Dinamo Tbilisi, cartoline dalla Georgia

A cavallo tra gli anni settanta e ottanta, i georgiani uscirono dall’anonimato per diventare una delle squadre di calcio più misteriose, ammalianti e affascinanti d’Europa.

Si potrebbe pensare che la bella finale di Supercoppa UEFA 2015 tra Barcellona e Siviglia sia stato l’evento calcistico più memorabile visto in Georgia, e più precisamente nella Boris Paichadze Dinamo Arena fin dalla sua inaugurazione (allora si chiamava Stadio Nazionale Lenin) avvenuta nel 1976.
E mentre i nove gol e l’emozionante spettacolo offerto dalle due squadre spagnole hanno senza dubbio impressionato il pubblico georgiano, che mai si sarebbe aspettato un evento così prestigioso nella loro piccola repubblica del Caucaso, pochi ricordano l’epoca in cui la potenza calcistica dell’Unione Sovietica (di cui la Georgia era una delle 15 repubbliche che la componevano), rappresentata dalla Dinamo Tbilisi, faceva paura all’intero continente europeo.

La Dinamo Tbilisi godeva all’epoca del sostegno dello Stato sovietico e la sezione calcistica era la punta di diamante di una galassia di club sportivi che spaziavano dall’atletica all’hockey su ghiaccio, dal basket alla pallavolo, tutti sotto il cappello e la pesante influenza della polizia segreta.

Quando nel 1936 venne istituito il campionato sovietico di calcio (Vysšaja Liga), il club di Tbilisi fu fin da subito uno dei protagonisti, nonostante provenisse dalla periferia del vasto impero comunista. I georgiani interruppero per primi il dominio di Mosca e Kiev vincendo il titolo nazionale nel 1964 e ripetendo l’impresa 14 anni dopo.

La fine degli anni settanta fu senza dubbio l’epoca di maggior splendore della Dinamo Tbilisi. Con il titolo del 1978 arrivarono anche le partecipazioni alle coppe europee. Epico lo scontro contro il Liverpool nel primo turno di Coppa Campioni 1979/80 con i reds eliminati grazie ad un complessivo 4-2. Dopo aver perso di misura in Inghilterra per 2-1, si stima che almeno 100mila spettatori assistettero allo storico 3-0 del match di ritorno (reti di Gutsaev, Shengelia e Chivadze).

Poco importa se poi vennero eliminati nel secondo turno dall’Amburgo di Kevin Keegan, futuro finalista. L’Europa aveva scoperto il calcio georgiano. Andò meglio con la Coppa dell’Unione Sovietica (Kubok SSSR), vinta dalla squadra di Nodar Akhalkatsi nel 1976 e nel 1979 e perdendo contro lo Shakhtar Donetsk la finale del 1980.

L’affermazione del 1979 permise la partecipazione alla Coppa delle Coppe 1980/81, un’edizione particolarmente ricca alla quale gareggiavano grandi nomi come Celtic, West Ham United, Feyenoord, Benfica e Roma. E, particolare bizzarro, anche il Real Madrid Castilla, che raggiunse la finale della Copa del Rey del 1980 poi persa contro le merengues per 6-1. Così, mentre i “grandi” del Real si mettevano in gioco per vincere la settima Coppa dei Campioni, la sua “succursale” usciva già al primo turno della Coppa Coppe per mano degli inglesi del West Ham.

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Le colonne della Dinamo anche in Nazionale CCCP: Shengelia, Kipiani e Chivadze

La Dinamo Tbilisi iniziò la sua campagna affrontando i greci del Kastoria, alla loro prima e unica partecipazione alle Coppe Europee. Dopo lo 0-0 dell’andata, in Georgia arrivò un tranquillo 2-0 maturato nella ripresa grazie alle reti di Shengelia e Gutsaev.

Anche se meno rispettata in confronto alla Dinamo Kiev di Valeriy Lobanovskiy o ai club di Mosca, la Dinamo Tbilisi godeva comunque di una solida reputazione grazie al suo calcio propositivo ed alla presenza tra le sue fila di non pochi nazionali sovietici. David Kipiani, Ramaz Shengelia, Vitaly Daraselia e Aleksandr Chivadze erano tutti elementi di indubbia e, almeno per il resto d’Europa, inesplorata capacità.

Anche il secondo round si rivelò una passeggiata, dal momento che gli irlandesi del Waterford United vennero rispediti a casa con un complessivo 5-0. Questo facile successo spinse i georgiani direttamente ai quarti di finali da disputarsi a marzo contro i vincitori della FA Cup, gli inglesi del West Ham.

La squadra di John Lyall, nonostante militasse all’epoca in seconda divisione, stava vivendo una stagione magica: avrebbe vinto la Second Division 1980/81 con ben 15 punti di vantaggio sul Notts County ed una differenza reti di +50. Elemento di spicco, Trevor Brooking. Attorno a lui altri internazionali come Phil Parkes, Billy Bonds, Alvin Martin, Ray Stewart e Alan Devonshire.

