Il Feyenoord di Ernst Happel

In gran parte oscurato dall’enormità di ciò che l’Ajax aveva ottenuto nella stessa epoca, il Feyenoord rimane ancora oggi un nome meno noto al di fuori dei Paesi Bassi per gli appassionati di calcio. Tuttavia la sua eredità non dovrebbe mai essere trascurata.

Calcio totale: una strategia? Un’ideologia? Un mito troppo elaborato? Poesia in movimento? Obsoleto? Inutilmente complicato? Un fallimento? Rivoluzionario? L’apice del calcio? Nessun altro approccio tattico nella storia del gioco ha suscitato tanta attenzione e interesse quanto il “totaalvoetbal”.

Per spiegarlo in breve, il sistema elimina dal campo di gioco i limiti e le rigidità e promuove un calcio espansivo e divertente, ma che richiede giocatori intelligenti, versatili e tecnicamente dotati per realizzarlo. Altrimenti la tattica risulta confusa, impraticabile e infruttuosa.

In tanti ne hanno analizzato la filosofia e cercato di fornire chiarezza sulla sua struttura, complessità e successo. Tuttavia, ciò che è ampiamente condiviso è che il Total Football, sebbene influenzato da altri, è stato concepito nei primi anni ’70 dall’allenatore dell’Ajax Rinus Michels e sviluppato attraverso il suo massimo protagonista, Johan Cruijff. Sotto la sua guida, il club di Amsterdam ha conquistato quattro titoli nazionali tra il 1966 e il 1970, la Coppa dei Campioni nel 1971 ed è stato unanimemente lodato per il suo stile di gioco spettacolare.

Da questa grande squadra è nata poi la leggendaria selezione olandese dei Mondiali del 1974 e del 1978, spesso considerata come fonte d’ispirazione per il Milan di Arrigo Sacchi tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, per le meraviglie tiki-taka spagnole e per il Barcellona vincente di Pep Guardiola. Michels, Cruijff, Ajax e Calcio Totale si sono giustamente intrecciati nella storia del calcio olandese e mondiale. Sono diventati così venerati che ora sembra quasi impossibile immaginare come una qualsiasi squadra avrebbe potuto sconfiggere l’Ajax durante questa era di dominio

Ma quell’impresa è stata compiuta. E se anche le squadre più forti possono inciampare in qualche partita, la formidabile squadra dell’Ajax di Michels è stata superata – per due volte – nelle stagioni 1968/69 e 1970/71.

Protagonista è il Feyenoord, che non solo ha sovvertito i pronostici contro i suoi acerrimi rivali, ma ha anche trovato una strategia efficace per contrastare il sistema tattico di Michels. Merito del loro allenatore, l’austriaco Ernst Happel, un personaggio molto meno noto e celebrato del suo collega di Amsterdam.

D’altra parte, fu proprio l’austriaco a introdurre il famoso 4-3-3 nel calcio olandese, a insegnare ai suoi come sfruttare lo spazio tra le linee difensive e di centrocampo avversarie e a stimolare il trequartista e la punta a scambiarsi dinamicamente posizione. Happel era anche noto per la sua convinzione della necessità che i giocatori fossero fisicamente forti e al massimo della forma, requisiti indispensabili per il successo del Total Football.

Quindi sarebbe del tutto ingiusto ricordare quel Feyenoord come il cugino povero dell’Ajax, soprattutto se si considera il fatto, incredibilmente trascurato, che la nazionale olandese ai Mondiali del 1974 contava più giocatori del Feyenoord che dell’Ajax. Era anche ingiusto considerare Happel come l’unico artefice dell’acclamato “dream team” del Feyenoord: arrivò al De Kuip solo dopo che il club aveva conquistato il titolo olandese nel 1969 con Ben Peeters in panchina.

Ben Peeters preparò le basi per il periodo d’oro del Feyenoord

Peeters era stato precedentemente responsabile della squadra giovanile del club prima di passare alla prima squadra nel 1967, una scelta sorprendente data la consolidata esperienza del Feyenoord nell’assumere allenatori stranieri. Alla sua prima stagione portò il club al miglior risultato in termini di punteggio dalla nascita del campionato nazionale olandese nel 1956 ma si classificò solo al secondo posto dietro a un’Ajax stratosferico che aveva vinto 27 delle 34 partite di campionato.

