L’attaccante scozzese del Milan giocò nel campionato cadetto 1982/83.
- Testo di Sergio Taccone, coautore con Gianfranco Giordano del libro “Joe Jordan. Lo squalo del Milan”, Storie Rossonere, 2021, prefazione di Antonello Cattani)
E’ stato il primo giocatore straniero a militare nel campionato di serie B. Le memorie di cuoio ci portano alla stagione 1982/83 e allo scozzese Joe Jordan, attaccante milanista nel secondo campionato cadetto dei rossoneri. Un’annata che vide la serie B italiana impreziosita dalla presenza contemporanea di Milan, Lazio e Bologna. Le prime due si erano ritrovate in cadetteria già due anni prima, i felsinei erano reduci dalla prima retrocessione dalla massima serie, maturata il 16 maggio ‘82. Perugia e Pistoiese, retrocesse dalla A nella stagione ‘80/81, avevano ceduto gli stranieri Fortunato e Luis Silvio Danuello. La terza retrocessa, il Brescia, aveva una rosa tutta italiana. Con il tedesco Neumann (Bologna) tornato in patria e l’austriaco Mirnegg (Como) non confermato dopo un campionato evanescente, ad inaugurare l’apertura delle frontiere tra i cadetti ci pensò l’attaccante scozzese.
La conferma di Jordan, sia pur dopo una stagione conclusasi con il terzultimo posto del diavolo, la decise il nuovo allenatore, Ilario Castagner. L’ex tecnico del Perugia, arrivato sulla panchina rossonera grazie a Silvano Ramaccioni, direttore sportivo approdato al Milan poche settimane prima, dopo aver visto lo scozzese al Mundial di Spagna, tornò con la convinzione di ricreare in rossonero la coppia offensiva composta da due torri già sperimentata alcuni anni prima a Perugia: Aldo Serena e Joe Jordan.
Nell’estate ‘82 il club rossonero voltò pagina. Dopo una trattativa non facile, Fulvio Collovati, fresco di titolo mondiale con l’Italia di Bearzot, passò all’Inter in cambio del prestito di tre giocatori: il centrocampista Giancarlo Pasinato, l’attaccante Aldo Serena e il difensore Nazzareno Canuti. Parecchi reduci dello scudetto della Stella salutarono il Milan: Aldo Maldera passò alla Roma di Liedholm, Buriani andò a Cesena, Novellino si trasferì ad Ascoli e Antonelli al Genoa. Vestirono il rossonero anche l’esperto Giuseppe Oscar Damiani e il talentuoso Vinicio Verza. Bisognava ridare fiducia ad un ambiente fortemente depresso dopo la stagione 1981/82.
Giuseppe Farina, presidente da sette mesi, diede carta bianca a Castagner per gettare le basi di un ritorno del Milan ai vertici del calcio italiano in un arco temporale di tre o quattro anni. Il nuovo allenatore si presentò dicendo di voler ricreare nello spogliatoio “il clima Rocco”.
La conferma dello Squalo fu l’avvio della riscossa per il trentenne scozzese. La fascia di capitano passò a Franco Baresi, leader della squadra a 22 anni, giocatore su cui poter contare sempre, futura quintessenza del perfetto milanista. Anche Canuti era già stato nel mirino di Ramaccioni che alcuni anni prima lo avrebbe voluto a Perugia, convinto dalla sua abilità nei palloni alti e la rapidità nei recuperi difensivi. Pasinato, esploso in B con l’Ascoli, era un centrocampista con cadenze atletiche da quattrocentista, dotato di un forte tiro di destro. Un giocatore che, nelle intenzioni di Castagner, doveva rendere incisivi e imprevedibili gli schemi offensivi, sfruttando la sua capacità nei cross in area.
A rinforzare la rosa arrivò anche Tiziano Manfrin, mezzala prelevata dal Genoa ed in grado di dare qualità al centrocampo. Tra le certezze del Milan 1982/83 vi furono, inoltre, Mauro Tassotti, Sergio Battistini, Alberico Evani, Andrea Icardi, Beppe Incocciati, Francesco Romano e Stefano Cuoghi. In porta si registrò il dualismo tra il confermato Ottorino Piotti e Giulio Nuciari, prelevato dalla Ternana, su segnalazione di Ramaccioni, in cambio di Roberto Incontri.
