La nascita di una leggenda: I primi passi dell’Internazionale Milano

Dalle fumose sale del Ristorante Orologio alla gloria del primo scudetto, scopriamo la nascita dell’Inter. Un viaggio attraverso due decenni di passione, rivalità cittadina e spirito cosmopolita che ha plasmato l’identità di un club leggendario.

Una sera di marzo del 1908 a Milano. L’aria è frizzante, il cielo coperto, e la città brulica di vita. Al Ristorante Orologio, a due passi dalla Stazione Centrale, un gruppo di uomini si riunisce per un evento destinato a segnare la storia del calcio italiano. Mentre le lancette si avvicinano alla mezzanotte, i calici tintinnano: sta per nascere il Football Club internazionale di Milano.

La scelta del nome non è casuale. Quella “i” minuscola in “internazionale” racchiude già lo spirito cosmopolita del club. Con il tempo, la “I” diventerà maiuscola e tutti inizieranno a chiamarla semplicemente l’Internazionale. Ma in quella notte di marzo, è ancora un sogno, un progetto ambizioso che si propone di “facilitare l’esercizio del calcio agli stranieri residenti a Milano e diffondere la passione fra la gioventù milanese“.

I Padri Fondatori

Tra i 43 firmatari del documento di fondazione, troviamo un mix affascinante di personalità. C’è l’ex attaccante del Milan Pietro Lana, destinato a segnare il primo storico gol della Nazionale italiana. C’è il giovane Virgilio Fossati, appena diciassettenne, che diventerà il primo capitano dell’Inter. E poi una schiera di stranieri: svizzeri, uno scozzese (Thomas MacCormack), un olandese (Frans Knoote, futuro cantante lirico) e un francese (Hyppolite Du Chène de Vére).

Ma il vero ispiratore è Giorgio Muggiani, un artista poliedrico di soli 21 anni. Formatosi in Svizzera, Muggiani porta con sé una visione “internazionale” che plasmerà l’identità del club. È lui a disegnare il primo stemma sociale, con le iniziali d’oro intrecciate, un simbolo che diventerà iconico.

Nerazzurri per scelta

La scelta dei colori nerazzurri è avvolta nel mistero, ma l’ipotesi più accreditata è che sia stata una deliberata contrapposizione al rossonero del Milan. È un dettaglio che già prefigura la storica rivalità tra le due squadre milanesi.

Giovanni Paramithiotti, dal doppio cognome di origine ebraica ma nato a Venezia, viene eletto primo presidente. È l’inizio di un’avventura che si rivelerà più grande di quanto chiunque potesse immaginare quella notte.

L’Ascesa fulminea

L’Inter non perde tempo. Il 6 aprile 1908, meno di un mese dopo la fondazione, viene affiliata alla Federazione. In ottobre disputa le prime amichevoli: una sconfitta pesante contro il Genoa (10-2), una vittoria contro la Libertas Milano (4-1) e una sconfitta di misura nel primo derby contro il Milan (1-2), giocato in Svizzera.

Ma è nel 1910 che l’Inter compie il suo primo miracolo: si laurea campione d’Italia. La squadra è un vero e proprio melting pot, con ben 12 giocatori svizzeri su 20, anche se due di loro (Streit e Aebi) sono nati a Milano.

Ermanno Aebi, soprannominato “signorina” per il suo stile di gioco elegante, ci regala uno spaccato dell’Inter di quei primi anni:

“Volubile e capricciosa era l’Internazionale, da tutti definita ‘squadra femmina’. Era una squadra di ‘sciùri‘, per distinguerla dal Milan, che attirava le simpatie degli operai, dei brumisti (gli antenati dei tassisti), dei ferrovieri. Il seguito nerazzurro era invece composto da studenti e impiegati. Era la squadra snob, insomma”.

Un contrasto sociale tra le due squadre milanesi che è affascinante e getta le basi per una rivalità che va ben oltre il campo da gioco.

Scudetto e controversie

Il primo titolo dell’Inter non fu privo di polemiche. Dopo 16 partite, Inter e Pro Vercelli si trovarono in testa a pari punti, rendendo necessario uno spareggio. Ma i disaccordi sulla data portarono a una situazione surreale: la Pro Vercelli mandò a Milano una squadra di ragazzini tra gli 11 e i 15 anni.

Il capitano della Pro Vercelli, Rampini, consegnò persino una lavagnetta con un gessetto al capitano interista Fossati, dicendogli: “È per tenere il conto di tutti i gol che ci farete“. Il risultato finale fu un eloquente 10-3 per l’Inter (anche se alcune fonti riportano 11-3 o 9-3). Un inizio controverso per una storia destinata a essere ricca di colpi di scena.

