La stagione è segnata dalla tragica morte di Gaetano Scirea. Sul campo, il Napoli di Maradona conquista il suo secondo scudetto dopo un lungo duello con il Milan di Sacchi. Scendono in B Udinese, Verona, Cremonese e Ascoli.
Riassunto del Campionato
Il calcio italiano della stagione ’89-90 si apre con un calendario serrato per via dei Mondiali alle porte. Il mercato regala due casi che fanno discutere: la trattativa sfumata per la cessione della Sampdoria, con il possibile passaggio di Vialli, Mancini e Vierchowod alla Juventus, e l’acquisto del brasiliano Geovani da parte del Bologna, che si rivelerà un flop clamoroso.
La Juventus si rafforza con gli arrivi di Casiraghi, Schillaci, Fortunato e Alejnikov, mentre il Milan punta su Fuser e Simone. L’Udinese scommette sull’argentino Balbo.
Ma il campionato viene segnato da un lutto devastante: la scomparsa di Gaetano Scirea, vice di Zoff alla Juventus, in un incidente stradale in Polonia. Il 30 dicembre, un altro momento drammatico: Lionello Manfredonia della Roma viene colpito da arresto cardiaco durante una partita a Bologna – sopravvive ma deve appendere gli scarpini al chiodo.
Sul campo, il Napoli di Maradona domina la prima parte della stagione, tallonato dall’Inter di Klinsmann. Il girone di ritorno vede la prepotente ascesa del Milan, che affianca l’Inter e si propone come principale antagonista del Napoli. I rossoneri agganciano gli azzurri in vetta alla ventiquattresima giornata dopo lo scontro diretto. Ne segue un appassionante testa a testa, con sorpassi e controsorpassi. Il momento decisivo arriva alla penultima giornata: il Milan cade a Verona e il Napoli ne approfitta, conquistando il suo secondo scudetto all’ultima giornata. Retrocedono Udinese, Verona, Cremonese e Ascoli.
Napoli campione

Il secondo scudetto del Napoli nasce da una stagione tormentata, con il suo fuoriclasse Maradona protagonista di alti e bassi. L’estate si apre con il caso Diego: il campione argentino, in rotta con l’ambiente dopo i fischi del San Paolo, minaccia di non rientrare dalle vacanze. Il Marsiglia di Tapie lo corteggia, ma Ferlaino resiste e a settembre arriva la “pace di Soccavo”.
Ma i problemi non finiscono: il 1° novembre Maradona scompare prima della sfida di Coppa UEFA col Wettingen, mentre una settimana dopo celebra a Buenos Aires il matrimonio con Claudia Villafane. Le critiche si moltiplicano, anche per alcune frequentazioni discusse in città, mentre il presidente lascia al dg Moggi la gestione del caso.
In questo scenario complesso emerge la figura di Albertino Bigon, tecnico concreto che plasma una squadra solida: Giuliani tra i pali, una difesa di ferro con Ferrara, Baroni, Francini e Corradini (che sostituisce l’infortunato Renica). A centrocampo, il quartetto De Napoli–Crippa–Alemão–Fusi garantisce sostanza e permette a Maradona di illuminare il gioco. In attacco, il pragmatismo di Carnevale si sposa con il talento di Careca, mentre dalla panchina si alzano il giovane Zola, allievo prediletto del Pibe, e l’estroso Mauro.
La svolta arriva con l’episodio della monetina di Bergamo, mentre il Milan viene graziato sul gol non visto di Waas a Bologna. Il Napoli conquista il titolo tra l’entusiasmo del San Paolo, e le critiche autunnali a Maradona si trasformano in applausi primaverili, con buona pace dei detrattori dalla memoria corta.
Fatal Verona (ancora)