Peeters e il suo staff non si arresero e riprovarono l’anno successivo, rinforzando la squadra con l’arrivo di Laseroms, van Hanegem e Wery, che si aggiunsero ad una rosa già forte. I biancorossi totalizzarono 57 punti nella stagione 1968-69, superando il record dell’anno precedente e assicurandosi il titolo. L’Ajax non mantenne la stessa regolarità implacabile che aveva mostrato nella stagione precedente e restò a tre punti dai rivali. Alla fine fu decisiva la vittoria del club di Rotterdam contro l’Ajax in novembre: in caso contrario, il campionato sarebbe tornato nella capitale olandese per il quarto anno di fila.

In quella stessa stagione il Feyenoord ebbe la meglio sui suoi storici avversari anche nel terzo turno della Coppa d’Olanda grazie a una doppietta dell’attaccante svedese Kindvall, capace di segnare ben 30 gol in campionato. La finale dominata sul PSV Eindhoven permise al Feyenoord del 1969 di essere la terza squadra nella storia del calcio olandese a vincere il double nazionale.

In soli due anni Peeters aveva creato la squadra più forte del campionato, ma il suo successo alla fine sarebbe stato anche la sua fine. La partecipazione alla Coppa dei Campioni spinse i dirigenti del Feyenoord a cercare un allenatore più esperto e esonerarono il tecnico che li aveva portati al titolo per due volte.

Il Feyenoord 1967/68

Peeters lasciò con dignità, dichiarando: “È parte del nostro mestiere. Il tutto è avvenuto in un clima cordiale. Basta solo considerarla come una questione professionale”. Tornò al suo ruolo di allenatore delle giovanili e in futuro avrebbe continuato a formare il prestigioso vivaio da cui la prima squadra del Feyenoord dipendeva così tanto.

Non si sa se i Rotterdammers avessero indicato Happel come la loro prima scelta, ma dopo aver ricevuto una lettera dall’austriaco durante l’estate del 1969, divenne il candidato unico per il posto. Il messaggio di Happel ai campioni d’Olanda era breve e diretto: “Il futuro: Feyenoord? Cordiali saluti, vostro Ernst Happel“. Non stupisce che Happel e Feyenoord si fossero attratti a vicenda. A 43 anni, Happel aveva portato l’ADO Den Haag al massimo delle sue potenzialità. In tre anni li aveva trasformati da abituali fanalini di coda in una squadra capace di arrivare terza in Eredivisie.

Happel era l’allenatore perfetto per il Feyenoord: uno esperto stratega che sapeva tirare fuori il meglio dai suoi giocatori, proponendo un calcio spettacolare e offensivo. Rappresentava anche un ritorno alla tradizione del Feyenoord di affidarsi a tecnici stranieri. Appena arrivato a Rotterdam, l’austriaco capì subito che la sua nuova squadra aveva bisogno solo di alcuni piccoli ritocchi. Il suo acquisto più importante fu quello del connazionale Franz Hasil dallo Schalke, che portò più qualità e fantasia al centrocampo. Happel iniziò subito a insegnare al numero 10 come scambiarsi di posizione con l’attaccante svedese Ove Kindvall.

Il suo modulo preferito, il 4-3-3, non era ancora diffuso nei Paesi Bassi e il suo modo di far giocare il numero 10 era quasi una novità. Uno stratagemma che creava spesso problemi ai difensori avversari che dovevano scegliere se seguire l’uomo in consegna e lasciare spazi vuoti, o restare in posizione e permettere a Hasil e Kindvall di trovare zone libere in tutto il campo.

Happel e Wim van Hanegem

Il Feyenoord si rinforzò anche con Theo van Duivenbode dall’Ajax, un rarissimo caso di scambio di giocatori tra le due grandi rivali. Michels lo lasciò andare in quanto riteneva che il difensore fosse troppo esile fisicamente, ma Happel evidentemente ne intuì le potenzialità e lo scelse come erede naturale del veterano terzino sinistro Cor Veldhoen. Van Duivenbode si prenderà la sua personale rivincita nel primo “De Klassieker” della stagione quando segnò il gol decisivo contro la sua ex squadra.

