Zaire 74: la pelle dei Leopardi

Una presenza che ha fatto storia perché era la prima volta di una squadra dell’Africa nera. Ma per i sudditi di Mobutu andò malissimo: tre partite, altrettante sconfitte, quattordici reti subite e nessuna segnata

Il Congo belga è una delle numerose colonie che, dopo la seconda guerra mondiale, reclamano la propria libertà, e che finalmente la ottengono nel 1960. Nel 1965, il generale Mobutu si impadronisce del potere della neonata Repubblica Democratica del Congo con un colpo di Stato. Sei anni dopo, per affermare l’identità africana, ribattezza il paese come Zaire, dal nome che veniva dato al fiume Congo. Mobutu, inoltre, sostituisce tutti i nomi di luogo di origine straniera (ad esempio, Léopoldville diventò Kinshasa) e obbliga la popolazione a usare nomi africani e a vestire gli abiti tradizionali al posto di quelli occidentali.

Dopo aver soffocato rivolte, eliminato, anche fisicamente, ogni opposizione al suo regime e aver ricevuto l’inevitabile l’appoggio economico degli Stati Uniti, Mobutu fa ciò che ogni dittatore in cerca di legittimità politica avrebbe fatto: si dedica allo sport. Obiettivo minimo: portare lo Zaire ai Mondiali di calcio.

Nelle qualificazioni alla rassegna iridata organizzata in Germania Ovest, Togo, Camerun, Ghana, Zambia e Marocco cercano senza fortuna di sbarrare la strada agli uomini di Blagoje Vidinic, uno jugoslavo di Skopje scelto dopo l’ottima esperienza vissuta sulla panchina marocchina ai Mondiali del Messico 1970.

Il dittatore premia i giocatori con un’automobile e una casa ciascuno. E così, Adelard Mayanga, detto “Passepartout”, Uba KemboCittadino gol”, Mulamba Ndaye, “L’assassino”, e i loro compagni, si galvanizzano ulteriormente, trascinando nel marzo del 1974 la squadra a conquistare la Coppa d’Africa in Egitto.

Mobutu, quindi, invia un aereo presidenziale all’ombra delle Piramidi a prendere i vincitori e li accoglie con tutti gli onori: Ndaye, che nel torneo continentale va a segno nove volte e stabilisce un record tuttora imbattuto, riceve addirittura la medaglia dell’Ordine Nazionale del Leopardo, la massima onorificenza possibile. Del resto il felino è il simbolo scelto dal padre-padrone della nazione per rappresentare se stesso e lo Zaire: non a caso sulle maglie indossate ai Mondiali (gialle contro la Scozia, verdi contro Jugoslavia e Brasile), campeggerà un gigantesco muso.

La preparazione

I titoli della Gazzetta dello Sport sulle amichevoli giocate in Italia in preparazione al Mondiale

Incassati premi e applausi, a fine aprile Vidinic e i suoi giocatori si avvicinano alla Germania spostandosi in Svizzera, ma fa troppo freddo (si passa dai 40° africani ai 5° di Lucerna): meglio trasferirsi a Coverciano, nella più calda Toscana. Sono tre i test organizzati con squadre italiane. Con la Fiorentina finisce 2-1 per i viola (a Ndaye risponde Speggiorin con due colpi di testa), l’arbitro è Alberto Michelotti Gli zairesi erano quasi riverenti nei miei riguardi, ma quanti svarioni quando si buttavano con foga su ogni pallone!»). Con la Roma va peggio (3-0 per i giallorossi, segnano Domenghini, Prati su rigore e Scaratti). A Cesena, infine, i “Leopardi” strappano un pareggio per 1-1, con gol di Ntumba e Tombolato.

Lasciata l’Italia, il conto alla rovescia verso il Mondiale riprende con la festa che i 6.500 abitanti di Ascheberg, una cittadina non lontana da Dortmund, preparano per gli ospiti, che accolti con tanto di banda e fanfara si prestano a firmare decine di autografi, meritandosi subito l’appellativo di “squadra simpatia” dalla stampa tedesca. È normale, quindi, che il 14 giugno, quando al Westfalenstadion di Dortmund gli zairesi esordiscono ai Mondiali contro la Scozia, tutti gli spettatori neutrali passino dalla loro parte.

Mobutu rinuncia a partecipare personalmente alla Coppa del Mondo, ma si preoccupa di garantire una forte presenza dello Zaire nella Germania Occidentale. Invia alti funzionari governativi, militari e persino stregoni per sostenere la squadra e aumentare le sue possibilità di successo, ma le cose non sarebbero andate come previsto.