Il Milan si rafforza con una serie di acquisti mirati a irrobustire la panchina: oltre a Fuser e Simone, arrivano il terzino Carobbi dalla Fiorentina e il portiere Pazzagli dall’Ascoli. Ma l’inizio stagione è complicato dalle condizioni fisiche precarie di due stelle: Gullit, che si opera due volte al ginocchio, e Van Basten.
I risultati altalenanti culminano con due sconfitte pesanti: lo 0-3 di Napoli e lo 0-1 di Cremona. La svolta arriva con il ritorno in campo di Van Basten: dal 5 novembre, vittoria sulla Juventus, parte la rimonta rossonera, rafforzata dai successi in Supercoppa europea e Coppa Intercontinentale.
Sacchi rivoluziona la squadra dopo il ko di Ascoli, promuovendo Pazzagli titolare al posto di Giovanni Galli. Lo schieramento tipo vede una difesa a quattro con Tassotti, Costacurta (o F. Galli), Baresi e Maldini. A centrocampo, Donadoni ed Evani sulle fasce, con Ancelotti e Rijkaard centrali. In attacco, Van Basten viene supportato dal tuttofare Massaro.
La rimonta è impetuosa: 6 punti recuperati al Napoli in 14 giornate. Lo scudetto sembra a portata di mano, ma il pareggio rocambolesco di Bologna e l’episodio della monetina di Bergamo riportano il Napoli in parità. Alla penultima giornata, il crollo nella “fatal Verona” (come nel ’73) spiana la strada agli azzurri. La consolazione arriverà con la seconda Coppa dei Campioni consecutiva.
Franco Baresi Top

Franco Baresi, 29 anni, è l’architetto della difesa del Milan e della Nazionale. Il difensore di Travagliato ha costruito la sua carriera mattone dopo mattone, partendo giovanissimo nella squadra rossonera che è diventata la sua seconda casa.
La sua specialità è la difesa a zona, un sistema che padroneggia con maestria sia nel Milan che in Nazionale, dove ha raccolto l’eredità di Gaetano Scirea. Il paragone con Franz Beckenbauer, che gli è valso il soprannome “Kaiser Franz”, nasce dalla sua capacità di essere contemporaneamente ultimo difensore e primo regista.
Nonostante la statura non imponente, Baresi compensa con un senso della posizione fuori dal comune. La sua carriera è iniziata prestissimo: a 18 anni era già titolare nel Milan, a 19 festeggiava il primo scudetto. La vita non gli ha fatto sconti – ha perso i genitori da giovane – ma questo l’ha temprato caratterialmente.
Bearzot lo ha anche provato come mediano in Nazionale tra l’83 e l’84, un esperimento che non ha avuto seguito. Con l’arrivo di Azeglio Vicini in Nazionale e Arrigo Sacchi al Milan, Baresi ha iniziato a collezionare successi. In questa stagione vive il momento migliore della sua carriera, dimostrandosi uno dei migliori interpreti del ruolo a livello mondiale.
La sua leadership silenziosa ma efficace si vedrà anche nei Mondiali 90, dove l’Italia subirà un solo gol nella fase iniziale. Il suo stile di gioco unisce l’eleganza alla concretezza: sa chiudere gli spazi con precisione chirurgica e far ripartire l’azione con la naturalezza di un centrocampista.
Flop Viola

La stagione 1989-90 della Fiorentina si rivela un percorso tormentato sotto la gestione Pontello, al timone del club dal 1980. Il tentativo di rilancio passa attraverso la conferma dei pilastri Dunga e Baggio, affiancati da una campagna acquisti che sulla carta promette bene.
Arrivano giovani interessanti come Buso dalla Juventus, si punta sulla solidità con Dell’Oglio e Iachini, mentre la difesa si rinforza con Volpecina, Pioli e Faccenda. Dal mercato estero sbarcano due incognite: il centrocampista Kubik dallo Slavia Praga e la punta Dertycia dall’Argentinos Juniors. In panchina siede Bruno Giorgi, reduce da buone stagioni in Serie B.
Lo schieramento tipo vede Landucci tra i pali, una difesa imperniata su Pioli, Pin e il libero Battistini, con Volpecina a spingere sulla fascia. A centrocampo Iachini e Bosco fanno da scudieri a Kubik, mentre davanti il talento di Baggio e Di Chiara supporta Dertycia.
L’inizio è da brividi: dopo otto giornate la squadra è penultima con soli cinque punti. Kubik mostra qualità ma pecca in dinamismo, Dertycia non trova la via del gol, Landucci non dà sicurezza e nemmeno le giocate di Baggio bastano a raddrizzare la situazione.
Il prosieguo è un paradosso: mentre in Coppa UEFA la squadra avanza, in campionato sprofonda. Alla trentesima giornata, con lo spettro della B, Giorgi viene sostituito da Graziani. Il finale è agrodolce: salvezza conquistata con affanno, finale europea persa contro la Juventus e, ciliegina amara sulla torta, la cessione di Baggio proprio ai bianconeri. Una decisione che scatena la furente protesta dei tifosi viola e segna la fine dell’era Pontello.
Il giallo della monetina