Jordan è originario del Lanarkshire, terra aspra, spazzata da vento e pioggia, luogo di minatori e operai induriti dal lavoro pesante nelle miniere e nelle acciaierie. Secondogenito di Frank e Mary, è nato il 15 dicembre 1951. Prima di Joe c’è Elizabeth, successivamente arriverà John. E’ cresciuto a Cleland ma è nato a Carluke per necessità. Gli abitanti di Cleland fanno parte della working class scozzese.
I Jordan non fanno eccezione. Il padre dello Squalo, ex furiere nell’esercito, gestisce uno dei pochi negozi del villaggio. Quando questo verrà chiuso andrà a lavorare in un’acciaieria. Un uomo tranquillo e molto popolare, organizzatore delle trasferte in pullman per le partite del Celtic. La madre di Joe è operaia: fa il turno di notte per poter badare alla famiglia.
L’immediata risalita dalla B fu l’imperativo categorico del Milan sin dall’estate ‘82. Galvanizzato dalla fiducia del nuovo allenatore, Joe Jordan cominciò bene in Coppa Italia, andando in rete contro il Catania (sul neutro di Piacenza) e a Torino contro la Juventus, con un tocco in anticipo su Brio e a scavalcare Zoff proteso in uscita. Contro il Genoa, a San Siro, un suo gol diede il via alla rimonta casalinga dei rossoneri, decisiva per il passaggio del turno (da 0-2 a 3-2).
Il suo primo acuto in campionato arrivò alla quarta giornata in quel di Campobasso. Quella domenica di ottobre la città molisana registrò il record d’incasso: tutti allo stadio per la partita contro i rossoneri. Il club neopromosso dalla C riservò al Milan l’accoglienza dovuta ai grandi. Contro il Bari di Catuzzi, lo Squalo firmò la rete del 3-1, suggellando una bella prestazione dei rossoneri. Jordan palesò impegno e capacità di adattamento, dimostrandosi altruista in assenza di cross giocabili in area. La sua rete scaturì da una capocciata imparabile per Fantini, estremo difensore pugliese. Al Sada di Monza, il 17 ottobre ’82, ci fu il “Jordan Day”, contrassegnato da una doppietta di testa dello scozzese in meno di un quarto d’ora. “Carica e gol da Joe” titolava La Stampa, ribadendo la compattezza e la dinamicità della squadra plasmata da Castagner in poche settimane.
I rossoneri rifilarono una cinquina al Bologna, annientato a San Siro. Jordan concesse il bis con la seconda doppietta consecutiva. Due colpi di testa da ariete d’area di rigore senza dare scampo al portiere Zinetti che quel pomeriggio vide grandinare davanti alla sua porta. In quel Milan “versione mitraglia”, capace di segnare reti a raffica, lo squalo scozzese trovò la dimensione perduta durante l’annata precedente. Serena apriva il fronte e Jordan vi si infilava con perentorietà. Quando lo scozzese faceva da sponda, l’attaccante originario di Montebelluna andava in profondità. Uno schema arricchito dagli inserimenti di Pasinato, sempre pronto in digressioni offensive, e dalle discese del diciannovenne Evani, vero e proprio giocatore in più nello scacchiere milanista, in grado di contrastare e spingere con disinvoltura.
La prova superlativa contro i felsinei confermò l’ottimo momento dello scozzese. Joe balzò al comando della classifica dei bomber, con sei reti in sette partite, davanti al laziale Bruno Giordano. L’ex attaccante del Manchester United si confermò utile anche come supporto alla fase offensiva, in un Milan che si avviava a dominare la stagione con il bel gioco e un attacco esplosivo. Jordan siglò anche il gol numero 4500 della storia rossonera. Era il 2 gennaio ‘83. Nel 3-0 contro la Reggiana, lo scozzese firmò la rete del raddoppio in avvio di ripresa, dopo il vantaggio di Verza nel primo tempo e prima della terza rete, uno splendido assolo dello stesso Verza, ad una decina di minuti dal termine. Ancora un gol di testa di Jordan, la sua specialità: stacco magistrale salutato dagli applausi a scena aperta dei tifosi rossoneri. La stella di Joe tornò a brillare. Il decimo gol dello scozzese giunse contro il Monza, a San Siro, con un tiro a spiazzare il guardiapali brianzolo De Toffol.
L’ultima rete stagionale Jordan la segnò in Coppa Italia, a San Siro, contro il Verona. Un gol che illuse il Milan, raggiunto nei secondi conclusivi dagli scaligeri che grazie al 3-3 finale si qualificarono alle semifinali del trofeo nazionale. La sfida d’inizio giugno ’83 tra Milan e Hellas occupa un posto non secondario nello scaffale delle amarezze rossonere. Quella partita, arrivata al termine dell’annata del ritorno in A della squadra all’insegna di un ottimo calcio, fu un condensato di emozioni e colpi di scena, ribaltamenti di fronte, sei gol e una serie di occasioni sprecate da digerire a fatica, con gli ospiti pronti a rispondere colpo su colpo.
