Bruno Panzera, L’Unità del 15 giugno 1974
Rivera e Mazzola allontanano l’incubo di una «nuova Corea»
Dopo un primo tempo passato a difendersi gli antillani vanno in vantaggio al 1′ della ripresa con Sanon: è la doccia fredda
È stato più laborioso del previsto, ma alla fine, come era abbondantemente scontato, la Nazionale azzurra è arrivata ad imporre la sua legge. Non è stata una gran bella partita, perché giocare buon football, quando l’avversario fa soltanto velleitaria confusione, e fatalmente ti trascina su quel piano, è praticamente impossibile, ma piacevole si. Quattro gol e mille episodi thrilling sono infatti largamente bastati a tener desto l’interesse. Gli azzurri, senza mai la necessità di doversi superare se non nei sofferti sette minuti del loro svantaggio, hanno giocato una partita dignitosa, pur concedendo che la limitata consistenza tecnica dell’avversario non può dar luogo a un attendibile test in previsione dei prossimi decisivi match con Argentina e Polonia.S’è forse pasticciato qualche volta in difesa, dove segnatamente Spinosi ha sofferto il dinamismo imprevedibile di Sanon, ottimo palleggiatore e tiratore di buona efficacia.
Hanno comunque tutti l’alibi d’aver in pratica sempre dovuto intervenire… a freddo per i lunghi periodi di inattività. A centrocampo, ripetiamo, tutti su un piano più che dignitoso (Rivera e Mazzola soprattutto non fosse, proprio loro che a Middlesbrough «c’erano» sentivano forse tutto il peso dell’incubo coreano) anche se sovente si è esagerato nell’impostare ad ogni costo il gioco su Riva. Il quale Riva dal canto suo, in palla e in fiato più di quel che si temesse, ha denunciato qualche titubanza e qualche imprecisione nei guizzi decisivi. Sempre Riva, comunque. Quanto ad Anastasi, basta giusto «spiegarlo» il suo magnifico goal. Di Haiti s’è visto quel che tutto si sapeva: buone individualità (il portiere Francillon soprattutto, Bayonne, Joseph, Vorbe e Sanon) e poco, o niente, d’altro.
E poiché il tempo stringe, passiamo subito alla cronaca. La giornata, contro ogni attesa, è bellissima: il sole, finalmente e i colori dell’estate. Lo stadio olimpico è forse cornice eccessiva per questo Italia-Haiti che apre senza molte pretese tecniche la fetta bavarese dei «mondiali» e gli spalti dunque non traboccano. L’entusiasmo degli italiani comunque non ha limiti e i drappi tricolori sventolano un po’ dovunque. In pratica è come se fossimo all’Olimpico di Roma. Facce e dialetti nostri. Trombe, campanacci e petardi giusto come il nostro tifo esige. Una banda militare rallegra come al solito l’attesa. All’annuncio delle formazioni, un boato per ogni nome italiano e fischi, manco a dirlo, per i centroamericani. Quando dal corridoio sotto la tribuna principale sbucano gli azzurri, per l’occasione in completo bianco con striscia pettorale, il rosso, il bianco e il verde delle bandiere si confondono in un frenetico cocktail.
I preliminari sono brevi, l’avvio in perfetto orario. Battuta d’inizio ad Haiti, in rosso folletto. Breve fase d’ambientamento, poi gli azzurri escono allo scoperto e la partita si delinea. Il suo filone conduttore cioè è già saldamente nelle mani di Rivera e compagni. La manovra azzurra si stende semplice a chiara sulla destra dove, una volta Capello e una Mazzola costruiscono ottime palle per Riva, prima bloccato sullo scatto da Bayonne e poi anticipato in tuffo da Francillon. Sempre gli azzurri in serpa e all’8′, una saetta di Mazzola a conclusione di un bel dialogo con Facchetti prende in pieno petto il bravo portierino haitiano che, due minuti dopo, si supera deviando in plastico volo un tiro teso di Facchetti da «fuori»: in leggero ritardo Riva sulla deviazione. Il match non sembra avere storia, ma il gioco, che poggia quasi esclusivamente sul bomber sardo diventa alle volte stucchevole nelle sue trame… obbligate.
Gli haitiani, per il momento, si limitano a una diligente difesa, ma il sospetto che non sappiano fare gran che d’altro prende corpo. Anche nelle marcature, del resto, se si eccettuano quelle di Bayonne su Riva e di Nazaire su Chinaglia tutto è molto approssimato: zelo, impegno, ottima preparazione atletica, ma quanto a geometria e a organizzazione tattica siamo all’ABC. Al 16′ comunque all’abc è anche Chinaglia che in perfetta e assoluta solitudine, sbaglia in modo clamoroso una deliziosa palla-gol servitagli da Riva. Al 22′ è invece il Gigi, spedito magistralmente a rete da Rivera, a insistere nel dribbling per liberare a colpo sicuro il sinistro finché Bayonne e Joseph lo bloccano con le buone o le cattive.
