Mondiali 1966: INGHILTERRA

Finalmente la Coppa giunge nella sua patria calcistica conquistata dai padroni di casa guidati da Moore, Charlton, Banks e Hurst. E’ il mondiale degli arbitraggi scandalosi e delle grandi stelle (Eusebio, Yaschin, Pelè, Charlton, Seeler). Vergogna per l’Italia, eliminata dai coreani

Dopo aver navigato tutti i mari la statuetta di Monsieur Rimet, sbarca finalmente nel mitico sta­dio di Wembley, la cattedrale del football, dove «il più grande spet­tacolo del mondo» ha conosciuto momenti di esaltazione collettiva e dove l’urlo imponente della folla ha sottolineato i grandi avvenimenti del calcio. 13 anni do­po l’umiliante sconfitta ad opera dei magiari, la nazionale «bian­ca» è chiamata a riscattare una supremazia che non aveva cono­sciuto cedimenti per quasi un secolo e a ribadire il legame in­scindibile, quasi un cordone om­belicale che unisce il progredire del gioco alla terra che ne ha fa­vorito i natali. Alf Ramsey, suc­cessore di Walter Winterbottom alla guida della nazionale ingle­se fin dall’ottobre 1962, lo dichia­ra apertamente all’assunzione dell’incarico: «L’Inghilterra vin­cerà la prossima Coppa del Mon­do». E’ un impegno tremendo, contrassegnato da momenti di esaltazione, ma anche da sbanda­menti improvvisi, imprevedibili, che ricacciano nel labirinto della pura illusione l’orgogliosa locuzione programmatica del futuro baronetto.

E’ l’Inghilterra comun­que a mostrare al mondo l’organizzatissima struttura del suo «football», con i bellissimi tap­peti verdi di Londra, Manchester, Middlesbrough, Sheffield, Birmin­gham, Liverpool, con gli impianti concepiti razionalmente per me­glio accogliervi il pubblico, con un apparato che al di là dei va­lori strettamente tecnici espressi dal gioco, merita di essere citato ad esempio anche nel momento di massima espansione del feno­meno calcio.

All’edizione inglese aderiscono 53 paesi, Inghilterra e Brasile partecipano di diritto, i turni eliminatori esprimono non poche sorprese come l’estromis­sione di Svezia, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Scozia e Germania dell’Est, che dall’edizione del ’58 tenta l’avventura, ma non è mai riuscita ad entrare nel lotto delle finaliste.
La parte del leone è ancora dell’Europa che partecipa con 10 rappresentative: Bulgaria, Germania Ovest, Francia, Porto­gallo, Svizzera, URSS, Italia, Un­gheria, Spagna e Inghilterra; il continente latino-americano riesce ad inserirne 4: Cile, Uruguay, Argentina e Brasile; il solito Mes­sico e la Corea del Nord comple­tano la lista, ma in seno alla FIFA cominciano a manifestarsi i malumori per la scarsa inciden­za dei paesi nuovi, gli africani chiedono insistentemente l’allar­gamento del numero delle finali­ste portandolo a 24 oppure il ri­dimensionamento della presenza europea.

Alle 17 ora di Londra dell’11 luglio, la Regina Elisabet­ta apre il cerimoniale che dà ini­zio alla Coppa del Mondo 1966. Al centro del magnifico tappeto verde di Wembley, la banda delle «Horse guards» intona «When the saints go matching in…» quando Inghilterra e Uruguay penetrano nel grande catino accolti dal tonitruante canto della folla che accompagna la melodia…

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