Quando la “strategia della tensione” arrivò negli stadi. Trentatré minuti prima del fischio d’inizio di Verona-Juventus, una scoperta agghiacciante: una bomba inesplosa sulla pista d’atletica.
È domenica, 20 marzo 1977. Al Bentegodi di Verona è tutto pronto per Hellas Verona contro Juventus. È il campionato della Juve a 51 punti e del Torino a 50 che “ammazzano tutte le altre”, con la Fiorentina terza a soli 35 punti. Gli spalti sono gremiti, quasi cinquantamila persone hanno invaso lo stadio veronese creando il record d’incasso della giornata. E il presidente del Verona, Garonzi, è raggiante.
Sono le 14:30, manca mezz’ora al calcio d’inizio diretto dall’arbitro Michelotti di Parma. La folla si è incolonnata ordinatamente verso lo stadio, senza tafferugli o disordini. Sul campo, insieme ai soliti ragazzini raccattapalle, sono già schierate le forze dell’ordine per garantire l’ordine pubblico.
Una scoperta che gela il sangue
In quei minuti di apparente normalità, un agente di pubblica sicurezza, durante un controllo di routine, nota qualcosa di anomalo sulla pista prospiciente quella atletica, nello spiazzo dove si effettua il salto in alto: un oggetto rosso a terra, grande quanto un pugno.
Ha l’aspetto inconfondibile di una piccola bomba del tipo S.R.C.M., in dotazione all’Esercito italiano. L’agente segnala immediatamente il ritrovamento a Giulio Panzan, un inserviente della Croce Verde in servizio ai bordi del campo, che provvede subito a telefonare alla direzione degli Artiglieri di Verona.
Sul posto arriva Ignazio Tofano, 23 anni, nativo di Palermo, specialista in artifizi ed esplosivi. Il verdetto è agghiacciante: si tratta effettivamente di una bomba inesplosa del tipo S.R.C.M., quasi certamente lanciata dagli spalti. L’ordigno ha perso la cuffia nell’impatto con il terreno, ma fortunatamente la sicura non si è disinnescata.

Una decisione delicatissima
Mancano ormai pochi minuti all’inizio della partita. Sul campo c’è grande agitazione tra forze dell’ordine e dirigenti, mentre in curva i tifosi, ignari della gravità della situazione, fischiano e ridono pensando a chissà quale banale inconveniente tecnico. Nel frattempo, al sicuro negli spogliatoi, Ferruccio Valcareggi e Giovanni Trapattoni stanno preparando le loro squadre, completamente all’oscuro di quanto sta accadendo.
Arriva anche il questore di Verona, dott. Piazzolla. La decisione da prendere è drammatica: rinviare la partita rischiando il panico tra cinquantamila persone, oppure procedere normalmente? L’artificiere Tofano è chiaro: “La bomba al momento non può scoppiare. C’è soltanto il rischio che la si calpesti. Direi di far giocare regolarmente la partita, e poi, quando tutto il pubblico sarà sfollato, la faremo scoppiare”.
Il questore opta per questa soluzione coraggiosa. Sulla bomba vengono riversati i grandi materassi in gommapiuma utilizzati per il salto con l’asta, fissandoli con delle panchine prelevate ai bordi del campo perché il forte vento non li sposti. La notizia viene poi comunicata agli allenatori Valcareggi e Trapattoni e ai presidenti Boniperti e Garonzi, mentre ai giocatori e all’arbitro Michelotti non viene riferito nulla.

Novanta minuti con la bomba sotto i piedi
La partita inizia regolarmente alle 15:00. Il Verona schiera: Superchi, Logozzo, Franzot; Busatta, Bachlechner, Negrisolo; Fiaschi, Mascetti, Petrini; Maddè, Zigoni. La Juventus risponde con la formazione che sarebbe diventata leggendaria: Zoff, Cuccureddu, Gentile; Furino, Morini, Scirea; Causio, Tardelli, Boninsegna; Benetti, Bettega.
Per tutta la durata dell’incontro, quell’ordigno mortale resta lì, a pochi metri dal campo di gioco, coperto da materassi e sorvegliato a vista. Solo una volta Superchi, nel secondo tempo, si avvicina pericolosamente a quella zona per raccogliere un pallone: viene fermato a metà strada con un pretesto qualsiasi.
La partita scorre tesa, nervosa. Al minuto 89′, Gianfranco Zigoni, in uno dei suoi caratteristici spunti sulla fascia sinistra, arriva in prossimità della linea di fondo e mette in mezzo un pallone perfetto che la testa di Petrini spedisce alle spalle di Zoff. Il Bentegodi esplode di gioia, ma l’arbitro Michelotti fischia: il pallone aveva già oltrepassato la linea bianca al momento del cross.
La decisione è controversa e scatena le ire veronesi e nel parapiglia finale Petrini e Cuccureddu vengono espulsi per reciproche scorrettezze. La partita termina 0-0 alle 16:45, in un clima di grande nervosismo.