Happel apportò l’ultima modifica alla squadra sostituendo il portiere Eddy Pieters Graafland, ormai 36enne, con Eddy Treijtel. Una scelta controversa perché Graafland era stato il titolare indiscusso del club per oltre un decennio e aveva disputato una grande stagione nel ’68/69. Il suo erede, Treijtel, non riuscì ad eguagliare gli alti standard del suo predecessore e si dimostrò a volte incostante e inaffidabile. Pur mostrando delle buone potenzialità nella sua prima stagione da titolare, gli mancavano ancora la sicurezza e l’agilità di Graafland.

Nonostante questo problema, il Feyenoord iniziò la stagione 1969/70 con un ritmo brillante. Sebbene ci fosse la sensazione che la squadra campione in carica fosse migliorata sia dentro che fuori dal campo durante l’estate, serpeggiava comunque una certa delusione tra i tifosi.

Durante il campionato, il Feyenoord totalizzò 55 punti, normalmente sufficienti per conquistare lo scudetto, ma questa volta buoni solo per l’ennesimo secondo posto dietro un Ajax a dir poco travolgente. I Rotterdammers persero solo una partita in tutta la stagione, ma furono gli undici pareggi a risultare fatali per gli uomini di Happel.

Paradossalmente, era stato il calcio offensivo e spettacolare del Feyenoord a determinare la loro sconfitta. Gli avversari, conoscendone il potenziale, ora si difendevano con accortezza contro i campioni che senza spazi da sfruttare spesso faticarono ad avere la meglio sulle difese avversarie, soprattutto in trasferta, dove il Feyenoord vinse solo due volte contro squadre di metà classifica.

Anche la Coppa d’Olanda si rivelò una delusione, con una sconfitta clamorosa al secondo turno contro il Groningen, squadra che sarebbe poi retrocessa in seconda divisione. In realtà, però, Happel e i suoi avevano puntato tutto su un trofeo molto più prestigioso: la Coppa dei Campioni

Una fase della sfida contro gli islandesi del KR

L’avventura 1969/70 iniziò travolgendo la squadra islandese del KR Reykjavik con un 16-2 complesso nel turno preliminare, guadagnandosi così un sorteggio contro i campioni in carica del Milan, che aveva surclassato l’Ajax nella finale del 1969 solo pochi mesi prima.

Da quando era nata la Coppa dei Campioni, i club olandesi avevano dato filo da torcere alle migliori squadre di Spagna, Italia e Inghilterra, ma raramente avevano avuto la meglio su di loro in sfide di andata e ritorno. Non era una sorpresa, visto che il calcio olandese era diventato professionistico solo nel 1954 e molti club mantenevano ancora giocatori dilettanti o semiprofessionisti nella loro rosa. Lo stesso Feyenoord aveva ancora due giocatori semiprofessionisti nel ’69/70: Piet Romeijn e Guus Haak.

Sebbene il livello del calcio olandese si era parecchio innalzato negli ultimi anni, la schiacciante vittoria per 4-1 del Milan sull’Ajax aveva in un certo senso mostrato che esisteva ancora un gap tra le squadre olandesi e l’elite europea. Perciò, il Feyenoord si trovava ad affrontare il Milan con un certo timore e, in realtà, pochi credevano nelle sue possibilità di superamento del turno.

Un tentativo degli olandesi nella sfida a San Siro contro il Milan

In effetti, dopo nove minuti a San Siro le speranze si ridussero ancora di più per i ragazzi di Happel. Nestor Combin portò in vantaggio i rossoneri di Nereo Rocco. Eppure i Rotterdammers si riordinarono e limitando lo spazio concesso al nostro golden boy Gianni Rivera, riuscendo a tornare a casa con un solo gol di svantaggio.

Il Feyenoord aveva dovuto subire il gioco per lunghi tratti in Italia, ma al De Kuip fu tutta un’altra storia e Wim Jansen pareggiò i conti dopo solo sei minuti quando Cudicini su un cross arcuato si fece scivolare il pallone sopra la testa lasciandolo andare in fondo al sacco. I rossoneri faticavano a trovare il giusto ritmo, in gran parte per la pressione incessante del Feyenoord.

