PICHICHI Rafael Moreno Aranzadi

Mario Kempes, Alfredo Di Stefano, Raúl, Ronaldo, Butragueño, Hugo Sanchez, questi sono solo alcuni dei campioni che si sono fregiati nella loro carriera del titolo di Pichichi, ovvero di miglior realizzatore della Liga spagnola. Grandi nomi, non c’è che dire, la storia del Pichichi però prima di essere l’epopea di un premio, è l’epopea di un uomo, Rafael Moreno Aranzadi, per tifosi e compagni, Pichichi, uno dei più grandi giocatori spagnoli di tutti i tempi.

Rafael nasce il 23 maggio 1892 a Bilbao da una famiglia di notabili della città vizcaina, suo padre Joaquin Moreno Goñi è un avvocato dal radioso avvenire politico (sarà anche sindaco di Bilbao) mentre la famiglia della madre, Dalmacia Aranzadi y Unamuno è imparentata con quella di una delle figure più importanti della cultura spagnola del Novecento Miguel de Unamuno.

Infanzia agiata, studi dai Padri Scolopi, Rafael è un ragazzino vivace, passa i pomeriggi con i suoi compagni, al cazzeggio più totale, stanno di fronte all’Università di Deusto, dall’altra parte del Nervión, il fiume che attraversa Bilbao, osservano i marinai inglesi che giocano a calcio nell’immenso spiazzo, qualche volta organizzano partite tra studenti, giocate in strada, spesso in quella che è oggi Calle Padre Lojendio, proprio sotto la sede della congregazione religiosa giovanile di cui il già Pichichi è membro.

In questi pomeriggi e in queste sfide pomeridiane nasce il Rafael giocatore, ha classe, i suoi compagni di liceo fanno a gara per averlo in squadra e così fanno pure i colleghi della Facoltà di Diritto a cui il ragazzo si iscrive più per far piacere a papà Joaquin che a lui stesso, è una sorta di compromesso, di patto per continuare a giocare al futbol, anche se il Pichichi aveva già in mente cosa fare della sua vita e in cuor suo aveva già deciso.

L’arrivo del calcio e la sua diffusione nei Paesi Baschi è un copione consunto, molto simile alla storia del football italiano degli albori; in Biscaglia il fútbol lo hanno portato gli inglesi, sul finire dell’Ottocento, i britannici in questo angolo ventoso di Spagna sono di casa, vi attraccano le loro navi cariche di materie prime per l’industria vizcaina, qualcuno addirittura ci abita, è una comunità abbastanza numerosa con tutti i crismi e le caratteristiche di una comunità di emigranti, seppur di lusso, cioè lingua, tradizioni, svaghi.

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Giocano a cricket, a rugby, qualcuno spesso i più giovani al football, i baschi sono incuriositi, per loro è qualcosa di nuovo, così abituati alla loro pelota o ai giochi rudi della loro gente, una curiosità che presto diventa passione autentica, dall’osservare si passa la fare, qualche partita, magari di domenica dopo un buon match di pelota.
Siamo nell’ultimo decennio del secolo XIX, gli appassionati aumentano, i praticanti pure, a cavallo dell’inizio del Novecento nascono almeno un paio di società nel capoluogo bilbaino, prima il Football Club Bilbao, poi l’Athletic Club nel 1898, poco tempo dopo il Bilbao F.C, nel 1902 il Vizcaya un team formato da giocatori dell’Athletic e da quelli del Bilbao F.C, club che partecipa nel 1902 alla Coppa dell’Incoronazione organizzata per la salita al trono di Alfonso XIII, la selezione mista la vincono annichilendo prima l’Espanyol (5 a 1), il Real Madrid poi (8 a 1) e nell’ultima partita il Barcelona, per 2 a 1. Bilbao FC e Athletic, nonostante il successo, continuano ad essere due società diverse, si dovrà aspettare l’anno successivo, il 1903 per vedere la fusione, infatti il 29 marzo un’assemblea dei soci dei due club da il via libera all’entrata del Bilbao FC nell’Athletic Club de Bilbao.

Qui inizia la storia gloriosa dei rojiblancos, non c’è ancora la Liga (quella nascerà tra quasi 30 anni), si gioca solo la Coppa di Spagna, la compagine basca è protagonista, vince nella stagione 1903-1904 poi per due anni è finalista perdente, nel 1909 è sconfitta ai quarti mentre nel 1910 è ancora vittoriosa in finale contro il Vasconia, che poi non è che l’antenato della Real Sociedad de San Sebastián.

L’anno 1910 non è solo importante perché è l’anno del ritorno alla vittoria in Coppa ma lo è per almeno altri due motivi; in primis perché il 9 gennaio di quell’anno, l’equipo vizcaino indossa per la prima volta la “sua” maglia, quella a strisce bianco-rosse., poi perché in quell’annata calcistica comincia il grande amore calcistico che legherà sine die Rafael Moreno Aranzadi al team della sua città.

Il primo anno fu di transizione, il talento era cristallino ma la formazione dell’Athletic era già un portento di suo, il Pichichi si allenava, giocava partite amichevoli ma la prima squadra non l’aveva ancora vista, tuttavia tutti si erano accorti delle doti di finalizzatore e di dribblatore del ragazzo, lo facevano crescere con calma, aveva solo diciotto anni.

