Mondiali 1986: ARGENTINA

Gli altri Gruppi

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Messico-Belgio: l’esultanza di Sanchez

Nel secondo raggruppamento, guarda caso il più debole, i padroni di casa, guidati dal “mago” giramondo Bora Milutinovic, passano il turno. Hanno qualche individualità di spicco, come il pittoresco portiere Larios, il fantasista mancino Negrete e soprattutto il bomber Hugo Sanchez, cannoniere del Real Madrid; anche se tutti parlano di un giovane talento, Francisco Cruz, il baby della competizione e per questo soprannominato per contrappasso l'”abuelo”, il nonno. Ma non esibiscono granché, in fatto di gioco (a partire proprio dal presunto ragazzino d’oro). In apertura, superano il Belgio dei veterani logori, in cui l’astro nascente degli Europei, Vincenzino Scifo, è diventato un giocatore poco più che normale. Il difensore Quirarte e Sanchez mettono al sicuro il risultato già nei primi quarantacinque minuti, inultile la rete della bandiera di Vandenbergh. Poi il Paraguay rivelazione dell’asso Romero impone loro il pareggio, grazie soprattutto al portiere Fernandez, bravo a neutralizzare un rigore di Sanchez al 90′, gentile omaggio dell’arbitro Courtney; infine, è vittoria scacciaguai contro l’Iraq dei picchiatori con una rete del solito Quirarte. Nel frattempo i paraguaiani impattano 2-2 con i diavoli rossi, qualificandosi entrambe.

Il terzo girone vede franare una delle squadre più attese, l’Ungheria di Gyorgy Mezey, che avrebbe dovuto esibire al mondo nel suo leader Lajos Detari un nuovo Platini. Niente di niente. Opposta in prima istanza al rullo compressore sovietico, si scioglie, franando senza un sussulto, se si eccettuano i due doverosi gol rifilati all’elegante ma innocua selezione canadese. Piuttosto, è proprio l’Urss del santone Lobanovski, creatore del laboratorio Dinamo Kiev, a suscitare ammirazione, con la devastante lezione di gioco a tutto campo del match iniziale con l’Ungheria, un 6-0 senza attenuanti con tre reti già nei primi ventiquattro minuti. I sovietici dispongono di elementi di primissimo piano come i futuri “italiani” Aleinikov e Zavarov, e in porta esibiscono uno straordinario Rinat Dasaev. Bellissimo poi il pareggio coi francesi, titolari del centrocampo stellare dominatore degli Europei (Fernandez, Giresse, Tigana e Platini), con l’aggiunta del grezzo bomber Papin. Comodi i successi di sovietici (in calo dopo l’allegria atletica del debutto) e francesi sui materassi Ungheria e Canada.

Il quarto gruppo soffre di problemi “ambientali”, tradotti nelle amorevoli cure dedicate al Brasile, per motivi di cassetta, dagli organizzatori. Tele Santana ha fatto fuori vecchi santoni come Dirceu e Cerezo, ora rinuncia allo stopper Oscar e soprattutto all’ex “divino” Falcão, tornato un po’ stropicciato dal grave infortunio costatogli la fine dell’avventura italiana. Al suo posto, il torinista Junior, l’unico, assieme al lentissimo Socrates, in grado di assicurare al centrocampo connotati “brasiliani”, il resto della manovra essendo appaltato a due uomini di pura quantità, Elzo e Alemão. La squadra è fortissima in difesa, con il leader Edinho, lo stopper Julio Cesar e gli affidabilissimi esterni Josimar e Branco a proteggere Carlos, un portiere coi fiocchi. In attacco giganteggia l’esplosivo Careca, mentre in panchina come arma a sorpresa sta acquattato il convalescente ma sempre delizioso Zico. Ci vuole però una mascalzonata dell’arbitro australiano Bambridge, che finge di non vedere un solare gol di Michel (schioccante frustata da fuori area contro la traversa e poi nettamente dentro la linea di porta) per tramortire gli spagnoli e tagliare loro le ali del micidiale contropiede di Butragueno. Poi, Junior indovina un siluro che la traversa smorza per il facile tocco di testa in gol di Socrates, peraltro in fuorigioco. I brasiliani si sbarazzano della modestissima Algeria e dell’Irlanda del Nord (niente a che vedere con la pratica edizione di quattro anni prima) e finiscono a punteggio pieno, davanti agli stessi spagnoli.

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La Danimarca sorprende con il suo calcio-champagne

Il quinto girone, denominato dai messicani “el grupo de la muerte”, viene stirato a sorpresa dalla schiacciasassi Danimarca. Il suo calcio, un misto di potenza atletica e classe purissima, irride l’altura e macina gol. Deliziosi in attacco Michael Laudrup e Arnesen, micidiale il “veronese” Elkjaer, ispirati dalla continuità di Lerby e dalla sostanza di un altro “italiano”, Berggreen, mentre in difesa il trentaseienne Morten Olsen è libero di sontuosa efficacia. La povera Scozia ne è alla fine l’unica vittima, nonostante la miglior resistenza opposta allo strapotere degli uomini di Piontek. Battuti da un gol di Elkjaer, i britannici vanno in vantaggio contro i tedeschi di Beckenbauer (in edizione quadrata, ma priva di lampi se non per le piroette di Littbarski), salvo farsi poi rimontare. E nel match conclusivo, la prevista rissa con l’Uruguay, non riescono a schiodare lo 0-0, nonostante l’avversario in dieci dal primo minuto per una entrata killer di Batista. L’Uruguay, privo di sbocchi offensivi, tenta poi invano di sbarrare la strada ai danesi, venendone travolto da una esibizione di calcio in velocità che resterà tra i ricordi più belli del Mondiale (6-1). Anche i tedeschi non resistono alla voglia degli uomini di Piontek di spendere energie a qualificazione acquisita, a costo di perdere il prezioso Arnesen e pagare nella fase successiva.

Sesto gruppo: il Portogallo del giovanissimo talento Futre fa harakiri.. Parte alla grande, nella calura asfissiante di Monterrey, prendendo alla gola l’Inghilterra del bomber Lineker e dei deludenti Wilkins e Hateley con una rete di Carlos Manuel. Poi, con la Polonia, dopo un lungo sterile dominio, subisce il gol da una invenzione di Boniek per Smolarek (complice il portiere Damas) e non riesce a rimediare; infine, viene beffato dalla sorpresa Marocco dei campioni Bouderbala e Timoumi, favorito da una giornata di improvviso benessere tecnico. Così anche la modesta Polonia e la desolante Inghilterra (vittoriosa su polacchi con tre reti di Lineker) guadagnano l’accesso agli ottavi.

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Inghilterra-Portogallo: duello Hateley-Sousa