Servì una giocata geniale del sempre imprendibile Coen Moulijn a spostare l’equilibrio a favore del Feyenoord. All’82’ ricevette palla, dribblò un avversario e servì Van Hanegem, che di testa insaccò il gol decisivo sul secondo palo. Il Feyenoord aveva appena eliminato i campioni d’europa in carica

van Hanegem di testa realizza la rete del 2-0: il Milan è eliminato

In primavera, alla ripresa della Coppa dei Campioni, il Feyenoord risultava parecchio distante dall’Ajax in Eredivisie e, dopo aver pescato un sorteggio abbastanza favorevole nei quarti di finale contro i campioni della Germania Est del Vorwärts Berlin, alcuni ipotizzarono che la miglior possibilità di portare a casa un trofeo per il club quell’anno si trovasse proprio in Europa. Un’idea ulteriormente rafforzata dopo che il Feyenoord venne eliminato anche dalla Coppa d’Olanda.

Nei quarti di finale venne replicato il copione del turno precedente, rimontando uno svantaggio di un gol in trasferta a Berlino con un successo per 2-0 a Rotterdam. Questa volta però la partita fu più tesa e la squadra di Happel dovette aspettare il secondo tempo per trovare le reti decisive di Kindvall e Wery.

Insieme al Feyenoord, nelle semifinali stazionavano due colossi britannici: il Leeds United di Don Revie e il Celtic di Jock Stein. La quarta squadra era il sorprendente Legia Varsavia, e il Feyenoord fu ben felice di affrontare i polacchi. Nella gara d’andata in Polonia, i campioni d’Olanda ottennero un prezioso 0-0. Al De Kuip liquidarono poi il Legia: Van Hanegem sbloccò il risultato dopo appena tre minuti e un gran gol da fuori area di Hasil chiuse i conti.

Feyenoord-Legia 2-0: Grotynski battuto dal gran tiro di Hasil

A tre settimane dalla finale, Happel dovette concentrarsi nuovamente sull’Eredivisie in vista del secondo De Klassieker della stagione. Anche se le possibilità di vincere il campionato erano remote, il Feyenoord aveva l’occasione di portarsi a tre punti dalla vetta della classifica.

E a 20 minuti dalla fine al De Meer, la squadra di Happel conduceva per 3-1 e sembrava avviata verso una vittoria cruciale. Ma due gravi errori di Treijtel permisero all’Ajax di pareggiare 3-3. Le speranze per il titolo si spensero, con l’Ajax a cinque punti di distanza e con solo sei partite da disputare, chiudendo definitivamente i conti con il campionato.

Dopo la sfida di Amsterdam, Happel ebbe modo di rivedere le sue scelte in vista della finale di Coppa dei Campioni, che si sarebbe giocata a Milano. L’austriaco riteneva che Treijtel fosse il portiere del futuro, ma dubitava che avesse la grinta necessaria per le sfide più importanti. Così fece la scelta audace di escluderlo dall’ultima partita di campionato prima della finale e poi dalla finale stessa. Al suo posto schierò il veterano Graafland, che rimase così sorpreso da rifiutare inizialmente l’occasione e, a quanto pare, disse al suo allenatore: “Non mi hai considerato per tutta la stagione. Ora non ci sto.” Solo l’intervento della moglie di Graafland convinse il portiere a giocare quella che sarebbe stata la sua ultima partita da professionista.

Il Feyenoord si sarebbe trovato di fronte il Celtic, che nel frattempo aveva battuto il Leeds nella “Battaglia d’Inghilterra”. Il Celtic era una squadra esperta a livello europeo e aveva vinto la coppa solo tre anni prima (a Lisbona, contro l’Inter), quindi pochi davano credito alle possibilità dei Rotterdammers. Happel, però, seppe trasmettere calma e fiducia ai suoi giocatori. “Happel ci ha fatto capire che non dovevamo temere nessuna squadra”, dichiarò in seguito il capitano Rinus Israel.

