Immortals: Matthias Sindelar


Cartavelina

Gli avversari dicevano che quando si muoveva, lo faceva contemporaneamente in più direzioni, come un foglio di carta in balia del vento, ora qui, un momento dopo dalla parte opposta. Controllarlo diventava impossibile. I viennesi, che lo idolatravano, lo avevano soprannominato “der Papierene”, l’uomo di carta, che in Italia venne liberamente e significativamente tradotto in “Cartavelina”. E Vittorio Pozzo, col distacco del puntiglioso cronista, ne annotava cosi le caratteristiche fisiche e tecniche:

«Aveva, sì, struttura atletica, nel senso che era alto, slanciato e che i suoi lineamenti esprimevano energia e decisione. Ma era magro, secco, asciutto in modo impressionante. Di muscoli non ne aveva, di consistenza non ne mostrava. Di profilo pareva piatto, sottile, trasparente, come se – scusate la fase alpina un po’ irriverente che viene in mente – la madre ci si fosse, per errore, seduta su appena nato. A vederlo giuocare, si trasformava. Era il padrone della palla, l’artista della finta. Alla mancanza di fisico sopperiva subito coll’intelligenza. Aveva appreso a smarcarsi in modo magistrale. Lasciato libero, distribuiva, smistava, dettava temi di attacco, diventava la vera intelligenza della prima linea».

Pur essendo alto (1,79 per 63 chili), di testa non era un asso. Coi piedi, danzava sul pentagramma al punto da annoverare tra i suoi soprannomi anche quello di “Mozart del gol”. Il gol però non rappresentava la sua principale occupazione e forse non ne segnò quanti il suo talento infinito meritava. Non possedeva un tiro potente, ma la precisione e le maligne traiettorie che il suo vellutato tocco d’esterno riusciva a inventare erano un incubo per i portieri. Ma non solo per loro. Il più grande centromediano del Metodo aveva un conto personale aperto con lui. Scriveva ancora Pozzo:

«Monti odiava tutti i danubiani, li metteva tutti in un mucchio solo, ma chi aveva particolarmente in uggia era Sindelar. vedeva rosso, e contro di lui e contro le danze a base di finte che gli faceva davanti e le sue continue richieste di penalty, aveva una paura matta di perdere le staffe».

Matthias era nato il 10 febbraio 1903 a Vienna, aveva cominciato nell’Hertha, per poi passare all’Austria FK, con cui vinse una Mitropa Cup e tre Coppe nazionali. Il Wunderteam, lo splendido mosaico di campioni allestito da Hugo Meisl, non riuscì a tramandarsi ai posteri con l’alloro mondiale. Proprio l’Italia di Pozzo, che l’Austria aveva umiliato a Torino pochi mesi prima del Mondiale (senza Sindelar in campo, peraltro), interruppe l’incantesimo con un discusso gol di Guaita, dopo che Monti ebbe “lavorato” con durezza impressionante sul suo leggendario rivale, menomandolo per la successiva finale per il terzo posto.

Poi, la tragedia strinse in pugno il grande Papierene, che contava 46 partite in Nazionale. L’“Anschluss”, l’annessione dell’Austria alla Germania hitleriana, decretò la fine del Wunderteam. Matthias Sindelar era ebreo, come la moglie, e con lei si diede la morte il 22 gennaio 1939, forse per evitare la persecuzione nazista.

Matthias Sindelar
(Kozlov, 10 febbraio 1903 – Vienna, 23 gennaio 1939)

StagioneSquadraPres (Reti)
1921-1924 Hertha Vienna33 (3)
1924-1939 Austria Vienna265 (155)
Nazionale
1926-1938 Austria 43 (26)