SERIE A 1936/37: BOLOGNA

Il Bologna rivince lo scudetto dopo una lotta serrata con Lazio e Torino. L’Ambrosiana-Inter, Juventus e Milan sono le altre grandi deluse. Alessandria, Novara e Sampierdarenese retrocedono in B.

Riassunto del Campionato

L’Ambrosiana-Inter ha messo a segno i colpi più grossi sul mercato delle grandi squadre, ma anche Juventus e Lazio si sono rinnovate con ambizioni di vittoria. L’inizio del campionato premia i campioni in carica del Bologna, letali in trasferta, e il Torino, che si porta in testa da solo battendo proprio il Bologna all’ottavo turno. La terza forza è la Lazio, che sarà una delle sorprese della stagione: i biancocelesti guidati dal talento di Piola raggiungono il Bologna in vetta alla nona giornata, mentre il Torino li segue a breve distanza.

La Lazio riesce a staccare il Bologna ed è prima a metà campionato, con due punti di vantaggio sui rossoblù e tre sul Torino. Dietro ci sono Juventus e Milan, mentre è già lontana la deludente Roma. Il Bologna recupera subito e torna in testa, allungando sulla Lazio già alla diciottesima giornata, quando i romani perdono a Trieste e i felsinei si liberano dell’Ambrosiana. Si rifà sotto il Torino, che insieme al Milan mette pressione al Bologna. Poi, il distacco si fa più ampio e il Bologna vince il titolo con due turni di anticipo, il 2 maggio 1937; la Lazio vincerà lo sprint per il secondo posto col Torino. In coda, la Sampierdarenese si salva all’ultimo respiro, mentre accompagnano l’Alessandria nella retrocessione in B il Novara.

Rossoblù maestri del contropiede

Giugno 1937: il Bologna a passeggio per Parigi prima della finale del Torneo dell’Esposizione contro il Chelsea. Fiorini al centro a braccetto con Schiavio e Busoni

Chi pensa che il Bologna abbia vinto lo scudetto del 1936 per caso e con un punteggio modesto, viene smentito subito dopo. Quello è l’inizio del periodo d’oro del grande Bologna, “lo squadrone che tremare il mondo fa” (come cantano i tifosi) e che per sei anni domina il calcio italiano. Il confermato allenatore Arpad Veisz fa la scelta più coraggiosa: al posto del grande portiere Gianni, che se ne va, chiede a Dall’Ara di prendere uno dei giocatori più criticati, Carlo Ceresoli, già mitico estremo difensore dei “leoni di Highbury” e a soli ventisei anni già in disgrazia fino a essere messo in panchina all’Ambrosiana-Inter, dove nel finale di stagione gioca il vecchio Degani.

Dall’Ara accontenta il suo tecnico e non se ne pentirà: Veisz crede ciecamente in Ceresoli e lo rimette in forma fisica e mentale con durissimi allenamenti specifici per ritrovare il campione che la sfortuna (una frattura al braccio in allenamento) aveva escluso, proprio alla vigilia, dal Mondiale 1934. L’altra grande novità che rinnova la squadra campione è data dal lancio di una giovane ala cresciuta nel vivaio. Si chiama Amedeo Biavati, ha ventun anni e Veisz lo fa giocare titolare nella prima parte della stagione, ottenendo risultati promettenti: agile, guizzante, micidiale nel dribbling grazie a una finta (il passo doppio) che diventerà persino oggetto di studio al Mondiale 1938, Biavati offre nuove soluzioni di imprevedibilità all’attacco anche se non è un goleador.

E qui, sul piano dei gol, si apre un piccolo vuoto con il temporaneo addio di Angiolino Schiavio, sempre più impegnato nell’attività industriale; nel finale di stagione ci ripensa, ma il suo sarà poco più di un cameo. Sostituire uno dei massimi cannonieri della storia del calcio mondiale non è facile e infatti il prescelto, il ventitreenne livornese Giovanni Busoni, arrivato dal Napoli, non è proprio all’altezza del predecessore, anche se non mancano i suoi lampi da campione. Veisz ha il merito di costruire una squadra tosta, fortissima nel contropiede e che, mancando di bomber infallibili, punta tutto sulla solidità della difesa e sulla qualità della manovra.

