Mondiali 1970: BRASILE

Una storia di numeri 10

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Brasile-Inghilterra 1-0: Moore e Carlos Alberto

Nel girone di Guadalajara l’In­ghilterra apriva il suo mondia­le con la Romania vincendo per 1-0 e il Brasile guadagnava un largo «score» con la Cecoslovacchia, 4-1. L’inquadratura in­glese era stata rinnovata da Alf Ramsey che la Regina Elisabet­ta aveva nominato baronetto con il diritto a fregiarsi del titolo di «Sir». Del team campione del mondo restavano Banks, Moore, B. Charlton, J. Charlton, Peters, Ball, Hurst, il calcio inglese era tornato ai livelli soddisfacenti dei tempi antichi. I «bianchi» avevano ripreso a dominare nell’Interbritannico, s’erano piazzati terzi nella Coppa Europa vin­ta dall’Italia, i Clubs cominciava­no ad inserirsi nel giro delle vin­centi delle Coppe Europee. Il Manchester United trionfava in Coppa Campioni (1968); il Man­chester City vinceva la Coppa delle Coppe 1970; in Coppa UEFA Leeds United, Newcastle United ed Arsenal avevano trionfato nel­le ultime tre edizioni. Il rinno­vamento apportato da Ramsey per il mondiale ’66 aveva vivifi­cato il football, l’Inghilterra era partita per il Messico con la chiara intenzione di riconferma­re il titolo conquistato quattro anni prima. Battuta la Romania con il minimo di scarto, gli in­glesi si ripetevano con la Cecoslovacchia e guadagnavano il pas­saggio ai «quarti», ma l’incon­tro con il Brasile aveva ridimen­sionato le ambizioni dei «bian­chi» anche se la sconfitta (0-1) era stata mantenuta in limiti ac­cettabili.

Il Brasile era stato affi­dato a Mario «Lobo» Zagalo, dopo che Joao Saldanha aveva guadagnato la qualificazione per il mondiale messicano. Dopo l’e­liminazione in terra inglese, Pelé era mancato per più di due anni dall’organico della «selecao». Un po’ perché gli impegni com­merciali si facevano sempre più impellenti, ma anche perché una certa parte della critica brasilia­na lo riteneva ormai logoro, ed inoltre la sua presenza appariva incompatibile con quella di Eduardo Concalves de Andrade detto Tostao. I due avevano gio­cato raramente insiemenella se­lecao prima del mondiale in­glese e la manovra d’attacco sembrava risentire di una certa identità delle caratteristiche dei due. Per due anni quindi Tostao faceva i suoi progressi con la maglia «auriverde», ma quando per la Coppa Oswaldo Cruz 1968 con il Paraguay, Pelé riapparve ad Asuncion con la fatidica ma­glia numero 10, Tostao era rima­sto fuori e ci volle il coraggio di Saldanha per affrontare la opinione dei critici facendoli gio­care insieme nelle partite di qua­lificazione del mondiale contro Paraguay Colombia e Venezue­la. Per l’incontro con la Colom­bia a Bogotà il 6 Agosto 1969, Saldanha schierò: Felix; Carlos Alberto, Dyalma Dias, Joel, Rildo; Gerson Piazza; Jairzinho (Paulo Cesar) Tostao Pelé Edù e i due smentirono clamorosa­mente la critica: nelle 6 partite gli «auriverdi» segnarono 23 re­ti, Tostao contribuì al bottino con 10, Pelé con 6.

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Tostao, Jairzinho e Pele: trionfo carioca in Brasile-Cecoslovacchia 4-1

Allontanato Joao Saldanha, la «selecao» fu affidata al «calciatore più intel­ligente che abbia mai calcato i campi di calcio» – secondo il giudizio di Vecente Feola: Mario «Lobo» Zagalo, che intrapre­se la strada indicata da Sal­danha. Per la difesa non aveva problemi, c’erano una decina di possibili titolari che si equiva­levano, in attacco al contrario c’era da risolvere una situazione piuttosto imbarazzante: i miglio­ri cinque attaccanti che l’im­menso Brasile vantava in quel particolare momento giocavano tutti con il numero 10 nelle loro squadre di Club. Pelé nel Santos, Tostao nel Cruzeiro di Belo Horizonte, Gerson nel San Paolo, Jair­zinho nel Botafogo e Rivelino nel Corihthians, erano tutti o uomi­ni di «manijas» (regia), Pelé Gerson, Tostao, mezze punte, Ri­velino o «punta le lanza», Jair­zinho, che si identificavano comunque con il fatidico numero 10.

Non erano pochi i critici che giudicavano pazzesca la decisione di Zagalo che però intrapresa quella strada non ebbe ripensa­menti. Nell’incontro di apertura del mondiale gli auriverdi si schieravano con: Felix; Carlos Alberto, Brito, Filson Piazza, Everaldo; Gerson (Paulo Cesar) Clodoaldo; Jairzinho Tostao Pelé Ri­velino. L’«homen de manijas» era Gerson, Jairzinho agiva da punta autentica sulla fascia de­stra e Tostao sul centro, Rive­lino e Pelé (che vi si era adat­tato con umiltà) operavano in pratica da mezze punte in zone diverse del campo, con «O’Rey» che si inseriva in avanti nel fra­seggio delle punte e il baffuto oriundo napoletano che si sot­toponeva disciplinatamente al la­voro di tamponamento quando occorreva.

Non ci fu dimostra­zione più grande secondo il prin­cipio «che le ambizioni persona­listiche devono essere sacrifica­te agli interessi del collettivo», il Brasile cominciò subito alla grande travolgendo la Cecoslo­vacchia con le reti di Jairzinho (2) Pelé, Rivelino, batte di misu­ra l’Inghilterra (1-0) con una re­te dell’erede di Garrincha, suc­cessiva ad una splendida mano­vra Pelé-Tostao-Jairzinho nel cuo­re della difesa inglese e con la Romania si concesse qualche di­strazione difensiva vincendo, per 3-2 con una doppietta di Pelé ed un altro centro di Jairzinho.

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Brasile-Romania 3-2: Pelè realizza la prima rete, Adamache osserva