesi, come per esempio l’Inghilterra che aveva mancato le edizioni del 1974 e del 1978, la possibilità di avere più posti per le qualificazioni sembrava più che allettante.

Nonostante non avesse raggiunto i due terzi dei voti al primo scrutinio, Havelange trionfò su Rous per 68-52 al secondo turno, coronando i suoi sforzi. La campagna di Havelange fu impeccabile e la sua elezione a presidente ebbe un ruolo cruciale nella successiva trasformazione della FIFA nell’immensa macchina da soldi che conosciamo oggi.

Stanley Rous lascia il comando a Joao Havelange

Havelange intanto mantenne le sue promesse. Quando nel giugno 1980 si annunciò che il Mondiale 1982 sarebbe passato da 16 a 24 squadre, le reazioni furono contrastanti: alcuni temevano che il torneo si sarebbe svalutato, altri erano entusiasti di questa apertura al calcio globale. Ma, tornando al tema, il patto onorato da Havelange fu una brutta notizia per la Colombia.

L’aumento delle nazionali partecipanti si rivelò insostenibile. La FIFA esigeva che il Mondiale 1986 si disputasse in 12 stadi diversi e che la Colombia migliorasse notevolmente il sistema ferroviario, gli aeroporti, le strade, le infrastrutture mediatiche e alberghiere. Con il paese in piena crisi economica, il presidente colombiano Belisario Betancur dovette arrendersi nell’ottobre 1982, con questa dichiarazione:

“Comunico ai miei concittadini che il campionato mondiale di calcio del 1986 non si terrà in Colombia. Abbiamo molte cose da fare qui e non abbiamo tempo di soddisfare le pretese della FIFA e dei suoi membri”.

Tuttavia, c’erano già altri paesi pronti a rilevare il testimone dal fallimento della Colombia. Nel maggio 1983, delegati di Messico, Canada e Stati Uniti proposero le loro candidature per ospitare il Mondiale 1986. Ma era un segreto di Pulcinella che Havelange avesse già persuaso la commissione composta da 20 persone a ratificare la scelta del solo Messico. Non fu la prima né l’ultima volta che l’integrità della FIFA fu messa in dubbio.

Si sapeva che Havelange si era recato a Città del Messico nel 1982 con un aereo privato di Televisa, la rete televisiva nazionale messicana, e che il proprietario di questa, Emilio Azcarraga, era socio di Guillermo Cañedo, uno degli otto vicepresidenti della FIFA. Era difficile non pensare che la scelta del Messico fosse già stata fatta in quell’occasione.

La delegazione americana che si presentò davanti alla commissione della FIFA vantava Pelé, Franz Beckenbauer e l’ex Segretario di Stato Henry Kissinger, ma non servì a molto. Stati Uniti e Canada consegnarono un documento di 90 pagine e parlarono per mezz’ora davanti al Comitato; il Messico portò un opuscolo di dodici pagine e parlò per circa otto minuti. Tutto era stato inutile.

Kissinger e Havelange

Si scoprì che Havelange aveva già distribuito ai membri del comitato un rapporto speciale della commissione a favore della candidatura messicana, criticando invece quelle canadese e americana. Chiese alla commissione se avesse obiezioni e, visto che nessuno parlò, assegnò di fatto la Coppa del Mondo al Messico prima ancora che i tre paesi facessero le loro proposte.

Non ci fu nessun voto ufficiale da parte del Comitato FIFA, solo un annuncio di Havelange secondo cui la decisione di dare al Messico la Coppa del Mondo 1986 era stata unanime. “È assurdo che possano decidere questioni così importanti a porte chiuse, senza valutare equamente tutte le offerte”, protestò Kissinger.

La principale rimostranza degli americani era che nessun rappresentante della FIFA aveva visitato il loro paese per esaminare le strutture disponibili. Ma Havelange liquidò le proteste, citando la scarsa popolarità del calcio in America come la vera ragione del loro fallimento. “A cosa servono grandi budget se le partite si svolgeranno in stadi vuoti”, replicò Havelange. “Una Coppa del Mondo deve essere giocata davanti a stadi pieni”.

Si pensava che la US Soccer Federation avrebbe fatto ricorso contro le procedure FIFA, ma non successe mai. Non c’era da stupirsi che Kissinger descrivesse Havelange e compagnia in questi termini:

“La politica della FIFA mi fa rimpiangere il Medio Oriente”.