Il nuovo Bologna colpisce soprattutto in trasferta, dove costruisce le sue fortune in avvio di campionato, quando vince sei delle prime sette partite fuori casa, pareggiandone una (mentre vince una sola delle prime sei in casa, con quattro pareggi e una sconfitta col forte Torino). La difesa si basa sui formidabili mezzi del portiere Ceresoli, affiancato da un reparto collaudatissimo in cui spiccano la grinta travolgente di Fiorini, coadiuvato come terzino d’area dal veterano Gasperi o dal giovane Fagotto, arrivato dal Pordenone e già pronto per sostituire il titolare quando serve. In mediana, gli azzurri Montesanto e Corsi, con il colosso Andreolo, punto fermo anche della Nazionale. Il quintetto offensivo vive degli estri e della geometria del collaudato duo di assi SansoneFedullo, mentre davanti il vortice di Biavati apre spazi a Busoni e al solito cecchino Reguzzoni.

Un complesso che si farà valere anche fuori dai confini nazionali, riscattando la brusca eliminazione al primo turno dalla Mitropa 1936 (per mano dell’Austria Vienna) con il trionfo al Torneo dell’Esposizione di Parigi, vero campionato europeo per club: la finale vedrà il Bologna vincitore sui “maestri” inglesi del Chelsea.

Lazio a sorpresa

L’ingegnere Eugenio Gualdi diventa presidente della Lazio il 30 dicembre 1933, con l’ambizione di portare al successo il club biancoceleste. L’acquisto della stella Piola, il miglior attaccante del campionato, strappato all’ultimo momento alle richieste dell’Ambrosiana, ne è una prova evidente nell’estate del 1934. Ma è due anni dopo che, dopo alcune delusioni di troppo, Gualdi fa il colpaccio, pagando l’esorbitante cifra di 400 mila lire per assicurarsi i tre giocatori chiave dell’Alessandria: il mediano Milano, la mezzala Riccardi e l’ala Busani.

Il nuovo allenatore, l’ungherese Giuseppe Viola, ha tra le mani una squadra di alto livello. Al centro della mediana c’è l’esperto GiuseppeGipoViani, già campione con l’Ambrosiana, affiancato dal padovano Baldo e dall’ex alessandrino Milano; il brasiliano Zacconi e il tenace Monza chiudono ogni spazio davanti al giovane Blason, il portiere più promettente della nuova generazione, già forte a soli ventitré anni di quattro tornei da titolare, tra Triestina e Lazio. In avanti, il formidabile bomber Piola, una macchina da gol di eccezionali doti atletiche e buone qualità tecniche, è supportato sui lati da Busani e Costa (con l’alternativa D’Odorico) e da due mezzeali di alto rendimento, Riccardi e Camolese.

Un gruppo affiatato che parte con passo incerto, poi, dopo la bruciante sconfitta (1-3) nel derby, decolla con la splendida vittoria sulla Juventus. Per la prima volta, la Lazio è campione d’inverno e lo scudetto diventa un obiettivo realistico. Ma nel momento cruciale la fortuna le gira le spalle. La sconfitta di misura a Trieste rende necessario battere la capolista Bologna nella partita casalinga del 7 febbraio. La squadra è al completo e va all’attacco, ma il muro difensivo rossoblù resiste (0-0) e il campionato cambia rotta. Viola perde Blason, Viani e Piola, i pilastri della squadra, e tre sconfitte (1-5 a Firenze, 1-6 a Torino con la Juve e 0-1 nel derby) fanno svanire i sogni anche se il recupero dei titolari porta al secondo posto finale. Poi, la straordinaria avventura in Mitropa Cup, chiusa con una contestata sconfitta di misura in finale contro gli ungheresi del Ferencvaros.