La verità svelata
Negli spogliatoi, finalmente, Trapattoni e Valcareggi comunicano l’episodio della bomba ai loro giocatori. Le reazioni sono diverse: c’è chi accoglie il fatto con indifferenza, chi appare sconcertato, pur sapendo di non aver corso reali pericoli grazie alle garanzie dell’artificiere.
Quando i cronisti informano l’arbitro Michelotti dell’accaduto, il direttore di gara rimane inizialmente allibito, poi alza le braccia commentando: “Io non ho visto niente, per me è stato tutto regolare, e quindi non posso trascrivere il fatto nel mio rapporto”.
Dino Zoff, con la sua proverbiale calma, quando viene informato di aver giocato quarantacinque minuti con una bomba inesplosa a dieci metri di distanza, risponde filosoficamente: “Le conosco le bombe di quel tipo: sono in dotazione all’Esercito per le esercitazioni. Non possono procurare grandi danni, però è indubbio che se le pesti salti in aria. Cosa volete che mi preoccupi di una bomba inesplosa alle spalle? Ormai c’è persino più rischio ad uscire a spasso per la città”.
Il boato finale
Alle 18:00 lo stadio è finalmente vuoto. Piove fittissimo. Sul campo sono rimaste solo quattro persone: il tenente della Compagnia Carabinieri di Verona, Vincenzo Spagnolo, l’artificiere Ignazio Tofano e due assistenti. Cinque minuti più tardi, la bomba viene fatta brillare con una piccola quantità di polvere innescata da una miccia.
Il boato è fortissimo, scuote i vetri della tribuna stampa dello stadio. La fiammata brucia uno dei materassi di gommapiuma. L’artificiere Tofano conferma: “Fortuna che quando è stata gettata dagli spalti, perché non può essere altrimenti, la sicura ha tenuto”.

Gli anni della strategia della tensione
Questo episodio non può essere compreso senza inquadrarlo nel contesto storico. Siamo negli anni della cosiddetta “strategia della tensione”, e Verona viene indicata dagli esperti come il “nodo” del traffico delle armi in Alta Italia e centro di riunioni di trame eversive di vario colore.
Quella stessa mattina, una soffiata a Questura e Carabinieri aveva fatto prevedere un attentato nel padiglione della Fiera dell’Agricoltura, che in quei giorni richiamava migliaia di visitatori in città. La concomitanza con un incontro preceduto da toni molto polemici come Verona-Juventus indusse probabilmente i responsabili a cambiare obiettivo, scegliendo lo stadio Bentegodi colmo di cinquantamila persone e lasciato sguarnito della vigilanza urbana a causa di uno sciopero dei dipendenti comunali.
Il Guerin Sportivo titolò nei giorni successivi: “Una data da ricordare. La lunga mano della violenza omicida è arrivata anche nel calcio. E adesso chi ci difenderà?”. L’ordigno, secondo gli investigatori, era stato lanciato per creare il panico: se fosse scoppiato non avrebbe provocato vittime dirette, ma il fuggi fuggi di cinquantamila persone difficilmente si sarebbe risolto senza gravi conseguenze.

Roberto Bettega, in sala stampa, tra il serio e il faceto annunciò: “Scrivete che mi ritiro dal calcio. Addio a tutti!”. Probabilmente scherzava, ma sua moglie era pallida: anche lei aveva sentito il boato della bomba che l’artificiere aveva fatto esplodere.
Il tenente Spagnolo fu profetico nelle sue parole quella sera: “Abbiamo raccolto anche tre autentici proiettili di ferro lunghi sei centimetri. Chi li lancia, se non i presunti tifosi che erano sugli spalti? Come possiamo controllarli, come possiamo scovare questi arnesi pericolosissimi?”.
Quella domenica di marzo del 1977 rappresentò un punto di svolta. Per la prima volta nella storia del calcio italiano, la violenza politica aveva fatto irruzione negli stadi con un ordigno esplosivo. Era l’inizio di un’escalation che avrebbe segnato per sempre il rapporto tra sport e sicurezza nel nostro Paese.