I capitani Bremner e McNeil, protagonisti in semifinale della “battaglia d’Inghilterra”

A posteriori si è detto che il Celtic affrontò la partita con un po’ di arroganza e Stein stesso lo confermò quando disse prima della partita che il Feyenoord non aveva il livello tecnico del Leeds. “Un gol veloce e dovremmo farcela”, disse. “L’unico grande pericolo per noi siamo noi stessi”. Mentre l’assistente Sean Fallon definiva i loro avversari come “squadra di alto livello” e affermava che non avevano punti deboli, sembra che le parole di Stein abbiano influenzato maggiormente i giocatori del Celtic, alcuni dei quali ammettono ancora oggi di aver sottovalutato il Feyenoord.

Se gli scozzesi erano fiduciosi prima della partita, la loro determinazione si affievolì rapidamente a San Siro. Gli olandesi dominarono il possesso palla grazie ai centrocampisti Hasil, Van Hanegem e Jansen, dimostrandosi più in forma e più organizzati del Celtic. Tuttavia, quando il gol arrivò in una notte italiana insolitamente piovosa a maggio, fu il Celtic a segnarlo, grazie a Tommy Gemmell.

Il vantaggio durò però solo due minuti e il capitano Isreal pareggiò di testa su punizione. Il Feyenoord continuò a dominare il gioco dimostrando una grandissima tenuta fisica, ma pochi guardando quella finale poterono negare che furono le tattiche fluide e rodate di Happel a fare la differenza tra le due squadre.

Il portiere del Feyenoord Graafland, ritornato titolare proprio per la sfida decisiva contro il Celtic

Gli attaccanti Hasil e Kindvall si dimostrarono insidiosi per i difensori del Celtic e le sgroppate di Wery e Moulijn crearono imbarazzo per tutta la serata ai terzini avversari. Anche senza palla, Happel si assicurò che la sua squadra fosse ben preparata e il talento celtico Jimmy Johnstone non ebbe spazio da van Duivenbode, mentre Moulijn lavorò il doppio per impedire che il terzino avversario, David Haye, potesse servire l’attaccante.

Ma nonostante tutto il suo predominio, il Feyenoord non riuscì a trovare il gol decisivo. Una serie di parate eccezionali di Evan Williams negarono ai Rotterdammers il vantaggio, così come i pali in due occasioni diverse, e la partita finì 1-1. Nei supplementari il Feyenoord non riuscì a sovrastare il Celtic come nel primo tempo, il gioco si affievolì nei minuti successivi, avviandosi, apparentemente, ai rigori.

Ma pochi minuti prima della fine, lo svedese Kindvall approfittò di uno svarione difensivo del Celtic e superò Williams per il punto decisivo. Non c’era più tempo, il Feyenoord era campione d’Europa.

La rete decisiva di Ove Kindvall

Fu un evento eccezionale. Gli olandesi erano considerati sfavoriti prima del torneo e non erano stati considerati nella maggior parte delle loro sfide, soprattutto quelle contro il Milan e il Celtic. Vincendo il torneo, il Feyenoord diventò solo la settima squadra a conquistare il titolo continentale e la prima squadra olandese a sollevare il trofeo. Secondo Stein, c’era solo una ragione per cui la sua squadra aveva perso. “Il Celtic non ha perso contro il Feyenoord. Ha perso contro Happel“, dichiarò l’allenatore dopo la partita, ammettendo la supremazia tattica del tecnico austriaco.

Il fulcro di questa splendida squadra era il duo d’attacco formato dall’austriaco Hasil e dallo svedese Kindvall. Quest’ultimo era piccolo, veloce e un goleador implacabile, che segnerà ben 129 gol in 144 partite di Eredivisie durante la sua esperienza a Rotterdam. In patria, portò la nazionale svedese ai Mondiali del 1970 e del 1974.

La velocità, la prontezza e l’intelligenza di Hasil erano elementi cruciali per il progetto di Happel. Accanto a Hasil, l’eccellente Jansen offriva una maggiore copertura difensiva al terzetto di centrocampo. Ebbe una carriera di 15 anni al De Kuip e avrebbe poi allenato il club. A livello internazionale rimane uno dei pochi giocatori ad aver disputato due diverse finali di Coppa del Mondo.