Ormai siamo al forcing, magari non insistito nei toni, giusto per tener lontano l’orgasmo, ma evidentissimo nella sostanza. Si gioca in una sola metà campo e Rivera, Mazzola e Facchetti portano sotto palloni in tutta tranquillità. La opposizione, è vero, è pressoché nulla e non approfittarne sarebbe da… lapidazione. Proprio Facchetti, al 26′ crossa da sinistra una palla che sorvola tutta l’area e finisce precisa e puntuale sulla testa di Riva che incorna in tuffo: bravissimo ancora Francillon a dire no. Il solo pericolo dunque sembra quello che in un’area eccessivamente affollata non si riesca a trarre il ragno dal buco. Qualche contropiede tra l’altro, i negretti si azzardano a tentarne; uno che mette giusto in allarme Morini e Spinosi, potrebbe anche propiziare la beffa che non t’aspetti. Il gol che rompe il ghiaccio sembrerebbe cosa fatta al 33′ su una gran legnata di Mazzola dal limite, ma ancora una volta Francillon è irremovibile: disco rosso per tutti.
Sono dieci diavoletti, nella loro metà campo che sembrano moltiplicarsi, e nei corridoi della manovra azzurra uno al momento giusto, riesce sempre ad intrufolarsi. Parlare di partita vera e propria non ha più senso; meraviglia solo che Riva e C. non riescano a trovare la chiave per far saltare il bunker. Gli è che non si gioca sulle fasce esterne e ammucchiandosi al centro, uno sui piedi dell’altro, non si fa che favorire il lavoro di Bayonne, Joseph, Nazaire e compagni. Bussa e ribussa il gol — quasi — giunge… dall’altra parte: è bravissimo infatti Zoff a deviare d’intuito in tuffo una fucilata improvvisa in diagonale di Vorbe. Si ritorna subito nei paraggi di Francillon, ma prima Riva di testa, poi Facchetti con un gran tiro in corsa, bruciano due possibili palle-gol. Cosi è. Per intanto, se ne vadano pure tutti a riordinare le idee negli spogliatoi.
Si riprende, e la beffa che si paventava, nel breve spazio di 49″, assume l’aspetto, e le forme, per i tanti italiani amari, della realtà: Vorbe imposta la rapida azione di rimessa e serve in verticale Sanon, che «salta» Spinosi, resiste ai suoi tentativi di aggancio e fa secco in diagonale l’incolpevole Zoff che vede così crollare dopo 1.133 minuti la sua imbattibilità. Il pubblico di parte non italiana è, come si può capire, tutto pubblico di parte avversa. E cosi esulta con incredibile gioia e colorato sarcasmo. La sua gioia e il suo sarcasmo durano però poco, lo spazio breve di sette minuti, quanto basta per dissolvere fra gli italiani l’incubo ricorrente di una nuova Corea. Mazzola centra da destra, Chinaglia nella ressa di centro-area tocca indietro a Rivera che azzecca il tiro e lo spiraglio giusti: 1-1 e la partita torna sui suoi binari. Anche Barthelemy, infatti, che ha rilevato Saint Vil rimasto negli spogliatoi, s’arrocca spesso con i suoi a difesa.
Gli attacchi azzurri si succedono con metodica insistenza, ed è in questa fase particolarmente attivo Mazzola che rifinisce ottime palle per Riva e per Chinaglia. Le conclusioni, però, ora per un motivo ora per l’altro, non trovano mai l’attimo giusto o il quid propizio. Non c’è comunque che da attendere e, al 19′ la dea bendata mostra finalmente il suo volto aperto e sorridente: Benetti calcia da una trentina di metri quello che dovrebbe essere un pallone senza troppe pretese e che invece, complice una deviazione galeotta di Auguste, si trasforma nella palla del 2-1.
Insistono gli azzurri e, un paio di minuti dopo, Chinaglia sbaglia in modo vistoso il passaggio-gol a Riva appostato in posizione di sparo a due metri da Francillon che pur con qualche concessione di troppo alla teatralità, non sbaglia un intervento. Al 24′ Valcareggi richiama Chinaglia e gioca la carta Anastasi, la carta cioè della frenesia e della imprevedibilità. Comunque, è una fase, questa, in cui gli azzurri sembrano voler tirare il fiato (o sono agli spiccioli?) e i rossi ne approfittano per vedere di tessere a centrocampo qualche passabile trama: sono però sempre, invece, spunti isolati or di questo or di quello a tenere banco.
