MASOPUST Josef: Bohemian Rapsody

Il Pallone d’Oro 1962 possedeva una tale tecnica da dare l’impressione di essere nato in Brasile, non in Europa. Il successo non cambiò mai la sua natura semplice, onesta e discreta.

Masopust: un mago del pallone, capace di unire la tecnica raffinata di un brasiliano alla grinta tipica di un operaio del blocco orientale. Era un idolo nazionale – e lo è ancora – nella ex Cecoslovacchia, dopo che aveva guidato il suo paese al terzo posto nell’Europeo del 1960 e al secondo posto nel Mondiale due anni dopo. Insieme a Lev Yashin, Ferenc Puskas e Florian Albert, Masopust è stato uno dei più grandi campioni emersi da dietro la cortina di ferro.

Vestì per 14 anni la maglia del Dukla Praga, una formazione che non godette mai di grande popolarità a causa delle sue origini militari. Anche quando il Dukla era al culmine del successo, come nel 1965-66 quando conquistò il quinto titolo ceco in sei anni, richiamava una media di 9.000 spettatori a partita, mentre i rivali dello Sparta Praga e dello Slavia richiamavano folle molto più numerose. Ma nonostante questo, Masopust si guadagnò l’affetto e la stima di tutti.

Il Dukla nacque come ATK nel 1948 come costola dell’esercito cecoslovacco, prendendo il nome in memoria della battaglia del Passo Dukla nella seconda guerra mondiale. I giallorossi potevano contare sui migliori giocatori del paese, compresi quelli di Sparta e dello Slavia, i due club che dominavano il calcio ceco prima della guerra. Non c’è da stupirsi che il Dukla abbia collezionato trofei a ripetizione negli anni ’60, con Masopust a fare da regista al centro del campo.

Nato nel 1931, figlio di un minatore di lignite, nel 1952 entra a far parte del Dukla, dopo aver iniziato a giocare a calcio nella sua città natale, Most. Una città martoriata dalle distruzioni e dalle due guerre mondiali, che cambiò più volte padrone in due secoli: dall’Impero austro-ungarico alla Cecoslovacchia, dalla Germania nazista di nuovo alla Cecoslovacchia e infine alla Repubblica ceca.

Il suo primo club fu lo ZSJ Uhlomost (oggi FK Nanik Most), dove si mise in mostra come mezzala sinistra di classe e resistenza. Dopo una breve parentesi allo ZSJ Technomat Teplice, arriva al Dukla. Il suo passaggio al club dell’esercito venne criticato da molti, perché Masopust era ambito da diverse squadre, ma il Dukla aveva la priorità nella scelta dei migliori talenti. Questo gli costò inizialmente la simpatia dei tifosi, che poi lo adoreranno nel resto della sua carriera.

Esordì in nazionale nel 1954 e collezionò 63 presenze. Partecipò ai Mondiali del 1958, ma è agli Europei del 1960 che si fece notare a livello internazionale. I cechi arrivarono terzi, eliminati in semifinale dall’URSS. Due anni dopo, ai Mondiali in Cile, Masopust e compagni compirono un’impresa raggiungendo la finale. I cechi si erano qualificati battendo Scozia e Repubblica d’Irlanda, ma in Cile nessuno credeva che potessero superare un girone di ferro con Brasile, campione uscente, Messico e la fortissima Spagna guidata da Helenio Herrera, che poteva disporre di Puskas, Peirò e Gento.

Già dati per spacciati, i cecoslovacchi sorpresero tutti battendo la Spagna 1-0, tenendo testa al Brasile 0-0 e cedendo solo al Messico nell’ultima ininfluente sfida del girone. Ma il loro sogno non si fermò e nei quarti superarono l’Ungheria 1-0 e in semifinale la Jugoslavia 3-1. I cechi, che avevano affinato il loro famoso “gioco di passaggio”, Ceske Ulice, si erano ritrovati di fronte il Brasile in finale.