L’austriaco Franz Hasil, elemento chiave nello scacchiere di Happel

Van Hanegem era l’ultimo dei tre centrocampisti di Happel. Aveva un rapporto quasi filiale con l’allenatore e avrebbe collezionato 52 presenze con l’Olanda, inclusa una nella finale della Coppa del Mondo del 1974. Considerato ancora uno dei grandi olandesi di tutti i tempi, si era guadagnato il soprannome di De Kromme per il suo stile di corsa e la capacità di calciare la palla con l’esterno del piede. Van Hanegem era un assist-man fantastico, gran lavoratore e all’occorrenza duro nei contrasti.

Sulle fasce brillavano Henk Wery, superbo nei cross, e Coen Moulijn, giustamente considerato uno dei più grandi giocatori di sempre del club. L’ala sinistra era rinomata per la sua capacità di fingere un passaggio per poi tagliare all’interno. Moulijn giocò per il Feyenoord tra il 1955 e il 1972 e oggi fuori dal De Kuip c’è una statua per onorare il grande leader.

Sebbene la “squadra dei sogni” del Feyenoord sia ricordata per la sua verve offensiva, c’è da considerare anche l’organizzazione difensiva che subì solo 22 gol in campionato nella stessa stagione. Al centro c’era Israel, conosciuto come “Iron Rinus”, giocatore olandese dell’anno nel 1970 e capitano del club, in Nazionale ben 47 presenze.

Wim van Hanegem e Coen Molijn

Il suo partner era Theo Laseroms e, sebbene forse non tecnicamente competente come Israel, aggiunse ulteriore sicurezza alla linea di difesa. I terzini Romeijn e Van Duivenbode non furono mai considerati tra i migliori al mondo all’epoca, ma la coppia comunque si dimostrò sempre affidabile per il Feyenoord e con loro raramente Happel si preoccupava delle ali avversarie.

Il tecnico era così fiducioso nella forza della sua squadra che prima della stagione 1970/71 decise di fare solo pochi acquisti: Dick Schneider, Matthias Maiwald e Hans Posthumus, che avevano un ruolo marginale, e Jan Boskamp, ​​che tornava dal prestito all’Holland Sport.

Il calcio olandese si stava imponendo come uno dei migliori al mondo. Nella stagione 1970/71 l’Eredivisie vantava il Feyenoord, campione d’Europa in carica, l’Ajax, che gli avrebbe succeduto in quella stessa stagione, il PSV Eindhoven, semifinalista della Coppa delle Coppe e l’FC Twente, agli ottavi di finale della Coppa delle Fiere.

Prima di iniziare la nuova stagione, però, il Feyenoord doveva giocare la Coppa Intercontinentale, la sfida tra i vincitori della Coppa dei Campioni e della Copa Libertadores. Gli uomini di Happel partivano ancora una volta sfavoriti contro l’Estudiantes de La Plata che disputava la terza finale di fila.

Il Feyenoord 1970/71

La prima gara del doppio confronto si giocò a Buenos Aires nello stadio La Bombonera. Per dire del clima teso, gli olandesi in Argentina furono scortati da 200 militari e non poterono uscire senza essere accompagnati. Anche i giocatori dell’Estudiantes si mostrarono aggressivi come da copione. Insomma, l’ambiente dell’andata era così intimidatorio che in seguito Happel definì l’Estudiantes una “squadra di gangster”.

La formazione che disputò la finale di Coppa Intercontinentale fu la stessa che tre mesi prima batté il Celtic, tranne Treijtel in porta. E proprio il portiere sostituto commise due errori clamorosi che permisero ai padroni di casa di andare sul 2-0 in 12 minuti. Il Feyenoord però non si lasciò intimorire e ridusse lo svantaggio a metà del primo tempo per poi pareggiare con Kindvall nella ripresa.

La partita di ritorno, giocata diverse settimane dopo, fu più tesa e nervosa della prima, e dopo un’ora era ancora a reti bianche. Happel allora sostituì Moulijn con Joop van Daele: era la mossa vincente perché due minuti dopo, l’ala fulminò un inerme Oscar Pezzano da fuori area. La rete regalava al Feyenoord il titolo di Campione del Mondo.