Era solo questione di tempo, l’esordio del Pichichi con la squadra titolare avviene nel 1911, Coppa di Spagna contro l’Academia de Artilleria, due a uno e Rafael la butta in porta dopo una delle sue giocate, dribbling e tiro; nello stesso anno gli capita la prima occasione pure in campo internazionale, è un’amichevole ovviamente, gli avversari i quasi dirimpettai del Tolouse, i francesi baldanzosi si credono superiori ma i rojiblancos ne fanno tre (a uno), il Pichichi contribuisce e timbra il cartellino per due volte, il ragazzino nipote di Unamuno è sulla strada per diventare una star.

Il Pichichi è ormai un punto fermo dell’equipo vizcaino, una delle pedine fondamentali nella linea d’attacco dell’Athletic, non è un puntero normale, è un’artista del pallone, dotato di qualità tecniche di prim’ordine e di un fisico ben strutturato, potente ma anche agile, segna molto ma non moltissimo, i suoi gol sono delle opere d’arte, venuti spesso dopo dribbling e finte ubriacanti e conclusi con tiri potenti o beffardi, sono spesso reti pesanti, che valgono all’Athletic trofei importanti come la coppa di Biscaglia o tre Coppe di Spagna vinte consecutivamente tra il 1914 e il 1916, qualche volta sono reti storiche come quella marcata dal Pichichi il 21 agosto 1913, nella partita d’inaugurazione del San Mames contro il Racing Irún, finisce 1 a 1 ma al13’ del primo tempo Rafael ha già battezzato la rete avversaria.

L’Athletic di quegli anni è un’autentica macchina da calcio, esprime un gioco offensivo e innovativo portato avanti dai vari trainer inglesi che si succedono alla guida della corazzata basca, di questa compagine la stella più rilucente è proprio Rafael, in quegli anni è probabilmente l’uomo più famoso di Bilbao, i giornali lo osannano, i tifosi lo adorano, qualcuno arriva a definirlo (il giornalista della Gaceta del Norte e futuro selezionatore della nazionale Rafael Mateos) “el jugador maravilla de cualquier tiempo”, i compagni gli vogliono un bene dell’anima non solo perché li trascina in campo ma anche perché il ragazzo è un compagnone, casinista, l’anima di mille scherzi e di cene lunghissime dopo le partite.

La carriera di Aranzadi pare essere al culmine nel 1920, l’uomo simbolo dell’Athletic e primo giocatore dei rojiblancos a ricevere uno stipendio, è chiamato dalla selezione nazionale, è un impegno importante, quello che ogni sportivo sogna, l’Olimpiade, si gioca in Belgio tra Bruxelles, Anversa e Gent. La Spagna è una buonissima squadra tra cui spiccano un portiere fenomenale come Ricardo Zamora del Barca e proprio il Pichichi, attaccante di punta; la formula è quella detta di coppa, eliminazione diretta, con 12 squadre ammesse al primo turno e due, il Belgio e la Franciaqualificate d’ufficio ai quarti. Gli iberici vincono la prima contro la Danimarca con gol di Patricio, poi perdono al secondo turno contro i padroni di caso belgi, è 3 a 1, per le furie rosse gol di Arrate per i futuri campioni tre gol di Copee. Agli spagnoli non resta che il torneo di consolazione organizzato nel puro spirito olimpico, solo per dare la possibilità a tutti di vivere di più l’esperienza a cinque cerchi, un torneo che tuttavia per un episodio curioso e unico, cioè la squalifica dei finalisti cecoslovacchi rei di aver abbandonato il campo indispettiti dall’arbitraggio troppo casalingo dell’inglese Lewis nella finale per l’oro, diventa il viatico per assegnare le altre due medaglie, quella d’argento e quella di bronzo.

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Non vi prende parte la Francia già tornata a casa, la Spagna vince il primo turno, è un 2 a 1 contro gli svedesi, è una partita di calcio fiorentino più che di futbol, Zamora si prende una botta in testa dal portiere svedese ma resiste stoicamente tra i pali, poi è la volta dello scontro con gli italiani qui è un 2 a 0 gagliardo, mentre nella finale per le medaglie si incontrano i Paesi Bassi, è 3 a 1 e nella selezione spagnola segna pure el Pichichi, questa sarà il suo unico gol con la maglia della nazionale e l’ultima sua presenza con le furie rosse.

Il Pichichi lascerà il calcio, l’anno dopo, è una scelta consapevole, non una forzatura,per lui pare l’inizio di una nuova vita, è sposato con Avelina Rodriguez che lo ha reso padre di Isabel, una bella bimba dal grande futuro accademico ( è una Unamuno mica per niente), è un uomo affermato e stimato, la cui storia però è troncata in maniera fulminea quanto stupida, Rafel Moreno Aranzadi infatti muore il 1 marzo 1922, a poco meno di 29 anni, per una forma di tifo fulminante causata molto probabilmente dall’aver pappato delle cozze avariate. Il Pichichi muore, come se ne vanno gli eroi, di sorpresa, la sua storia da quel momento è leggenda, nel 1926 al San Mamés viene inaugurata una sua statua, ogni equipo che visitala Catedral gli rende omaggio, come per invocarne la benevolenza.
Non male per il nipote di Miguel de Unamuno, uomo e giocatore d’altri tempi.