Scozia-Zaire 2-0

Kazadi in uscita su Dennis Law, Jordan osserva

La squadra di Vidinic si schiera una sorta di 4-3-3, che ben presto si trasforma in un 4-5-1, e i suoi interpretano la gara d’esordio contro la Scozia con disciplina, costringendo gli avversari a un solo schema: palla lunga per la testa di Jordan, lo “Squalo”. I britannici vincono per 2-0 (Lorimer al 26’, Jordan al 32’), ma in palese debito di ossigeno chiudono la gara con una fischiatissima melina. «Mi sono vergognato per loro» commenta Vidinic «ma ora penso solo alla Jugoslavia. Farò di tutto per sorprendere i miei connazionali».

Jugoslavia-Zaire 9-0

La quarta rete degli slavi ad opera di Katalinki

A Gelsenkirchen, però, bastano pochi minuti agli slavi per mettere le cose in chiaro. Al 17’ il risultato è già 3-0 (gol di Bajevic, Dzajic e Surjak, futuro Udinese) e Vidinic, che subisce notevoli pressioni dall’alto (dopo il match si parlerà addirittura di una telefonata di un infuriato Mobutu), sostituisce il primo portiere, Kazadi, con il secondo, Tubilandu.

Kazadi, eletto miglior calciatore africano del 1968, gioca senza guanti. Tubilandu li indossa, ma è più scarso del compagno e viene letteralmente bombardato dagli avversari, che pure approfittando della superiorità numerica (dopo il quarto gol Mwepu scalcia l’arbitro Delgado, che però caccia Ndaye: un anno di squalifica per il povero “Assassino”) segnano a ripetizione: 9-0 è il punteggio più pesante nella storia dei Mondiali, eguaglia l’umiliazione inflitta dall’Ungheria alla Corea del Sud vent’anni prima in Svizzera.

Brasile-Zaire 3-0

Francisco Marinho mette a terra gli africani

Vidinic non ha parole, ma si trova davanti a un problema davvero serio. I suoi giocatori vogliono tornare a casa, il Brasile prossimo avversario fa paura, anche se non sta brillando, è infatti reduce da due 0-0 consecutivi con Jugoslavia e Scozia. La risposta dei dirigenti inviati da Mobutu è gelida: «Scenderete in campo. E sappiate che se prenderete più di tre gol saranno guai: il presidente è molto irritato per la figuraccia che gli state facendo fare davanti al mondo intero».

Con la Selecao, Kazadi torna tra i pali e limita i danni, subendo la prima rete al 13’ da Jairzinho e la seconda al 67’ da Rivelino, ma fa la frittata al 79’, quando si lascia passare sotto alla pancia un innocuo tiro cross di Valdomiro. Il Brasile ha la qualificazione in tasca e non forza, per lo Zaire l’obiettivo dei tre gol subiti è vicino, ma quando mancano cinque minuti al novantesimo l’arbitro Rainea concede ai sudamericani una punizione da posizione pericolosa.

Il rumeno fischia: il primo a lanciarsi sulla palla non è Rivelino, ma Mwepu, che esce dalla barriera e la calcia con violenza, pensando alla terribile promessa di Mobutu. Che non verrà mantenuta, alla luce del 3-0 finale…

Fine del sogno

Al rientro (con disonore) in patria, il Dittatore abbandona il “giocattolo” calcio, privandolo di fondi e sperperando invece le ricchezze della nazione per ospitare il leggendario incontro di pugilato “Rumble in the Jungle” tra Muhammad Ali e George Foreman. Inutile dire che da quel momento il paese non ha più calcato i campi dei Mondiali.

I protagonisti del ’74 cadranno nell’oblio, molti affondano nella povertà insieme al resto del Paese. Il portiere Kazadi spira in miseria nel 1996, mentre Mavuba termina i suoi giorni come rifugiato in Francia dove si spegne nel 1997. Il Dittatore Mobutu lascia lo Zaire nello stesso anno dopo averlo ridotto in una situazione di crisi economica e sociale irreversibile. Muore poco dopo, ma le conseguenze del suo regime nella nazione ora nota di nuovo come Repubblica Democratica del Congo, sono ancora evidenti oggi.

Viste le difficoltà dei suoi ex compagni di squadra, non stupisce che quando una troupe cinematografica lo rintraccia nel 2010, Ekofa Mbungu si dimostri contento di tirare avanti come tassista. A più di 30 anni dal torneo, guida ancora la stessa Volkswagen verde che Mobutu aveva donato alla squadra come premio per la qualificazione alla Coppa del Mondo.