La rete dell’occhialuto Joop van Daele regala al Feyenoord la Coppa Intercontinentale

I Rotterdammers ebbero poco tempo per festeggiare perché era già tempo di Coppa dei Campioni. Il primo turno contro il modesto UTA Arad sembrava una formalità, ma i rumeni riuscirono ad imporre un 1-1 al De Kuip per poi difendere uno 0-0 in casa sufficiente per eliminare clamorosamente i campioni in carica.

Smaltita in velocità la delusione continentale, il Feyenoord si riscattò mostrando una forma superba in campionato e mantenne tre punti di vantaggio sull’Ajax fino a metà di novembre. La lotta per il titolo si protrasse per tutta la stagione fino alla penultima giornata, quando il Feyenoord andò ad Amsterdam con lo stesso punteggio dell’Ajax.

Fu una specie di spareggio per il titolo. La partita venne trasmessa in diretta nei Paesi Bassi e fu spostata a un giovedì sera per il coinvolgimento dell’Ajax nella finale di Coppa dei Campioni contro il Panathinaikos. All’inizio della stagione le due squadre avevano pareggiato 1-1 e l’Ajax aveva eliminato il Feyenoord dalla Coppa d’Olanda ad aprile. Entrambe le squadre arrivarono a questa partita in una forma eccezionale avendo vinto otto partite consecutive di campionato.

Una sfida storica, quella tra il Feyenoord di Happel e l’Ajax di Michels, che si affrontarono faccia a faccia per l’ultima volta. I padroni di casa passarono in vantaggio con Piet Keizer, ma fu la rimonta del Feyenoord nella ripresa a determinare il destino del titolo. In un match rovente e combattuto come ai vecchi tempi, Kindvall realizzò la sua 24esima rete stagionale in campionato e pareggiò i conti per i Rotterdammers, prima che Schneider firmasse una doppietta decisiva. Il Feyenoord conquistò il titolo la settimana successiva e coronò un’altra annata memorabile.

Le immagini della sfida decisiva tra Ajax e Feyenoord, campionato 1970/71

Questa fu, in un certo senso, la fine del ciclo per Happel e della sua squadra vincente. L’austriaco rimase altri due anni a Rotterdam senza sollevare altri trofei. Il punto debole di Happel al Feyenoord si rivelò la sua incapacità di rinnovare e ricostruire la formazione campione d’Europa. Kindvall se ne andò nel 1972 e Laseroms e Moulijn lo seguirono la stagione dopo. Lo stesso Happel se ne andò nel 1973 e proseguì la sua carriera allenando il Siviglia e poi il Club Brugge prima di ritrovare alcuni vecchi amici cinque anni dopo come commissario tecnico dell’Olanda.

Guidò gli Oranje alla finale del Mondiale del 1978, poi persa contro l’Argentina. Happel aggiunse un’altra Coppa dei Campioni al suo palmarès 12 anni dopo quella notte magica a Milano, portando al trionfo un’altra squadra inaspettata: l’Amburgo, che si impose sulla super favorita Juventus di Platini e Rossi. Rimane uno dei soli cinque allenatori ad aver vinto il massimo trofeo europeo con due squadre diverse.

Sotto la guida del successore di Happel, Wiel Coerver, il Feyenoord riscoprì l’abitudine al successo con uno scudetto e una Coppa UEFA nel 1974, che fu una specie di canto del cigno per la rimanente banda del “dream team”.

In gran parte oscurato dall’enormità di ciò che l’Ajax aveva ottenuto nella stessa epoca, il Feyenoord rimane ancora oggi un nome meno noto al di fuori dei Paesi Bassi per gli appassionati di calcio. Tuttavia la sua eredità non dovrebbe mai essere trascurata. L’approccio tattico rivoluzionario di Happel influenzò il Calcio Totale, Michels e il calcio olandese nel suo insieme e fornisce ancora oggi la base di formazioni e sistemi tattici. Fu anche in quel periodo che il De Klassieker divenne quell’istituzione nei Paesi Bassi che è ancora oggi.