HAMRIN – HALLER – HANSEN
Piccolo, lieve e agile come un “uccellino” (questo il suo soprannome), trascinò i veneti allo storico terzo posto e poi fu protagonista dei Mondiali in patria, col secondo posto dietro il Brasile di Pelé. La Juve lo mise all’asta, se lo aggiudicò la Fiorentina, di cui divenne il leader indiscusso. Fulminante il suo dribbling in spazi stretti, nel quadro di un gioco asciutto, tremendamente concreto, da ala destra sempre sulle piste del gol. Vince la Coppa delle Coppe e la Coppa Italia, oltre alla Mitropa Cup; nella seconda di ritorno del 1963-64 coglie un record tutt’oggi ineguagliato: a Bergamo la Fiorentina batte l’Atalanta per 7-0 con 5 gol di Kurt. Quando l’età comincia ad avanzare e la Fiorentina adotta la “linea verde”, qualcuno comincia a considerarlo vecchio. Si fa avanti il Milan di Nereo Rocco, suo rigeneratore nel Padova, che sta costruendo uno squadrone. La Fiorentina riceve in cambio Amarildo e sborsa a conguaglio pure cento milioni, ma Kurt (tuttora primatista viola con 150 reti) non è finito. In due anni vince Coppa delle Coppe, scudetto e Coppa dei Campioni. Emigra a Napoli, a chiudere la carriera a quasi 37 anni. Con la Nazionale svedese aveva collezionato 17 reti in 32 partite.
A 18 anni esordisce in prima squadra e ottiene il primo ingaggio. L’anno dopo, il 20 settembre 1958, esordisce in Nazionale; il 23 marzo 1960 la tivù trasmette l’amichevole Cile-Germania Ovest. Renato Dall’Ara, presidente del Bologna, si entusiasma vedendo il biondino dominare il campo e segnare un gran gol. Se ne appunta il nome e nell’estate del 1962, all’indomani dei Mondiali cileni, vincendo una agguerrita concorrenza, lo fa suo a peso d’oro (40 milioni all’Augsburg, 45 a lui per due anni). Nasce il Bologna che gioca “come in Paradiso”, le geometrie di Fogli, la regia mobile di Bulgarelli, le serpentine di Perani e la fantasia traboccante di Haller. E scudetto al secondo colpo, funestato però dalla morte di Dall’Ara. Haller viene a conflitto insanabile con il bomber Nielsen, le sue bizze di “napoletano” estroverso (e la dittatura della moglie Wartraude) incrinano il suo rapporto con l’ambiente, cui regala tuttavia una memorabile stagione premondiale a suon di reti (1965-66, secondo posto del Bologna). In Inghilterra è tra i migliori, chiude il Mondiale a 6 reti. Nel 1968 passa alla Juventus, dove vivrà una seconda giovinezza, vincendo due scudetti (’72 e ’73) prima di tornare in patria a chiudere la carriera nel calcio minore.
Non rapido, scarno e poco appariscente nel gioco, abilissimo a smarcarsi, nel ’52 vinse di nuovo lo scudetto. Chiuse l’avventura italiana nella Lazio prima di rientrare in patria dove si ritirò nel 1960.