L’Inter va in tournée

Nel 1914, dopo aver perso il campionato contro il sorprendente Casale, l’Inter si consola con alcune amichevoli di lusso. Dopo una sconfitta casalinga per 0-5 contro il Tottenham, la squadra parte per una memorabile tournée in Baviera.

Il viaggio in treno, le vittorie contro Norimberga, Fürth e una squadra di Monaco non sono solo successi sportivi, ma anche avventure romantiche. Viganò e Bontadini vengono sorpresi in frac dal cassiere Hulss mentre rientrano in albergo alle 8 del mattino. Il secondo portiere, Ugo Chiesa, si innamora di una bellezza locale e deve essere convinto a fatica che non può portarla con sé in Italia.

1912: alcuni fondatori e dirigenti dell’Inter .da sinistra: Paramithiotti (Pres.), Muggiani, Hugo Rietmann, Hirzel, Bach, Ansbacher, Glockner

L’ombra della Grande Guerra

Il clima gioioso e spensierato dei primi anni viene bruscamente interrotto dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Quasi tutti i giocatori e molti dirigenti partono per il fronte. Giorgio Muggiani, l’artista che aveva disegnato il primo stemma, diventa ufficiale degli Alpini e viene mandato in Bulgaria e Macedonia.

Il 28 aprile 1918, la famiglia nerazzurra commemora i suoi caduti. Tra questi, il capitano Virgilio Fossati, colpito a morte sul Carso mentre era impigliato nei reticolati. È una perdita che segna profondamente il club.

Non tutti hanno un destino così tragico. Giuseppe Asti, segretario comunale a Lambrate e telegrafista al fronte, scrive lettere ai compagni e ai giornali che sono un capolavoro di umorismo e capacità di sdrammatizzare.

C’è anche una storia che sembra uscita da un romanzo: Franco Bontadini, dato per morto, ricompare nel 1919 e gioca ancora due partite prima di ritirarsi. Purtroppo, la sua storia ha un epilogo tragico: nel 1943, dopo essere tornato dalla campagna di Russia, si toglie la vita a 50 anni per una delusione d’amore.

Il secondo Scudetto e il declino

Inter 1919-20. Da sx, in piedi: (?), Aebi, Agradi, Fossati (II), Beltrame, Milesi, Cevenini (III), (?); accosciati: Francesconi, Campelli, Asti, Cevenini (II), Conti.

Nel giugno del 1920, l’Inter conquista il suo secondo titolo nazionale, battendo il Livorno nella finalissima a Modena. È un momento di gloria che precede un periodo difficile.

Gli anni ’20 vedono l’Inter in forte declino. Nel 1922, anno in cui si disputano due campionati a causa di uno scisma nella Federazione, la squadra sfiora addirittura la retrocessione, salvandosi solo dopo uno spareggio con la Libertas Firenze.

I personaggi che hanno fatto la storia

In questi primi decenni di vita, l’Inter può contare su giocatori che diventeranno leggendari: i fratelli Cevenini (Luigi III e Aldo I), il terzino Silvio Pietroboni, il portiere Aldo Campelli, e naturalmente Virgilio Fossati, Giuseppe Asti ed Ermanno Aebi.

Tra i presidenti onorari troviamo nomi illustri come Enrico Forlanini, l’inventore dell’elicottero, il giornalista Landò Ferretti e il fondatore della Rinascente, Senatore Borletti.

Non tutti gli allenatori lasciano un buon ricordo. Il londinese Bob Spottiswood, ex giocatore di QPR e Crystal Palace, si rivela così inetto in panchina da meritarsi il soprannome di “Bob Pastisùn” (pasticcione in dialetto milanese).

La fine di un’era: nasce l’Ambrosiana

Il 1928 segna la fine della prima incarnazione dell’Inter. L’US Milanese, una squadra con la maglia a scacchi, aveva fallito la promozione in massima serie. Il suo presidente, l’onorevole Luigi Torrusio, propone all’Inter una fusione che molti soci nerazzurri considerano più un assorbimento.

Con la spinta dei gerarchi fascisti, che vogliono ridurre il numero di squadre nelle grandi città, nasce l’Ambrosiana. Molti soci dell’Inter, contrari a questa mossa, si dimettono.

È la fine di un’epoca. L‘Inter, la “squadra femmina” come veniva affettuosamente chiamata, diventa donna. L’Ambrosiana scriverà le sue pagine di storia, ma quella notte di marzo del 1908 e i vent’anni successivi rimarranno per sempre nel cuore dei tifosi come l’età dell’oro, il periodo in cui un sogno cosmopolita si è trasformato in una delle squadre più amate e discusse del calcio italiano.