Tempi “grigi” per il vecchio quadrilatero

L’Alessandria non ha mai raggiunto i successi dei “cugini” della Pro Vercelli, ma ha fatto parte del famoso quadrilatero piemontese insieme a Novara e Casale, per anni sinonimo di vivaio di talento, fonte inesauribile delle migliori squadre del calcio italiano. Dopo l’epoca gloriosa di George Smith, il tecnico suggerito da William Garbutt che aveva insegnato il calcio agli alessandrini, era stato il suo connazionale Humphrey a dare grande impulso al calcio in maglia grigia nei primi anni Venti.

E dietro la squadra che navigava con sicurezza nella massima serie crescevano giocatori eccezionali, come Baloncieri, Banchero, Giovanni Ferrari e Riccardi. Proprio Riccardi, il forte mediano, con una presenza in Nazionale B, faceva parte del “pacchetto” che nell’estate del 1936 attirava le attenzioni della Lazio. Comprendeva anche il mediano Milano e l’ala Busani, erano le forze migliori di una squadra in ascesa, ottava in campionato e arrivata a un soffio dalla conquista della Coppa Italia, persa in finale col Torino. Sui tre il patron biancoceleste Gualdi avanzava un’offerta irrinunciabile, 400 mila lire, che faceva perdere la testa ai dirigenti “grigi”.

La qualità tecnica della squadra ne risentiva pesantemente, nonostante il rinnovamento esteso, con ben dodici elementi nuovi nella rosa, attuato come contromisura. La squadra, affidata al nuovo tecnico Karl Sturmer, si rivelava inadeguata al compito, con quattro sconfitte nei primi quattro turni. A nulla valeva il cambio in panchina con il duo formato dal giocatore Banchero e Ottavio Piccinini. L’Alessandria retrocedeva per la prima volta in B, con un turno di anticipo sulla fine del torneo.

E il guardalinee finì espulso

Il primo tempo del match di Firenze tra Fiorentina e Genova, valido per la ventiquattresima giornata del 14 marzo 1937, si chiude in parità. Ma il pubblico protesta, perché uno dei due assistenti arbitrali, Giannelli di Pisa, sembra più influenzato dalla sua appartenenza toscana che dal rispetto delle regole. L’arbitro, Caironi di Milano, cerca di ignorare alcuni suoi comportamenti discutibili, ma quando l’esterno rossoblù Arcari III scatta in contropiede sulla fascia dopo un lancio lungo e l’assistente infervora il pubblico alzando la bandierina per segnalare un inesistente offside, la situazione si fa critica.

Il direttore di gara lascia proseguire il gioco, poi, finita l’azione, va a parlare con il collaboratore, invitandolo a essere meno parziale, anche per evitare problemi di ordine pubblico. Come risposta, Giannelli lo insulta duramente e per la gente in tribuna diventa uno spettacolo insolito la lite furiosa che scoppia tra i due. La questione diventa imbarazzante, finché Caironi alza l’indice e indica al collaboratore la via degli spogliatoi. L’espulsione di un assistente arbitrale è un fatto inedito e clamoroso, a cui Giannelli reagisce gettando a terra la bandierina e andandosene arrabbiato tra lo stupore generale. Nonostante tutto la partita, continuata con un solo assistente arbitrale, verrà convalidata.

L’eroe col buco nella testa

Aldo Olivieri, nato a San Michele Extra, in provincia di Verona, nel 1910, si riteneva un ciclista per vocazione. Ma alla sua prima gara in salita si era reso conto che la fatica era troppo grande rispetto alle possibilità di successo e così aveva accettato l’invito di alcuni amici appassionati di calcio: con quella statura e quella magrezza, “doveva” fare il portiere.