Fuochi di paglia ad ogni modo perché proprio Anastasi, al 34′ toglie loro ogni velleità: Mazzola-Riva-Pietruzzo, due passi in corsa, la mira, poi un gran destro di tutta punta che si infila violento e preciso nello stretto spiraglio tra palo e portiere. Fin nel centro di Monaco, non c’è dubbio, avran sentito gli hurrà degli italiani. Adesso, soddisfatto, c’è già chi sfolla. Sono gli ultimi minuti ormai e la partita quel che doveva dire ha detto. Contro l’Argentina, mercoledì a Stoccarda sarà certo un’altra cosa, ma è per intanto motivo di non poca soddisfazione il fatto che questi «mondiali» siano quantomeno nati sotto buoni auspici. Poi si vedrà.
L’Intervista
Valcareggi spiega il motivo dell’innesto di Anastasi
«Ho sostituito Chinaglia per allargare il gioco»
E’ scoppiato un «caso» Chinaglia? L’interrogativo sembrava legittimo al momento della sostituzione di Chinaglia con Anastasi perché Giorgione (come tutti hanno visto in TV) è uscito dal campo gesticolando scompostamente verso la panchina azzurra. Ma evidentemente doveva essere la reazione del momento, perché poi la cosa non ha avuto seguito.Chinaglia negli spogliatoi non ha parlato con i giornalisti: e Valcareggi respingendo assolutamente l’ipotesi di un «caso» ha spiegato di aver sostituito Chinaglia con Anastasi non perché il laziale avesse demeritato ma semplicemente perché lo inserimento dello juventino, più sgusciante ed agile, gli avrebbe permesso di allargare le maglie della difesa avversaria. Chinaglia del resto come gli altri titolari era stato avvertito che avrebbe potuto essere sostituito in qualsiasi momento da uno dei cinque in panchina. Insomma a giudicare da quanto si è capito negli spogliatoi Chinaglia se ha avuto una reazione immediata dettata dal dispiacere di uscire poi si è calmato e non dovrebbero esserci echi o ripercussioni.
Passando alla partita più in generale Valcareggi ha ammesso che c’è stato un po’ di «gelo» al momento del gol haitiano ma ha subito aggiunto che la squadra italiana si è ripresa prontamente e questo soprattutto per la sua esperienza internazionale.
«Penso — ha precisato — che soltanto grazie a questa esperienza la squadra sia riuscita ad impostare subito un gioco d’attacco molto proficuo e a segnare i tre gol, gol, che, comunque, avrebbe meritato di siglare anche precedentemente. La squadra italiana si è mossa molto bene anche se si è poi trovata di fronte ad un portiere in forma eccezionale, Francillon, un portiere che ha parato veramente tutto. La porta haitiana sembrava stregata. Nel primo tempo abbiamo avuto sei o sette occasioni da gol e non sono finite in rete soltanto per sfortuna nostra e per abilità del portiere caraibico».
Delusione – moderata – nel campo haitiano dopo che era stato assaporato il gusto del risultato clamoroso.
«L’Italia ha vinto soprattutto grazie all’impostazione del gioco nel secondo tempo sulla fascia laterale destra del campo — ha precisato il tecnico —. Questa nuova impostazione ha messo in difficoltà la tua difesa e in particolare modo Aguste, il terzino sinistro che – ha rilevato – non era nelle migliori condizioni perché si è leggermente infortunato in Olanda senza avere recuperato del tutto».
«Dal punto di vista psicologico — ha continuato — è un ragazzo che sente molto la responsabilità e l’emozione gli ha giocato un brutto scherzo. Quindi gli italiani, impostando il gioco su di lui, hanno aperto varchi piuttosto grossi nella difesa costringendo a dei recuperi, a volte disperati. In uno di questi lo stesso Aguste ha messo in rete la palla del secondo gol italiano».
Tassy ha poi detto che subito il secondo gol, la sua squadra si è un po’ disunita. «Il morale dei giocatori è sceso notevolmente perché si sono resi conto che non era più possibile recuperare contro gli italiani ormai scatenati».
Egli ha concluso dichiarando che l’Italia si può ritenere già praticamente qualificata e che la sua squadra ha dimostrato di non essere poi «quella compagine-materasso, che tutti dicevano».
Hans Reutermann, L’Unità del 15 giugno 1974
15-6-1974, Stoccarda
Italia-Haiti 3-1
Reti: 46’ Sanon, 52’ Rivera, 64’ aut Auguste, 78’ Anastasi
Italia: Zoff, Spinosi, Facchetti, Benetti, F. Morini, Burgnich, A. Mazzola, F. Capello, Chinaglia (69’ Anastasi), Rivera, Riva. Ct: F. Valcareggi.
Haiti: Francillon, Bayonne, Auguste, François, Nazaire, Jean Joseph, Vorbe, Antoine, Sanon, Desir, G. Saint Vil (46’ Barthelemy). Ct: A. Tassy.
Arbitro: Llobregat (Venezuela).