La volata scudetto del 1990 regala un episodio controverso nell’8ª giornata di ritorno. Il Milan capolista, in vantaggio di un punto sul Napoli, viene graziato a Bologna: il gol fantasma di Waas, con la palla oltre la linea, non viene visto da Lanese.
A Bergamo va in scena un altro momento chiave della stagione. Il Napoli non riesce a scardinare la difesa atalantina quando, a dieci dal termine, una monetina colpisce Alemão. Il centrocampista brasiliano inizialmente sembra poter continuare, ma dopo un consulto con il massaggiatore Carmando e un dialogo con Maradona, crolla a terra.
Alemão lascia il campo per un controllo in ospedale, sostituito da Zola. Le immagini televisive mostreranno poi il suggerimento di Carmando al giocatore di accasciarsi. Il brasiliano si difenderà sostenendo che il consiglio era precauzionale, sottolineando il rischio corso di perdere un occhio se la moneta l’avesse colpito diversamente.
Il match termina 0-0 ma il giudice sportivo assegna il 2-0 a tavolino al Napoli, permettendo agli azzurri di agganciare il Milan in vetta. Una decisione che farà discutere, portando alla modifica del regolamento sulla sconfitta automatica della squadra ospitante.
Anni dopo, quando ormai vestiva la maglia dell’Atalanta, lo stesso Alemão ammetterà con franchezza: “Ero un giocatore del Napoli, ho fatto il professionista obbedendo agli ordini“. Un episodio che ha segnato quella stagione, contribuendo alla conquista del secondo scudetto partenopeo.
Arriva Totò

Dalla Serie B al tetto del mondo: la storia di Totò Schillaci si dipana come un romanzo sportivo dalle tinte sorprendenti. Il ragazzo dello Zen, quartiere difficile di Palermo, muove i primi passi nell’Amatori Palermo prima di approdare al Messina in C2 a soli 17 anni.
La sua trasformazione tecnica avviene sotto la guida di Franco Scoglio: da attaccante mobile e brevilineo, abile nel dribbling ma poco prolifico, si reinventa centravanti d’area. I numeri raccontano questa metamorfosi: dopo appena 25 gol in cinque stagioni, esplode con 13 reti nel 1987-88 e 23 nell’annata successiva.
L’estate 1989 segna la svolta: Boniperti, presidente della Juventus, scommette su di lui investendo 6 miliardi di lire. Una mossa che inizialmente appare azzardata, quasi un piano B rispetto al giovane Casiraghi prelevato dal Monza. Ma Schillaci stupisce tutti: conquista subito la fiducia di Zoff che lo schiera titolare dalla prima giornata.
In area di rigore si rivela implacabile, mostrando un istinto del gol che lo porta a realizzare 15 reti nel suo primo campionato in Serie A. Le sue prestazioni non passano inosservate: Azeglio Vicini lo convoca in Nazionale per l’amichevole contro la Svizzera a Basilea, ultima uscita prima dei Mondiali.
La parabola di Schillaci raggiunge l’apice proprio nella rassegna iridata, dove si laurea capocannoniere conquistando una fama internazionale. Una storia che testimonia come il calcio possa ancora regalare favole moderne, trasformando un bomber di provincia in un campione di livello mondiale.
Van Basten capocannoniere