Masopust, che non era un gran goleador, portò a sorpresa in vantaggio i suoi al quarto d’ora. Nel 1970 raccontò a World Soccer:

«Partita dopo partita ci siamo sentiti più forti e sicuri, e in finale non avevamo nulla da temere. Abbiamo deciso di dimostrare a tutti che sapevamo anche giocare bene, senza ricorrere a falli o ostruzionismo, e improvvisamente ci trovammo in vantaggio. L’azione è partita da Pospichal, che aveva preso il posto di Stribani e Kvasnak sull’ala destra. Ha fatto un uno-due sulla fascia e si è avvicinato a Nilton Santos, che si è tirato indietro e non ha contrastato. Zozimo e Mauro si sono mossi per coprirlo, ma hanno lasciato uno spazio enorme sulla sinistra. Io ero lì. Ad ogni passo sentivo che avrei fatto gol se avessi ricevuto la palla. Ho corso per 30 metri fino al limite dell’area brasiliana e, con Nilton Santos ancora fermo, Pospichal mi ha servito il pallone perfetto. Mi è bastato controllarlo, alzare lo sguardo e insaccarlo»

Il Brasile non lasciò tempo ai cecoslovacchi di godersi il vantaggio. Due minuti dopo Amarildo ristabilì la parità, poi nella ripresa Zito e Vavà chiusero i conti. Una sconfitta amara, certo, ma il ricordo di quella sfida è rimasto vivo per anni.

Al ritorno in patria, i cecoslovacchi puntarono il dito contro il portiere Viliam Schrojf, che aveva sbagliato due interventi decisivi dopo essere stato fino prima della finale il migliore del torneo. “Erano la squadra più forte del mondo, comunque, anche senza Pelé, che era infortunato”, riconobbe Masopust. E Pelé, tra gli altri, elogiò la classe del centrocampista:

«Masopust aveva una tecnica tale da sembrare un brasiliano nato in Europa. Era al livello di giocatori come Platini, Beckenbauer e Xavi. Era anche una persona di grande intelligenza fuori dal campo».

Masopust Pallone d’Oro 1962 assieme al secondo classificato, il portoghese Eusebio

Alla fine del 1962, a Masopust venne consegnato il Pallone d’Oro, il riconoscimento di France Football al miglior giocatore d’Europa. Superò in classifica il grande Eusebio del Benfica e KarlHeinz Schnellinger dell’FC Colonia. Masopust dedicò il trofeo ai suoi compagni di squadra, ma la stampa sapeva bene che senza l’uomo chiamato “il Cavaliere”, la Cecoslovacchia non sarebbe certo arrivata in finale. World Soccer, nel febbraio 1963, scrisse:

«Qualcuno potrebbe ancora dire ‘Masopust… chi è?’, ma credetemi, è un calciatore eccezionale e un fine stratega. Il premio non poteva andare a una persona più gentile o a un professionista più impegnato».

Dopo il Cile 1962, la squadra ceca tornò a Praga acclamata dalla folla e fu ricevuta al Palazzo di Hradcani dal Ministro della Difesa. La squadra dovette ascoltare discorsi per più di un’ora e poi, sperando di ricevere una sorta di premio, si vide consegnare un libro a testa sull’importanza dello sport nella società, libro firmato dal ministro, che ne era anche l’autore…

Tornato al Dukla, contribuì a perpetrare il successo del club, che nel 1966-67, con Masopust ormai 35enne e in un ruolo più arretrato, arrivò alle semifinali di Coppa dei Campioni. Aveva eliminato l’Esbjerg della Danimarca, i campioni del Belgio dell’Anderlecht e un giovane Ajax prima di cedere ai futuri campioni del Celtic di Jock Stein.

Nel 1968, la leggenda del Dukla ebbe il permesso di giocare all’estero. Andò in Belgio come giocatore-allenatore del Crossing Molenbeek. Tornò al Dukla cinque anni dopo come allenatore e nel 1984-87 guidò la nazionale della Cecoslovacchia, contribuendo anche allo sviluppo del calcio in Indonesia, dove allenò la nazionale giovanile.

Pur nascendo in condizioni umili e difficili, non perse mai di vista le sue origini. La sua carriera calcistica lo portò al successo, ma non cambiò mai la sua natura semplice, onesta e discreta. Si è spento nella sua Praga nel 2015.