Stranieri d’Italia: R

RICAGNI – RIJKAARD – ROSA – RUMMENIGGE


RICAGNI: il lottatore dell'area

Estroso e scontroso oriundo argentino, Eduardo Ricagni arriva in Italia nel 1953 per militare nelle file della Juventus con la quale disputa un buonissimo campionato. Piccolo e ricco di classe, compensa le pause con notevoli invenzioni sotto rete. Irresistibili i suoi guizzi, lo chiamano la “Primula rossa” perché il difensore che riesce a “prenderlo” può dirsi bravo. Il suo carattere, però, si scontra con quello del “ras” Boniperti e il soggiorno in casa bianconera dura lo spazio di una sola stagione. Esordisce in Nazionale come “oriundo” e nonostante 2 gol in 2 partite viene escluso dalla lista per i Mondiali. Ingaggiato dal Milan, sfonda subito.
Schierato come interno, generoso e geniale, diventa uno dei fulcri del gioco rossonero, arricchendo di fantasia le perfette geometrie di Schiaffino. In due stagioni, vince scudetto e Coppa Latina. Raggiunti i trent’anni, viene ceduto al Torino e dopo due stagioni in granata, chiude con l’Italia nel Catania, in B. Qui, un anno prima della scadenza del contratto, per incomprensioni con la società (che non lo paga), rescinde il rapporto e torna in Argentina. Dove disputa alcune partite in B, rinunciando ben presto all’ ingaggio per dedicarsi, con successo, al commercio: una profumeria a Baires.

RIJKAARD: il campione totale

Nel 1988 arriva in Italia il terzo olandese di un Milan che con Gullit (soprattutto) e Van Basten è tornato allo scudetto dopo nove anni di digiuno. Si chiama Franklin Rijkaard, è reduce dal successo con la Nazionale olandese agli Europei tedeschi, ha fama di campione, ma anche una certa aura di piantagrane, per via dei problemi contrattuali (un piccolo groviglio tra Ajax, Psv e Sporting Lisbona). Per lui, Arrigo Sacchi si è impuntato con Berlusconi, “cotto” per un fantasista argentino, la meteora Borghi. Non appena scende in campo, è chiaro che il Milan ha fatto il “colpo”. Con l’altro centrale, Ancelotti, erige in mezzo al campo una diga insuperabile, i suoi rilanci, così come le sue puntate in zona gol, pompano ossigeno puro nelle vene del gioco. Regista, mediano, incursore: col suo fisico statuario e i mezzi tecnici superiori, non conosce distinzioni di ruolo e la sua continuità di rendimento è una garanzia assoluta. Coi rossoneri vince due scudetti, due Coppe dei Campioni, due Coppe Intercontinentali, due Supercoppe europee e due Supercoppe italiane. Nel 1993 decide di tornare in Olanda, all’Ajax, per gli ultimi anni della sua carriera e anche qui fa in tempo a ottenere altri importanti successi tra cui una nuova Coppa dei Campioni (Champions League), battendo in finale proprio il Milan nel 1995.

ROSA: il regista di lusso scambiato per un centravanti

«Se quel loco de mona credi che mi ghe domandi scusa solo perché el vien de l’America el se sbaglia de grosso; no ‘nga capido ancora chi xe Nereo Rocco. Podemo ben fare senza de lui: perché ricòrdeve, muli, che de tuli xe bisogno, ma nesuno xe indispensabile».
Padova, anno 1958. L’arringa del celebre “Paròn” riguarda Humberto Jorge Rosa, sapiente ma ispido regista del Padova dei “miracoli”. Stanco dei rimbrotti del tecnico, a un certo punto ha abbandonato l’allenamento, sbattuto la porta dello spogliatoio e fatto rotta verso l’albergo, in attesa di scuse. In realtà, se non è proprio indispensabile, come sostiene Rocco, ci va molto vicino. A risolvere tutto, nel giro di un paio di giorni, interviene una cena organizzata dal massaggiatore Piacentini. Humberto Rosa era arrivato in Italia alla fine del 1954, ingaggiato dalla Sampdoria (tramite la Juventus), per risolvere il problema del centravanti. L’errore di valutazione si era rivelato subito, all’esordio con gol (al Catania). Tecnicamente forbito, provvisto di lancio sapiente, ma un po’ lento e soprattutto, annotarono i cronisti, interno. Cresciuto al calcio nel Provincial e poi passato al Rosario Centrai, vi aveva percorso l’intera trafila fino alla prima squadra, segnalandosi come attaccante dall’ottimo tiro. Dopo due stagioni tutt’altro che memorabili da interno di punta nelle file doriane, venne messo sul mercato. Sarebbe tornato in Argentina se Nereo Rocco, mago del Padova, non ne avesse intuito le qualità di regista. Proprio in questa posizione, nel cuore del gioco, Rosa si dimostra un vero campione, proiettando la squadra in un paio di stagioni, con l’avvento di Hamrin e Brighenti, allo storico terzo posto. Rosa resta al Padova fino al 1961, vivendo tutta la parabola del “miracolo” biancoscudato. Quando Rocco parte per il Milan, Rosa va come terzo straniero alla Juventus. Impiegato saltuariamente in campionato (in assenza di Charles o Sivori) e stabilmente in Coppa dei Campioni, vive una stagione senza grandi acuti. Passa al Napoli, dove si fa apprezzare, nonostante la difficile situazione della squadra. A 32 anni, dopo una stagione cadetta, chiude la sua avventura italiana.

RUMMENIGGE: la Formula Uno ferma ai box

Karl Heinz Rummenigge, campione soprattutto di sfortuna sul suolo italiano. Il dottor Bergamo, medico dell’Inter, a un certo punto lo paragonò a un bolide di formula uno che, per la sua grande forza esplosiva, si rompeva più spesso di un’utilitaria.
Era cresciuto nel Borussia Lippstadt, per poi passare nel 1974 al Bayern, dove perfezionò la sua crescita: dotato di una potenza devastante, accoppiata a una tecnica di prim’ ordine, trovò in Dettmar Cramer l’uomo del destino. Che gli suggerì un accorgimento decisivo (tacchetti esterni più alti, così da evitare le frequenti cadute per l’eccessiva spinta nel dribbling) e ne curò la dote migliore: la capacità di cambiare velocità nel momento di colpire il pallone.
Due volte Pallone d’Oro, tre scudetti e vari titoli di capocannoniere, oltre al titolo europeo conquistato con la Nazionale nel 1980, ne fanno uno dei più forti attaccanti del mondo. Nella primavera del 1984 Ernesto Pellegrini, che ha appena comprato l’Inter da Fraizzoli, lo ingaggia per avviare alla grande il nuovo corso. Purtroppo gli infortuni a catena gli tarpano le ali, le sue prodezze accecanti non bastano a garantire all’Inter il salto di qualità. In tre stagioni ll’ombra del Duomo Rummenigge raccoglie 64 presenze e 24 reti. Lascia Milano per due stagioni in Svizzera, al Servette, chidendo nel 88/89 a modo suo: da capocannoniere.