Aveva esordito subendo quattro reti, ma invece di demoralizzarsi questa volta aveva raccolto la sfida: era andato a studiare come si allenavano i portieri e aveva iniziato a prendere confidenza con il ruolo, tanto da diventare alla fine il migliore del torneo. Dalle giovanili al calcio professionistico il passo era stato breve. Il debutto in B, nel Verona, a diciannove anni, e dopo tre anni il trasferimento al Padova e un gravissimo infortunio: uno scontro in un’amichevole con la Fiumana il 31 dicembre 1933 che gli aveva fratturato il cranio. I medici erano riusciti a salvarlo, ma non senza lasciargli in testa un buco che da allora in poi lo aveva fatto svegliare regolarmente con il mal di testa.

Dopo gli otto mesi di convalescenza aveva lasciato il Padova nel 1934 e trovato un estimatore in Egri Erbstein (futuro “mago” del Grande Torino), che lo aveva portato alla Lucchese. Qui lo stile sobrio e i prodigiosi riflessi avevano costruito insieme alla sua voglia di migliorarsi un portiere di straordinarie capacità. Olivieri era un tipo sveglio, che non si accontentava: andava a spiare le ballerine nelle scuole di danza, per rubar loro il segreto dei passi piccoli, quelli che non fanno perdere l’equilibrio «e ti sposti che quasi non te ne accorgi».

Il resto lo faceva l’istinto, eccezionale, e quella temerarietà cui già aveva pagato un dazio pesante. La sua terza stagione nella Lucchese era stata memorabile e il premio al miglior portiere del campionato era arrivato da Vittorio Pozzo, che lo aveva fatto debuttare in Nazionale a Berlino, intravedendo in lui il grande portiere per i futuri Mondiali. Scelta azzeccata: Olivieri sarebbe stato uno degli “eroi” (con le sue parate-miracolo contro la Norvegia) del titolo iridato 1938.

Laziale per ordine dall’alto

Silvio Piola è il più grande goleador italiano di tutti i tempi. Il più prolifico, il più completo, il più costante. Eppure, conquista la classifica dei marcatori solo due volte e non ha neanche uno scudetto nella sua collezione personale. Tutto a causa di quell’imposizione politica dall’alto (del segretario generale del Partito fascista, Marinelli) che nel 1934, quando la Pro Vercelli stava per cederlo all’Ambrosiana, lo spostò verso la capitale, nella Lazio. Piola accettò a malincuore quel trasferimento così distante da casa, anche se lo avvicinava al servizio militare (alla Farnesina): il… suo palmarès personale gli avrebbe dato ragione.

Nato a Robbio Lomellina, in provincia di Pavia, trasferitosi con la famiglia a soli dieci mesi a Vercelli, Piola crebbe fino a raggiungere un’altezza (1,79) notevole per l’epoca. Il calcio lo accolse, prima nella Veloces, poi nella Pro, facendone un attaccante dirompente. Con le maglie bianche fece carriera, alla Lazio il suo istinto per il gol lo portò a segnare tantissime reti e a indossare la maglia della Nazionale: fu lui il successore di Schiavio per il titolo mondiale del 1938.


Classifica Finale

SquadraPtiVNPGFGS
Bologna42151234526
Lazio3917585642
Torino38131255025
Milan36131073929
Juventus35121175331
Genova 189333111185136
Ambrosiana-Inter3191384335
Lucchese3191383943
Fiorentina3091293432
Roma27107133645
Bari2799123545
Triestina26712112936
Napoli2488143139
Sampierdarenese22610143246
Novara2185174362
Alessandria1882202367
Campione d’Italia: BOLOGNA
Vincitrice Coppa Italia: GENOVA
Retrocesse in serie B: NOVARA e ALESSANDRIA
Qualificate in Coppa Europa: BOLOGNA, LAZIO e GENOVA

Classifica Marcatori

RetiGiocatore
21Piola S. (Lazio)
17Borel F. (Juventus), Buscaglia P. (Torino), Gabetto (Juventus)
16Marchionneschi (Genova)
15Busani (Lazio)
13Coppa (Lucchese), Michelini (Lucchese), Torri (Novara)
12Capra (Milan), Reguzzoni (Bologna)
11Frossi (Ambrosiana), Meazza (Ambrosiana), Rizzotti (Novara)
10Galli (Torino), Viani V. (Fiorentina)