Marco Van Basten ha scritto pagine indelebili nella storia del calcio, emergendo come figura di spicco nel panorama calcistico degli anni ’80 e ’90. Il momento che lo ha consacrato definitivamente è stato l’Europeo del 1988, dove ha realizzato in finale contro l’URSS una prodezza tecnica che ancora oggi fa discutere: un impossibile tiro al volo da posizione defilata su cross di Muhren, che ha beffato l’esperto Dasaev.
Cresciuto calcisticamente a Utrecht, sua città natale, Van Basten ha mosso i primi passi sotto la guida del padre Joop, ex calciatore. Il suo talento è sbocciato all’Ajax, dove ha attirato l’attenzione di Johan Cruijff, che ne ha intuito immediatamente le potenzialità. Il debutto, a soli 17 anni, è stato coronato da un gol, preludio di una carriera stellare con il club di Amsterdam: 151 reti in 177 partite, tre campionati, tre coppe nazionali e una Coppa delle Coppe.
Nel 1987 il Milan lo acquista per 1,7 miliardi di lire. L’inizio in rossonero è stato complicato da problemi alle caviglie che lo hanno costretto a diversi interventi chirurgici. Ma una volta recuperato, Van Basten si è rivelato determinante per la conquista dello scudetto, superando il Napoli nel finale di stagione.
A 25 anni, l’olandese domina la scena europea, come testimoniano i Palloni d’Oro vinti nel 1988 e 1989. La sua tecnica sopraffina gli permette di eccellere in ogni aspetto del gioco: visione di campo da regista, dribbling elegante, precisione chirurgica sotto porta, sia di testa che di piede. In questo momento, nella classifica cannonieri, svetta sopra talenti del calibro di Roberto Baggio e Diego Maradona, confermandosi come il centravanti più completo del suo tempo.
Classifica Finale
| Squadra | Pti | V | N | P | GF | GS |
|---|---|---|---|---|---|---|
| NAPOLI | 51 | 21 | 9 | 4 | 57 | 31 |
| MILAN | 49 | 22 | 5 | 7 | 56 | 27 |
| INTER | 44 | 17 | 10 | 7 | 55 | 32 |
| JUVENTUS | 44 | 15 | 14 | 5 | 56 | 36 |
| SAMPDORIA | 43 | 16 | 11 | 7 | 46 | 26 |
| ROMA | 41 | 14 | 13 | 7 | 45 | 40 |
| ATALANTA | 35 | 12 | 11 | 11 | 36 | 43 |
| BOLOGNA | 34 | 9 | 16 | 9 | 29 | 36 |
| LAZIO | 31 | 8 | 15 | 11 | 34 | 33 |
| BARI | 31 | 6 | 19 | 9 | 34 | 37 |
| GENOA | 29 | 6 | 17 | 11 | 27 | 31 |
| FIORENTINA | 28 | 7 | 14 | 13 | 41 | 42 |
| CESENA | 28 | 6 | 16 | 12 | 26 | 36 |
| LECCE | 28 | 10 | 8 | 16 | 29 | 46 |
| UDINESE | 27 | 6 | 15 | 13 | 37 | 51 |
| VERONA | 25 | 6 | 13 | 15 | 27 | 44 |
| CREMONESE | 23 | 5 | 13 | 16 | 29 | 50 |
| ASCOLI | 21 | 4 | 13 | 17 | 20 | 43 |
Vincitrice Coppa Italia JUVENTUS
Vincitrice Supercoppa Italiana INTER
Retrocesse in serie B UDINESE, VERONA, CREMONESE e ASCOLI
Qualificate in Coppa dei Campioni NAPOLI e MILAN
Qualificate in Coppa delle Coppe JUVENTUS e SAMPDORIA
Qualificate in Coppa UEFA INTER, ROMA, ATALANTA e BOLOGNA
Classifica Marcatori
19 gol Van Basten (Milan)
17 gol Baggio R. (Fiorentina)
16 gol Maradona (Napoli)
15 gol Schillaci (Juventus)
14 gol Voeller (Roma)
13 gol Dezotti (Cremonese), Klinsmann (Inter)
11 gol Agostini (Cesena), Balbo (Udinese), Mancini R. (Sampdoria), Matthaus (Inter)
10 gol Careca (Napoli), Desideri (Roma), Massaro (Milan), Vialli (Sampdoria)