L’epilogo costrinse le redazioni giornalistiche a cambiare più volte titolo, sommario e incipit dei pezzi di cronaca nei quotidiani del giorno dopo. Settantamila persone gremirono San Siro, una cornice da Coppa dei Campioni per un incontro che significava tanto nell’annata del Milan. Tra gli scaligeri c’erano giocatori che due anni dopo avrebbero conquistato lo scudetto: Garella, Marangon, Tricella, Di Gennaro e Volpati, non dimenticando il tecnico Osvaldo Bagnoli, l’uomo della Bovisa milanese con un passato da giocatore rossonero. Dopo il rigore trasformato da Franco Baresi e il pareggio di Tricella, in avvio di ripresa Castagner schierò Jordan al posto di Serena.
Una decina di minuti più tardi, lo stadio andò in delirio per il sontuoso stacco dello Squalo che riportava in vantaggio i padroni di casa. Una bellissima incornata a sovrastare Oddi, impegnato nel vano tentativo di anticipare l’attaccante milanista. Tutto San Siro vibrò. Tra i pali del Verona, Garella rimase di stucco, come un bambino dopo aver visto “Nostalghia” di Andrej Tarkovskij.
Quella serata riservò il lieto fine agli ospiti grazie al pareggio di Penzo allo scadere mentre telescriventi e linotype, con troppa fretta, avevano appena finito di battere nelle redazioni il passaggio di uno splendido Milan alle semifinali di Coppa Italia. Nelle pagelle del giorno dopo, lo scozzese fu valutato tra i migliori in campo, capace di garantire forza e sbocchi offensivi ai rossoneri attraverso il gioco aereo, lo schema preferito da Castagner.
Il bilancio di Jordan al termine di quella stagione fu di 36 presenze e 14 reti tra campionato e Coppa Italia. Il miglior marcatore del Milan a pari merito con Serena. Dopo l’ingaggio del belga Eric Gerets per l’annata 1983/84, la società rimase in attese di prendere decisioni sul secondo straniero. Jordan palesò subito la sua voglia di restare al Milan. L’ultima partita dello scozzese con la maglia rossonera fu il 28 giugno ‘83 contro il Flamengo, sfida valida per il Mundialito. Quattro giorni dopo, contro l’Inter, Jordan rimase in panchina.
Prima dell’ultimo impegno stagionale, lo scozzese venne ritratto tra Gianfranco Taccone (presidente dell’Associazione Italiana Milan Clubs) e Gianni Rivera nel momento della consegna di un riconoscimento dopo la sua annata molto positiva. Il benservito dalla società arrivò nei giorni a seguire: “Non ci servi più”. Dopo quelle parole lo Squalo pianse come un bambino davanti a Rivera che successivamente dirà: “Non avrei voluto esserci”. Nella sua biografia, lo scozzese ha scritto: “Un calciatore ha il suo tempo e poi se ne va, come una vecchia foglia ingiallita in autunno”. Frasi sincere sulla conclusione della sua avventura milanista che porterà sempre nel suo cuore.
Nel 2021, intervistato da Gianfranco Giordano, Jordan ha così risposto a proposito della sua stagione con il Milan tra i cadetti:
“Ci furono tanti cambiamenti, a cominciare dalla serie diversa. Arrivò un altro allenatore, Castagner, e tanti giocatori nuovi, soprattutto giovani. Io ero uno dei pochi vecchi in squadra. Tra i giovani, oltre a Baresi, avevamo Battistini, Evani, Romano, Icardi e Tassotti: dei bravi giovani che hanno gettato le basi per le future vittorie del Milan. Mi ricordo, in particolare, Francesco Romano, uno dall’ottima visione di gioco e che nel 1987 vinse il campionato con il Napoli di Maradona”.
Joe Jordan, rimasto nella storia del calcio italiano come il primo straniero a militare in serie B, nella stagione 1983/84 passò al Verona meritandosi la piena stima di Osvaldo Bagnoli che lo definì “il giocatore che più aveva contribuito a formare lo spirito di quella squadra”.
- Testo di Sergio Taccone, coautore con Gianfranco Giordano del libro “Joe Jordan. Lo squalo del Milan”, Storie Rossonere, 2021, prefazione di Antonello Cattani)