Il trionfo a Euro 1976 rappresenta una delle più grandi sorprese nella storia del calcio. Guidata da Václav Ježek, la squadra sconfisse giganti come Olanda e Germania Ovest, conquistando il suo unico titolo internazionale.
I tumultuosi anni ’70 cecoslovacchi videro intrecciarsi drammaticamente le vicende politiche con quelle sportive. Il paese, ancora scosso dalla brutale repressione della Primavera di Praga del ’68, si ritrovò nuovamente sotto il ferreo controllo di Mosca. In questo clima di tensione sociale e politica, il calcio assunse un ruolo che andava ben oltre il semplice sport, trasformandosi in un potente catalizzatore dell’identità e dell’orgoglio nazionale.
La gloriosa tradizione calcistica cecoslovacca affondava le sue radici negli anni ’30, quando la nazionale raggiunse la sua prima storica finale mondiale nel 1934, arrendendosi solo all’Italia padrona di casa dopo una battaglia memorabile. Quasi trent’anni dopo, nel 1962, i cecoslovacchi tornarono a sfiorare il titolo mondiale in Cile, cedendo questa volta al Brasile di Garrincha.
Tuttavia, il periodo a cavallo tra gli anni ’60 e i primi ’70 segnò una fase di transizione e difficoltà per il calcio cecoslovacco. La mancata qualificazione ai Mondiali inglesi del ’66 rappresentò una cocente delusione, replicata otto anni dopo con l’esclusione dalla rassegna iridata di Germania Ovest ’74. Era un momento di ricambio generazionale, con i vecchi campioni che lasciavano progressivamente spazio a nuovi talenti che presto avrebbero riportato la nazionale ai vertici del calcio europeo.
La squadra stava silenziosamente costruendo le basi per quello che sarebbe stato il suo periodo più glorioso, culminato con il trionfo europeo del 1976. Le difficoltà di quegli anni servivano inconsapevolmente da trampolino per i successi futuri, in un percorso che avrebbe visto emergere giocatori del calibro di Ivo Viktor, Antonín Panenka e Zdeněk Nehoda.
La rinascita
La svolta arrivò con la nomina di Václav Ježek come commissario tecnico nel 1972. Ježek aveva allenato in Olanda, assorbendo le innovative idee tattiche del “calcio totale” che stavano rivoluzionando il gioco. Sotto la sua guida, la Cecoslovacchia iniziò a costruire una squadra competitiva, mescolando giovani talenti come Zdeněk Nehoda e Antonín Panenka con giocatori più esperti.
Per le qualificazioni a Euro 76, la Cecoslovacchia si trovò in un girone con Inghilterra, Portogallo e Cipro. Dopo una pesante sconfitta per 3-0 a Wembley contro gli inglesi, i cecoslovacchi inanellarono una serie di vittorie convincenti, tra cui un 5-0 al Portogallo. La rivincita arrivò nel match di ritorno contro l’Inghilterra, vinto 2-1 a Bratislava. Un risultato clamoroso, che permise alla Cecoslovacchia di qualificarsi per la fase finale, eliminando i blasonati leoni inglesi.
Il formato di Euro 1976 era molto diverso da quello attuale. Solo quattro squadre si qualificavano per la fase finale, che consisteva in semifinali e finale. La Cecoslovacchia si ritrovò quindi a dover affrontare in semifinale i vice-campioni del mondo dell’Olanda, la squadra che aveva incantato il mondo con il suo “calcio totale” due anni prima.
Eliminati i tulipani
La semifinale si svolse il 16 giugno 1976 a Zagabria, nell’allora Jugoslavia, sotto una pioggia battente che rese il campo pesante e scivoloso. L’Olanda, vice-campione del mondo, era ovviamente la grande favorita con stelle di prim’ordine come Johan Cruijff, Johan Neeskens e Ruud Krol.
La Cecoslovacchia sorprese invece tutti aprendo le marcature al 19° con il difensore Anton Ondruš che segnò di testa su calcio d’angolo, portando inaspettatamente in vantaggio la sua squadra.
La partita si complicò per i cecoslovacchi al 76° , quando Jaroslav Pollák venne espulso, lasciando la sua squadra in dieci uomini e la situazione sembrò precipitare poco dopo, quando lo stesso Ondruš, eroe del primo tempo, segnò un’autorete al 78° minuto, pareggiando il risultato. Tre minuti dopo anche l’olandese Johan Neeskens venne espulso, riequilibrando numericamente le squadre.
Con il risultato di 1-1, la partita si prolungò ai tempi supplementari. Qui, nonostante la stanchezza, la Cecoslovacchia mostrò una straordinaria resilienza. Al 114° , Zdeněk Nehoda segnò di testa su un cross di František Veselý, riportando in vantaggio i cecoslovacchi.
Tre minuti dopo, al 117°, lo stesso Veselý sfruttò un mancato fuorigioco della difesa olandese per segnare il gol del definitivo 3-1.