Davanti ad un Boleyn Ground strapieno, la Dinamo fece letteralmente ballare gli hammers uscendone vincitori per 4-1 e garantendosi così un match di ritorno assolutamente tranquillo. Quella sera il West Ham venne non solo smontato, ma letteralmente sezionato con precisione chirurgica. Sugli scudi Chivadze e Shengelia, autore di una doppietta nella ripresa.

Inutile la vittoria dei londinesi in Georgia. L’innocuo 1-0 non sminuì certo la lezione di calcio impressa due settimane prima dagli uomini di Nodar Akhalkatsi.

Si arrivò alle semifinali, dove l’urna propose una doppia sfida Davide contro Golia. Da una parte i sempre temibili olandesi del Feyenoord contro la Dinamo, dall’altra la regalità europea del Benfica contrapposta ai misteriosi tedeschi dell’est del Carl Zeiss Jena.

Entrambe le gare vennero risolte nel match di andata. 3-0 per la Dinamo e 2-0 per il Carl Zeiss, inutili le sconfitte di misura nel ritorno. La finale che nessuno si aspettava era ora servita.

La libertà di informazione non era certo uno dei punti di forza del comunismo e l’opinione pubblica occidentale conosceva pochissimo delle due realtà approdate alla finale. Se ne accorsero anche gli organizzatori: per la finale di Dusseldorf, al Rheinstadion, capacità dichiarata di 76mila spettatori, solo 4750 spettatori ebbero l’opportunità di assistere all’inedita sfida. Oltre alla libertà di informazione, anche la libertà di movimento (per i tifosi) era certamente uno dei punti “sensibili” del comunismo.

La Dinamo si presentava da favorita grazie al recente pedigree acquisito contro Liverpool e West Ham, oltre ad un tasso qualitativo molto evidente. Ma di certo il Carl Zeiss non era da sottovalutare. Dopo aver eliminato la Roma di Falcao (4-3 complessivo dopo aver perso 3-0 all’Olimpico…), il Valencia e il Benfica, i tedeschi dell’est non partivano certo battuti.

Dopo un primo tempo fin troppo soporifero anche per i pochi spettatori presenti, la ripresa riservò le cose migliori. Al 63’ un innocuo cross tedesco venne ciccato dalla difesa sovietica consentendo a Gerhard Hoppe di battere Gabelia e regalare l’inatteso vantaggio tedesco-orientale. ma solo quattro minuti più tardi, una splendida serpentina di Ramaz Shengelia mise sui piedi di Gutsaev il pallone del pareggio.

La Dinamo passò decisamente all’offensiva, cercando di assicurarsi la Coppa prima dei tempi supplementari e degli eventuali rigori. Entrò Nodar Khizinashvili (padre dell’ex Rangers e del difensore dei Blackburn Rovers Zurab Khizinashvili) per rafforzare la linea d’attacco e subito arrivarono una miriade di occasioni per i georgiani.

Finalmente, all’86’, la rete della vittoria. Vitaly Daraselia prese la palla sul vertice sinistro dell’area e dopo aver “scherzato” con un paio di avversari lasciati in scia, sganciò il missile che regalò al suo popolo la più bella notte di calcio della sua storia. Un gol da grande solista per un talento che ai nostri giorni sarebbe chiamato top-player.

La stella che illuminò Dusseldorf, rivelando al calcio europeo una nuova, grande protagonista, si rivelò una meteora. Il tempo della Dinamo finiva là dove sembrava essere iniziato. Per il resto dell’era sovietica, i georgiani non riuscirono a vincere più nulla nè in patria nè tantomeno all’estero. Anzi, dalla metà degli anni 80 riuscirono a fatica a guadagnare qualche sporadica qualificazione in Coppa UEFA.

Della splendida squadra di Nodar Akhalkatsi (che resterà sulla panchina dei biancoblu fino al 1986) quattro elementi composero la rosa sovietica ai mondiali spagnoli del 1982: i difensori Tengiz Sulakvelidze e Aleksandr Chivadze e le stelle Vitalij Daraselija e Ramaz Šengelija, mentre David Davidovič Kipiani dovette saltare l’appuntamento per infortunio.

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Artemio Franchi consegna al capitano Chivadze la Coppa Coppe 1980/81

Il 27 ottobre 1989 la Dinamo giocò la sua ultima partita sotto la bandiera sovietica prima di gareggiare nella neonata Lega Nazionale Georgiana (Erovnuli Liga) pareggiando 2-2 con la Dinamo Kiev e chiudendo idealmente un cerchio: gli ucraini erano stati i primi avversari incontrati nell’esordio nel lontano 1936.

Dall’indipendenza dall’ex Unione Sovietica, la Dinamo ha dominato in lungo e in largo il campionato georgiano, praticamente gareggiando senza avversari. Tra gli elementi di spicco emersi in questi anni, si possono citare Shota Arveladze, Giorgi Kinkladze e Temuri Ketsbaia.
Ottimi elementi, ma certo non all’altezza delle conquiste dei grandi giocatori della Dinamo che a cavallo tra gli anni settanta e ottanta uscirono dall’anonimato per diventare una delle squadre di calcio più misteriose, ammalianti e affascinanti d’Europa.