L’atto finale
La Cecoslovacchia, già messa alla prova dall’Olanda, si trovava ora di fronte a un colosso: la Germania Ovest, campione d’Europa nel 1972 e del mondo nel 1974. La squadra teutonica vantava un’impressionante collezione di talenti: Maier, Beckenbauer, Vogts, Schwarzenbeck, Bonhof, Hoeness, Dieter Müller e Hölzenbein. Per i cecoslovacchi, questa era un’opportunità unica per passare alla storia.
Il 20 giugno 1976, lo stadio della Stella Rossa di Belgrado fu teatro di un incontro memorabile. I cecoslovacchi partirono all’attacco, sbloccando il risultato all’8° con Svehlík. Al 25°, Karol Dobias raddoppiò con un magistrale tiro da fuori area. La Germania sembrava disorientata, e l’allenatore Helmut Schön temeva il peggio.
Tuttavia, come la storia del calcio insegna, la Germania è maestra nel ribaltare le sorti di una partita. Tre minuti dopo il secondo gol cecoslovacco, Dieter Müller accorciò le distanze con una splendida rovesciata. Nel secondo tempo, la tensione raggiunse livelli altissimi. Il portiere veterano Ivo Viktor, 34 anni, disputò la partita della vita, compiendo parate prodigiose e neutralizzando ogni tentativo di Beckenbauer, Müller e compagni.
Quando la vittoria sembrava ormai in mano ai cecoslovacchi, al 44° Bonhof crossò e Hölzenbein, svettando più in alto del portiere Viktor, pareggiò per la Germania. Fu un colpo durissimo per i cecoslovacchi e l’ennesima dimostrazione della proverbiale tenacia tedesca.
I tempi supplementari, che seguirono una semifinale già estenuante per entrambe le squadre, non produssero ulteriori reti. La stanchezza si fece sentire e la finale dell’Europeo 1976 si sarebbe decisa ai rigori, in un epilogo carico di tensione e dramma sportivo.
Il rigore di Panenka
Quella che poi si sarebbe chiamata “lotteria dei rigori” era una novità assoluta per una finale di un grande torneo internazionale.
Le prime sette conclusioni andarono a segno, poi arrivò l’errore del tedesco Uli Hoeness. Tocco allora ad Antonín Panenka presentarsi sul dischetto con la possibilità di regalare il titolo alla sua nazione. Quello che accadde nei secondi successivi è entrato nella leggenda del calcio.
Invece di calciare con potenza, Panenka optò per un tocco morbido e beffardo al centro della porta, mentre il portiere tedesco Sepp Maier si tuffava sulla destra. Fu un gesto di una freddezza e di un’audacia incredibili, che lasciò tutti a bocca aperta. Quel rigore non solo diede la vittoria alla Cecoslovacchia, ma divenne un’icona del calcio, tanto che ancora oggi quel tipo di esecuzione viene chiamata “cucchiaio alla Panenka“.
La Cecoslovacchia aveva compiuto l’impossibile, vincendo il suo primo (e unico) titolo internazionale. Fu un trionfo che andò ben oltre lo sport, rappresentando un momento di gioia e orgoglio per un’intera nazione in un periodo difficile della sua storia.
Gli uomini di Ježek
Quel successo fu il culmine di un percorso iniziato anni prima e frutto di una combinazione di fattori. In primo luogo, la visione tattica di Ježek, che seppe creare un sistema di gioco efficace, basato su una solida difesa e rapide ripartenze. Un approccio che permise alla squadra di competere alla pari con avversari tecnicamente superiori.
In secondo luogo, il gruppo di giocatori eccezionali che componevano quella squadra. Uomini come il portiere Ivo Viktor, che a 34 anni disputò il torneo della vita, o l’attaccante Zdeněk Nehoda, vero simbolo di quella nazionale. E naturalmente Antonín Panenka, il cui nome sarà per sempre legato a quel rigore leggendario.
Ma forse l’elemento più importante fu lo spirito di squadra. Quella Cecoslovacchia era un gruppo unito, che credeva nelle proprie possibilità nonostante lo scetticismo generale. Fu questa mentalità a permettere loro di superare ostacoli apparentemente insormontabili come l’Olanda di Cruijff o la Germania campione del mondo.
Un trionfo isolato
Quella magica vittoria a Euro ’76 brilla ancora come il momento più glorioso nella storia del calcio ceco. Gli anni successivi videro la nazionale cecoslovacca faticare a mantenere quegli standard elevati – un’assenza dai Mondiali ’78 e un modesto terzo posto a Euro ’80 ne furono la testimonianza.
Ci fu un lampo di luce alle Olimpiadi di Mosca 1980, dove una squadra di giovani talenti conquistò l’oro. Ma quel torneo, segnato dall’assenza di molte potenze occidentali, non poteva certo reggere il confronto con il trionfo europeo di quattro anni prima.
Quando la Cecoslovacchia si divise nel 1993, il testimone calcistico passò alla Repubblica Ceca. La nuova nazionale ha saputo regalare alcune soddisfazioni ai suoi tifosi, come la splendida cavalcata fino alla finale di Euro ’96, senza però mai riuscire a replicare quella storica impresa del ’76.